Month: settembre 2023

REGISTRAZIONE CLANDESTINA DI CONVERSAZIONE E INTERCETTAZIONE: CASS. PEN., II, 17/07/23 N° 30771

Registrare una conversazione: in quali casi è lecito e quando viola la  privacy? - Federprivacy

E’ LEGITTIMA LA REGISTRAZIONE DI UNA CONVERSAZIONE, ANCHE TELEFONICA, DA PARTE DI UNO DEI SOGGETTI PARTECIPANTI ALLA STESSA, MA SENZA INFORMARNE L’INTERLOCUTORE O TALE OPERAZIONE COSTITUISCE ATTIVITA’ DI INTERCETTAZIONE?

Esiste sull’argomento un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo cui le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute per iniziativa di uno degli interlocutori, non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma rappresentano una particolare forma di “documentazione”, che non è sottoposta ai limiti e alle finalità, proprie delle intercettazioni, e in quanto tali non necessitano dell’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari.

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Affronta nuovamente la questione CASS. PEN, II, 17/07/23 N° 30771 dove si legge che “…la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe…non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 cod. proc. pen. difettando la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la “terzietà” del captante. Infatti, con la registrazione, il soggetto interessato non fa altro che memorizzare fonicamente le notizie lecitamente apprese dall’altro o dagli altri interlocutori. In conclusione la spendibilità processuale delle registrazioni clandestine si gioca sulla pertinenza del documento fonico alla rappresentazione di notizie (aventi ad oggetto il contenuto del colloquio) che ben possono essere introdotte nel processo attraverso la testimonianza del partecipe implicato nella registrazione…”.

Si segnala anche CASS. PEN., II, 22/06/23 N° 27382 nella quale il collegio riafferma:

“…(a) che lo statuto delle intercettazioni non è applicabile alla registrazione di conversazioni quando uno degli interlocutori è consapevole dato che in tal caso non viene in predicato la violazione del diritto alla segretezza delle comunicazioni, ma solo la violazione del diritto alla riservatezza che rispetto al primo gode di una tutela attenuata;

(b) che la registrazione da parte di interlocutore consapevole ha natura di “documento”, se formata in ambito extraprocedimentale, mentre ha natura di “prova atipica” se è formata “durante il” o “in funzione del” procedimento. …”

Il provvedimento giurisprudenziale si mostra di particolare interesse dal momento che lo stesso evidenzia come quanto sopra rappresentato ha fondamento su una scelta ermeneutica generata dall’analisi dei contenuti delle sentenze emesse in merito dalla Cassazione, Sezioni Unite, 28/05/03 n° 36747, Cassazione, Sezioni Unite, 28/03/06 n° 26795 del 28/03/06 e, soprattutto, dai contenuti della sentenza della Corte Costituzionale, 04/12/09 n° 320, delle quali in modo puntuale la sentenza sopra indicata riporta il percorso giurisprudenziale che è stato con esse tracciato.

Giovanni Paris

ARRESTO DI POLIZIA GIUDIZIARIA E “QUASI FLAGRANZA” – ART. 382 C.P.P. : CASS. PEN., IV, 21/09/23 N° 38480

IL FATTO DEL RITROVAMENTO DI CAPI DI VESTIARIO INDOSSATI DA UN AUTORE DI REATO, DESCRITTI E RICONOSCIUTI DALLA VITTIMA, PUO’ RIENTRARE NELLA FATTISPECIE DELLA “QUASI FLAGRANZA” COSTITUITA DAL CASO DI CHI E’ SORPRESO CON COSE O TRACCE DALLE QUALI APPAIA CHE EGLI ABBIA COMMESSO IL REATO IMMEDIATAMENTE PRIMA?

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L’ “arresto” sotto il profilo processualpenalistico e’ un atto di polizia giudiziaria di iniziativa e costituisce una misura di coercizione personale, di limitazione della libertà personale avente natura precautelare.
Esso trova disciplina negli artt. 380 (arresto obbligatorio) e 381 (arresto facoltativo) del c.p.p. e prevede quale condizione per la sua esecuzione lo stato di “flagranza” del reato.

Cosa si intende per “flagranza” di reato?

L’art. 382 c.p.p. “Stato di flagranza” prevede alternativamente che è in stato di flagranza:
1. chi viene colto nell’atto di commettere il reato,
2. chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone,
3. chi è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima.

Il vecchio c.p.p. prevedeva all’art. 237 una distinzione, ora non più riportata nelle disposizioni dell’art. 382 c.p.p., tra “flagranza” e “quasi flagranza”, ricomprendendo in quest’ultima le situazioni di cui ai numeri 2. e 3. sopra riportati, ora l’art. 382 c.p.p. accoglie una nozione unitaria di “stato di flagranza” facendo confluire in essa, oltre alla fattispecie di flagranza “propria”, o in senso stretto, i casi di c.d. flagranza “impropria”, o quasi flagranza.

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La CASS. PEN., IV, 21/09/23 N° 28480 fornisce risposta POSITIVA.

La Suprema Corte ricorda come “…è consolidato in giurisprudenza il principio che, ai fini della quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del “reo” con cose o tracce del reato non richiede che la p.g. abbia diretta percezione dei fatti, nè che la sorpresa avvenga in modo non casuale, correlandosi invece alla diretta percezione da parte della stessa soltanto degli elementi idonei a farle ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità del medesimo, nei limiti temporali determinati dalla commissione del reato “immediatamente prima”, locuzione dal significato analogo a quella (“poco prima”) utilizzata dal previgente codice di rito, di cui rappresenta una mera puntualizzazione quanto alla connessione temporale tra reato e sorpresa. …Ciò che, dunque, rileva sotto il profilo temporale è che sia riscontrabile una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le cose o tracce del reato. …”.

Pertanto “…dato il rinvenimento, nell’arco di un ristretto ambito temporale, (a due ore dal fatto), dell’abbigliamento indossato…al momento del furto con strappo, come risultante dalle fotografie scattate dalla persona offesa, può certamente affermarsi la sussistenza di cose e tracce inequivocabilmente riconducibili alla commissione del reato…”,

sottolinendo come “…questa Corte (Sez. 2, n. 37303 del 14/06/2019, Rv. 276823 – 01) ha ritenuto integrata la quasi flagranza in un caso in cui l’autore di una rapina era stato arrestato dalla polizia grazie alla descrizione del vestiario operata dalla vittima nella quasi immediatezza del fatto. In quella sede, la Corte ha testualmente osservato che “le cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima” sono costituite…non già dalla identificazione operata dalla parte offesa che indichi le generalità del presunto autore del delitto, come era nell’ipotesi considerata dalle Sezioni Unite, bensì dal vestiario indossato dall’indiziato nel momento in cui la Polizia lo ha individuato, come descritto dalla vittima: la nozione di cose ovvero tracce dalle quali emerga che egli abbia commesso il reato poco prima non fa coincidere necessariamente quelle cose o quelle tracce con il compendio del reato”.

