Month: ottobre 2022

ASSUNZIONE DI INFORMAZIONI DALL’INDAGATO NELL’IMMEDIATEZZA DEL FATTO: CASS. PEN., II, 28/10/22 N° 40920

Il Comandante della Polizia Locale di Lodi indagato dalla Guardia di Finanza

QUALI SONO LE CONDIZIONI E I LIMITI DELLA ASSUNZIONE (SOLLECITAZIONE) DI INFORMAZIONI DA PARTE DEL SOGGETTO INDAGATO?

L’art. 350 “Sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini” del c.p.p. dispone:

“1. Gli ufficiali di polizia giudiziaria assumono, con le modalità previste dall’articolo 64, sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o di fermo a norma dell’articolo 384, e nei casi di cui all’articolo 384-bis

2. Prima di assumere le sommarie informazioni, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a norma dell’articolo 97 comma 3.

3. Le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore al quale la polizia giudiziaria dà tempestivo avviso. Il difensore ha l’obbligo di presenziare al compimento dell’atto.

4. Se il difensore non è stato reperito o non è comparso, la polizia giudiziaria richiede al pubblico ministero di provvedere a norma dell’articolo 97, comma 4.

5. Sul luogo o nell’immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata a norma dell’articolo 384, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini.

6. Delle notizie e delle indicazioni assunte senza l’assistenza del difensore sul luogo o nell’immediatezza del fatto a norma del comma 5 è vietata ogni documentazione e utilizzazione.

7. La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall’articolo 503 comma 3.”.

Esso regola le diverse modalità con le quali la polizia giudiziaria apprende informazioni dall’indagato, si prevedono 3 specifici casi di acquisizione delle stesse, che si diversificano sia per il rispetto di particolari modalità ed obblighi a carico degli organi di polizia giudiziaria operanti, sia per il tipo di qualifica che deve essere posseduta dal soggetto appartenente alla polizia giudiziaria legittimato alla acquisizione, tali aspetti sono stati esposti in un precedente articolo dal titolo RICEZIONE DICHIARAZIONI SPONTANEE DALL’INDAGATO.

Si segnala la sentenza Cass. Pen., II, 28/10/22 n° 40920 (scarica e leggi) che ha trattato la questione dell’utilizzo delle dichiarazioni dell’indagato assunte (sollecitate) da parte della polizia giudiziaria nell’immediatezza del fatto. e per la quale “…le dichiarazioni “non spontanee, ma anzi sollecitate” degli indagati non sono utilizzabili ex 350, comma 6, cod. proc. pen. che recita: «Delle notizie e delle indicazioni assunte senza l’assistenza del difensore sul luogo o nell’immediatezza del fatto a norma del comma 5 è vietata ogni documentazione e utilizzazione». …”

La stessa richiama, condividendoli, diversi precedenti, in base ai quali:

“…«Sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell’incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, le dichiarazioni spontanee che l’indagato abbia reso – in assenza di difensore ed in difetto degli avvisi di cui agli artt. 63, comma 1 e 64 cod. proc. pen. – alla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 350, comma 7, cod. proc. pen., anche se non nell’immediatezza dei fatti, purché emerga con chiarezza che egli abbia scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione. (In motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, le dichiarazioni che tale persona abbia reso su sollecitazione della polizia giudiziaria nell’immediatezza dei fatti in assenza di difensore non sono in alcun modo utilizzabili, neanche a suo favore, se non per la prosecuzione delle indagini)»…”,

“…«In tema di attività di polizia giudiziaria, l’art. 350, comma cinque, cod. proc. pen. consente di assumere sul luogo o nell’immediatezza del fatto dalla persona indagata, anche se arrestata o fermata e senza la presenza del difensore, notizie ed indicazioni utili ai fini dell’immediata prosecuzione delle investigazioni. Tali dichiarazioni non possono essere utilizzate (art. 350, sesto comma, cod. proc. pen.), nè possono formare oggetto di testimonianza (art. 62 cod. proc. pen.); la polizia giudiziaria,
tuttavia, ha il potere-dovere di sviluppare le indagini sulla base di quanto appreso, sicché restano validi ed utilizzabili nel processo i risultati dell’attività investigativa così compiuta. Ne consegue che deve considerarsi pienamente legittima ed utilizzabile, non rientrando’ nei predetti divieti, la testimonianza dell’ufficiale di polizia giudiziaria che abbia riferito sull’esito delle indagini svolte e sugli elementi raccolti a seguito delle indicazioni ricevute dal/’indagato nell’immediatezza del fatto. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito il quale, esclusa la possibilità di tener conto della deposizione dell’ufficiale di polizia giudiziaria nella parte concernente la confessione dell’indagato, aveva ritenuto utilizzabile quell’altra parte relativa all’esito positivo dell’attività di investigazione che aveva portato al rinvenimento ed all’acquisizione del corpo del reato in seguito alle indicazioni dello stesso indagato)»…”.

Giovanni Paris

CIRCOLARE COMUNE MILANO – DIREZIONE SICUREZZA URBANA CORPO POLIZIA LOCALE – “RIFORMA DEL PROCESSO PENALE. DECRETO LEGISLATIVO 150/2022”

74 posti al Comune di Milano, si cercano diversi profili

Si segnala la Circolare n° 34 del 27/10/22 (scarica e leggi) del Corpo Polizia Locale di Milano.

In apertura della stessa si legge:

“Il 1° novembre 2022 entrerà in vigore il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2022 – Serie generale) recante “Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari.”

Quanto ai principî e criteri direttivi della riforma, la riforma interviene in primo luogo con riguardo alle finalità di deflazione e accelerazione del processo penale.

Verrà qui di seguito esaminato il decreto attuativo limitatamente alle norme di maggiore interesse giuridico e pratico per l’attività di polizia giudiziaria…”.

Allegato alla circolare il nuovo modello di verbale di elezione domicilio (scarica e leggi).

Giovanni Paris

CATENE DA NEVE IN TESSUTO: CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO 300/STRAD/1/0000035611.U/2022 DEL 27/10/22

Catena da neve tessile Alternative Active L, 2 pezzi rosso

E’ stata emanata dal Ministero dell’Interno la circolare n° 300/STRAD/1/0000035611.U/2022 del 27/10/22 (scarica e leggi) avente per oggetto “Dispositivi supplementari di aderenza per gli pneumatici degli autoveicoli leggeri (categorie M1, N1, O1 e O2). Catene da neve in tessuto.”

Giovanni Paris

ACCERTAMENTO DELLO STATO DI EBBREZZA CON UNA SOLA MISURAZIONE ALCOLEMICA: CASS. PEN., VII, 26/10/22 N° 40468

Terlizzi: Etilometro e precursori a cella elettrochimica in dotazione alla polizia  municipale

E’ SUFFICIENTE ANCHE UNA SOLA MISURAZIONE ALCOLIMETRICA PER ACCERTARE LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA?

L’art. 186  “Guida sotto l’influenza dell’alcool” del Codice della Strada al comma 4 prevede:

“Quando gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3 hanno dato esito positivo, in ogni caso d’incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’influenza dell’alcool, gli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, anche accompagnandolo presso il più vicino ufficio o comando, hanno la facoltà di effettuare l’accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento.

L’art. 379Guida sotto l’influenza dell’alcool” del Reg. Esec. del Codice della strada prevede:

“1.  L’accertamento dello stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186, comma 4, del codice, si effettua mediante l’analisi dell’aria alveolare espirata: qualora, in base al valore della concentrazione di alcool nell’aria alveolare espirata, la concentrazione alcoolemica corrisponda o superi 0,8 grammi per litro (g/l), il soggetto viene ritenuto in stato di ebbrezza.

2.  La concentrazione di cui al comma 1 dovrà risultare da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di 5 minuti.

3.  Nel procedere ai predetti accertamenti, ovvero qualora si provveda a documentare il rifiuto opposto dall’interessato, resta fermo in ogni caso il compito dei verbalizzanti di indicare nella notizia di reato, ai sensi dell’art. 347 del codice di procedura penale, le circostanze sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza, desumibili in particolare dallo stato del soggetto e dalla condotta di guida.

omissis “

Segnaliamo la pronuncia della Cass. Pen., VII, 26/10/22 n° 40468 (scarica e leggi) per la quale “…l’art. 186 c.d.s. ricollega la punibilità del soggetto al superamento di dati valori alcolimetrici: l’indicazione normativa di precisi parametri numerici per la configurabilità delle fattispecie penalmente rilevanti comporta che la tipicità del fatto non è ancorata al semplice stato di ebbrezza ma anche all’accertamento specifico e non meramente sintomatico del superamento di tali dati, solo in presenza del quale vi è certezza del fatto tipico e del conseguente regime sanzionatorio da applicare, nel rispetto del principio di legalità…”, ma “…ai fini della prova del superamento delle soglie di rilevanza…è sufficiente anche una sola misurazione alcolimetrica che produca risultati rientranti nelle fasce rispettivamente previste, se corroborata da elementi sintomatici desumibili dagli atti …”

Precedenti conformi sono stati:

Cass. Pen., IV, 15/05/19 n° 20814 ove si afferma che“…in tema di guida in stato d’ebbrezza, ai fini della prova della sussistenza di una delle fattispecie di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b) e c), è sufficiente anche una sola misurazione alcolimetrica che produca risultati rientranti nelle fasce rispettivamente previste se corroborata da elementi sintomatici desumibili dagli atti…”

Cass. Pen., IV, 09/05/17 n° 22604 la quale statuisce che “…In presenza di un accertamento strumentale del tasso alcolemico conforme alla previsione normativa, questa sezione ha pure precisato come sia onere dell’imputato dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell’accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato…” e che in caso di ” ….impossibilità di una seconda misurazione, poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 cod. strada e, qualora vengano oltrepassate le soglie superiori, la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione…”.

Giovanni Paris

CONTESTAZIONE DIFFERITA DI VIOLAZIONI IN CASO DI INCIDENTE STRADALE: CASS. CIV., II, 23/09/22 N° 27980

Controlli della Municipale sulle strade. In agosto rilevati 97 incidenti -  piacenzasera.it

E’ LEGITTIMA LA CONTESTAZIONE DIFFERITA (NOTIFICAZIONE) DI VERBALE DI VIOLAZIONE IN CASO DI INCIDENTE STRADALE MOTIVATA PER L’IMPEGNO DEGLI OPERATORI INTERVENUTI NELLE OPERAZIONI DI RILIEVO E/O PER LA NECESSITA’ DI RICOSTRUZIONE SUCCESSIVA ALLE STESSE?

L’art. 200  “Contestazione e verbalizzazione delle violazioni” del Codice della Strada prevede al comma 1 che Fuori dei casi di cui all’articolo 201, comma 1-bis, la violazione, quando è possibile, deve essere immediatamente contestata tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta.”.

Quindi quella sopra riportata costituisce la regola per la contestazione delle violazioni alle norme del Codice della Starda.

L’art. 201  “Notificazione delle violazioni” del Codice della Strada dispone al comma 1 che Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall’accertamento, essere notificato all’effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell’art. 196…”, mentre al comma 1-bis sono previsti in maniera precisa e tassativa i casi in cui la contestazione immediata non è necessaria e si procede alla contestazione mediante notificazione, come, ad esempio, impossibilità di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità, attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa, sorpasso vietato, accertamento della violazione in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo, accertamento di violazioni tramite apposite apparecchiature elettroniche.

Il comma 1-ter  prevede che “Nei casi diversi da quelli di cui al comma 1-bis nei quali non è avvenuta la contestazione immediata, il verbale notificato agli interessati deve contenere anche l’indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata.“.

Le situazioni in forza delle quali l’organo accertatore non ha avuto la possibilità di procedere alla contestazione immediata possono essere diverse e di quelle va dato conto nel verbale.

PUO’ RITENERSI VALIDA COME MOTIVAZIONE DELLA MANCATA CONTESTAZIONE IMMEDIATA IL FATTO DELL’IMPEGNO DEGLI OPERATORI INTERVENUTI PER LE OPERAZIONI DI RILIEVO E/O LA NECESSITA’ DI RICOSTRUZIONE SUCCESSIVA ALLO STESSO, PER CUI LA VIOLAZIONE E’ STATA ACCERTATA SUCCESSIVAMENTE?

