Month: dicembre 2023

ETICHETTATURA PRODOTTI ALIMENTARI E FRODE IN COMMERCIO: CASS. PEN., III, 13/09/23 N° 37310

LA DETENZIONE DI PRODOTTI ALIMENTARI DI ORIGINE DIVERSA DA QUELLA RIPORTATA NELLA ETICHETTA E DESTINATI ALLA VENDITA, NON SOLO AL CONSUMATORE FINALE, MA ANCHE AD ALTRI COMMERCIANTI, INTEGRA IL REATO DI FRODE NELL’ESERCIZIO DEL COMMERCIO EX ART. 515 C.P. (CONSUMATO O TENTATO) O IL REATO DI TRUFFA EX ART. 640 C.P. ?

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LA NORMATIVA

Art. 515 c.p. “Frode nell’esercizio del commercio”

“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065.

Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a euro 103″.

Art. 56 c.p. “Delitto tentato”

“Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà”.

Art. 640 c.p. “Truffa”

“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:

1. se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o dell’Unione europea o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2. se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’autorità;

2-bis. se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente”.

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IL CASO

Un soggetto è stato condannato per il reato di cui agli artt. 56 e 515 c.p. perché ha compiuto atti diretti in modo non equivoco a vendere una cosa mobile per origine, provenienza e qualità, diversa da quella dichiarata, senza conseguire l’evento per cause indipendenti dalla propria volontà; in particolare è stata contestata la detenzione per la vendita di lattine contenenti olio extravergine di oliva di origine greca, recanti l’etichetta “olio estratto in Italia da olive coltivate in Italia 100% italiano”, confezionato in lattine.

Viene proposto ricorso in Cassazione contestando la affermazione della responsabilità, in quanto, nel caso di “frode qualitativa”, la norma penale punisce solo quelle difformità concernenti le caratteristiche essenziali del prodotto, non rilevando qualunque difformità della res rispetto le qualità dichiarate nell’offerta di vendita. Si rileva, inoltre, che la fattispecie in contestazione non è configurabile a titolo di delitto tentato, posto che l’evento tipico del reato è rappresentato dal passaggio della res nella sfera di disponibilità dell’acquirente con la consegna della stessa e che la fattispecie incriminata tutela il rapporto negoziale instaurato tra il venditore e l’acquirente; si evidenzia, in tal senso, che, nel caso di specie, non vi è stata alcuna trattativa per la vendita, in quanto la merce era solo depositata in magazzino, né esposta in vendita.

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LA SENTENZA

La CASS. PEN., III, 13/09/23 N° 37310 conferma la condanna osservando che “…La ratio del reato di frode nell’esercizio del commercio risiede nel sanzionare le frodi negli scambi commerciali non rientranti nell’ambito applicativo della truffa, ponendosi, rispetto a tale fattispecie, in posizione sussidiaria e residuale. L’elemento oggettivo consiste nella consegna della cosa mobile. La fattispecie si consuma, pertanto, con la consegna della cosa o del documento che la rappresenta. Con riferimento al tentativo, ritenuto pacificamente ammissibile qualora la cosa non venga consegnata all’acquirente, come, ad esempio, nel caso in cui questi si rifiuti, si è discusso se possa essere integrato anche con la semplice detenzione per la vendita di una merce con indicazioni mendaci sulla sua origine, produzione e qualità. La questione controversa concerne l’interrogativo se si integri il tentativo in caso di mera detenzione oppure sia necessaria una detenzione preordinata univocamente alla vendita, come, per esempio, nel caso di esposizione del bene all’attenzione dell’acquirente. Secondo un’opzione ermeneutica, ciò va escluso sulla base della considerazione che il legislatore non ha inteso ravvisare in tale condotta un atto idoneo diretto in modo non equivoco a compiere una frode in commercio. Sul tema, la giurisprudenza ha ritenuto configurabile il tentativo di frode nell’esercizio del commercio, ma secondo un orientamento più risalente, è necessaria la conclusione del contratto o almeno una forma di contrattazione idonea, volta alla consegna della merce diversa da quella pattuita. Secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente, e ormai consolidato, invece, è integrato il tentativo anche in caso di mera detenzione della merce per la vendita. In quest’ottica, è stato condivisibilmente affermato che, in tema di frode nell’esercizio del commercio, mentre la fattispecie consumata è integrata dalla consegna materiale della merce all’acquirente, per la configurabilità del tentativo non è necessaria la sussistenza di una contrattazione finalizzata alla vendita, essendo sufficiente l’accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite. …In tal senso, anche la mera detenzione presso un magazzino di prodotti finiti, recanti false indicazioni di provenienza, anche se non destinati al commercio al dettaglio e al consumatore finale ma a utilizzatori commerciali intermedi, integra il tentativo di frode nell’esercizio del commercio, mentre la condotta consumata è costituita dalla consegna materiale della merce all’acquirente. Configura, dunque, il tentativo, anche la mera detenzione in magazzino di merce non rispondente per origine, provenienza, qualità o quantità a quella dichiarata o pattuita, trattandosi di dato pacificamente indicativo della successiva immissione nella rete distributiva di tali prodotti…e ciò anche nel caso in cui la merce sia detenuta da un commerciante all’ingrosso, dovendosi pacificamente riconoscere, in considerazione delle condotte tipizzate, che la disposizione in esame tuteli tanto i consumatori quanto gli stessi commercianti, allorquando presso il magazzino di prodotti finiti dell’impresa di produzione sia detenuta merce con false indicazioni di provenienza destinata non al consumatore finale ma ad utilizzatori commerciali intermedi…

La merce confezionata ed etichettata, posta all’interno del punto vendita al dettaglio, era esposta sul banco per la vendita, sicché deve ritenersi sussistente la forma tentata, pur non esistendo alcuna trattativa in corso per la vendita.