Giovanni Paris

LE FAQ (FREQUENTLY ASKED QUESTIONS) E LE FONTI DEL DIRITTO: CONSIGLIO DI STATO, IV, 30/08/23 N° 8065

LE FAQ (FREQUENTLY ASKED QUESTIONS) SONO FONTI DEL DIRITTO?

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Cosa sono le FAQ?

Le FAQ (acronimo di Frequently Asked Questions) sono quelle domande che vengono più frequentemente poste dagli utilizzatori di un certo servizio e che vengono raccolte in una lista con le relative risposte con lo scopo di evitare di rispondere più volte alle stesse domande.

Ricordiamo tutti il periodo emergenziale durante la pandemia da Covid-19 con il fenomeno della continua e vorticosa produzione normativa sul tema e che veniva emessa mese per mese, ponendo sia il cittadino che gli organi deputati al controllo in una continua e tesa situazione di difficoltà per comprendere con precisione se e quali comportamenti fossero consentiti o vietati e su tale situazione vennero in ausilio le FAQ pubblicate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sul proprio sito e quelle ebbero la funzione sicuramente di guida e fornirono risposte ai mille dubbi ed incertezze interpretative della normativa.

Il cittadino dovrebbe potersi fidare di ciò che scrive e risponde la Pubblica Amministrazione, pertanto le FAQ elaborate e pubblicate determinano quello che si definisce “legittimo affidamento”?

Il caso trattato dal Consiglio di Stato trae origine dal ricorso avverso la sentenza del Tar Lazio del 27/12/23 n° 17581, la quale ha ritenuto che le risposte dell’amministrazione ai quesiti frequenti (FAQ), pubblicate sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pur non avendo pacificamente efficacia innovativa della lex specialis, contribuiscono “a fornire utili indicazioni di carattere applicativo sulle regole date” e non possono essere considerate “tamquam non essent”.

Nel ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri si censura, tra l’altro, che le FAQ non possono essere considerate in alcun modo una fonte del diritto e non possono fondare la buona fede soggettiva.

Effettivamente le FAQ nel nostro ordinamento giuridico NON rientrano tra le fonti del diritto, ma….. .

Il CONSIGLIO DI STATO, IV, 30/08/23 n° 8065 risponde che “…Sul valore delle risposte fornite dall’amministrazione alle cd. Frequently Asked Questions (FAQ), il Collegio intende muoversi in coerenza con la approfondita riflessione sul valore delle FAQ sviluppata da questo Consiglio in sede consultiva, mediante un recente parere (Cons. Stato, sez, I, parere del 20 luglio 2021, n. 1275) nel quale si sottolinea che “…in linea generale, occorre prendere atto del sempre maggiore ricorso da parte delle pubbliche amministrazioni alle Frequently Asked Questions (FAQ), già note, in precedenza, nell’ambito dell’e-commerce e dei servizi sul web. Si tratta di una serie di risposte alle domande che sono state poste (o potrebbero essere poste) più frequentemente dagli utilizzatori di un certo servizio. In tal modo viene data risposta pubblica, su un sito web, a interrogativi ricorrenti, sì da chiarire erga omnes e pubblicamente le questioni poste con maggiore frequenza. Il ricorso alle FAQ, evidentemente, è normalmente da ricondurre a esigenze di trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione e di economicità della medesima. Sotto questo secondo aspetto, il carattere ricorrente di taluni temi o interrogativi induce il titolare del sito (in questo caso: l’amministrazione) a soddisfare in via preventiva le esigenze di chiarimento dei destinatari principali dell’attività. Nello stesso periodo contrassegnato dalle limitazioni dovute alla diffusione del COVID 19, le risposte alle FAQ da parte della pubblica amministrazione hanno conosciuto un rilievo e una notorietà in precedenza sconosciute, con l’obiettivo di offrire elementi di chiarezza ai fini interpretativi e applicativi di disposizioni che si potevano, in astratto, prestare a diversi esiti finali. Tuttavia, non si può neppure dimenticare che le FAQ sono sconosciute all’ordinamento giuridico, in particolare all’art. 1 delle preleggi al codice civile. Esse svolgono una funzione eminentemente pratica né, in genere, indicano elementi utili circa la loro elaborazione, la procedura o i soggetti che ne sono i curatori o i responsabili. Non sono pubblicate a conclusione di un procedimento predefinito dalla legge. È quindi da escludere che le risposte alle FAQ possano essere assimilate a una fonte del diritto, né primaria, né secondaria. Neppure possono essere considerate affini alle circolari, dal momento che non costituiscono un obbligo interno per gli organi amministrativi. In difetto dei necessari presupposti legali, esse non possono costituire neppure atti di interpretazione autentica. Tuttavia, non può essere sottovalutato l’effetto che le risposte alle FAQ producono sui destinatari, a partire dall’affidamento nei confronti di chi (l’amministrazione) fornisce le risposte. In definitiva, le risposte alle FAQ, pur nella loro atipicità, si pongono a metà strada tra le disposizioni di carattere normativo, per loro natura (almeno di regola) generali e astratte e inidonee quindi a prevedere ogni loro possibile applicazione concreta, e il singolo esercizio della funzione amministrativa da parte di una pubblica amministrazione. Essenziali criteri di affidamento del cittadino nella pubblica amministrazione richiedono tuttavia di tenere conto dell’attività svolta dall’amministrazione stessa con la pubblicazione delle FAQ sul proprio sito istituzionale. Fatta questa premessa, si può agevolmente riconoscere che vale per le risposte alle FAQ quanto enucleato dal Consiglio di Stato con riferimento alle gare di appalto: <<chiarimenti in ordine alla valenza di alcune clausole della lex di gara dal significato poco chiaro, essendo forniti dalla stazione appaltante anteriormente alla presentazione delle offerte, non costituiscono un’indebita, e perciò illegittima, modifica delle regole di gara, ma una sorta d’interpretazione autentica, con cui l’Amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale, in un primo momento poco intelligibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis>> (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 341; Sez. III, n. 290/2014). Per quanto non vincolanti, le FAQ orientano i comportamenti degli interessati e non possono essere considerate tamquam non essent.