La questione è stata trattata da  Cass. Civ., II, 23/09/22 n° 27980 (scarica e leggi) ritenendo legittima la contestazione differita, in quanto gli organi di polizia stradale intervenuti “…non potevano che intervenir successivamente all’incidente, come peraltro precisato nel verbale, ove i P.U. dichiaravano che la violazione era stata accertata a seguito della ricostruzione della dinamica del sinistro; la dinamica è stata ricostruita…solo a seguito delle complesse risultanze raccolte sul posto (rilievi fotoplanimetrici; posizione di quiete assunta dai veicoli, i quali hanno terminato la loro marcia nella corsia opposta a quella in cui viaggiava la ricorrente; danni riportati dai veicoli e manufatti; lesioni riportate dalla ricorrente; testimonianza del padre del conducente del veicolo coinvolto). …”.

Precedente si ritrova in Cass. Civ.,, II, 05/11/20 n° 24756 (scarica e leggi), ove in maniera precisa si rileva come “…la contestazione differita deve avvenire con la notificazione del verbale nel termine di legge, ma solo nei casi ricadenti nell’art. 201, comma 1 bis, CDS non è necessaria l’indicazione dei relativi motivi giustificativi, in quanto già insiti nella natura stessa delle violazioni (non essendo, in tal caso, consentito alcun margine di apprezzamento circa l’eventuale possibilità di effettuare la contestazione immediata). Qualora, invece, la contestazione sia stata differita per ragioni diverse da quelle elencante nelle lettere a-g, del comma 1 bis della norma già citata, occorre che il verbale contenga l’indicazione dei motivi giustificativi, date le molteplici eventualità in cui, per ragioni contingenti, sia impedito agli organi accertatori di elevare la contestazione contestualmente all’accertamento. In tal caso, l’apprezzamento del giudice verte sulla sola ragionevolezza del motivo addotto dall’amministrazione a giustificazione del proprio operato. Questa Corte ha inoltre affermato che l’indicazione, contenuta nel verbale, che la contestazione non sia stata immediata a causa della verificazione di un sinistro, costituisce una motivazione sufficiente a rendere legittima la sanzione. Non occorre che l’esposizione dei motivi sia preceduta da una rubrica esplicativa che circostanzi in modo puntuale le ragioni addotte, essendo detta motivazione già munita di un’intrinseca logica, …stante inoltre l’impossibilità di censurare, in tali frangenti, le scelte operative degli organi accertatori. …”.

Sulla possibilità di individuare la norma violata a seguito di incidente stradale e dopo la sua ricostruzione d’ufficio si legga uno stralcio, anche se datata, della CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO 300/A/47019/101/3/3/9 del 26-10-93

Giovanni Paris

ORDINANZA DI LIMITAZIONE ORARIO ATTIVITA’ DI GIOCO LECITO: CONSIGLIO DI STATO, V, 26/09/22 N° 8237

Sale gioco e slot, il sindaco può limitare gli orari di apertura - ANCI  Toscana

E’ LEGITTIMA LA ADOZIONE DI ORDINANZA SINDACALE DI REGOLAZIONE DEGLI ORARI DI ATTIVITA’ DI GIOCO LECITO?

L’articolo 50  “Competenze del Sindaco e del Presidente della Provincia” del  D.Lgs. 18/08/00 n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, al comma 7 prevede:

“7.  Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”.

La sentenza del Consiglio di Stato, V, 26/09/22 n° 8237 (scarica e leggi) afferma che “…è del tutto pacifico il potere del Sindaco di cui all’art. 50, comma 7, del TUEL di adottare provvedimenti funzionali a regolamentare gli orari delle sale giochi e degli esercizi pubblici in cui sono installate apparecchiature da gioco…”,

considerando la scelta altresì proporzionata, in quanto “…la limitazione oraria mira a contrastare il fenomeno della ludopatia inteso come disturbo psichico che spinge l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano della vita familiare e professionale, oltre che con innegabile dispersione del patrimonio personale…”,

sottolineando come “…i provvedimenti di limitazione all’attività di organizzazione e gestione dei giochi pubblici sono volti alla tutela di interessi generali (salute, dignità, sicurezza, utilità sociale) e, acclarata la proporzionalità del provvedimento, esso può ben consistere in una misura specifica avente l’obiettivo di contrastare efficacemente le ludopatie. …“,

con riaffermazione che  “…è pacifico che, in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, il Sindaco possa disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò possa fare anche per esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica. L’art. 50 comma 7 è un paradigma di norma attributiva di potere. La questione non si pone quindi sul “se” il potere esiste ma sul “come” esso viene esercitato. La norma attribuisce il potere per una causa (l’interesse pubblico specifico); questo interesse è modellato dagli elementi del potere, definiti dalla norma (oggetto, soggetto e fine). …”.

Giovanni Paris

ORDINANZA DI DEMOLIZIONE DI ABUSO EDILIZIO E OBBLIGO DI COMUNICAZIONE AVVIO PROCEDIMENTO: CONSIGLIO DI STATO, VII, 21/10/22 N° 8993

LA EMISSIONE DI ORDINANZA DI DEMOLIZIONE DI ABUSO EDILIZIO DEVE ESSERE PRECEDUTA DALLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO EX ART. 7 L. 241/90?

Abbiamo risposto negativamente pochi giorni fa pubblicando l’articolo ORDINANZA DI RIMESSA IN PRISTINO DI ABUSO EDILIZIO E OBBLIGO DI COMUNICAZIONE AVVIO PROCEDIMENTO: CONSIGLIO DI STATO, VI, 07/10/22 N° 8613 .

Registriamo conferma dell’indirizzo da Consiglio di Stato, VII, 21/10/22 n° 8993 e in forza del quale se il provvedimento emesso dall’autorità ha carattere DOVEROSO e VINCOLATO esso non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90.

Con la sentenza si afferma che l’ordinanza impugnata “…risulta adottata in esercizio della potestà sanzionatoria del Comune, che trova il suo referente normativo all’art. 35 d.p.r. n. 380/2001 e che consiste in un atto dovuto e vincolato al ricorrere dei presupposti di legge, consistenti nella esistenza di abusi e nella proprietà pubblica del suolo. …”,

costituendo ormai

“…jus receptum che il provvedimento avente natura di atto vincolato…non necessita di essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/1990, in quanto non è prevista, in capo all’amministrazione, la possibilità di effettuare valutazioni di interesse pubblico influenzabili da una fattiva partecipazione del soggetto destinatario, anche al fine di evitare l’inutile aggravio del procedimento (ex multis, Con. Stato, Sez. IV, 22.08.2018, n. 5008). Per l’effetto, lo stesso non può essere invalidato per omessa osservanza delle norme che disciplinano la partecipazione endoprocedimentale del privato, ciò anche alla luce di quanto stabilito dall’art. 21-octies, secondo comma, primo periodo, l. n. 241/1990, essendo palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato. …”,

e richiamando una pronuncia del Consiglio di Stato secondo cui

“…“i provvedimenti di demolizione sono atti vincolati il cui presupposto è costituito esclusivamente dalla sussistenza di opere abusive; per la adozione di tali atti non è richiesta, quindi, una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione, in quanto, verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l’amministrazione ha il dovere di adottare il provvedimento, essendo la relativa ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore. Inoltre, non rileva l’eventuale decorso del termine dalla commissione dell’abuso, in quanto il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso” (Cons. Stato, Sez. II, 5.07.2019, n. 4662). …”.

Giovanni Paris

CONDIZIONI PER L’ ARRESTO FACOLTATIVO IN FLAGRANZA DI REATO: CASS. PEN., I, 20/10/22 N° 39831

Arrestato quattro volte in tre mesi per spaccio di droga: nei guai un  nigeriano

LA POLIZIA GIUDIZIARIA PER PROCEDERE ALL’ARRESTO FACOLTATIVO IN FLAGRANZA DI REATO EX ART. 381 C.P.P. DEVE VALUTARE, AI FINI DELLA GIUSTIFICAZIONE DELLO STESSO, LA GRAVITA’ DEL FATTO INSIEME ALLA PERICOLOSITA’ DEL SOGGETTO? 

L’art. 381 “Arresto facoltativo in flagranza” del c.p.p. dispone

“1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

2. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno altresì facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti:

omissis

4. Nelle ipotesi previste dal presente articolo si procede all’arresto in flagranza soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto.

omissis”

In relazione ai presupposti previsti dal comma 4 dell’ar. 381 c.p.p., di gravità del fatto ovvero di pericolosità del soggetto Cass. Pen., I, 20/10/22 n° 39831 (scarica e leggi) chiarisce, anche se la disposizione è chiara utilizzando la congiunzione disgiuntiva “ovvero”, che “…«in tema di arresto facoltativo, ai fini della legittimità dell’arresto, non si richiede la presenza congiunta di entrambi i parametri previsti dall’art. 381, comma quarto, cod. proc. pen. (gravità del fatto e pericolosità del soggetto), essendo sufficiente, come si desume dalla formulazione disgiuntiva della norma, la presenza di uno solo di essi»…”.

IN COSA CONSISTONO LE “TRACCE” E QUANDO SI CONFIGURA L'”INSEGUIMENTO” NELLA QUASI FLAGRANZA CHE LEGITTIMANO L’ARRESTO?

L’art. 382 c.p.p.  “Stato di flagranza” del c.p.p. prevede

“1. E’ in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima.

omissis “.

Il Collegio nella medesima sentenza sulla nozione di ‘tracce‘ rilevante ex art. 382 c.p.p. sottolinea  “…che, invero, non vanno considerate in senso letterale del termine, quali indizi materiali della perpetrazione del reato, ma che possono ricomprendere anche l’atteggiamento serbato dall’autore del fatto o dalla persona offesa che costituisca, con assoluta probabilità, un indicatore della avvenuta perpetrazione del reato in termini di stretta contiguità temporale rispetto al momento dell’intervento dalla polizia giudiziaria…”,

mentre sul concetto di ‘inseguimento‘ afferma che viene richiesto “…l’inseguimento c.d. effettivo, laddove colui che insegue non perde di vista l’inseguito e lo fa nell’immediatezza, subito dopo la commissione del reato, con ciò validando il rapporto logico temporale ‘azione delittuosa – individuazione dell’autore’, distinguendolo dall’inseguimento c.d. ideale, estranea al caso di specie, e configurato da ipotesi nelle quali la polizia giudiziaria, solo dopo la fuga dell’autore del reato, si mette, pur nell’immediatezza dei fatti, sulle sue tracce tramite informazioni e indagini svolte subito dopo. …”,

ribadendo che

“…in tema di arresto in flagranza, «la cd. quasi flagranza presuppone che l’inseguimento dell’indagato sia attuato subito dopo la commissione del reato, a seguito e a causa della sua diretta percezione, da parte della polizia giudiziaria, del privato o di un terzo, ma non postula la coincidenza del soggetto inseguitore con quello che procede ;all’arresto»…”.

Giovanni Paris

ABBANDONO DI RIFIUTI E ORDINANZA DI RIMOZIONE A CARICO DEL PROPRIETARIO DEL TERRENO: T.A.R. CAMPANIA, V, 19/09/22, N° 5818

Castelfranco di Sotto, maxi intervento di pulizia di rifiuti abbandonati

IL PROPRIETARIO DEL TERRENO DOVE E’ AVVENUTO UN ABBANDONO DI RIFIUTI E’ SEMPRE TENUTO ALLA RIMOZIONE DEGLI STESSI A TITOLO DI RESPONSABILITA’ OGGETTIVA?

L’art. 192  “Divieto di abbandono” del T.U. sull’ambiente D.Lgs. 152/06 dispone:

“1.  L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2.  È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3.  Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4.  Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.”