Giovanni Paris

ORDINANZE COMUNALI “NATALIZIE” DI DIVIETO DI VENDITA E/O DI ACCENSIONE DI FUOCHI D’ARTIFICIO: PARERE MININTERNO N° 18798 DEL 09/12/16

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Ogni anno in moltissimi comuni vengono adottate ordinanze sindacali aventi efficacia durante il periodo delle festività natalizie e che prevedono il divieto di vendita e/o di accensione di fuochi d’artificio, esse sono diversamente motivate, per la tutela della pubblica incolumità, dell’ambiente, degli animali, ecc. .

Nei confronti di tali provvedimenti vengono espresse riserve relativamente alla loro legittimità.

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LA NORMATIVA

Art. 57  T.U.L.P.S.

“Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza non possono spararsi armi da fuoco nè lanciarsi razzi, accendersi fuochi di artificio, innalzarsi aerostati con fiamme, o in genere farsi esplosioni o accensioni pericolose in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa.

E’ vietato sparare mortaletti e simili apparecchi.

OMISSIS”

Art. 703 c.p. “Accensioni ed esplosioni pericolose”

Chiunque, senza la licenza dell’autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d’artificio, o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose, è punito con l’ammenda fino a euro 103.

Se il fatto è commesso in un luogo ove sia adunanza o concorso di persone, la pena è dell’arresto fino a un mese”.

Articolo 50  T.U.E.L. “Competenze del sindaco e del presidente della provincia”

“OMISSIS

5.  In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.

OMISSIS”

Articolo 54  T.U.E.L. Attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale

“OMISSIS

4.  Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.

4-bis.  I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l’incolumità pubblica sono diretti a tutelare l’integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti.

OMISSIS”

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IL PARERE MINISTERIALE

il Ministero dell’Interno ha in materia espresso il PARERE PROT. N° 18798 del 09/12/16 di cui si riporta uno stralcio.

“La possibilità di ricorrere allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente è quindi legata alla sussistenza di un pericolo concreto che impone di provvedere in via d’urgenza con strumenti extra ordinem, per porre rimedio a situazioni di natura eccezionale e imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l’incolumità pubblica, non fronteggiabili con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamen…, si osserva che la natura innovativa di tali ordinanze, che pongono limiti quasi assoluti all’impiego di tutte le tipologie di articoli pirotecnici, incida sulla vigente disciplina legislativa in materia, nonostante dalle ordinanze non emergano situazioni di contingibilità e urgenza. Occorre evidenziare che il d.lgs. n. 123/2015, che disciplina la materia, prevede, al fine di garantire il consumatore sulla qualità del prodotto che viene immesso sul mercato, che i prodotti pirotecnici utilizzabili nel territorio nazionale sono quelli recanti la marcatura CE che abbiano superato la valutazione di conformità prescritta. Si segnala altresì che il capo V del d.lgs n. 123/2015 rubricato “sorveglianza del mercato e controllo degli articoli pirotecnici” prevede che se l’autorità di sorveglianza del mercato abbia motivi sufficienti per ritenere che un articolo pirotecnico presenti rischio per la salute e per l’incolumità delle persone o per altri aspetti della protezione del pubblico interesse di cui al presente decreto, dopo aver effettuato una valutazione, può nei casi più gravi chiedere anche il ritiro dal mercato del prodotto, pertanto ulteriori divieti di uso di prodotti pirotecnici non possono essere stabiliti dal sindaco, ma solo dalla normativa di settore. Peraltro si soggiunge che l’uso dei fuochi pirotecnici è un accadimento che si verifica ogni anno durante le festività natalizie, pertanto non è una circostanza che si pone fuori dall’ordinato e prevedibile svolgersi degli eventi, che è condizione necessaria per giustificare l’utilizzo del provvedimento extra ordinem”.

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DOMANDA

Le limitazioni sopra indicate o tipologie ad esse similari possono essere previste all’interno di norme regolamentari comunali?

Si legga sull’argomento l’articolo DIVIETO DI ACCENDERE FUOCHI D’ARTIFICIO: TAR LOMBARDIA, IV, 21/09/22 N° 2034

Giovanni Paris

DATA DI CONFEZIONAMENTO DI ALIMENTI E FRODE IN COMMERCIO: CASS. PEN., III, 12/09/23 N° 37118

APPLICARE SU CONFEZIONI DI ALIMENTI UNA ETICHETTA RIPORTANTE UNA DATA POSTERIORE RISPETTO A QUELLA DI EFFETTIVO CONFEZIONAMENTO INTEGRA IL REATO DI FRODE NELL’ESERCIZIO DEL COMMERCIO EX ART. 515 C.P.? QUESTO ANCHE SE LE CONFEZIONI NON SONO STATE ANCORA POSTE IN COMMERCIO? O TALE FATTO CONFIGURA IL TENTATIVO DEL DELITTO SOPRA CITATO?

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LA NORMATIVA

Art. 515 c.p. “Frode nell’esercizio del commercio”

“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065.

Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a euro 103″.

Art. 56 c.p. “Delitto tentato”

“Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà”.

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IL CASO

Un soggetto è stato condannato per il delitto di tentata frode in commercio, per aver compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a contraffare la data di confezionamento di alimenti altamente deperibili.

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LA SENTENZA

La CASS. PEN., III, 12/09/23 N° 37118 afferma che non vi sia dubbio sulla ritenuta rilevanza penale del fatto, soffermandosi sulla qualificazione dello stesso se consumato o tentato ricordando come la giurisprudenza di legittimità “…ha già affermato che mentre la fattispecie consumata di frode nell’esercizio del commercio è integrata dalla consegna materiale della merce all’acquirente, per la configurabilità del tentativo non è necessaria la sussistenza di una contrattazione finalizzata alla vendita, essendo sufficiente l’accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite…”.