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LE FONTI DEL DIRITTO

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Materiale di studio ed approfondimento sulle fonti del diritto.

Università degli Studi di Cagliari DISPENSA N° 1 DISPENSA N° 2 della Prof.ssa Elisabetta Sanna

Monografia tratta dal sito dell’Avvocatura dello Stato Le fonti del diritto nell’ordinamento giuridico italiano. Individuazione, tipologie e vicende di Michele Gerardo (Avvocato dello Stato)

Da Aula Web Il Mulino LE FONTI DEL DIRITTO – CONCETTI GENERALI

VIDEO

Una selezione di video sull’argomento tratte da Hub Scuola – Rizzoli Mondadori

LE FONTI DEL DIRITTO

LE FONTI DEL DIRITTO

LA GERARCHIA DELLE FONTI

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Prof. Marco Gius LA GERARCHIA DELLE FONTI

Giovanni Paris

SCONTRINO ETILOMETRO “VOLUME INSUFFICIENTE” / MANCATA CADENZA ANNUALE REVISIONE: CASS. PEN., IV, 24/07/23 N° 31843

Conferenza stampa al Viminale di Viabilità Italia su esodo estivo 2018 |  Ministero dell'Interno

E’ VALIDA LA PROVA ETILOMETRO QUANDO LO SCONTRINO RIPORTA LA DICITURA “VOLUME INSUFFICIENTE”?

E’ VALIDA LA PROVA ETILOMETRO NEL CASO IN CUI LE REVISIONI PERIODICHE DELLO STRUMENTO NON AVVENGONO CON ESATTA CADENZA ANNUALE?

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Risponde in modo POSITIVO su entrambe le questioni CASS. PEN., IV, 24/07/23 N° 31843.

Terni, alcol test in 'tilt': 43enne nei guai | umbriaON

Sulla prima si afferma che “…E’ difatti configurabile il reato di guida in stato di ebbrezza anche quando lo scontrino dell’alcoltest, oltre a riportare l’indicazione del tasso alcolemico in misura superiore alle previste soglie di punibilità, contenga la dicitura «volume insufficiente», qualora l’apparecchio, come nella specie, non segnali espressamente la sussistenza di un errore…” e che “…tale principio è evincibile dall’esame della disciplina relativa al funzionamento degli strumenti di misura della concentrazione di alcool nel sangue, inserita nell’allegato al D.M. 22 maggio 1990, n. 196, laddove è precisato che, qualora l’apparato non dia un inequivocabile messaggio di errore, la misurazione deve ritenersi correttamente effettuata, anche nell’ipotesi in cui compaia un «volume insufficiente» teso a evidenziare che l’espirazione è stata effettuata con ridotto volume di aria…”.

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Si legga anche l’articolo INSUFFICIENTE ESPIRAZIONE NELLA PROVA ETILOMETRO: CASS. PEN. 09/08/22 N° 30804

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Sulla seconda si osserva che “…La deduzione che la difesa vorrebbe trarre dalla c.d. taratura obbligatoria annuale degli etilometri, ossia che il regolare funzionamento del misuratore possa essere sempre messo in discussione sul mero rilievo formale che dalla data della sua omologazione in poi le verifiche non siano avvenute con esatta cadenza annuale, risulta estranea a ogni previsione normativa e alle elementari regole logiche, posto che l’attestazione dell’avvenuta taratura dell’apparecchio è funzionale a dimostrare il suo regolare funzionamento alla data in cui è stato eseguito l’accertamento sul quale è fondata l’ipotesi accusatoria…”.

Si legga anche l’articolo MANCATA REVISIONE ANNUALE ETILOMETRO E OBBLIGO DI VERIFICA PRIMITIVA.

Giovanni Paris

INDICAZIONE NEL VERBALE DELLA REGOLARE TARATURA VELOX: CASS. CIV., II, 14/09/23 N° 26511

Comune di Sestu » Attivazione postazioni di controllo elettronico della  velocità

NEL VERBALE DI VIOLAZIONE PER SUPERAMENTO DEL LIMITE DI VELOCITA’ ACCERTATO MEDIANTE MISURATORE ELETTRONICO E’ OBBLIGATORIA LA INDICAZIONE DEGLI ESTREMI DEL CERTIFICATO DI REGOLARE TARATURA DELL’APPARECCHIATURA?

Al quesito viene data risposta NEGATIVA da CASS. CIV., II, 14/09/23 N° 26511.

La Suprema Corte premette che “…è ius receptum…che, in materia di violazione delle norme del codice della strada relative ai limiti di velocità, l’efficacia probatoria dello strumento rivelatore del superamento di tali limiti (“autovelox”), che sia omologato e sottoposto a verifiche periodiche, opera fino a quando sia accertato, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico…”.

In merito alla quesione che viene posta afferma che “…si è chiarito che «[a]i fini della legittimità della sanzione irrogata per la violazione di cui all’art. 142, comma 8, c.d.s., a seguito della rilevazione della velocità operata con apparecchio autovelox, non è necessario che il verbale contenga l’indicazione del certificato di regolare taratura dell’apparecchiatura con la quale è stata misurata la velocità, poiché la mancata menzione degli estremi di tale certificato non pregiudica i diritti di difesa del sanzionato, che può limitarsi a contestare l’effettuazione delle verifiche di regolare funzionamento dell’impianto, spostando sull’amministrazione l’onere di depositare la certificazione di taratura»…”.

Giovanni Paris

CARATTERISTICHE E MODALITA’ INSTALLAZIONE STRUTTURE PORTASCI E PORTABICICLETTE: CIRCOLARE MINISTERO INTERNO DEL 08/09/23 N° 31235

Come trasportare le biciclette sull'auto, consigli e normativa -  TuttoSoccorsoStradale

Il Ministero dell’Interno con CIRCOLARE DEL 08-09-23 N° 31235 “Determinazione delle caratteristiche e delle modalità di installazione delle strutture portascì e portabiciclette, applicate a sbalzo posteriormente, o sul gancio di traino a sfera sui veicoli di categoria M1”, trasmette la Circolare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti del 06/09/23 n° 25981 avente pari oggetto.

Si sottolinea la parte in cui si riepilogano le violazioni riscontrabili nelle diverse situazioni accertate e cioè nel caso di installazione di una struttura senza procedere alla segnalazione della sporgenza o il caso di una struttura che comporta una ostruzione della targa o dei dispositivi di segnalazione visiva o di illuminazione.