La risposta è NEGATIVA, il proprietario del terreno dove si accerta l’abbandono di rifiuti non è sempre responsabile e tenuto alla rimozione degli stessi in forza di tale sua qualità, quindi a titolo di responsabilità oggettiva, ma solo se la violazione sia allo stesso imputabile a titolo di dolo o colpa e ciò a seguito e in base ai necessari, obbligatori accertamenti che devono essere svolti dagli organi di controllo/accertatori, instaurando quindi un contradditorio con la parte, se tale procedura non viene osservata e la responsabilità non viene accertata i provvedimenti dell’autorità sono illegittimi, questo è stato ribadito dalla sentenza del T.A.R. Campania, V, 19/09/22, n° 5818 (scarica e leggi) nella quale si richiama l’art. 192, commi 1 e 3 sopra riportati, affermando che

“…- in virtù di tale prescrizione, secondo consolidata giurisprudenza anche di questo Tribunale…l’obbligo di rimozione grava in via principale sull’inquinatore e, in solido, sul proprietario del terreno e sui titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, qualora a costoro sia imputabile una condotta dolosa o colposa, da accertarsi previo contraddittorio, secondo il principio di matrice eurounitaria in materia ambientale per cui “chi inquina paga”;

– più in dettaglio, ai sensi dell’art. 192 del D. Lgs. n. 152/2006, il proprietario o titolare di altro diritto di godimento sul bene risponde della bonifica del suolo, in solido con colui che ha concretamente determinato il danno, non a titolo di responsabilità oggettiva ma soltanto ove sia responsabile quanto meno a titolo di colpa, anche omissiva, per non aver approntato l’adozione delle cautele volte a custodire adeguatamente la proprietà, occorrendo la dimostrazione del dolo (espressa volontà o assenso agevolativo del proprietario in concorso nel reato) o della colpa attiva (imprudenza, negligenza, imperizia) ovvero omissiva (mancata denuncia alle autorità del fatto) per aver tollerato l’illecito;

per accertare la rimproverabilità della condotta occorre, d’altra parte, che gli organi preposti al controllo svolgano approfonditi accertamenti in contraddittorio con i soggetti interessati, di talché, in mancanza, non possono porsi incombenti a carico dei proprietari o titolari di diritti di godimento delle aree…,posto che “deve escludersi la natura di obbligazione propter rem dell’obbligo di ripristino del fondo a carico del titolare di un diritto di godimento sul bene; per regola generale non è quindi configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell’immobile in ragione di tale sola qualità”;

– applicando le superiori coordinate ermeneutiche al caso in esame, emerge l’illegittimità dell’avversata azione amministrativa, atteso che il ricorrente, allo stato, non risulta presentare alcuna delle condizioni rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 192 del D. Lgs. 152/2006, essendo stato individuato quale destinatario degli obblighi di rimozione e di smaltimento in forza della mera qualità di proprietario del terreno oggetto di sversamento da parte di ignoti benché, alla stregua delle svolte considerazioni in diritto, la mera condizione di titolare dell’immobile nel quale sarebbero stati rinvenuti i rifiuti non sarebbe di per sé sufficiente ai fini della irrogazione della misura occorrendo, come si è visto, che la violazione sia imputabile al proprietario a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dagli organi ed enti preposti al controllo;

– sotto il profilo procedimentale, sussiste anche certamente la violazione del contraddittorio, imposto dall’art. 7 della L. 241/1990; difatti, l’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati ex art. 192 del Codice dell’Ambiente deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’ineludibile accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti;

– si palesa pertanto illegittima l’ordinanza in contestazione, con la quale si è ordinato di provvedere alla rimozione e smaltimento dei rifiuti, in quanto non preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, risultando così violato il diritto alla partecipazione procedimentale, anche al fine di poter dimostrare l’assenza del requisito soggettivo del dolo o della colpa;…”.

Giovanni Paris

VIOLAZIONE ART. 126-BIS C.D.S. E INDICAZIONE DATA DELLA COMMESSA VIOLAZIONE: CASS. CIV., VI, 14/09/22 N° 26961

IL VERBALE PER VIOLAZIONE ALL’ART. 126-BIS C.D.S. DEVE RIPORTARE OBBLIGATORIAMENTE LA DATA DELLA AVVENUTA VIOLAZIONE O QUESTA E’ POSSIBILE DESUMERLA PER RELATIONEM DAL VERBALE ORIGINARIO CHE HA DETERMINATO L’OBBLIGO DELLA COMUNICAZIONE DEI DATI DELLA PATENTE DI GUIDA?

L’art. 383  “Contestazione – Verbale di accertamento” del Reg. Esec. del Codice della Strada prevede:

“1.  Il verbale deve contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e della località nei quali la violazione è avvenuta, delle generalità e della residenza del trasgressore e, ove del caso, l’indicazione del proprietario del veicolo, o del soggetto solidale, degli estremi della patente di guida, del tipo del veicolo e della targa di riconoscimento, la sommaria esposizione del fatto, nonché la citazione della norma violata e le eventuali dichiarazioni delle quali il trasgressore chiede l’inserzione.

omissis”

Su tale aspetto bisogna prestare la massima attenzione perchè si registra che Cass. Civ, VI, 14/09/22 n° 26961 (scarica e leggi) ha affermato sostanzialmente che la data della violazione deve SEMPRE essere indicata nel verbale di accertamento e pertanto

“…in tema di circolazione stradale, è invalido, perché non sufficientemente specifico, il verbale notificato all’autore materiale dell’infrazione che contenga il solo riferimento alla violazione commessa ed al tipo e alla targa del veicolo, ma che sia assolutamente privo di qualsiasi indicazione con riguardo, tra l’altro, al giorno in cui tale violazione è avvenuta, come richiesto dall’art. 383 del d.P.R. n. 495 del 1992...dovendosi, per contro, escludere la sanatoria di tale invalidità per il fatto che…la data dell’omissione era evincibile per relationem…o addirittura con un semplice calcolo matematico. …”.

Giovanni Paris

ABBANDONO DI RIFIUTI IN AREA PRIVATA


Foligno, rifiuti abbandonati in un terreno agricolo: scattano gli  accertamenti dell'ispettore ambientale

Problematica di indubbio interesse è quella di come si deve procedere nel caso di rinvenimento da parte degli Organi di Polizia di un abbandono di rifiuti in un’area privata.

Si potrà sempre introdurre il concetto di “abbandono di rifiuti” ovvero esistono altre circostanze che scagionano da quest’illecito il proprietario dell’area interessata a questo fenomeno?
 
Si riporta un articolo, redatto dallo scrivente ed inserito fra i capitoli dell’ultimo libro in fase di pubblicazione, con il quale si procede alla descrizione di fatti di questa natura, si danno indicazioni su come agire nelle fasi conseguenti all’accertamento e sul relativo iter procedurale.
 
 
 

                                                                                         Dott. Alberto Casoni

Docente APL Marche “Ambiente”

Alberto Casoni - Perito Industriale - ex responsabile ...

 

RELAZIONE ILLUSTRATIVA AL D.LGS 150/22 RIFORMA PROCESSO PENALE (“RIFORMA CARTABIA”)

Decreto Legge 7 gennaio 2022 n.1 – Misure organizzative – Ministero della  Giustizia – www.ordineavvocativelletri.it

Si segnala la pubblicazione della Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari».

ALLEGATO: Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150

Giovanni Paris

ORDINANZA DI RIMESSA IN PRISTINO DI ABUSO EDILIZIO E OBBLIGO DI COMUNICAZIONE AVVIO PROCEDIMENTO: CONSIGLIO DI STATO, VI, 07/10/22 N° 8613

24/09/2020 - La legge 241/1990 dopo le modifiche della Legge  Semplificazioni — Segretari Comunali Vighenzi

LA EMISSIONE DI ORDINANZA DI RIMESSA IN PRISTINO DI ABUSO EDILIZIO DEVE ESSERE PRECEDUTA DALLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO EX ART. 7 L. 241/90?

L’art. 7  “Comunicazione di avvio del procedimento” della L. 241/90 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” recita:

“1.  Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento.

2.  Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.”.

La risposta è NEGATIVA, stante il carattere DOVEROSO e VINCOLATO del provvedimento emesso ed è stata fornita dal CONSIGLIO STATO, VI, 07/10/22 N° 8613  il quale, riportando con dovizia numerose precedenti pronunce, sottolinea come “…la giurisprudenza amministrativa interpreta le norme in materia di partecipazione procedimentale, non in senso formalistico, bensì avendo riguardo all’effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione.

Ne deriva che l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento non cagiona l’automatica illegittimità del provvedimento finale qualora possa trova applicazione l’art. 21-octies, comma 2, della stessa legge, secondo cui non è annullabile il provvedimento per vizi formali non incidenti sulla sua legittimità sostanziale e il cui contenuto non avrebbe potuto essere differente da quello in concreto adottato, poiché detto art. 21-octies, attraverso la dequotazione dei vizi formali dell’atto, mira a garantire una maggiore efficienza all’azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all’attribuzione del bene della vita richiesto dall’interessato (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. II, 18 marzo 2020 n. 1925, 12 febbraio 2020 n. 1081 e 17 settembre 2019 n. 6209; Sez. III, 19 febbraio 2019 n. 1156; Sez. IV, 11 gennaio 2019 n. 256 e 27 settembre 2018 n. 5562).

Delineato tale quadro generale, si rileva che il diniego di sanatoria è atto vincolato, cosicché la mancata comunicazione del preavviso di diniego non comporta, in base al principio di cui al su citato art. 21-octies, comma 2, primo periodo, effetti vizianti ove il Comune non avrebbe potuto emanare provvedimenti differenti (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2714).

Trattasi di coordinate ermeneutiche incentrate sul carattere doveroso e vincolato della sanzione edilizia, conseguente alla realizzazione di opere eseguite in assenza o in difformità del titolo edilizio, che è stato definitivamente riconosciuto dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 17 ottobre 2017 n. 9, sicché, proprio in ragione di tale caratteristica è stato ancora, recentemente, esclusa la necessità di comunicare l’avvio del relativo procedimento al destinatario (cfr., ancora e tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 27 gennaio 2022 n. 1953 e 18 gennaio 2022 n. 311). …”

Giovanni Paris

RIFIUTO DI ACCERTAMENTO DEL TASSO ALCOLEMICO E OBBLIGO AVVISO ASSISTENZA DIFENSORE: CASS. PEN., IV, 18/10/22 N° 39134

Misure di sicurezza, se mancano il lavoratore può rifiutare la prestazione

L’OBBLIGO DI DARE AVVISO AL CONDUCENTE DELLA FACOLTA’ DI FARSI ASSISTERE DA UN DIFENSORE PER SVOLGERE LA PROVA DI ACCERTAMENTO DEL TASSO ALCOLEMICO SUSSISTE ANCHE NEL CASO DI RIFIUTO DI SOTTOPORSI ALLO STESSO?

Sulla questione è stato pubblicato un precedente articolo dal titolo “OBBLIGO AVVISO ASSISTENZA DIFENSORE PER ACCERTAMENTO TASSO ALCOLEMICO ANCHE IN CASO DI RIFIUTO?”,

nel quale si riportavano, tra l’altro, due provvedimenti, Corte di Cassazione Penale sez. VII 15/4/2022 n. 14878 e  Corte di Cassazione Penale sez. IV 10/5/2022 n. 18404 (scarica e leggi) per le quali l’obbligo di fornire avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per lo svolgimento dell’accertamento del tasso alcolemico non sussiste in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento.