Giovanni Paris

VIOLAZIONE DI NORMA REGOLAMENTARE E ART. 650 C.P.: CASS. PEN., I, 20/12/23 N° 50825

LA VIOLAZIONE DI UNA NORMA REGOLAMENTARE O DI UNA ORDINANZA INDIRIZZATA A UNA PLURALITA’ INDETERMINATA (GENERALITA’) DI SOGGETTI PUO’ INTEGRARE IL REATO PREVISTO DALL’ART. 650 C.P.?

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LA NORMATIVA

Art. 650 c.p. “ Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”

Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206.

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IL CASO

Un soggetto è stato penalmente condannato per il reato previsto dall’art. 650 c.p. per violazione a una norma del regolamento penitenziario.

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LA SENTENZA

La risposta ci viene dalla sentenza della CASS. PEN., I, 20/12/23 N° 50825 che, al di là del motivo addotto con il ricorso, ha affermato la rilevabilità d’ufficio della effettiva sussistenza del fatto qualificato come reato punibile ai sensi dell’art. 650 cod. pen., e, rifacendosi alla costante giurisprudenza di legittimità ritiene “…che, per provvedimento dell’Autorità, ai sensi dell’art. 650 cod. pen., debba intendersi ogni atto con il quale l’Autorità impone a una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva, ispirata da una contingenza presente e transeunte. La disposizione incriminatrice sanziona dunque, in via esclusiva, l’inosservanza di provvedimenti a carattere individuale o plurimo, ma non è applicabile alla inosservanza di regolamenti o ordinanze concernenti la generalità dei cittadini

…A presupposto del reato vi deve essere, infatti, un ordine specifico, impartito a uno o più soggetti determinati, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio costui, ovvero costoro, pongano in essere una certa condotta, ovvero si astengano da una certa condotta; ciò per ragioni di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene ovvero di giustizia, sempre che l’inosservanza riguardi un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa che comporti un’autonoma sanzione. Non possiede le caratteristiche sopra indicate (e quindi la sua inosservanza non può integrare il reato di cui all’art. 650 cod. pen.) una disposizione a carattere regolamentare contenente una prescrizione dettata in via preventiva e indirizzata a una generalità di soggetti

Pertanto “…È evidente che le necessarie caratteristiche…non sono rinvenibili nel provvedimento per cui è intervenuta condanna, stante la natura generale dei precetti contenuti nel regolamento interno di un istituto penitenziario, i cui destinatari non sono determinabili a priori; né può dirsi che il regolamento carcerario sia diretto a disciplinare ex post vicende concrete, destinate a storico esaurimento…”.

Deriva di conseguenza che “…Dalla sua violazione non può discendere, allora, una responsabilità penale a norma dell’art. 650 cod. pen. …”.

Negli esatti termini si era espressa CASS. PEN., I, 25/10/22 N° 40185 per la quale “…L’integrazione del reato di cui all’art. 650 cod. pen. implica… che l’inosservanza abbia ad oggetto «un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta, ovvero si astenga da una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia; che l’inosservanza riguardi un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione». Si è allora detto che non ha le caratteristiche sopra indicate (e quindi la sua inosservanza non può integrare il reato di cui all’art. 650) una disposizione a carattere regolamentare e contenente una disposizione dettata in via preventiva ed indirizzata ad una generalità di soggetti...”.

Giovanni Paris

AREA PRIVATA E APPLICAZIONE NORME CODICE DELLA STRADA: CASS. CIV., II, 04/12/23 N° 33772

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QUALI SONO LE CONDIZIONI E LA CARATTERISTICHE CHE DEVE POSSEDERE UN’AREA PRIVATA AL FINE DELLA APPLICAZIONE IN ESSA DELLE NORME DEL CODICE DELLA STRADA?

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LA NORMATIVA

Art. 2  C.D.S. “Definizione e classificazione delle strade”

“1.  Ai fini dell’applicazione delle norme del presente codice si definisce “strada” l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali.

OMISSIS”

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IL CASO

Veniva opposto di fronte al Giudice di Pace verbale di accertamento di violazione all’art. 158, commi primo, lett. f), e quinto, del c.d.s., per violazione del divieto di sosta e fermata nei centri abitati in corrispondenza di un’area di intersezione, affermando il difetto dei presupposti per l’irrogazione della sanzione pecuniaria comminata, poiché il veicolo era stato parcheggiato su strada privata, rispetto alla quale non risultava dimostrata la costituzione di una servitù ad uso pubblico. Controparte deduceva che l’area in questione, seppure di proprietà privata, era destinata ad uso pubblico.

Il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, annullava il verbale di accertamento, ritenendo che, a fronte della conclamata proprietà privata dell’area, non vi fosse alcuna convenzione o sentenza passata in giudicato che ne attestasse l’uso pubblico.

Veniva proposto appello avverso la citata sentenza di primo grado lamentando che fosse dirimente, ai sensi dell’art. 2 c.d.s., l’uso pubblico della strada, non rilevando, invece, il mero titolo dominicale vantato sulla corrispondente area, sicché sarebbe stato necessario accertare l’uso concretamente pubblico della strada, il quale emergeva ictu oculi dagli atti di causa.

Il Giudice d’appello rilevava:

a) che, ai sensi dell’art. 2 c.d.s., doveva considerarsi quale strada qualsiasi area di uso pubblico destinata alla circolazione di pedoni, veicoli e animali, sicché dovevano essere equiparate alle strade di uso pubblico tutte le aree, anche di proprietà privata, aperte in concreto alla circolazione del pubblico;

b) che era, dunque, irrilevante, ai fini dell’applicabilità delle sanzioni stabilite dal codice della strada, il titolo di proprietà pubblica mediante costituzione di servitù prediale;

c) che il tratto di strada in questione, era stato dichiarato espressamente strada urbana di tipo F (strade locali), ai sensi e per gli effetti degli artt. 2 e 4 c.d.s.;

d) che il suddetto provvedimento richiamava, inoltre, i lavori di manutenzione straordinaria della rete idrica ed i lavori di ripristino della strada danneggiata, il che consentiva ulteriormente di propendere per l’accesso pubblico alla strada.