Giovanni Paris

MANCATA AUDIZIONE EX ART. 18 L. 689/81: CASS. CIV., I, 07/09/23 N° 26050

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E’ VALIDA L’ORDINANZA-INGIUNZIONE EMESSA SENZA EFFETTUARE L’AUDIZIONE RICHIESTA DALL’INTERESSATO AI SENSI DELL’ART. 18 L. 689/81?

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LA NORMATIVA

Art. 18  L. 689/81 “Ordinanza-ingiunzione”

“1. Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

2. L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’o.rgano che ha redatto il rapporto.

omissis”.

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LA GIURISPRUDENZA

Bisogna ricordare come fino al 2010 la giurisprudenza ha avuto un orientamento costante ritenendo che si avesse l’obbligo di procedere all’audizione della parte che ne avesse fatto richiesta, con la conseguenza che l’omessa audizione del richiedente avrebbe comportato la invalidità del provvedimento sanzionatorio.

La questione è stata oggetto di pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali hanno determinato un radicale cambiamento del precedente indirizzo con la sentenza Cass., S.U.,  28/01/10 n° 1786, con affermazione che la mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa non comporta la nullità del provvedimento, in quanto, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione dinanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale.

Si leggano, a titolo esemplificativo, in tal senso:

Non si discosta dai precedenti e conferma l’attuale indirizzo giurisprudenziale la recente CASS. CIV., I, 07/09/23 N° 26050 nella quale si legge che “…In tema di ordinanza ingiunzione, il mutamento dell’orientamento giurisprudenziale introdotto dalla sentenza n. 1786 del 2010 delle S.U. della S.C. – secondo cui la violazione del diritto ad essere ascoltati sancito dall’art. 18, comma 2, l. n. 689 del 1981 non comporta la nullità del provvedimento – non integra una ipotesi di cd. “prospective overruling”, poiché tale diritto non ha carattere processuale, inserendosi nell’ambito di un procedimento di formazione di un atto amministrativo, e,  comunque, dalla sua violazione non consegue l’effetto preclusivo del diritto di azione e di difesa dell’interessato, che ha la possibilità di fare valere nel processo a cognizione piena le ragioni che avrebbe potuto rappresentare in fase di audizione. …”

Giovanni Paris

DEFINIZIONE DI “NOTIZIA DI REATO”: ART. 335/1 C.P.P. E MODIFICA EX D.LGS. 150/22 (RIFORMA CARTABIA)

DIRETTIVE PROCURA REPUBBLICA TRIBUNALE MINORI MILANO – TRIBUNALE MINORI  BRESCIA – PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PERUGIA – PROCURA DELLA REPUBBLICA DI  VERONA – D.LGS. 150/22 RIFORMA CARTABIA | ....accademia.... ....polizia  locale....

ESISTE NEL CODICE DI PROCEDURA PENALE UNA DEFINIZIONE DI “NOTIZIA DI REATO”?

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Il titolo II del libro V del Codice di Procedura Penale è rubricato “Notizia di reato”.

Nel medesimo Codice di Procedura Penale si fa riferimento alla notizia di reato, citata in più articoli: 55, 330, 335, 347, 408. Ugualmente si rileva nelle norme di attuazione D.Lgs. 271/89, artt. 108–bis, 109, 110–bis, 125, ma nessuno degli articoli citati ne forniva una definizione, fino alla modifica dell’art. 335/1 c.p.p., avvenuta ad opera del D.L.gs 150/2022 “Riforma Cartabia”.

Comunque come si poteva definirla?

Riportiamo uno stralcio dell’articolo pubblicato sulla rivista “Giustizia Penale N° 3/2010 “La notizia di reato tra qualificazione, iscrizione e controlli” di Rosa Volpe – Agostino De Caro nella parte in cui si perviene a una nozione di notizia di reato, potendo affermare che “…trattasi dell’informazione che perviene all’attenzione dell’organo giurisdizionale deputato all’esercizio dell’azione penale (pubblico ministero) di un fatto i cui connotati esteriori consentono di sussumerlo in una norma incriminatrice. In altri termini, quando il pubblico ministero riceve la comunicazione di un fatto che individua un comportamento in possibile violazione del codice penale o di altra norma penale, capace di dar luogo ad una imputazione, ossia alla contestazione di una ipotesi di reato, si è in presenza di una notizia di reato. Non è necessario che ne sia indicato l’autore (potendo la notizia riguardare autore ignoto), né, nel caso in cui lo stesso sia individuato, ciò è indice della sua automatica fondatezza: lo stabiliranno le indagini preliminari, il cui prodromo è costituito proprio dalla notizia di reato. La ricerca compiuta dei requisiti strutturali del reato spetta alle indagini preliminari…”.

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LA NORMATIVA

Art. 335 c.p.p. “Registro delle notizie di reato”

1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell’apposito registro custodito presso l’ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa , contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice. Nell’iscrizione sono indicate, ove risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto.

(Comma così modificato dall’art. 15, comma 1, lett. a), n. 1), D.Lgs. 150/22.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell’apposito registro custodito presso l’ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito.»)

1-bis. Il pubblico ministero provvede all’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all’iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico.

1-ter. Quando non ha provveduto tempestivamente ai sensi dei commi 1 e 1-bis, all’atto di disporre l’iscrizione il pubblico ministero può altresì indicare la data anteriore a partire dalla quale essa deve intendersi effettuata.

(Commi inseriti dall’art. 15, comma 1, lett. a), n. 2), D.Lgs. 150/22)

Omissis”

Quindi la “notizia di reato”, in forza di quanto indicato dall’art. 335/1 c.p.p., é :

– una “informazione” (notizia),

– che contiene la rappresentazione di un fatto (lo descrive),

– fatto determinato e non inverosimile,

– e che sia riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice (reato).

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LA DIRETTIVA DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PERUGIA

Si segnala la direttiva della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, dove vengono illustrate le novità in materia di iscrizioni nel registro delle notizie di reato intervenute a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 150/22.

Per il tema di cui ci si occupa si leggano le pagine 2 e 3, sottolineando il commento di come finalmente viene data una definizione della “notizia di reato”, in passato lasciata invece integralmente alla valutazione degli interpreti. 

DIRETTIVA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PERUGIA N° 331/2023 “ISCRIZIONI NEL REGISTRO DELLENOTIZIE DI REATO A SEGUITO DELLE MODIFICHE INTRODOTTE DAL D.L.GS. 150/22 (CD “RIFORMA CARTABIA”).