L’orientamento si conferma con la sentenza Cass. Pen., IV, 18/10/22 n° 39134. la quale ricorda che è stato “…reiteratamente ribadito, con pronunce anche recenti, che l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’attuazione dell’alcoltest non sussiste in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento, in quanto la presenza del difensore è funzionale a garantire che l’atto in questione, in quanto non ripetibile, sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini…”,

sottolineando che

“…l’avvertimento ex art. 114 disp. att, cod. proc. pen. è previsto nell’ambito del procedimento volto a verificare la presenza dello stato di ebbrezza, e l’eventuale presenza del difensore è finalizzata a garantire che il compimento dell’atto in questione, in quanto a sorpresa e non ripetibile, venga condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini. Il procedimento, in altri termini, è certamente in corso allorquando si registra il rifiuto dell’interessato di sottoporsi all’alcoltest ma a questo punto, e nel momento stesso del rifiuto, viene integrato il fatto reato sanzionato dall’art. 186, comma 7, cod. strada. …”,

ma la sentenza si palesa di particolare interesse ed importanza per il preciso richiamo a diverse disposizioni del Codice della Strada e del suo Regolamento con loro interpretazione che depone per la tesi sostenuta, infatti si osserva che

“…l’art. 354 cod. proc. pen., riguardante gli accertamenti urgenti demandati alla polizia giudiziaria, laddove adopera la locuzione «nel procedere al compimento degli atti», indica chiaramente il momento in cui ci si accinge a compiere l’atto, nella specie di rilevazione dell’alcolennia mediante etilometro, e perciò, se ci si sta apprestando a compiere l’atto, significa che l’interessato vi abbia acconsentito. Il rifiuto eventuale – e con esso il reato istantaneo di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada — è da considerarsi che avvenga in un momento antecedente. …”,

richiamando altresì

“…il testo dell’art. 379, comma 3, del Regolamento di esecuzione ed attuazione del codice della strada, nel quale, disponendo sull’accertamento della guida in stato di ebbrezza e sulle modalità di verbalizzazione da parte degli operanti, si prevede che «Nel procedere ai predetti accertamenti, ovvero qualora si provveda a documentare il rifiuto opposto dall’interessato, resta fermo in ogni caso il compito dei verbalizzanti di indicare nella notizia di reato, ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale, le circostanze sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza, desumibili in particolare dallo stato del soggetto e dalla condotta di guida». …”,

concludendo che

“…La lettera della norma, che chiarisce le modalità di effettuazione del test (misurazione della concentrazione di alcool nell’area alveolare, a mezzo di due prove a distanza di almeno cinque minuti), chiarisce, altresì, attraverso l’utilizzo della congiunzione disgiuntiva «ovvero», l’alternativa fra l’ipotesi dell’accertamento e quella del rifiuto, sicché se si deve dare atto delle circostanze sintomatiche «Nel procedere agli accertamenti» ovvero in caso di «rifiuto opposto dall’interessato», significa che il rifiuto precede l’inizio del compimento dell’atto, cui è rivolto il procedimento, e per il quale deve realizzarsi la garanza difensiva prevista dall’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. …”.

Per quanto sopra argomentato “…l’obbligo di dare avviso non ricorre allorquando il conducente abbia rifiutato di sottoporsi all’accertamento etilometrico, essendo il reato perfezionato nel momento stesso dell’espressione della volontà di sottrarsi all’atto assistito dalla garanzia dell’avviso di farsi assistere da un difensore. …”.

Giovanni Paris

PROVA DOCUMENTALE E IMMAGINI DA “GOOGLE EARTH”: CASS. PEN., III, 17/10/22 N° 39087

Valle dei Casali - Roma: Abusi edilizi in grande stile nella Valle dei  Casali

LE IMMAGINI TRATTE DA “GOOGLE EARTH” COSTITUISCONO PROVA DOCUMENTALE IDONEA E UTILIZZABILE AI FINI DELL’ACCERTAMENTO DELLA REALIZZAZIONE DI UN ABUSO EDILIZIO?

Il Codice di Procedura Penale in tema di prove prevede

all’art. 189 “Prove non disciplinate dalla legge”

“1. Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Il giudice provvede all’ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova.”

e all’art. 234 “Prova documentale”

“1. E’ consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.

2. Quando l’originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia.

3. E’ vietata l’acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti.”.

Cosa è un DOCUMENTO?

Esso non è costituito solo da un atto scritto, ma è documento una foto, un filmato, una riproduzione sonora, ecc., documento è tutto ciò che incorpora una attività svolta o un fatto, è la veste esterna di un atto o un fatto, la forma tangibile che assume il compimento di un atto e offre la rappresentazione di fatti, persone e cose.

Il caso è stato affrontato da Cass. Pen., III, 17/10/22 n° 39087 (scarica e leggi) per la quale “…i rilievi di Google Earth rappresentano solo uno degli elementi della complessiva valutazione del Tribunale, deve osservarsi che il richiamo valorizzato dai giudici dell’impugnazione cautelare appare legittimo, avendo questa Corte precisato (Sez. 3, n. 48178 del 15/09/2017, Rv. 271313) che, in tema di prove, i fotogrammi scaricati dal sito internet “Google Earth”, costituiscono prove documentali pienamente utilizzabili ai sensi dell’articolo 234, comma 1, cod. proc. pen. o 189 cod. proc. pen., in quanto rappresentano fatti, persone o cose, essendo ben diversa, ovviamente, la questione relativa alla valutazione del loro contenuto e alla corrispondenza al vero di quanto in essi rappresentato…”.

Si leggano nello stesso senso anche Cass. Pen., III, 20/10/20 n° 37611  e  Cass. Pen., II, 26/10/21 n° 45900.

Quindi le immagini di “Google Earth” sono considerate documenti, acquisibili e valutabili dal giudice nella loro capacità di fornire certezza di un fatto e del suo modo di essere e potranno costituire “prova”, che sarà posta a fondamento del convincimento del giudice che verrà espresso nella sentenza. 

Giovanni Paris

DIVIETO DI ACCESSO DI CANI IN GIARDINI E PARCHI PUBBLICI: TAR CAMPANIA, V, 05/10/22 N° 6173

divieto_cani

IL COMUNE PUO’ PREVEDERE UN DIVIETO GENERALIZZATO DI ACCESSO AI CANI, MUNITI ANCHE DI GUINZAGLIO O MUSERUOLA, IN TUTTI I GIARDINI E PARCHI PUBBLICI CITTADINI?

Sull’argomento pubblicammo tempo fa un articolo DIVIETO DI ACCESSO DI CANI IN GIARDINI E PARCHI PUBBLICI nel quale riportammo una serie di pronunciamenti della giustizia amministrativa dei T.A.R. di diverse Regioni.

Si segnala la sentenza del TAR Campania, V, 05/10/22 n° 6173 con la quale il collegio ha affermato che “…L’ordinanza sindacale che rechi, come nella specie, il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree ricomprese nel centro storico ovvero dei parchi cittadini dedicati all’intrattenimento ludico dei bambini – pur se in ragione delle meritevoli ragioni di tutela dei cittadini in considerazione della circostanza che i cani vengono spesso lasciati senza guinzaglio e non ne vengono raccolte le deiezioni – risulta essere eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone ed è in tal modo posta in violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità. …”,

sottolineando come

“…lo scopo perseguito dall’Ente locale di mantenere il decoro e l’igiene pubblica, nonché la sicurezza dei cittadini, avrebbe potuto essere soddisfatto non tanto mediante un generico divieto di accesso alle aree indicate, quanto attraverso l’attivazione dei mezzi di controllo e di sanzione rispetto all’obbligo per gli accompagnatori o i custodi di cani di rimuovere le eventuali deiezioni con appositi strumenti e di condurli in aree pubbliche con idonee modalità di custodia (guinzaglio e museruola), trattandosi di obblighi imposti dalla disciplina generale statale. Pertanto, il Sindaco avrebbe potuto fronteggiare gli eventuali comportamenti incivili da parte dei conduttori di cani, al fine di prevenire le negative conseguenze di tali condotte, con l’esercizio degli ordinari poteri di prevenzione, vigilanza, controllo e sanzionatori di cui dispone l’Amministrazione. …”

dal momento che

“…le esigenze poste a fondamento della gravata ordinanza risultano già compiutamente salvaguardate dalla disciplina vigente in materia, che impone di condurre i cani al guinzaglio e di rimuovere le eventuali deiezioni, dovendo quindi l’Amministrazione Comunale adoperarsi – in luogo dell’indiscriminato divieto di accesso dei cani alle aree verdi pubbliche – al fine di rendere cogenti tali misure mediante una efficace azione di controllo e di repressione, in tal modo rendendo possibile il raggiungimento del pubblico interesse attraverso strumenti idonei e nel rispetto del principio di proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini perseguiti. …”.

L’organo giudicante ha così inteso aderire “…al costante orientamento giurisprudenziale formatosi in ordine a fattispecie analoghe (ex plurimis: T.A.R. Basilicata, 17 ottobre 2013, n. 611; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 28 maggio 2014, n. 225; T.A.R. Lombardia, Milano, 22 ottobre 2013 n. 2431)…” dichiarando la fondatezza del ricorso.

Giovanni Paris

COMPETENZA DEGLI “AUSILIARI DELLA SOSTA”: CASS. CIV., VI, 14/10/22 N° 30288

Ausiliari della sosta: multe solo nelle strisce blu

GLI AUSILIARI DEL TRAFFICO/DELLA SOSTA POSSONO ACCERTARE QUALSIASI TIPO DI VIOLAZIONE IN MATERIA DI SOSTA E LA LORO COMPETENZA SI ESPLICA SU TUTTO IL TERRITORIO COMUNALE?

La materia è stata regolata ex novo dall’art. 12-bis “Prevenzione ed accertamento delle violazioni in materia di sosta e fermata” del Codice della Strada, introdotto dall’art. 49 del D.L. 76/20, convertito in L. 120/20, che ha provveduto ad abrogare i commi 132 e 133 dell’art. 17 della L. 127/97, che già disciplinavano le diverse figure appartenenti alla categoria degli ausiliari del traffico/ausiliari della sosta.

Le attuali categorie disciplinate dall’art. 12-bis C.d.S. sono:

  • dipendenti comunali o delle società private e pubbliche esercenti la gestione della sosta di superficie a pagamento o dei parcheggi,

  • dipendenti comunali o a dipendenti delle aziende municipalizzate o delle imprese addette alla raccolta dei rifiuti urbani e alla pulizia delle strade,

  • personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.

Si riporta uno stralcio della CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO N° 7923 DEL 22-10-20 contenente il nuovo art. 12-bis C..d.S., la sua illustrazione ed indicazioni per la sua applicazione (scarica e leggi).

Si segnala il pronunciamento della Cass. Civ., VI, 14/10/22 n° 30288 (scarica e leggi) che ha affrontato la questione, anche se riferita a verbali di accertamento di violazione commessi sotto il regime della precedente normativa rappresentata dall’art. 17/132 e 133 della L. 127/97, ma che si mostra comunque di utilità, in quanto ha espresso il principio per cui “…La natura derogatoria delle norme…rispetto alla regola generale secondo cui la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale compete ai soggetti di cui all’articolo 12, comma terzo, CDS, NON consente di ampliare in via interpretativa il novero delle funzioni attribuite a soggetti privati…”.

La Corte ricorda come “…L’art. 17, commi 132 e 133, L. 127/1997 ha attribuito ai Comuni la possibilità di conferire, con provvedimento del sindaco, funzioni di prevenzione ed accertamento delle infrazioni in materia di sosta ai dipendenti comunali o ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi, entro i confini delle aree oggetto di concessione; ai sensi del successivo comma 133, le stesse funzioni sono conferite al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone, il quale può anche svolgere funzioni di prevenzione e accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie di trasporto pubblico. …Dalla lettera della norma si evince che il legislatore abbia inteso conferire agli ausiliari del traffico, ai fini di semplificazione dell’attività amministrativa, il potere di prevenire ed accertare infrazioni al codice della strada in ipotesi tassative. …”,

sottolineando come

“…la disciplina ha previsto che determinate funzioni, obiettivamente pubbliche, possano essere eccezionalmente svolte anche da soggetti privati i quali abbiano una particolare investitura da parte della pubblica amministrazione, …”,

pertanto

“…La tesi secondo cui gli ispettori delle aziende di trasporto sarebbero però titolari di un potere di controllo limitato alle aree date in concessione alle aziende da cui dipendono, appare confortata dal tenore letterale del comma 133, il quale, nel prevedere la possibilità di conferimento delle funzioni di cui al precedente comma 132 (accertamento delle violazioni in materia di sosta, limitatamente alle aree oggetto di concessione), chiarisce che le funzioni di prevenzione e di accertamento attengono alla materia della circolazione e sosta sulle sole corsie riservate al trasporto pubblico. …”, 

esprimendo il principio, già sopra riportato, in forza del quale

“…La natura derogatoria delle norme in oggetto rispetto alla regola generale secondo cui la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale compete ai soggetti di cui all’articolo 12, comma terzo, CDS, non consente di ampliare in via interpretativa il novero delle funzioni attribuite a soggetti privati…”,

Nel caso trattato la Cassazione afferma che “… è infondata la tesi del tribunale secondo cui tali poteri sarebbero estesi all’intero territorio comunale, non potendo prevalere sul dato normativo neppure le circolari del Ministero dell’Interno, richiamate nel controricorso, espressesi in senso contrario, né avendo rilievo il disposto dell’art. 12 bis CDS, introdotto con L. 120/2020, discutendosi di violazione consumata nel regime dell’art. 17, commi 132 e 133…”

Giovanni Paris

PROVA DELLA TARATURA ANNUALE DI MISURATORE ELETTRONICO DELLA VELOCITA’: CASS. CIV., II, 11/10/22 N° 29625

Marchio - Accredia

IN CASO DI PRESENTAZIONE DI RICORSO E CONTESTAZIONE DI VERBALE DI ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONE ALL’ART. 142 C.D.S. SPETTA AL RICORRENTE LA PROVA DELLA MANCATA OMOLOGAZIONE E/O DELLA MANCATA TARATURA DELLA STRUMENTAZIONE?