Veniva proposto ricorso in Cassazione proponendo le medesime argomentazioni presentate nel primo grado di giudizio.

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LA CORTE DI CASSAZIONE

Ancora una volta la Corte di Cassazione si occupa della dibattuta questione riguardante l’applicazione delle prescrizioni del Codice della Strada in aree di proprietà privata, ponendosi nel solco di precedenti che individuano i caratteri che devono possedere le aree private ai fini dell’applicazione delle norme del Codice della Strada.

La CASS. CIV., II, 04/12/23 N° 33772 ribadisce che non rileva la natura, pubblica o privata, della proprietà di una determinata area ai fini della definizione di “strada” e della conseguente applicazione delle norme del codice della strada, bensì la sua destinazione ad uso pubblico, questo ne legittima la sottoposizione alle norme del codice della strada.

Viene osservato che “…la definizione di “strada”, che comporta l’applicabilità della disciplina del relativo codice, non dipende dalla natura, pubblica o privata, della proprietà di una determinata area, bensì dalla sua destinazione ad uso pubblico, che ne giustifica la soggezione alle norme del codice della stradaper evidenti ragioni di ordine pubblico e sicurezza collettiva…Secondo la definizione contenuta nell’art. 2 del c.d.s., per strada deve, dunque, intendersi l’area di uso pubblico aperta alla circolazione dei pedoni, degli animali e dei veicoli…”

Pertanto occorre verificare “…ai fini della legittimità dell’irrogazione della sanzione amministrativa…la destinazione in concreto all’uso pubblico di tale strada, quand’anche essa fosse riconducibile alla proprietà privata…”.

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IL MINISTERO

Si veda anche il  PARERE MINISTERO DEI TRASPORTI N° 2507 DEL 29-04-16 in merito alle condizioni per poter emettere una ordinanza che disciplini la circolazione stradale in un’area privata e svolgere in essa un servizio di polizia stradale. 

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PRECEDENTI ARTICOLI

Giovanni Paris

CONDIZIONI ATMOSFERICHE E UTILIZZO ETILOMETRO: CASS. PEN., VII, 13/12/23 N° 49533

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ESISTONO LIMITAZIONI ALL’UTILIZZO DELL’ETILOMETRO IN CONSEGUENZA DI PARTICOLARI CONDIZIONI ATMOSFERICHE, QUALI LA PRESENZA DI ALTA UMIDITA’?

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LA CORTE DI CASSAZIONE

Ebbene sì, la Corte di Cassazione ha dovuto esprimersi anche su questo dubbio, oggetto di specifica censura.

CASS. PEN., VII, 13/12/23 N° 49533 dopo aver premesso che “…l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza – stante l’affidabilità di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all’omologazione e alla taratura – con la conseguenza che è onere della difesa dell’imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l’assenza o l’inattualità dei prescritti controlli, tramite l’escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell’etilometro…,

afferma che “…Nessuna norma…pone limitazioni all’utilizzo dell’etilometro per l’accertamento dello stato di ebbrezza alcolica in correlazione con le condizioni atmosferiche; peraltro, le lievi imprecisioni nella misurazione in conseguenza di condizioni di umidità superiori ad una certa percentuale non escluderebbero la responsabilità dell’imputato a fronte di un responso che supera ampiamente il tasso di rilevanza penale e quello di soglia minima previsto dall’art. 186, lett. b), C.d.S…”,

e la parte non fornisce “…elementi specifici di natura scientifica per contestare gli esiti della prova e non prospetta circostanze di fatto, che avrebbero potuto effettivamente inficiare gli elementi forniti dagli organi di P.G. sullo stato di alterazione…e sull’esito delle analisi svolte…”.

Giovanni Paris

NECESSITA’ DECRETO PREFETTIZIO PER CONTROLLO ELETTRONICO DELLA VELOCITA’: CASS. CIV., II, 11/12/23 N° 34508

Polizia locale, tornano gli autovelox

PER SVOLGERE IN UNA STRADA L’ATTIVITA’ DI CONTROLLO DEL RISPETTO DEI LIMITI DI VELOCITA’ ATTRAVERSO MISURATORE ELETTRONICO E’ SEMPRE NECESSARIA LA ADOZIONE DEL DECRETO PREFETTIZIO PREVISTO DALL’ART. 4/1 DEL D.L. 121/02?

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LA NORMATIVA

L’art. 4/1 del D.L. 121/02 prevede che “Sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui all’articolo 2, comma 2, lettere A e B, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli articoli 142, 148 e 176 dello stesso decreto legislativo, e successive modificazioni. I predetti dispositivi o mezzi tecnici di controllo possono essere altresì utilizzati o installati sulle restanti tipologie di strade, ovvero su singoli tratti di esse, individuati con apposito decreto del prefetto ai sensi del comma 2. …”.

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LA CASSAZIONE

La risposta è negativa, la condizione suddetta deve essere soddisfatta solo nel caso in cui il controllo è effettuato mediante APPARECCHIATURE FISSE CON RILEVAMENTO A DISTANZA, mentre nessuna limitazione al controllo è prevista nel caso in cui lo stesso è svolto con APPARECCHIATURE PRESIDIATE DA PERSONALE DI POLIZIA STRADALE.

Situazione ribadita da CASS. CIV., II, 11/12/23 N° 34508 ripetendo quanto affermato in precedenti pronunce per le quali “..l’utilizzazione degli apparecchi di rilevazione elettronica della velocità è consentita con postazioni mobili e alla presenza degli agenti accertatori di polizia, senza che sia a tal fine necessario alcun decreto prefettizio (necessario solo “per usare apparecchiature elettroniche automatiche senza presidio per il rilevamento dei limiti di velocità”)…”.