Giovanni Paris

NOTIFICA DI VERBALE C.D.S. ALLA VECCHIA RESIDENZA: CASS. CIV., III, 06/12/22 N° 35882

L'Opinione delle Libertà

QUANDO UN VERBALE PER VIOLAZIONE AL C.D.S. VIENE NOTIFCATO AL VECCHIO INDIRIZZO DI RESIDENZA, MA IL CITTADINO HA ADEMPIUTO AL PROPRIO DOVERE DI INDICARE LA TARGA DEL VEICOLO ALL’UFFICIO ANAGRAFE CHE RACCOGLIE LA DOMANDA DI TRASFERIMENTO DI RESIDENZA, IL COMANDO DI EMISSIONE DEL VERBALE PUO’ RISPONDERE AL CITTADINO CHE ESSO DEVE COMUNQUE PAGARE LA SANZIONE E POI RIVALERSI SUL COMUNE CHE NON HA PROVVEDUTO A COMUNICARE I DATI RICEVUTI?

Perché questa domanda? Perché si riscontrano casi del genere dove il cittadino sente in tal modo di subire una “ingiustizia”, avendo ottemperato al suo dovere. E se così fosse e se il caso giuridicamente vada trattato in altro modo con esiti diversi da quelli prospettati, ciò non è per nulla corretto, specie sotto il profilo della deontologia professionale.

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Riferimenti normativi: art. 94 CdS – art. 247 Reg. esec. CdS

Si intende ricordare come, con sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 9/12/10 n° 24851, si affermò che, affinché possa ravvisarsi un esonero da responsabilità del privato cittadino, con l’addebito alla P.A. del ritardo nelle annotazioni nei competenti pubblici registri, è pur sempre necessario che all’atto della comunicazione del cambio di residenza presso gli uffici comunali, vi sia stata anche una corretta indicazione del numero di targa dei veicoli appartenenti al privato, poiché solo tale indicazione consente di ritenere imputabile alla P.A. il ritardo, dovendo quindi rispondere del difetto di collaborazione tra le varie amministrazioni tenute alla gestione delle banche dati.

Le Sezioni Unite nel precedente sopra richiamato hanno appunto ritenuto di aderire all’orientamento giurisprudenziale manifestatosi secondo cui (tra le tante: Cass. 9/7/2009 n° 16185; Cass. 20/1/2010 n° 928; Cass. 18/1/2010 n° 653), ai sensi dell’art. 247 Reg. esec. CdS, le comunicazioni al P.R.A. del cambio di residenza ritualmente dichiarato dal proprietario all’anagrafe comunale (nel rispetto della procedura da seguire e con l’indicazione dei dati relativi alla patente ed ai mezzi di appartenenza) debbano essere eseguite di ufficio a cura della P.A. per cui, ove la P.A. non abbia proceduto all’aggiornamento dei relativi archivi, la notifica della contestazione effettuata al precedente indirizzo del contravventore risultante dagli archivi non aggiornati non può ritenersi correttamente eseguita.

Citiamo, come giurisprudenza più recente, quanto affermato da CASS. CIV., III, 06/12/22 N° 35882 che richiama precedente della CASS. CIV, VI-2, 11/07/22, N° 21899 con affermazione del “…seguente principio di diritto: «in tema di violazioni del codice della strada, ove la notifica del verbale di contestazione venga effettuata presso la residenza del destinatario come risultante dai pubblici registri, nella specie della M.C.T.C. e del P.R.A., il mancato aggiornamento dei predetti, in caso di mutamento della stessa, può andare a discapito della P.A. solo se il privato cittadino abbia tenuto una condotta incolpevole, essendo a tal fine rilevante verificare se quest’ultimo, all’atto della richiesta di cambio di residenza, abbia anche indicato correttamente il numero di targa del veicolo oggetto dell’infrazione, poiché solo a tale condizione è dato ravvisare quel colpevole difetto di collaborazione che rende imputabile alla PA l’erronea notificazione del verbale di accertamento presso l’indirizzo, almeno anagraficamente, non più attuale»…”,

concludendo che “…A tale regula iuris (la quale, peraltro, costituisce esplicazione e sviluppo di argomentazioni già in precedenza svolte dal giudice della nomofilachia circa i rispettivi doveri del privato e della P.A. in tema di aggiornamento delle banche dati deputate a consentire l’identificazione del soggetto cui effettuare la notifica dei verbali di accertamento: ex plurimis, cfr. Cass., Sez. U, 09/12/2010, n. 24851), va data espressa continuità…”.

Giovanni Paris

ACCESSO AI FILMATI DI VIDEOSORVEGLIANZA COMUNALE A SEGUITO DI INCIDENTE STRADALE: TAR MARCHE, II, 04/09/23 N° 538

Somma Lombardo, la videosorveglianza identifica due responsabili di incidenti  stradali che erano fuggiti - Varesenoi.it

IL PROPRIETARIO DI UN VEICOLO DANNEGGIATO A SEGUITO DI INCIDENTE STRADALE PUO’ AVERE ACCESSO AI FILMATI DEL SISTEMA DI VIDEOSORVEGLIANZA COMUNALE?

LE IMMAGINI REGISTRATE DA UN SISTEMA DI VIDEOSORVEGLIANZA POSSONO RIENTRARE NELLA NOZIONE DI “DOCUMENTO AMMINISTRATIVO” EX ART. 22 L. 241/90?

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LA NORMATIVA

Art. 22 L. 241/90 “Definizioni e principi in materia di accesso”

“1.  Ai fini del presente capo si intende:

a)  per “diritto di accesso”, il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;
b)  per “interessati”, tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso;
c)  per “controinteressati”, tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza;
d)  per “documento amministrativo”, ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;
e)  per “pubblica amministrazione”, tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.

2.  L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.

3.  Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.

4.  Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.

5.  L’acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell’articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale.

6.  Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere”.

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IL PRECEDENTE

Sulla questione si era già espresso in maniera FAVOREVOLE il TAR CAMPANIA, VI, 02/05/23 n° 2608

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IL TAR MARCHE

Registriamo medesimo orientamento da parte di TAR MARCHE, II, 04/09/23 n° 538 che cita espressamente il precedente pronunciamento del Tar Campania sopra indicato.

Viene affermato che “…Per condivisibile giurisprudenza, le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrino nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto di accesso, considerata l’ampia dizione di cui all’ art. 22 comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990 e considerato che si tratta di immagini già esistenti, registrate dal comune nell’esercizio di una attività di pubblico interesse (Tar Campania Napoli 2 maggio 2023 n. 253). …“,

passando poi a definire la nozione normativa di documento amministrativo, suscettibile quindi di formare oggetto di istanza di accesso documentale, che risulta essere “…infatti ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato ai fini della specifica normativa dell’accesso agli atti, e formato non solo da una pubblica amministrazione, ma anche da soggetti privati, purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale…”.