La risposta è NEGATIVA , così ha previsto la Cass. Civ., II, 11/10/22 n° 29625 (scarica e leggi), la quale ha ribadito che “…ai fini della legittimità della sanzione, non è sufficiente che l’apparecchio sia stato inizialmente sottoposto a taratura, ma è necessario che tale operazione sia reiterata nel tempo e con una cadenza temporale almeno annuale…”,

ricordando che

“…La giurisprudenza di questa Corte ha, in effetti, ripetutamente affermato e recentemente ribadito (Cass. n. 22015 del 2022, in motiv.) che, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del codice della strada (Corte cost. n. 113/2015), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura, e che, in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate…essendo, per contro, irrilevante che l’apparecchiatura operi in presenza di operatori o in automatico, senza la presenza degli operatori ovvero, ancora, tramite sistemi di autodiagnosi, a fronte della necessità di dimostrare o attestare, con apposite certificazioni di omologazione e conformità, il loro corretto funzionamento…“,

affermando che

“…in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato, spetta all’Amministrazione la prova positiva dell’iniziale omologazione e della periodica taratura dello strumento dovendosi, in particolare, escludere che tale prova possa essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità e che la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità ed affidabilità dell’apparecchio possa essere ricavata dal verbale di contravvenzione…E’, quindi, a carico della Pubblica Amministrazione, in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato, la prova positiva dell’omologazione iniziale e della taratura periodica dello strumento: e solo in presenza di detti elementi, di per sé sufficienti a dimostrare il corretto funzionamento dell’apparato di rilevazione della velocità (circostanza, quest’ultima, che costituisce elemento essenziale costitutivo della fattispecie sanzionatoria), spetta alla parte sanzionata l’onere di fornire la prova contraria…”

Relativamente alla taratura la Corte ricorda come “…la circolare del Ministero dell’interno 26/6/2015 (prot. 300/A4745/15/144/5/20/5) già prima della sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2015, aveva prescritto la verifica periodica di funzionalità e taratura, con cadenza almeno annuale, delle apparecchiature di controllo da remoto o per la contestazione successiva delle violazioni in materia di velocità, stabilendo, in particolare, che tale verifica doveva (e deve) essere effettuata presso un centro accreditato ACCREDIA (designata quale unico organismo nazionale autorizzato a svolgere attività di accreditamento in applicazione dell’art. 4 della I. n. 99/2009) ovvero presso lo stesso costruttore se abilitato alla certificazione di qualità aziendale secondo le norme ISO 9001/2000. Solo successivamente, il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 13/6/2017 ha previsto che “le verifiche iniziali e periodiche di taratura devono essere eseguite, con emissione di certificato di taratura, da soggetti che operano in conformità ai requisiti della norma UNI CEI EN ISOIEC 17025:2005 (e future revisioni) come laboratori di taratura, accreditati da ACCREDIA o da altri organismi di accreditamento firmatari a livello internazionale degli accordi di mutuo riconoscimento“.

MA quali sono i soggetti, enti o organismi abilitati alle operazioni di verifica e taratura dei misuratori elettronici di velocità?

Si legga l’articolo CENTRI DI TARATURA DI APPARECCHIATURE PER ACCERTAMENTO DELLE VIOLAZIONI AI LIMITI DI VELOCITA’.

Giovanni Paris

TERMINE DI EMISSIONE ORDINANZA INGIUNZIONE: CASS. CIV., II, 10/10/22 N° 29404

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IL TERMINE ENTRO CUI EMETTERE L’ORDINANZA INGIUNZIONE EX ART. 18 L. 689/81 E’ QUELLO DELL’ART. 2 DELLA L. 241/90 RELATIVO ALLA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO?

L’art. 2/2  “Conclusione del procedimento” della L. 241/90 recita:

“2.  Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni.”.

Il fatto che nella L. 689/81 si riscontri la mancata previsione di un termine finale per l’esercizio della potestà sanzionatoria, cioè del termine entro cui emettere l’ordinanza-ingiunzione di cui all’art. 18 L. 689/81, fa sorgere la domanda se quindi va applicato quello previsto dall’art. 2/2 della L. 241/90.

La risposta da parte della giurisprudenza della Corte di Cassazione come da costante, condiviso e ribadito orientamento è stata negativa, ciò ha trovato conferma nella Cass. Civ., II, 10/10/22 n° 29404 (scarica e leggi), nella quale si afferma che

“…in tema di sanzioni amministrative, il procedimento preordinato alla loro irrogazione sfugge all’ambito di applicazione della L. n. 241 del 1990 in quanto, per la sua natura sanzionatoria, è compiutamente retto dai principi sanciti dalla I. n. 689 del 1981 (Cass. n. 31239 del 2021); ha, inoltre, affermato (Cass. n. 21706 del 2018), con un principio cui si intende dare seguito in assenza di valide argomentazioni che inducano ad una sua rimeditazione, che in tema di sanzioni amministrative, alla mancata previsione nella I. n. 689 del 1981 del termine per l’emissione dell’ordinanza ingiunzione non si può ovviare applicando quello, peraltro non perentorio, previsto per la conclusione del procedimento amministrativo dall’art. 2 della I. n. 241 del 1990…in quanto la I. n. 689 del 1981 costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso in sede amministrativa, scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve. ...”.

Si legga anche Cass. Civ., II, 03/11/21 n° 31239 per la quale “…in tema di sanzioni amministrative, il procedimento preordinato alla loro irrogazione sfugge all’ambito di applicazione della I. n. 241 del 1990 in quanto, per la sua natura sanzionatoria, è compiutamente retto dai principi sanciti dalla I. n. 689 del 1981, il termine previsto dall’art. 2, comma 3, della I. n. 241 cit. …è incompatibile con i procedimenti regolati dalla I. n. 689 cit., la quale costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve. …”

Della questione si è occupata anche la Corte Costituzionale con sentenza del 12/07/21 n° 151 (scarica e leggi) di cui si riporta la massima: “Sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale – sollevate dal Tribunale di Venezia, in composizione monocratica, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. – dell’art. 18 della legge n. 689 del 1981, nella parte in cui non prevede un termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio mediante l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione o dell’ordinanza di archiviazione degli atti. Il termine di prescrizione del diritto alla riscossione delle somme dovute per le violazioni amministrative – di durata quinquennale e suscettibile di interruzione – è inidoneo per la sua ampiezza a garantire, di per sé solo, la certezza giuridica della posizione dell’incolpato e l’effettività del suo diritto di difesa, che richiedono contiguità temporale tra l’accertamento dell’illecito e l’applicazione della sanzione. Tuttavia l’omissione denunciata dal rimettente non può essere sanata dalla Corte costituzionale, essendo rimessa alla valutazione del legislatore l’individuazione dei termini idonei ad assicurare un’adeguata protezione agli evocati principi costituzionali, se del caso prevedendo meccanismi che consentano di modularne l’ampiezza in relazione agli specifici interessi di volta in volta incisi. Il protrarsi della segnalata lacuna normativa – che colloca l’autorità titolare della potestà punitiva in una posizione ingiustificatamente privilegiata – rende peraltro ineludibile un tempestivo intervento legislativo. (Precedenti citati: sentenze n. 23 del 2013, n. 176 del 2004 e n. 262 del 1997). In materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità non solo impone la predeterminazione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere, della configurazione della norma di condotta la cui inosservanza è soggetta a sanzione, della tipologia e della misura della sanzione stessa e della struttura di eventuali cause esimenti, ma deve necessariamente modellare anche la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell’esercizio del potere, in quanto la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell’esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell’interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale. (Precedente citato: sentenza n. 5 del 2021). La fissazione di un termine per la conclusione del procedimento non particolarmente distante dal momento dell’accertamento e della contestazione dell’illecito, consentendo all’incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost..”

Analoghe considerazioni sono state espresse dal Consiglio di Stato, Sezione VII – Sentenza 14/02/22, n° 1081 (scarica e leggi) che richiama e amplia i contenuti e le osservazioni posti dalla Corte Costituzionale con la sentenza sopra citata, rilevando come “…La questione controversa è se possa ritenersi applicabile al caso di specie il termine generale di conclusione del procedimento di cui alla L. 241/90 ovvero se debba applicarsi tout court il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 28 L. 689/81. Sul tema si registra, oltre al precedente citato dall’appellante, un maggioritario orientamento giurisprudenziale che ritiene non applicabili al procedimento sanzionatorio i princìpi generali della L. 241/1990 (tra le più recenti Cass., Sez. II, 3 novembre 2021, n. 31239, secondo cui il procedimento preordinato alla irrogazione di sanzioni amministrative sfugge all’ambito di applicazione della L. 241 del 1990, in quanto, per la sua natura sanzionatoria, è compiutamente retto dai principi sanciti dalla L. 689 del 1981). Ciò posto non può non rilevarsi come non possa essere condivisa la tesi secondo cui, non avendo la L. 689/1981 previsto un termine finale per la conclusione del procedimento sanzionatorio, lo stesso possa ingiustificatamente protrarsi sine die, con l’unico limite della prescrizione quinquennale del diritto a riscuotere la sanzione (L. 689/1981, art. 28). …“.

Pertanto è vero che manca la previsione normativa di un termine finale per l’esercizio della potestà sanzionatoria, cioè del termine entro cui emettere l’ordinanza-ingiunzione di cui all’art. 18 L. 689/81, ma tale circostanza non viene assunta come indifferente, ma chiaramente bisognevole di un tempestivo intervento legislativo.

Giovanni Paris

MODALITA’ DI GESTIONE DI MATERIALI CONTENENTI AMIANTO

Tetto in eternit: come riconoscerlo e cosa fare

Domanda:

Come si deve procedere in caso di rinvenimento di oggetti costituiti da MCA (materiale contenente amianto) meglio conosciuti come “materiali in eternit” ovvero nel caso in cui un cittadino dovesse presentare una segnalazione in merito alla presenza di un manufatto contenente amianto?

Premessa:

Con l’adozione della Legge 27 marzo 1992 n. 257, avente per oggetto “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” (pubblicata sul Suppl.Ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1992), sono state regolamentate le modalità di gestione in fase di dismissione dei materiali contenenti amianto: i cosiddetti MCA.

Il CAPO III della summenzionata normativa, all’art. 8 dal titolo “Classificazione, imballaggio, etichettatura”, stabilisce:

1: La classificazione, l’imballaggio e l’etichettatura dell’amianto e dei prodotti che contengono amianto i quali sono disciplinati dalla legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni e integrazioni, e dal D.P.R. 24 maggio 1988, n. 215

…omissis…

Con l’art. 12 della legge 257/92, sono state stabilite le modalità relative alla rimozione dell’amianto nel rispetto delle cautele relative alla tutela dell’ambiente.

Con lo stesso provvedimento si è altresì stabilito che le Unità Sanitarie Locali effettuano l’analisi del rivestimento degli edifici di cui all’articolo 10, comma 2, lettera l) della suddetta Legge 257/92, avvalendosi anche del personale degli uffici tecnici erariali e degli uffici tecnici degli enti locali.

Al comma 3 dell’art. 12, è stato decretato altresì che qualora non si possa ricorrere a tecniche di fissaggio, e solo nei casi in cui i risultati del processo diagnostico la rendano necessaria, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano dispongono la rimozione dei materiali contenenti amianto, sia floccato che in matrice friabile. Il costo delle operazioni di rimozione è a carico dei proprietari degli immobili.

Mentre con il comma 4, è stato decretato che le imprese che operano per lo smaltimento e la rimozione dell’amianto e per la bonifica delle aree interessate debbono iscriversi a una speciale sezione dell’albo di cui all’articolo 10 del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441 (attualmente Decreto Ministeriale 3 giugno 2014 n. 120).