Precedente più recente si è avuto con CASS. CIV., VI – 2, 09/06/22, N° 18560, la quale afferma che “…L’utilizzazione degli apparecchi di rilevazione elettronica della velocità (e cioè gli autovelox) nei centri urbani è consentita…con postazioni mobili e alla presenza degli agenti accertatori di polizia…, senza che sia a tal fine necessario alcun decreto prefettizio (necessario solo “ad usare apparecchiature elettroniche automatiche senza presidio per il rilevamento dei limiti di velocità) …”.

Si leggano anche CASS. CIV., II, 20/06/19 N° 16622, CASS. CIV., II, 19/01/21 N° 776.

Giovanni Paris

FUGA E MANCATA PRESTAZIONE DI ASSISTENZA DOPO INCIDENTE STRADALE: CASS. PEN., IV, 13/12/23 N° 49487

incidente stradale

IN CASO DI INCIDENTE STRADALE QUALI SONO LE CONDIZIONI NECESSARIE PER IL CONFIGURARSI DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 189/6 C.D.S. “FUGA” E DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 189/7 C.D.S. “MANCATA ASSISTENZA”? TALI REATI CHE NATURA HANNO E POSSONO CONCORRERE TRA LORO?

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LA NORMATIVA

Art. 189  c.d.s. “Comportamento in caso di incidente”

“1.  L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona.

OMISSIS

6.  Chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. Nei casi di cui al presente comma sono applicabili le misure previste dagli articoli 281,282,283 e 284 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti previsti dall’articolo 280 del medesimo codice, ed è possibile procedere all’arresto, ai sensi dell’articolo 381 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti di pena ivi previsti.

7.  Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite, è punito con la reclusione da un anno a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore ad un anno e sei mesi e non superiore a cinque anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI.

OMISSIS”

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IL CASO

Un soggetto è stato condannato per non essersi fermato sul luogo del sinistro automobilistico, per omessa prestazione di assistenza in favore delle vittime e per lesioni colpose ai loro danni, ritenendo la sussistenza dei reati di cui all’art. 189 commi 6 e 7 c.d.s. sulla base di una valutazione complessiva in relazione alla natura e alle caratteristiche dell’urto, alle testimonianze acquisite e alla dinamica delle fasi post urto, le quali non lasciavano dubbi sul fatto che il soggetto si fosse allontanato dal luogo del sinistro per fare perdere le sue tracce, ben consapevole della portata offensiva del proprio operato.

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LA SENTENZA

La sentenza della CASS. PEN., IV, 13/12/23 N° 49487 ribadisce, come affermato dalla giurisprudenza, anche risalente, della stessa Corte “…che il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione di assistenza occorrente configurano due fattispecie autonome e indipendenti, con diversa oggettività giuridica, essendo la prima finalizzata a garantire la identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda ad assicurare il necessario soccorso alle persone rimaste ferite, sicché è configurabile un concorso materiale tra le due ipotesi criminose“.

Dal punto di vista della natura di questi reati “…le disposizioni di cui all’art. 189 comma 6 e 7 Cod. della Strada si pongono come reati di pericolo astratto, in quanto richiedono che la condotta dei consociati, in presenza di sinistro stradale da cui derivino lesioni alla persona offesa, si atteggi ad un obbligo di solidarietà e di intervento che ha come fulcro l’assistenza del consociato in difficoltà; si “tratta in particolare di una condotta al cui rispetto l’ordinamento è interessato a prescindere da quanto verificato in merito al fatto, a fronte della esigenza di tutela anticipata degli interessi ritenuti rilevanti dal legislatore proprio perché esonera di procedere alla valutazione in ordine alla concretezza del pericolo imponendo nell’immediato di conformarsi alla condotta prescritta”…”.

“…Ne consegue pertanto che i fatti che escludono la responsabilità del conducente devono essere accertati prima che lo stesso si allontani dal luogo del sinistro cosicché il reato è configurabile tutte le volte che questi non si fermi e si dia alla fuga…, dovendo l’investitore essersi reso conto del sinistro in base ad una obiettiva constatazione. E stato ancora affermato che nel reato di fuga previsto dall’art. 189, comma sesto, C.d.S., punito solo a titolo di dolo, l’accertamento dell’elemento psicologico va compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze dal medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver causato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro…, laddove nel reato di mancata prestazione di assistenza non è sufficiente che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo invece che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni della integrità fisica…

Inoltre il reato previsto dall’art. 189/7 c.d.s. “…richiede che il bisogno dell’investito sia effettivo, sicché non è configurabile nel caso di assenza di lesioni o allorché altri abbia già provveduto o non risulti necessario, né utile o efficace l’ulteriore intervento dell’obbligato, ma tali circostanze non possono essere ritenute ex post, dovendo l’investitore essersene reso conto in base ad obiettiva constatazione prima del proprio allontanamento…di talché il reato in questione è ravvisabile in presenza di sinistro, ricollegabile al comportamento dell’imputato, che possieda connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, ovvero solo la possibilità che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso…”.

Giovanni Paris

LIMITAZIONE LEGGE REGIONALE RESPONSABILITA’ IN SOLIDO EX ART. 6 L. 689/81 / OBBLIGO MOTIVAZIONE DI ORDINANZA INGIUNZIONE: CASS. CIV., II, 14/12/23 N° 35025

 

PUO’ UNA DISPOSIZIONE REGIONALE LIMITARE L’AMBITO DI OPERATIVITA’ DELL’ART. 6 DELLA L. 689/81 IN TEMA DI RESPONSABILITA’ SOLIDALE?

L’ORDINANZA INGIUNZIONE EMESSA PER VIOLAZIONE COSTITUENTE ILLECITO AMMINISTRATIVO DEVE ESSERE MOTIVATA? E SE SI’, QUANTO DEVE ESSERE SPECIFICA E AMPIA TALE MOTIVAZIONE?