Non costituisce impedimento per l’accesso la eventuale previsione di limitazioni previste nel “…Regolamento Comunale per la Videosorveglianza…la fonte del diritto di accesso è la legge dello Stato (art. 22 ss. l. n. 241/90 e artt.59 e 60 del d.lgs. n. 196 del 2003) da ritenersi prevalente sulla disciplina del regolamento locale. Il diritto di accesso agli atti costituisce, invero, “principio generale dell’attività amministrativa” ed attiene ai “livelli essenziali” delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, “di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”, come disposto dall’art. 29, comma 2-bis, della legge n. 241/90...”.

La richiesta di accesso in questo caso quindi può essere accolta, ma con le cautele necessarie a tutelare il contrapposto diritto alla riservatezza altrui, “…considerato che dalle immagini acquisite tramite il sistema di videosorveglianza potrebbero venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti “terzi”, estranei alla vicenda in questione. In particolare, alla luce dei criteri citati e in ossequio al principio di proporzionalità e di minimizzazione, l’accesso richiesto va consentito limitatamente alle specifiche immagini da cui si evinca la dinamica del sinistro che ha riguardato il ricorrente strettamente indispensabili con oscuramento delle parti di immagini che ritraggano persone e di quelle che contengano ulteriori dati afferenti a soggetti estranei alla vicenda….

Giovanni Paris

CIRCOLAZIONE SU STRADA PRIVATA E ASSICURAZIONE: CASS. CIV. II, 30/08/23 N° 24566

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E’ OBBLIGATORIA LA COPERTURA ASSICURATIVA PER UN VEICOLO A MOTORE ANCHE SE CIRCOLANTE SU STRADA PRIVATA?

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LA NORMATIVA

Art. 2  C.d.S. “Definizione e classificazione delle strade”

“1.  Ai fini dell’applicazione delle norme del presente codice si definisce “strada” l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali.

Omissis”

Art. 193  C.s.S. Obbligo dell’assicurazione di responsabilità civile

“1.  I veicoli a motore senza guida di rotaie, compreso i filoveicoli e i rimorchi, non possono essere posti in circolazione sulla strada senza la copertura assicurativa a norma delle vigenti disposizioni di legge sulla responsabilità civile verso terzi.

Omissis”

D.Lgs. 07/09/05 n° 209 “Codice delle assicurazioni private” – Art. 122  “Veicoli a motore”

“1.  I veicoli a motore senza guida di rotaie, compresi i filoveicoli e i rimorchi, non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate se non siano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista dall’articolo 2054 del codice civile e dall’articolo 91, comma 2, del codice della strada. Il regolamento, adottato dal Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’IVASS, individua la tipologia di veicoli esclusi dall’obbligo di assicurazione e le aree equiparate a quelle di uso pubblico.

Omissis”

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LA CORTE DI CASSAZIONE

Viene data risposta AFFERMATIVA da CASS. CIV., II, 30/08/23 N° 24566 che parte con il richiamo all’“…art. 122 D.Lgs. n. 209 del 2005 (codice delle assicurazioni private), il quale “…dispone che i veicoli a motore non possono essere posti in circolazione “su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate…se non siano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi. …”,

appuntando la attenzione e esaminando il termine “equiparate”, che è “…Originato dal latino aequiparare (o aequiperare), il verbo equiparare designa l’azione del paragonare due enti considerandoli uguali, il metterli alla pari. L’azione presuppone che le due entità non siano già identiche (o considerate come tali) prima della loro equiparazione. Nè, d’altra parte, l’esercizio dell’azione comporta che i due enti diventino identici o vengano a coincidere successivamente. L’azione è eminentemente teleologica, cioè, è animata da una finalità determinata, la cui realizzazione può bene esaurirsi (e normalmente si esaurisce) nel contesto in cui l’azione di equiparazione si esercita…”,

per poi confrontare e giungere a dare significato alla espressione “su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate”, quindi al caso di specie, laddove “…“aree” non meglio determinate sono equiparate a strade di uso pubblico. Usata in modo isolato, la parola area ha il significato del tutto indistinto di superficie. Per lo più essa è però accompagnata da aggettivi che ne determinano il senso: l’area diventa così il luogo in cui si manifesta un determinato fenomeno (ad es., area sismica). Nel caso di specie la parola area è qualificata dal collegamento con “strade di uso pubblico”. Ciò rivela il fenomeno che sollecita l’equiparazione e fa segno altresì alla finalità dell’equiparare: la circolazione dei veicoli (a motore) è il fenomeno, con la sua intrinseca modalità: il pericolo concreto di danni a terzi che quindi hanno diritto di essere garantiti nel loro interesse ad essere reintegrati per equivalente dei danni eventualmente occasionati da un incidente stradale. Lo strumento di protezione di tale interesse è, nell’ordinamento, l’assicurazione da responsabilità civile automobilistica. Non vi è alcuna ragione che si opponga alla necessità di qualificare la superficie stradale del comprensorio (Omissis) come area equiparata alle strade di uso pubblico al fine della necessità della copertura assicurativa. …”.

Pertanto l’“…art. 122 del codice delle assicurazioni private va interpretato (anche in modo conforme al diritto dell’Unione Europea, così come concretizzato dalla Corte di giustizia) nel senso che per circolazione su aree equiparate alle strade va intesa quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale. …”.

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Si legga anche l’articolo SOSTA AUTOVEICOLO IN PARCHEGGIO PRIVATO E OBBLIGO ASSICURAZIONE: CASS. CIV., II, 28/12/22 N° 37851

Giovanni Paris

MAGGIORAZIONE EX ART. 27 L. 689/81: CONSIGLIO DI STATO, VI, 06/09/23 N° 8185

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LA MAGGIORAZIONE EX ART. 27 L. 689/81 HA NATURA SANZIONATORIA O RISARCITORIA?

NEL CASO IN CUI E’ STATA EMESSA UNA DECISIONE GIURISDIZIONALE, ANCHE SE NON DEFINITIVA, CHE ANNULLA IL PROVVEDIMENTO SANZIONATORIO E POI INTERVENGA INVECE IN APPELLO DECISIONE DI SUA CONFERMA, LA MAGGIORAZIONE E’ COMUNQUE DOVUTA ANCHE PER QUEL PERIODO TEMPORALE COMPRESO TRA LA EMISSIONE DEL PRIMO E DEL SECONDO GIUDIZIO?