  1. I rifiuti di amianto sono classificati tra i rifiuti speciali, tossici e nocivi, ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, in base alle caratteristiche fisiche che ne determinano la pericolosità, come la friabilità e la densità.

Considerato che il D.P.R. 915/82 è stato abrogato, attualmente la normativa di riferimento viene regolamentata dall’art. 227 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e succ. modif. ed integrazioni, il quale ha inserito questa fattispecie di rifiuto fra i “Rifiuti Speciali Pericolosi”.

Allegati:

Elenco materiali “potenzialmente” contenenti amianto.

Tabella (prevista dall’articolo 1, comma 2):

a) lastre di amianto piane o ondulate, di grande formato (due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge);

b) tubi, canalizzazioni e contenitori per il trasporto e lo stoccaggio di fluidi, ad uso civile e industriale (due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge);

c) guarnizioni di attrito per veicoli a motore, macchine e impianti industriali (un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge);

d) guarnizioni di attrito di ricambio per veicoli a motore, veicoli ferroviari, macchine e impianti industriali con particolari caratteristiche tecniche (due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge);

e) guarnizioni delle testate per motori di vecchio tipo (due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge);

f) giunti piatti statici e guarnizioni dinamiche per elementi sottoposti a forti sollecitazioni (due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge);

g) filtri e mezzi ausiliari di filtraggio per la produzione di bevande (un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge);

h) filtri ultrafini per la sterilizzazione e per la produzione di bevande e medicinali (due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge);

i) diaframmi per processi di elettrolisi (due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge).

Ciò detto, quali sono gli accorgimenti da adottare e quali sono le competenze degli Organi preposti al controllo?

Suddividiamo queste casualità in due specifiche circostanze, più precisamente:

  • Rinvenimento di manufatti in materiale, potenzialmente, contenenti amianto;
  • Gestione di manufatti contenenti amianto.

Caso n. 1:

Nel caso di rinvenimento di manufatti abbandonati su area pubblica e/o privata soggetta ad uso pubblico, nonché, su area privata, l’Organo di controllo che ha effettuato il rinvenimento deve:

  1. contattare immediatamente il personale dell’ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente) il quale dovrà procedere al campionamento, nel rispetto delle norme di tutela della salute ed avvalendosi degli appositi D.P.I. (L. 81/2009), per poter sottoporre, questi frammenti di campioni prelevati, alle specifiche analisi di Laboratorio aventi sede nelle medesime ARPA;
  2. dopo aver accertato che il materiale sottoposto a campionamento è un materiale contenente amianto, gli Uffici delle ARPA ne daranno comunicazione al Sindaco territorialmente competente al luogo di rinvenimento. L’Autorità Amministrativa avrà l’obbligo di adottare specifica Ordinanza sindacale nel rispetto del 3° comma dell’art. 192 del Decreto legislativo 152/2006. Tutto ciò previo parere da parte del Medico Sanitario avente sede presso l’Autorità Sanitaria Locale territorialmente competente il quale avrà altresì anche l’obbligo di indicare le prescrizioni che dovranno essere adottate ai fini delle operazioni di rimozione, raccolta ed invio ad impianti debitamente autorizzati alla loro gestione.

Nel caso in cui dalle analisi di laboratorio questi materiali non presentino componenti riconducibili alla presenza di amianto, dovranno essere adottate le modalità previste per i casi contemplati dall’art. 192 del D. Lgs 152/06, relativamente ai rifiuti rinvenuti su aree pubbliche e/o aree private soggette ad uso pubblico ovvero per i casi di rinvenimento di rifiuti su aree private.

Caso n. 2

Nel caso di rinvenimento di manufatti, potenzialmente, compresi fra quelli contenenti amianto, meglio conosciuti come “MCA”, ovvero in caso di segnalazione da parte di cittadini circa la presenza di questi manufatti, debbono essere interessati gli appositi uffici, aventi sede presso le sedi delle Aziende Sanitarie Uniche Regionali meglio conosciute come “ASUR” e/o ASL a seconda della Regione di appartenenza.

Tecnici specializzati in materia di prevenzione “rischi amianto”, hanno il compito di verificare, mediante specifici sopralluoghi, l’entità del manufatto segnalato, lo stato di conservazione e, nel caso in cui accertino delle anomalie, procedere alla segnalazione al Sindaco territorialmente competente il quale avrà l’onere dell’adozione di specifica Ordinanza Sindacale ai sensi dell’art. 50 del T.U.L.E.L. 267/2000 nel rispetto delle indicazioni stabilite dall’art. 192, comma 3 del D. Lgs 152/06.

Con l’Ordinanza sindacale verranno fissati dei tempi in cui, il soggetto proprietario, legale rappresentante di un’azienda, Amministratore e/o obbligato in solido, ovvero altro soggetto a cui possono essere attribuite delle responsabilità (si pensi al capo del condominio in caso di copertura di uno stabile adibito a civile abitazione), dovranno procedere alla presentazione di un “piano di dismissione” di questi manufatti a firma di un Tecnico iscritto agli specifici Albi professionali.

Il piano di dismissione dovrà contenere il nominativo della Ditta appositamente specializzata per l’esercizio di queste operazioni la quale dovrà essere Iscritta all’Albo Gestori Ambientali di cui al Decreto Ministeriale 120/2014 nella specifica Categoria: per l’esattezza alla Cat. 10 “bonifica di beni contenenti amianto”.

Prima di procedere all’avvio delle operazioni di dismissione di questi manufatti, il “piano di gestione” deve essere approvato dal personale debitamente preposto presso l’ASUR.

Ad ogni buon conto, la normativa di riferimento, ha escluso la possibilità di utilizzare, successivamente alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, di commercializzare ed utilizzare nuovi manufatti contenenti amianto; la medesima normativa, ha altresì previsto un censimento a livello regionale di questi materiali al fine di monitorare le operazioni di gestione nei casi in cui ci sia una dismissione volontaria ovvero che gli stessi debbono essere rimossi a seguito di specifica ordinanza sindacale.

Tuttavia, la norma di riferimento ha previsto altresì, sempre previo parere tecnico da parte dei Tecnici appositamente preposti negli Uffici dell’ASUR, la possibilità della “messa in sicurezza” di questi manufatti previo “incapsulamento”.

Questa operazione può essere realizzata, sempre mediante l’avvalimento di Ditte specializzate, con la stesa di vernici di copertura sopra questi manufatti oppure, mediante l’apposizione di altri manufatti con le medesime modalità di realizzazione dei cosiddetti “pannelli sandwich”: si pensi ad esempio alle onduline utilizzate per la copertura di immobili.

Nel caso in specie verranno posizionate delle lastre nelle parti inferiore e superiore di questo manufatto in modo da racchiudere la lastra in “eternit” all’interno di questo “pacchetto”.

Altra modalità di contenimento di eventuali dispersioni di fibre di amianto nell’ambiente può essere realizzata mediante l’applicazione del poliuretano espanso nelle superfici superiore ed inferiore del manufatto che si intende proteggere.

Conclusioni

La Legge 257/92 quindi ha vietato, successivamente alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale la fabbricazione e l’utilizzo di nuovi manufatti in “eternit”; la stessa ha altresì stabilito le modalità di censimento, verifica e dismissione di questi manufatti. 

La medesima norma, tuttavia non ha “bandito” la presenza di manufatti contenenti amianto qualora questi non presentino cause di pericolo di dispersione in atmosfera ed in ambiente terrestre, di fibre di amianto.

Dott. Alberto CasoniAlberto Casoni - Perito Industriale - ex responsabile ...

Docente APL Marche “Ambiente”

IDENTIFICAZIONE EX ART. 349 C.P.P. – LA INTEGRAZIONE OPERATA DALL’ ART. 2/8 L. 134/21

Dieci furti commessi tra gennaio e dicembre del 2016. Arrestato dalla  Squadra Mobile 17enne, incastrato dalle impronte digitali

La L. 27-9-2021 n. 134 “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, che introduce una serie di riforme del processo penale portate avanti dal Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, all’art. 2/8 ha introdotto una aggiunta al comma 2 dell’art. 349 c.p.p. “Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone”, il quale prevedeva che “Alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini può procedersi anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti.”,

ora quanto sopra è stato integrato con i seguenti periodi:

I rilievi di cui al periodo precedente sono sempre eseguiti quando si procede nei confronti di un apolide, di una persona della quale è ignota la cittadinanza, di un cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea ovvero di un cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea privo del codice fiscale o che è attualmente, o è stato in passato, titolare anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea. In tale caso, la polizia giudiziaria trasmette al pubblico ministero copia del cartellino fotodattiloscopico e comunica il codice univoco identificativo della persona nei cui confronti sono svolte le indagini.”

Pertanto quei rilievi, svolti dalla polizia giudiziaria ai fini della identificazione e previsti come facoltativi, sono divenuti obbligatori quando si versa nelle particolari situazioni individuate dalla norma e cioè:

  • persona apolide,
  • persona della quale è ignota la cittadinanza,
  • cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea,
  • cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea privo del codice fiscale o che è attualmente, o è stato in passato, titolare anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea,

con obbligo altresì per l’organo di p.g. operante di trasmettere al Pubblico Ministero copia del cartellino fotodattiloscopico e comunicare il codice C.U.I. della persona indagata.

Quando una persona ha lo stato di apolide? Un apolide (dal greco a-polis “senza città”) è la persona che non possiede la cittadinanza di nessuno Stato.

Che condizione giuridica ha un cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea? Il soggetto viene considerato “straniero” ai sensi dell’art. 1 del D.L.gs 286/98 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.

Sulle novità introdotte dalla L. 134/21 l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ha pubblicato la Relazione n° 60 del 03/11/21 (scarica e leggi) ove si tratta dell’argomento alle pagine 47 e 48.

DOMANDA: COSA E’ IL “CODICE UNIVOCO IDENTIFICATIVO – C.U.I.” ?

Abbiamo una sua definizione all’art. 2 del D.P.R. del 07/04/16 n° 87 “Regolamento recante disposizioni di attuazione della legge 30 giugno 2009, n. 85, concernente l’istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 85 del 2009”, laddove propedeutica è la definizione del sistema A.F.I.S.:

“…d) AFIS (Automated Fingerprint Identification System): sistema automatizzato per l’identificazione delle impronte digitali del casellario centrale d’identita’ del Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, collocato presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, Servizio polizia scientifica;

e) CUI (Codice Univoco Identificativo): codice alfanumerico generato in automatico dal sistema AFIS e legato univocamente alla persona di cui all’articolo 9 della legge o al consanguineo sottoposti a prelievo di un campione biologico;…”.

Si segnalano le LINEE GUIDA PROCURA TIVOLI L. 134-21 11-10-21 (scarica e leggi) con indicazioni sulla novità al punto 4.1 . 

L’obbligo del fotosegnalamento in discussione si aggiunge a due fattispecie già previste ugualmente come obbligatorie dall’ordinamento giuridico e disciplinate nel D.L.gs 286/98 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”

all’Art. 4-ter/2.  “Lo straniero che richiede la proroga del visto ai sensi del comma 1 è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici” e

all’Art. 5/4-bis.  “Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici”.

Giovanni Paris

MATERIALE DI STUDIO E OPERATIVO SULL’OMICIDIO STRADALE – L. 23/03/16 N° 41

La L. 23 marzo 2016 n° 41 ha introdotto la nuova disciplina dell’omicidio stradale e delle lesioni stradali innovando in modo significativo alcune disposizioni sia di carattere sostanziale che di carattere processuale.

Si propongono una serie di pubblicazioni e tesi di laurea sull’argomento.

TESI DOTT.SSA MARA BASEI – “LA SCENA DEL CRIMINE NELL’OMICIDIO STRADALE”

PUBBLICAZIONE DOTT.SSA ANTONIA MENGHINI – “L’OMICIDIO STRADALE Scelte di politica criminale e frammentazione del sistema”

TESI DOTT. NICOLA PISTILLI – “La colpa stradale Un’indagine dogmatica”

PUBBLICAZIONE DOTT. ADELMO MANNA DOTT. VITO PLANTAMURA – “I REATI DI OMICIDIO TRA TEORIA E PRASSI”

TESI DOTT. ALESSANDRO CECERE “I nuovi reati di omicidio e lesioni stradali tra vecchie questioni e nuovi scenari applicativi”

Si riportano inoltre di seguito le linee operative/guida sull’applicazione della L. 41/16 che diverse Procure hanno emanato a ridosso dell’entrata in vigore della novità normativa (elenco in ordine alfabetico).