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LA NORMATIVA

Art. 6  L. 689/81 “Solidarietà”

Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.

OMISSIS”

Art. 18  L. 689/81 “Ordinanza-ingiunzione”

“Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto.

OMISSIS”

Art. 3  L. 241/90 “Motivazione del provvedimento”

“1.  Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

OMISSIS”

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IL CASO

Viene opposta da parte di soggetto proprietario di apparecchi da gioco l’ordinanza ingiunzione emessa nei suoi confronti per la installazione di tali apparecchiature in violazione delle distanze previste dalla normativa regionale, deducendo la violazione dell’art. 6 della L. 689/81 e della normativa regionale che indica quale soggetto destinatario della sanzione il solo esercente, senza indicare altri soggetti.

Si deduce altresì la violazione dell’art. 3 della L. 241/90 e dell’art. 18 L. 689/81 per l’assenza di motivazione del provvedimento amministrativo, situazione quindi in contrasto con l’obbligo di motivazione degli atti amministrativi.

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LA CASSAZIONE

Questioni affrontate da CASS. CIV, II, 14/12/23 N° 35025.

Sulla prima si risponde che nonostante la “…Legge Regionale preveda che il soggetto destinatario della sanzione sia l’esercente, non è…esclusa l’operatività dell’art. 6 della L. 689/91, quale norma generale secondo cui il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.
Si tratta di un principio di applicazione generale nell’ambito degli illeciti amministrativi, avente la finalità di interesse pubblico alla deterrenza generale di colui che interagisce con il soggetto trasgressore…”,

difatti il soggetto proprietario delle apparecchiature fornite in noleggio e che le aveva installate in violazione della normativa regionale sulle distanze da alcuni luoghi protetti aveva consentito al trasgressore di perpetrare l’illecito sanzionato.

In merito alla seconda si afferma che “… L’ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa non deve avere una motivazione analitica e dettagliata come quella di un provvedimento giudiziario, essendo sufficiente che sia dotata di una motivazione succinta, purché dia conto delle ragioni di fatto della decisione (che possono anche essere desunte “per relationem” dall’atto di contestazione) ed evidenzi l’avvenuto esame degli eventuali rilievi difensivi formulati dal ricorrente…”.

Si segnalano anche i seguenti conformi precedenti:

  • CASS. CIV., VI, 30/07/20 N° 16316 per la quale trova applicazione “…il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, a termini del quale in siffatti atti della P.A., dalla quale non può esigersi (tenuto conto della successiva impugnabilità in sede giurisdizionale degli atti compiuti) una motivazione analitica e dettagliata paragonabile a quella di un provvedimento giudiziario, è sufficientemente assolto l’obbligo in questione anche se la motivazione sia sintetica, purché dia conto delle ragioni di fatto, ben potendo queste essere desunte per relationem dall’atto di contestazione (già noto alla società ricorrente), e comunque evidenzi l’avvenuto esame degli eventuali rilievi difensivi esposti dal ricorrente…”,
  • CASS. CIV., II, 31/07/21 N° 21924  per la quale “…trova applicazione il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità…condiviso dal collegio, in forza del quale l’ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa non deve avere una motivazione analitica e dettagliata come quella di un provvedimento giudiziario, essendo sufficiente che sia dotata di una motivazione succinta, purché dia conto delle ragioni di fatto della decisione, che possono anche essere desunte per relationem dall’atto di contestazione…”.

Giovanni Paris

 

MOTIVAZIONE CONTESTAZIONE DIFFERITA EX ART. 14 L. 689/81: CASS. CIV., II, 12/12/23 N° 34640

Concorso per la polizia locale, le prove scritte il 3 marzo all'Agraria |  La Nuova Riviera

AI SENSI DELL’ART. 14 DELLA L. 689/81 LA MANCATA INDICAZIONE NEL VERBALE DI ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONE DELLE MOTIVAZIONI PER CUI NON SI E’ PROCEDUTO ALLA CONTESTAZIONE IMMEDIATA, ANCHE QUANDO QUESTA FOSSE STATA POSSIBILE, DETERMINA LA INVALIDITA’ DEL VERBALE?

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LA NORMATIVA

Art. 14 L.689/81 “Contestazione e notificazione”

La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.

Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.

OMISSIS”

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LA CASSAZIONE

La risposta ci viene data da CASS. CIV., II, 12/12/23 N° 34640  che in modo molto diretto e conciso afferma che  “…nel regime previsto dall’art. 14 L. 689/1981 la mancata contestazione immediata della sanzione, anche quando ne sussista la possibilità, non costituisce causa di estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione e non invalida la pretesa punitiva dell’autorità amministrativa quando si sia comunque proceduto, nel termine prescritto, alla notificazione del verbale di accertamento della violazione…”.

Quanto deciso è conforme a diversi precedenti pronunciamenti, dei quali citiamo:

  • CASS. CIV., II, 03/06/20 N° 10469 ove si legge che “…salvo che in materia di sanzioni stradali – la mancata contestazione immediata della violazione…non costituisce causa di estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione e non invalida la pretesa punitiva dell’autorità amministrativa, quando si sia comunque proceduto, nel termine prescritto, alla notificazione del verbale di accertamento della violazione…”,
  • CASS. CIV., II,13/06/22 N° 26851 la quale intende “…ribadire che, in tema di sanzioni amministrative non attinenti alla materia della circolazione stradale…la mancata contestazione immediata (prescritta dall’art. 14 L. 689/1981) anche quando ne sussista la possibilità, non costituisce causa di estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione né è causa di nullità del procedimento sanzionatorio, quando si sia comunque proceduto, nel termine prescritto, alla notificazione del verbale di accertamento della violazione…”.

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ATTENZIONE!! Quanto sopra, si ripete, diversamente da quanto è previsto nell’art. 201 del c.d.s. per la contestazione delle violazioni alle norme dello stesso codice.