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LA NORMATIVA

Art. 27  L. 689/81 “Esecuzione forzata”

“OMISSIS

Salvo quanto previsto nell’art. 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

OMISSIS”

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IL CONSIGLIO DI STATO

Alle due domande risponde il CONSIGLIO DI STATO, VI, 06/09/23 n° 8185 il quale richiama “…Un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ha motivi di discostarsi, afferma che la maggiorazione di cui al citato art. 27, comma 6, della L. n. 689/1981, ha natura sanzionatoria a funzione deterrente, in quanto volta a colpire il ritardo nell’adempimento della sanzione principale. Il carattere sanzionatorio è altresì reso palese dal fatto che tale maggiorazione non è frutto di automatismo giuridico connesso al trascorrere vano del tempo, ma ha come presupposti aggiuntivi – rispetto al ritardo – l’imputabilità e colpevolezza dell’inadempimento. La scadenza del termine per il pagamento, costituisce solo uno degli elementi costitutivi dell’autonomo illecito scaturente dal tardivo versamento dell’originaria sanzione amministrativa pecuniaria, la cui integrazione comporta l’applicazione della maggiorazione de qua, costituente sanzione accessoria di natura afflittiva, che si “aggiunge” a quella principale. …”.

Pertanto “…in applicazione dei principi generali che presiedono al diritto sanzionatorio amministrativo, ai fini dell’integrazione dell’autonomo illecito in oggetto occorre che sussistano: (i) il requisito oggettivo, rappresentato dal “ritardo” nel pagamento della sanzione principale; (ii) il requisito soggettivo, rappresentato dalla imputabilità del “ritardo” al comportamento doloso e colposo dell’agenteNella fattispecie il ritardo nel pagamento non può ritenersi imputabile a dolo o colpa dell’appellata, atteso che l’annullamento giudiziale della sanzione principale, a opera del giudice di prime cure, ha determinato la non esigibilità, sotto il profilo soggettivo, della pretesa sanzionatoria. In altri termini, essendo la sanzione accessoria dovuta per il “ritardo” nel pagamento della sanzione principale, se una decisione giurisdizionale, ancorché non definitiva, afferma che tale ultima sanzione non è dovuta, non può ritenersi colpevole la condotta del soggetto che, fino a quando la detta pronuncia del giudice produce effetti, non corrisponde la somma richiesta nella misura originaria,,,”.

In conclusione “…l’applicazione della maggiorazione non discende dalla sentenza che dà ragione all’Autorità sulla pretesa sanzionatoria principale, ma è l’effetto di un’autonoma fattispecie, operante sul piano del diritto sostanziale, che si realizza nel caso di colpevole ritardo nel pagamento della sanzione principale, colpevolezza configurabile soltanto laddove il provvedimento di irrogazione della sanzione principale risulti efficace…”.

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LA CORTE DI CASSAZIONE

Nel medesimo senso si è espressa CASS. CIV, SEZ. LAVORO, 21/03/23 N° 8109 che cita precedente “…ove è affermato che…In materia di sanzioni amministrative – nella specie, per violazioni stradali -, la maggiorazione del dieci per cento semestrale, ex art. 27 della l. n. 689 del 1981, per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, ha natura di sanzione aggiuntiva…”,

ribadendo altresì il principio della necessità del requisito soggettivo dell’imputabilità del ritardo, difatti “…La maggiorazione prevista dall’art. 27, comma 6, l. n. 689 del 1981, per il caso di ritardo nel pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, ha natura non già risarcitoria o corrispettiva, bensì sanzionatoria e, pertanto, si determina solo allorquando sussista il requisito soggettivo dell’imputabilità del ritardo al comportamento doloso o colposo dell’agente; ne deriva che detta maggiorazione non è applicabile in relazione al tempo durante il quale l’efficacia esecutiva del provvedimento sanzionatorio sia stata sospesa, ai sensi dell’art. 22 l. n. 689 del 1981 o degli artt. 5 e 6 d.lgs. n. 150 del 2011, valendo tale sospensione ad escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa nell’omissione del pagamento. …”.

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LA CIRCOLARE DEL MINISTERO

Si legga anche il punto 2 della CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO N° 676-2014 DEL 23/09/16 sulla natura sanzionatoria DELLA maggiorazione ex art. 27 L. 689/81. 

Giovanni Paris

 

 

COSTRUZIONE DI PISCINA E PERMESSO DI COSTRUIRE: TAR LAZIO, II, 31/08/23 N° 13496

LA REALIZZAZIONE DI UNA PISCINA RIENTRA TRA LE OPERE DI ATTIVITA’ EDILIZIA LIBERA EX ART. 6 LETT. E-QUINQUES) D.P.R. 380/01 (ELEMENTI DI ARREDO DELLE AREE PERTINENZIALI DEGLI EDIFICI) O NECESSITA DEL PERMESSO DI COSTRUIRE?

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LA NORMATIVA

Art. 6 D.P.R. 380/01  “Attività edilizia libera”.

“1.  Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo:

e-quinquies)  le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici;
OMISSIS “
.

Art. 10 D.P.R. 380/01  “Interventi subordinati a permesso di costruire”.

“1.  Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:

a)  gli interventi di nuova costruzione;
b)  gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
c)  gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e, inoltre, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria.
OMISSIS “
.
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.

LA SENTENZA

Il caso è stato trattato da TAR LAZIO, II, 31/08/23 N° 13496 il quale, dopo avere indicato la cornice normativa in cui si inserisce la vicenda processuale, premette che “…al fine di stabilire se la piscina realizzata dalla ricorrente sia (o meno) un elemento di arredo “pertinenziale” (da ciò dipendendo la sua riconducibilità o meno all’alveo dell’edilizia libera), occorre richiamare il concetto di pertinenza rilevante ai fini urbanistici…”,

sottolineando che “…Secondo giurisprudenza pacifica, l’accezione civilistica di pertinenza è più ampia di quella applicata nella materia urbanistico-edilizia. In particolare, si è affermato che: “i) “la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussista un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa a cui esso inerisce”; ii) “a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando è sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto “carico urbanistico” proprio in quanto esauriscono la loro finalità nel rapporto funzionale con l’edificio principale”» (così Cons. St., sez. VI, 26 aprile 2021, n. 3318)… Nello stesso senso è stato condivisibilmente affermato che «la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all’edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico…sicché gli interventi che, pur essendo accessori a quello principale, incidono con tutta evidenza sull’assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire,…tale criterio è stato applicato anche con specifico riguardo alla realizzazione di una piscina nell’area adiacente all’abitazione, la quale, in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio al quale accede, non è pertanto qualificabile come pertinenza in senso urbanistico…”

e specificando che con “…riguardo, poi, alla fattispecie della piscina, la giurisprudenza amministrativa ha recentemente chiarito…che “in particolare, quanto alla piscina, non appare ultroneo specificare che, secondo condivisa giurisprudenza: a) “tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio al quale accede“… b) pertanto, “la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio”…”

L’organo giurisdizionale conclude che “…l’opera abusiva contestata nel caso di specie (id est la realizzazione di una piscina adiacente all’edificio di proprietà della ricorrente) – lungi dal costituire una mera pertinenza urbanistica – rientra certamente nella categoria della ristrutturazione edilizia, tenuto conto della sua autonoma funzionalità, nonché del suo autonomo valore di mercato e della sua intrinseca attitudine a trasformare in modo durevole il territorio. …”.