1 PROCURA AOSTA 22/07/16     

2 PROCURA BERGAMO 19/05/16     

3 PROCURA BRESCIA 16/09/16

4 PROCURA FERMO 08/06/16

5 PROCURA FIRENZE 08/06/16     

6 PROCURA GENOVA     

7 PROCURA GROSSETO 03/06/16

8 PROCURA LECCO 07/07/16

9 PROCURA MACERATA 09/06/16     

10 PROCURA MILANO 21/04/16

11 PROCURA RIMINI 11/04/16

12 PROCURA SANTA MARIA CAPUA VETERE 05/04/16     

13 PROCURA SIENA 29/04/16

14 PROCURA SONDRIO 21/04/16     

15 PROCURA TORINO 14/06/16

16 PROCURA TRENTO 29/03/16     

17 PROCURA UDINE 31/03/16

18 PROCURA UDINE 16/06/16   

19 PROCURA VELLETRI 11/05/16    

20 PROCURA VELLETRI 06/06/16

 

Giovanni Paris

 

VIOLAZIONE ART. 157/5 C.D.S. – SOSTA FUORI DAGLI APPOSITI SPAZI: CASS. CIV., II, 06/10/22 N° 29050

Venezia, allarme parcheggio selvaggio a Tessera. Residenti furiosi:  «Abbandonano le macchine per giorni e vanno in aeroporto»

L’art. 157 del Codice della Strada Arresto, fermata e sosta dei veicoli” al comma 5 prevede che:

Nelle zone di sosta all’uopo predisposte i veicoli devono essere collocati nel modo prescritto dalla segnaletica.”.

L’art. 351 del Reg. Esec. al Codice della Strada Arresti e soste dei veicoli in generale” aggiunge che:

“Nelle zone di sosta nelle quali siano delimitati, mediante segnaletica orizzontale, gli spazi destinati a ciascun veicolo, i conducenti sono tenuti a sistemare il proprio veicolo entro lo spazio ad esso destinato, senza invadere gli spazi contigui.”.

La violazione può realizzarsi ogni qual volta la sosta è effettuata in una area appositamente predisposta, ma:

  • fuori degli appositi spazi,
  • in modo difforme da quanto previsto dalla segnaletica,
  • occupando più di uno stallo di sosta/invadendo uno stallo di sosta adiacente.

DOMANDA: La violazione si concretizza comunque ogni qual volta la sosta fuori dagli appositi spazi avvenga a causa delle dimensioni del veicolo che non sono compatibili, bensì superiori rispetto a quelle che delimitano lo stallo di sosta?

La risposta appare scontata ed è AFFERMATIVA, dal momento che se un veicolo ha un ingombro tale che non gli permette di “entrare” completamente nello stallo di sosta non può legittimamente sostare e ne subisce le conseguenze sanzionatorie, considerando altresì che potrebbe verificarsi anche una situazione di pericolo per la circolazione stradale quando il veicolo invade la carreggiata stradale destinata al transito veicolare.

Questa fattispecie è stata trattata da Cass. Civ., II, 06/10/22 n° 29050 (scarica e leggi), che si è occupata del caso di una sosta fuori dagli appositi spazi realizzata da un autocaravan e chiarendo che l’adozione di un provvedimento sanzionatorio nei confronti di tale categoria di veicolo, quando si realizza la ipotesi in discussione, non determina un trattamento “discriminatorio” nei suoi confronti, possibile, in senso differenziato rispetto alle altre categorie di veicoli, solamente attraverso la adozione di provvedimenti di disciplina della circolazione stradale aventi a fondamento motivi tecnici e di sicurezza stradale, come ormai più volte affermato dai competenti ministeri.

Il Supremo Consesso procede a riassumere il quadro normativo riguardante la circolazione delle autocaravan, indicando che 

“…La normativa nazionale, ai fini della circolazione stradale (e la sosta su strada, che fa parte della stessa circolazione), equipara le autocaravan agli altri autoveicoli, pur con alcune specificità. A norma dell’art. 54, comma 1 lettera m) del C.d.S., le autocaravan sono veicoli aventi una speciale carrozzeria e attrezzati permanentemente per essere adibiti al trasporto e all’alloggio di sette persone al massimo, compreso il conducente per essere dotate di motore e sistema di guida autonoma. La circolazione e la sosta di siffatti mezzi sono regolamentati dall’art. 185 del C.d.S., le cui disposizioni si possono così riassumere:
– le autocaravan sono equiparate agli autoveicoli di classe M, le comuni automobili, e sono pertanto soggetti agli stessi divieti e limitazioni (per la sosta il riferimento è l’art. 158 CdS);
– le stesse possono sostare ovunque sia consentito;
– per le autocaravan in sosta su strade pubbliche sono vietati tutti i comportamenti che possono ricondurre all’attività di campeggio: ancorare stabilmente il mezzo al suolo, emettere fumi e/o scarichi delle  acque, ampliare la sagoma del camper attraverso l’apertura di porte o verande, posizionare tavoli, sedie o quant’altro al di fuori del mezzo, ecc. L’attività di campeggio è ammessa solo nelle aree di sosta attrezzate per i camper;
– le autocaravan che sostano nelle strisce blu pagano una tariffa maggiorata del 50%, ma solo se lo stallo di sosta è di dimensioni maggiori rispetto agli altri stalli presenti nell’area di parcheggio.
Le amministrazioni comunali possono imporre ulteriori limitazioni alla circolazione e soprattutto alla sosta dei camper, giustificandole con “accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale” (art. 7 comma 1 lettera b) del C.d.S.). …”,

osserva poi che 

“…la questione che permane è dunque quella di individuare la facoltà di parcheggiare siffatti mezzi negli stalli predisposti dal Comune laddove la sagoma dell’autocaravan oltrepassi con le proprie dimensioni la segnaletica orizzontale, in assenza di ogni altra previsione. Orbene è evidente che l’organizzazione di un parcheggio deriva dalla progettazione del numero di stalli di sosta e dalla apposizione della relativa segnaletica stradale, soprattutto orizzontale, da cui dipende la tipologia dei veicoli che ne possono usufruire. ..”,

richiamando

…l’art. 149 del reg. att. C.d.S. che ai commi 1 e 2 stabilisce che “La delimitazione degli stalli di sosta è effettuata mediante il tracciamento sulla pavimentazione di strisce della larghezza di 12 cm formanti un rettangolo, oppure con strisce di delimitazione ad L o a T, indicanti l’inizio, la fine o la suddivisione degli stalli entro i quali dovrà essere parcheggiato il veicolo. …”,

stabilendo che

“…i provvedimenti per la regolazione della circolazione emessi dall’ente proprietario della strada ed i criteri ivi previsti per la realizzazione delle aree, fra i quali sono ricomprese le dimensioni degli stalli, costituiscono di per sé precetto per l’individuazione degli spazi entro i quali la facoltà di sosta può essere fruita e non oltre, per cui il parcheggio è consentito ed autorizzato purchè avvenga nel rispetto e con l’occupazione di un’area determinata sia che riguardi le autovetture sia le autocaravan, sempre che abbiano lo stesso ingombro. …”.

Giovanni Paris

RINVENIMENTO DI CARCASSE DI ANIMALI MORTI IN AREE PUBBLICHE E PRIVATE SOGGETTE AD USO PUBBLICO

Smaltimento Carcasse Animali Morti - Domestici e in Strada

In caso di rinvenimento da parte di Organi di Polizia, ovvero, a seguito di segnalazione da parte di cittadini, di carcasse di animali morti come ci si deve comportare?

Le carcasse degli animali morti per cause diverse dalla macellazione per consumo umano debbono essere raccolte da Ditte specializzate, debitamente autorizzate dal Servizio Veterinario dell’ASUR territorialmente competente alla sede legale del titolare della Ditta esercente questo tipo di attività ai sensi del Regolamento Comunitario 1069/2009.
La successiva destinazione potrà essere solo ed esclusivamente la “termodistruzione” presso impianti d’incenerimento debitamente autorizzati dalla Regione e/o dalla Provincia se espressamente delegata.
Per il vero, esistono delle deroghe per gli animali d’affezione di piccola taglia (cani, gatti, uccelli, ecc) per i quali, se il proprietario è in possesso di un giardino e/o di un terreno agricolo, questi animali deceduti possono essere interrati in questi siti a condizione che ci sia un’autorizzazione espressamente rilasciata, in forma scritta, da parte del Veterinario dell’ASUR il quale ha anche l’onere di impartire le dovute prescrizioni (esclusione nei paraggi di fonti di approvvigionamento di acque destinate al consumo umano, profondità della buca, utilizzo di sostanze disinfettanti quali calce, ecc).
Altra deroga può essere concessa dal Veterinario dell’ASUR territorialmente competente quando i costi per le operazioni di recupero potrebbero essere troppo esosi ovvero le condizioni di recupero siano proibitive; si pensi al capo di bestiame, bovino, equino, caprino, ovino il quale scivola in un burrone di montagna e non è possibile procede, come detto, al recupero del medesimo. In queste circostanze, seguendo quelle prescrizioni già dette per gli animali d’affezione (esclusione di fonti di approvigionamento di acque destinate al consumo umano, modalità di scavo e dimensione della buca, disinfettante, ecc.
In tutti gli altri casi valgono le disposizioni generali.
Inoltre, il Regolamento comunitario 1069/2009, detta altresì anche le regole per la gestione delle parti derivanti dalle operazioni di macellazione di capi di bestiame i quali, per la loro natura non sono commestibili.
Questi materiali definiti “il quinto quarto” dell’animale (considerato che l’animale macellato viene suddiviso in quattro parti due mezzene a sua volta divisibili per due – parte anteriore e parte superiore), vengono trasformati per la realizzazione di beni di consumo. 
Si allegano alla presente due casistiche documentate.

Dott. Alberto CasoniAlberto Casoni - Perito Industriale - ex responsabile ...

Docente APL Marche “Ambiente”

AFFIDAMENTO A PRIVATO NOLEGGIO E GESTIONE TECNICA ATTREZZATURE PER ACCERTAMENTO VIOLAZIONI VELOCITA’: CASS. CIV., II, 04/10/22 N° 28719

Autovelox, Cassazione: multe valide anche se i Comuni noleggiano le  apparecchiature da privati

E’ LEGITTIMO IL VERBALE DI ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONE ALL’ART. 142 C.D.S. IN CASO DI NOLEGGIO DELLE APPARECCHIATURE E LORO GESTIONE TECNICA DA PARTE DI SOGGETTO PRIVATO?

L’art. 345  del Reg. Esec. Codice della Strada Apparecchiature e mezzi di accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità” al comma 4 prevede che

“Per l’accertamento delle violazioni ai limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma 1 devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale cui all’art. 12 del codice, e devono essere nella disponibilità degli stessi.“.