Art. 201  c.d.s. “Notificazione delle violazioni”

“1.  Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall’accertamento, essere notificato…

OMISSIS”

Giovanni Paris

SANZIONE PECUNIARIA EX ART. 31/4-BIS T.U. EDILIZIA PER INOTTEMPERANZA A ORDINANZA DI DEMOLIZIONE: CONSIGLIO DI STATO, VI, 14/12/23 N° 10785

Timeout, Orologio, Mattina, Puntatore

L’ORDINANZA DI IRROGAZIONE DELLA SANZIONE PECUNIARIA AMMINISTRATIVA PREVISTA DALL’ART. 31/4-BIS DEL T.U. EDILIZIA PER MANCATA OTTEMPERANZA A ORDINANZA DI DEMOLIZIONE SOGGIACE AL TERMINE DECADENZIALE DI 90 GIORNI DECORRENTI DALLA NOTIFICA DELL’ORDINANZA DI DEMOLIZIONE?

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LA NORMATIVA

Art. 31 T.U. EdiliziaInterventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”

OMISSIS

2.  Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.

3.  Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

4.  L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.

4-bis.  L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

OMISSIS”

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IL CASO

Un comune ha adottato una ordinanza applicando la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 31/4-bis del T.U. Edilizia per mancata ottemperanza a precedente ordinanza di demolizione per abuso edilizio.

L’ordinanza veniva impugnata dinanzi al T.A.R. che accoglieva il ricorso, annullando la sanzione pecuniaria in quanto, superato il termine di 90 giorni per ottemperare, risultava prescritto ex art. 2 della Legge 241/90 il diritto del comune a irrogare la sanzione.

Il comune appella la sentenza censurandola nella parte in cui si ritiene che l’amministrazione fosse decaduta dalla possibilità di emettere la sanzione pecuniaria per il superamento dei termini previsti dall’art. 2 della Legge 241/1990, alla luce del fatto che, decorsi 90 giorni dall’ordine di demolizione, la titolarità della proprietà dell’immobile passa automaticamente nel patrimonio comunale.

Il comune afferma che tale acquisizione non interferisce con il diritto dell’ente di irrogare la sanzione pecuniaria, la quale si fonda proprio sull’accertamento dell’ottemperanza di ingiunzione a demolire, così come risulta chiaramente dall’art. 31/4-bis, del T.U. Edilizia.

Si ritiene altresì che la pronuncia sia errata per non aver riconosciuto che l’abuso edilizio ha natura di illecito permanente, caratteristica quest’ultima che consente l’esercizio del potere repressivo senza limiti di tempo anche in riferimento al potere di irrogare una sanzione pecuniaria. Ne consegue, dunque, che tale poter non soggiace ai termini previsti dall’art. 2 della Legge 241/90, non potendo in ogni caso la loro violazione comportare l’annullamento del provvedimento di natura vincolata e obbligatoria così come disposto dall’art. 21-octies della Legge 241/90.

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LA SENTENZA

Per il  CONSIGLIO DI STATO, VI, 14/12/23 N° 10785 “…occorre osservare che sul piano della funzione la sanzione amministrativa pecuniaria, di cui all’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, è finalizzata a sanzionare la mancata rimozione dell’abuso e dunque l’inerzia di chi non si è adoperato per porre rimedio alle conseguenze degli abusi realizzati. Si tratta, in particolare, di una misura coercitiva indiretta, volta ad indurre i soggetti a rimuovere l’abuso se ne abbiano la possibilità materiale e giuridica, anche laddove potrebbero non avere responsabilità nella realizzazione dello stesso…Presupposto per l’irrogazione della sanzione, di conseguenza, è l’accertamento dell’inottemperanza. …”,

ribadendo che “…Tale circostanza…determina anche l’ulteriore effetto di trasferire automaticamente la titolarità del bene nel patrimonio comunale, così come disposto ex art. 31, comma 3, del d.P.R. 380 del 1990 ai sensi del quale rileva, in termini perentori, il superamento dei 90 giorni dall’ingiunzione ai fini dell’acquisizione automatica e di diritto del bene. …”

sottolineando “…il rapporto di indipendenza che si instaura tra i due piani sanzionatori, al fine di evitare un’errata applicazione estensiva del termine perentorio di 90 giorni di cui al comma 3 anche alla sanzione pecuniaria di cui al comma 4 bis, dell’art. 31 del d.P.R. 380 del 2001…”,

difatti “…il legislatore appare chiaro nel volere attribuire all’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, quest’ultimo ancorato al termine perentorio di 90 giorni, effetti diversi e che guardano, da un lato, all’immissione nel possesso da parte del Comune e, dall’altro, all’irrogazione della sanzione pecuniaria. Sarebbe dunque irragionevole sottoporre al medesimo termine, previsto per la realizzazione del presupposto del potere, anche l’esercizio stesso del potere sanzionatorio pecuniario che così diventerebbe di fatto inapplicabile. In secondo luogo, sul piano letterale, l’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380 del 1990 offre una chiara indicazione legislativa degli effetti di un esercizio sanzionatorio tardivo prevedendo che “la mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente”. Non sono previsti, dunque, termini perentori. …”

Pertanto “…emerge che un’eventuale ed errata sottoposizione del potere sanzionatorio che viene in rilievo al decorso del termine di 90 giorni, determinerebbe di fatto una disapplicazione del comma 4 bis e della funzione dissuasiva perseguita e un danno patrimoniale ingiusto in capo all’amministrazione comunale, in ragione della scarsità delle risorse economiche che la caratterizza.