Giovanni Paris

COLLARE ELETTRICO ANTIABBAIO E ART. 727 C.P.: CASS. PEN, III, 28/08/23 N° 35847

Alla scoperta delle razze canine: l'Akita Inu

E’ LECITO L’USO DI COLLARI ELETTRICI ANTIBBAIO? O PUO’ COSTITUIRE VIOLAZIONE ALL’ART. 727 C.P.?

I collari elettrici antiabbaio sono dispositivi dotati di pioli di metallo posti a contatto diretto con il collo del cane, che emettono scosse elettriche in risposta alle vibrazioni delle corde vocali, creando dolore all’animale per farlo smettere di abbaiare ed indurlo a non abbaiare. L’apparecchio può anche essere controllato a distanza mediante un telecomando.

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LA NORMATIVA

Art. 727 c.p. Abbandono di animali

“Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.

.

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LA SENTENZA

Nel caso affrontato da CASS. PEN., III, 28/08/23 N° 35847 è stato accertato che “…il collare portato dall’animale…non apparteneva alla tipologia di quelli suscettibili d’essere comandati a distanza – per i quali soltanto è necessario accertare se gli stessi siano stati o meno azionati al fine di verificare la concreta produzione di gravi sofferenze – bensì, appunto, a quelli che determinavano in automatico scosse elettriche al latrare del cane. …”

il quale azionava in automatico “…impulsi elettrici produttivi di quelle gravi sofferenze che certamente integrano il contestato reato di detenzione dell’animale in condizioni incompatibili con la sua natura. …”.

Giovanni Paris

“CHE CAROGNE” (ALLA POLIZIA LOCALE), DIRITTO DI CRITICA O DIFFAMAZIONE?: CASS. PEN., V, 31/08/23 N° 36468

 

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QUANDO UNA AFFERMAZIONE, UN APPREZZAMENTO PUO’ RIENTRARE NEL DIRITTO DI CRITICA O PUO’ SFOCIARE NELLA DIFFAMAZIONE PREVISTA DALL’ART. 595 C.P.? APOSTROFARE CON “CHE CAROGNE” LA POLIZIA LOCALE CONFIGURA LA PRIMA O LA SECONDA SITUAZIONE?

Il caso viene trattato dalla Suprema Corte affrontando la censura del ricorrente il quale sostiene che la locuzione incriminata “che carogne” si profila, in realtà, come manifestazione di solidarietà nei confronti del cittadino sanzionato e, dunque, come mera critica all’operato professionale della Polizia Municipale e non dei singoli verbalizzanti.

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LA NORMATIVA

Art. 595 c.p. “Diffamazione”

“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico , la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.

Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.

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LA SENTENZA

La sentenza CASS. PEN.,V, 31/08/23 N° 36468 ricorda come “…In tema di diffamazione, il giudice di legittimità può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perchè è suo compito considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, la portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie,…compito che deve svolgere anche con riferimento al profilo del dolo e della sussistenza della scriminante del diritto di critica, allorquando gli stessi elementi evidenziati nella sentenza impugnata depongono per il difetto della componente soggettiva del reato…”,

affermando che il fatto ascritto non può ritenersi scriminato dall’esercizio del diritto di critica,

“…Invero la locuzione “che carogne”, collocata nel contesto cui inerisce, assume un valore nettamente offensivo nei confronti della funzione svolta dal Corpo della Polizia Locale non sostanziandosi in una semplice descrizione della situazione dalla quale era scaturita la sanzione inflitta alla cittadina, nè in una legittima valutazione critica sull’operato dei verbalizzanti, ma spingendosi a una denigrazione gratuita, esplicitamente lesiva non solo della dignità, ma anche delle prerogative lavorative dei destinatari, difettando la correlazione tra il comportamento assunto dai verbalizzanti e il commento pubblicato.

Nella valutazione del requisito della continenza, necessario ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tenere conto del complessivo contesto in cui si realizza la condotta e verificare che i toni utilizzati dall’agente, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, pertinenti al tema in discussione.

Nel caso di specie, l’espressione incriminata si profila gratuitamente offensiva e non riferibile al comportamento, peraltro legittimo e non lesivo della dignità e dei diritti della cittadina, assunto dal Corpo della Polizia Locale nei confronti della stessa.

Il commento pubblicato, gratuito e offensivo, si rivela tutt’altro che funzionale alla denuncia dell’episodio e, pertanto, non può ritenersi compreso nei limiti di una continenza espressiva, sia pur aspra e pungente. …”

Giovanni Paris

PROROGA DELL’ORDINANZA DEL MINISTERO DELLA SALUTE DEL 06/08/13 “ORDINANZA CONTINGIBILE ED URGENTE CONCERNENTE LA TUTELA DELL’INCOLUMITA’ PUBBLICA DALL’AGGRESSIONE DEI CANI”

ministero salute

Ordinanza Ministero della Salute 09/08/23 “Proroga dell’ordinanza contingibile e urgente 6 agosto 2013, e successive modificazioni, concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani”

“Art. 1.

1.  Il termine di validità dell’ordinanza del Ministro della salute 6 agosto 2013 e successive modificazioni, prorogato, da ultimo, con l’ordinanza 8 agosto 2022 è prorogato di dodici mesi a decorrere dalla data del 2 settembre 2023.

La presente ordinanza è trasmessa alla Corte dei conti per la registrazione e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.”

Il testo vigente dell’ O.M. 06-08-13 “ORD. CONTINGIBILE ED URGENTE CONCERNENTE LA TUTELA DELL’INCOLUMITA’ PUBBLICA  DALL’AGGRESSIONE DEI CANI”.

Giovanni Paris