Tale disposizione viene rispettata anche nel caso in cui le attrezzature vengano noleggiate da soggetto privato e lo stesso compia attività di gestione tecnica delle stesse, questo è quanto è stato affermato da Cass. Civ., II, 04/10/22 n° 28719 (scarica e leggi) la quale argomenta che 

“…nel caso di rilevamento di velocità di veicoli a mezzo apparecchiature noleggiate, il contratto intercorso tra il Comune e la società di noleggio non si inserisce nella sequenza procedimentale che sfocia nella rilevazione dell’infrazione rilevata e contestata all’utente della strada e non condiziona la sussistenza della violazione accertata tramite tali apparecchi di rilevazione….”,

ossservando che “…Quanto poi alla denuncia di delega delle funzioni di accertamento dell’infrazione, la sentenza del Tribunale di Oristano precisa che il contratto di installazione delle apparecchiature prevedeva che i dati raccolti da dette apparecchiature confluissero in un server al fine di essere validati dal personale della polizia locale, che poteva quindi accedere a detti dati, “nella diretta e piena disponibilità degli organi accertatori”, cui era demandato l’esame, la verifica e la elaborazione deidati immessi nel database ai fini della contestazione delle sanzioni amministrative…”,

col che è possibile “…ricondurre esclusivamente al Comune la piena disponibilità, la diretta gestione e vigilanza dei dispositivi e delle relative apparecchiature a norma delle vigenti disposizioni di legge e delle circolari ministeriali e prefettizie in materia, con conseguente esclusività della Polizia Locale stessa ad effettuare le procedure di validazione e di verbalizzazione degli accertamenti…”

sottilineando che “…sarebbe illegittima la sola totale delega delle funzioni di accertamento delle infrazioni a società privata, che nella specie il giudice del merito ha verificato essere stato effettuato dai pubblici ufficiali, come loro riservato dall’art. 345, comma 4 Reg. esec. C.d.S. e dagli artt. 11 e 12 C.d.S. …”,

concludendo che non può trovare applicazione nella specie la decisione di cui a Cass. Civ., II, 03/12/21 n° 38276 (scarica e leggi) che per il caso dalla stessa trattato non aveva ritenuto soddisfatto il seguente principio di diritto e cioè che 

“L’accertamento dell’infrazione dell’art.142 del Codice della Strada, ove effettuato a mezzo di apparecchiatura elettronica autovelox, è atto dell’organo di polizia stradale del tutto distinto dalla mera registrazione analogica o digitale ovvero dalla correlata documentazione fotografica o video del fatto che integra la violazione stessa. Detto accertamento consiste nella lettura, da parte degli organi di polizia, del supporto sul quale i dati sono registrati dall’apparecchiatura di controllo. Il giudice di merito deve accertare se l’assistenza tecnica della società noleggiatrice sia limitata all’installazione ed all’impostazione dell’apparecchiatura, secondo le indicazioni del pubblico ufficiale mentre deve essere riservata ai pubblici ufficiali l’accertamento delle violazioni di modo che l’attività della forza pubblica sia solo supportata e non sostanzialmente sostituita dall’operatore privato e non sussista una delega delle operazioni di accertamento della violazione“.

Giovanni Paris

RESPONSABILITA’ DETENTORE PER AGGRESSIONE DEL CANE: CASS. PEN., IV, 03/10/22 N° 37183

Cane malato accusato di aggressione, salvato dalla testimonianza del  veterinario

Con l’art. 672 c.p. “Omessa custodia e mal governo di animali, posto a tutela della incolumità pubblica, il nostro ordinamento giuridico prevede, in materia di tenuta e conduzione di animali pericolosi, applicabile anche ai cani,  che:

“Chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti, o ne affida la custodia a persona inesperta, è punito con la sanzione amministrativa da euro 25 a euro 258.

Alla stessa sanzione soggiace:

1. chi, in luoghi aperti, abbandona a se stessi animali da tiro, da soma o da corsa, o li lascia comunque senza custodia, anche se non siano disciolti, o li attacca o conduce in modo da esporre a pericolo l’incolumità pubblica, ovvero li affida a persona inesperta;

2. chi aizza o spaventa animali, in modo da mettere in pericolo l’incolumità delle persone.”

La fattispecie costituisce illecito amministrativo a seguito della depenalizzazione avvenuta ad opera dell’art. 33 della L. 689/81.

E’ illecito di pericolo, realizzabile con condotta omissiva o commissiva, il bene giuridico tutelato è la incolumità pubblica, per quanto riguarda il soggetto attivo si sottolinea che le fattispecie connotano un illecito “proprio” facendo riferimento alla qualità di “possessore” e/o “detentore“, quindi non necessariamente “proprietario”, mentre solo l’ipotesi di cui al n° 2. del comma 2 è di applicabilità generale a qualsiasi soggetto.

Per la configurabilità della violazione non occorre verificare che vi sia stata un’aggressione o che sia sorto un pericolo effettivo per l’incolumità pubblica, questo perché la norma considera la pericolosità intrinseca collegata alla natura dell’animale.

Se vi è stata effettiva aggressione e quindi il pericolo si è tramutato in danno alle persone, il responsabile risponde del reato di lesioni o omicidio colposo.

Di tale ultima situazione si è occupata Cass. pen, IV, 03/10/22 n° 37183 (scarica eleggi), la quale, trattando il caso di aggressione con lesioni alla persona da parte di un cane, ha chiaramente indicato come la responsabilità penale non presuppone necessariamente che l’autore sia proprietario dell’animale e illustrato le condizioni per poterla riconoscere, richiamando “…..consolidato principio di diritto secondo cui l’obbligo di custodia di un animale sorge ogni qualvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale e di fatto, tra un certo soggetto e un animale, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico…”,

sottolineando che “…il trovarsi ad una certa distanza dall’animale del quale si ha la gestione, lungi dal costituire un motivo di esonero dalla responsabilità, integra un profilo di colpa, poiché il porsi nell’impossibilità di controllare un cane, dopo averlo lasciato senza museruola, costituisce senz’altro negligenza e imprudenza. Dunque l’affermazione…secondo cui…si trovava ad una distanza di circa 100 metri dai cani, intenta a conversare con un’altra persona, e quindi nell’impossibilità di intervenire in tempo utile per impedire l’aggressione, lungi dal costituire una giustificazione, vale ad ammettere un profilo di colpa. …”,

in quanto “…In presenza di altre persone occorre sempre adottare cautele idonee a evitare il pericolo che il cane possa assalire i terzi e quindi portare l’animale al guinzaglio e munirlo di museruola, senza che abbia rilievo alcuno che ci si trovi in aperta campagna e che non si tratti di zona abitualmente frequentata da persone, poiché è proprio la presenza di terzi nella specifica occasione in cui ci si trova a transitare con il cane, e non in generale, a determinare la necessità di cautela…”,

sottolineando che “…l’obbligo di protezione e controllo si estende ai comportamenti imprudenti altrui in quanto la colpa della vittima che tenga un comportamento imprudente può, al più, concorrere con quella del garante ma non eliderla…”.

Si legga anche l’articolo AMBITO APPLICAZIONE ART. 672 C.P. “OMESSA CUSTODIA E MAL GOVERNO DI ANIMALI”

Giovanni Paris

PAGAMENTO DELLA ORDINANZA INGIUNZIONE E POSSIBILITA’ DI OPPOSIZIONE : CASS. CIV., II, 30/09/22 N° 28479

Si o no? Su Instagram sono arrivati i sondaggi - Comunicare Digitale

IL PAGAMENTO DELLA SANZIONE PECUNIARIA PREVISTA NELLA ORDINANZA INGIUNZIONE IMPEDISCE LA PROPOSIZIONE DELLA OPPOSIZIONE CONTRO LA STESSA?

L’Art. 16  “Pagamento in misura ridotta” della L. 689/81 prevede:

“È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.

Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma.

Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all’entrata in vigore della presente legge non consentivano l’oblazione.”

Il pagamento in misura ridotta determina l’estinzione dell’obbligazione del pagamento della sanzione pecuniaria e al contempo l’accettazione della sanzione con riconoscimento di responsabilità, con conseguente rinuncia ad esercitare il proprio diritto alla tutela giurisdizionale.

Tale conseguenza si produce anche nel caso in cui il soggetto destinatario del provvedimento di ordinanza ingiunzione paghi la somma ingiunta?

La risposta è NEGATIVA e ci arriva da Cass. Civ., II, 30/09/22 n° 28479, per la quale

“…costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di sanzioni amministrative pecuniarie, il pagamento, da parte dell’indicato autore della violazione amministrativa, della sanzione irrogata con l’ordinanza-ingiunzione, potendo ricollegarsi alla volontà dell’intimato di evitare, a scopo cautelativo, le conseguenze derivanti dalla natura di titolo esecutivo del provvedimento sanzionatorio, non comporta, di per sé, acquiescenza ad essa, né incide sull’interesse dello stesso ad insorgere in sede giurisdizionale avverso il provvedimento medesimo. Diversamente avviene nella fattispecie disciplinata dall’art. 16 della legge n. 689/1981, che – prevedendo il “pagamento in misura ridotta”, da parte dell’indicato (nel processo verbale di contestazione della violazione) autore della violazione, corrispondente alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione, ossia prima che l’ordinanza-ingiunzione sia emessa – implica necessariamente l’accettazione della sanzione e, quindi, il riconoscimento, da parte del contravventore, della propria responsabilità e, conseguentemente, nel sistema delineato dal legislatore anche a fini di deflazione dei processi, la rinuncia ad esercitare il proprio diritto alla tutela giurisdizionale…“.

Giovanni Paris

DECESSO DELL’AUTORE DELLA VIOLAZIONE E RESPONSABILE IN SOLIDO: CASS. CIV., SEZ. LAVORO, 27/09/22 N° 28101

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IN CASO DI VIOLAZIONE COSTITUENTE ILLECITO AMMINISTRATIVO LA MORTE DELL’AUTORE DELLA STESSA DETERMINA L’ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE DI PAGARE LA SANZIONE PECUNIARIA A CARICO DELL’OBBLIGATO SOLIDALE?

L’art. 7 “Non trasmissibilità dell’obbligazione” della L. 689/81 recita:

“L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi.”.

La morte dell’autore della violazione, pertanto, comporta l’estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione pecuniaria, la quale, in forza dell’art. 7, non si trasmette agli eredi, ma nulla si dice in merito alla permanenza dell’obbligazione a carico dell’eventuale responsabile in solido.

La conseguenza è la medesima, come risulta da  Cass. Civ., Sez. Lavoro, 27/09/22 n° 28101  (scarica e leggi) per la quale “…In tema di sanzioni amministrative, la morte dell’autore della violazione determina non solo l’intrasmissibilità ai suoi eredi dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per la sanzione, ma altresì l’estinzione dell’obbligazione a carico dell’obbligato solidale. …”.

Si veda anche Cass. Civ, II, 07/02/22, n° 3696 (scarica e leggi) laddove viene “…ribadito che, in tema di sanzioni amministrative, la morte dell’autore della violazione determina non solo l’intrasmissibilità ai suoi eredi dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per la sanzione ex art. 7 della legge n. 689 del 1981, ma altresì l’estinzione dell’obbligazione a carico dell’obbligato solidale ex art. 6 della stessa legge e l’impossibilità per quest’ultimo, ove abbia pagato la sanzione, di esercitare nei confronti degli eredi del trasgressore il regresso…”.

Tale sentenza rileva anche perché viene espresso il principio della autonomia della posizione dell’obbligato solidale rispetto a quella del trasgressore, difatti si afferma in essa che “…l’identificazione del trasgressore non è un requisito di legittimità dell’ordinanza – ingiunzione emessa nei confronti dell’obbligato solidale, ancorché necessaria ai fini dell’eventuale esperimento dell’azione di regresso ex art. 6 della legge n. 689 del 1981 ovvero ai fini della prova dell’illecito o dei presupposti della solidarietà o ancora della valutazione della motivazione del provvedimento sanzionatorio nel giudizio di opposizione…”,

continuando che “…In funzione dell’autonomia della posizione dell’obbligato solidale, rispetto a quella del trasgressore, l’amministrazione conserva quindi la possibilità di agire nei confronti di uno soltanto di detti soggetti, e non inevitabilmente nei confronti di entrambi. …”,

concludendo che ambedue i suddetti principi erano stati affermati nel 2017 “…dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno ribadito, da un lato, che la morte del trasgressore implica anche l’estinzione dell’obbligazione a carico del responsabile solidale…e, dall’altro lato, l’autonomia delle posizioni del trasgressore e dell’obbligato solidale per il pagamento della sanzione amministrativa, precisando che quando l’obbligazione del primo viene meno ai sensi dell’art. 14, ultimo comma, della Legge n. 689 del 1981, per mancata tempestiva notificazione del provvedimento sanzionatorio, l’autonoma obbligazione del secondo permane, con l’ulteriore conseguenza che costui, ove abbia pagato la sanzione, conserva l’azione di regresso per l’intero verso l’autore della violazione, il quale non può eccepire, all’interno di tale ultimo rapporto, che è invece di sola rilevanza privatistica, l’estinzione del suo obbligo verso l’Amministrazione. …”.

Questa la sentenza del 2017: Cass. Sez. Unite Civ., 22/09/17 n° 22082. 

Giovanni Paris