Si ricorda inoltre che “…i temi in esame sono statti oggetto di scrutinio della recente pronuncia dell’Adunanza Plenaria, 11 ottobre 2023, n.16, che ribadisce l’indipendenza dei su menzionati piani sanzionatori, individuati in termini di autonome fasi. Così, una prima fase si individua nell’ordine di demolizione che rappresenta la reazione dell’ordinamento all’illecito posto in essere da chi esegue un’opera abusiva; una seconda fase è rappresentata dall’inottemperanza all’obbligo di demolizione; infine, una terza fase si individua dopo la notifica dell’accertamento dell’inottemperanza, cui consegue l’acquisizione del bene al patrimonio del comune. Tale ultima fase consente l’accesso ad un’ulteriore momento procedimentale che integra il presupposto dell’ulteriore sanzione di natura afflittiva di cui all’art. 31, comma 4 bis, interpretata dall’Adunanza Plenaria in termini di ”doverosa irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, che deve essere disposta senza indugio (col medesimo atto di accertamento dell’inottemperanza o con un atto integrativo autoritativo successivo)”.

Si conclude che “…emerge l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene l’amministrazione comunale decaduta dal potere di irrogare la sanzione pecuniaria per il decorso di oltre 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza di demolizione. …”.

Giovanni Paris

ATTI OSCENI IN LUOGO ABITUALMENTE FREQUENTATO DA MINORI: CASS. PEN, III, 11/12/23 N° 49044

Atti osceni al parco davanti a due giovani 81enne denunciato | G. di Vicenza

QUALI SONO LE CONDIZIONI NECESSARIE PER IL CONFIGURARSI DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 527/2 C.P. DI ATTI OSCENI COMMESSI IN LUOGHI FREQUENTATI DA MINORI?

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LA NORMATIVA

Art. 527 c.p. “Atti osceni”

“Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 30.000. (fattispecie depenalizzata ai sensi dell’art. 2/1 lett. a) del D.Lgs. 8/16)

Si applica la pena della reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano.

Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309″.

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IL CASO

Un soggetto viene condannato per il reato previsto dall’art. 527/2 c.p. commesso in un parco pubblico.

Viene presentato ricorso in Cassazione contestando la circostanza che la condotta sia stata compiuta in luoghi o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori. Si contesta la ricostruzione operata in relazione alle caratteristiche del parco ove si svolsero i fatti e alla conseguente, ritenuta qualifica dello specifico luogo delle condotte come spazio elettivamente e sistematicamente frequentato da minori. Si osserva che il requisito della vicinanza a luogo abitualmente frequentato da minori, sarebbe stato desunto solo dal fatto che il bagno ove si svolsero le condotte si trovasse in un giardino pubblico ovvero aperto indistintamente all’accesso e svago di chiunque. Mentre sarebbe stato necessario un quid pluris per la corretta individuazione del reato, quanto al requisito in esame. Si sarebbe travisata la struttura del parco ove erano i luoghi di svolgimento dei fatti, siccome il parco avrebbe una sua peculiare realtà, quale parco storico e non quale struttura principalmente destinata ai bambini, come lascerebbero intendere i giudici di merito.

Inoltre i fatti sarebbero avvenuti in bagni pubblici e non nei pressi di aree gioco destinate a bambini. Si aggiunge che vi sarebbe poi distinzione tra aree ludiche, con giochi per persone di qualsiasi età e aree destinate ai minori, per cui nel caso di specie si sarebbe dovuta rilevare e dimostrare l’evidenza statistica della presenza, ivi, di minori, oltre che anche presso i bagni.

Peraltro, l’area per minori in questione sarebbe distante circa 100 metri dai bagni ove avvennero i fatti. Senza alcuna stretta collocazione e visibilità reciproca. Nè conforterebbe la tesi dei giudici il riferimento alla stagione estiva in cui avvennero i fatti.

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LA SENTENZA

Le caratteristiche dei luoghi e le condizioni per il configurarsi della fattispecie in esame sono ben espresse da CASS. PEN, III, 11/12/23 N° 49044 osservando che è stato “…rinvenuto il requisito dello svolgimento delle condotte…”nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori” attraverso il dato della presenza di tre diverse aree giochi, all’interno di un parco pubblico…come tali da definirsi aree deputate al divertimento anche di soggetti minori, collocate in stretta adiacenza “agli unici bagni pubblici in cui si verificarono i fatti”, siccome separate “da poche decine di metri”. Con l’ulteriore conseguenza della ricorrenza di una significativa probabilità della presenza di minori in quei luoghi, vieppiù d’estate, epoca dei fatti, svoltisi in orari mattutini…”

La motivazione della sentenza appellata “…valorizza la destinazione di uso di aree gioco, certamente a forte connotazione di minori siccome funzionali allo svago, la immediata vicinanza delle stesse ai luoghi delle condotte, tale essendo la distanza di poche decine di metri, con ulteriori, significative notazioni, quali lo svolgimento dalla vicenda nella stagione estiva e di mattina, quali dati rafforzanti il requisito della immediata vicinanza dei predetti bagni a luoghi abitualmente frequentati da minori. …”.

Si rileva che “...la norma incriminatrice solo richiede che, in concreto, l’atto osceno si svolga “all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori”, cosicchè è ben possibile che la zona interessata dalla disposizione possa essere frequentata da minori solo in alcuni periodi dell’anno, purchè secondo una consolidata stabilità temporale, imposta dal riferimento alla presenza, “abituale”, dei minori medesimi. Termine, quest’ultimo, che impone come tale, tanto riguardo a quei luoghi destinati ai minori strutturalmente (es. scuole) quanto riguardo a quelli a ciò destinati in via di elezione (come può essere il caso di specie), la sussistenza di un punto di incontro nel quale i minori assiduamente si recano, ivi trattenendosi reiteratamente per un lasso di tempo non breve. In altri termini, è la frequentazione abituale che rende un determinato luogo sensibile al raggio della fattispecie incriminatrice (che non costituisce più come in passato una circostanza aggravante), con la quale il legislatore ha tipizzato…un evento di pericolo che deve conseguire alla consumazione della condotta tipica negli ambienti specificamente descritti dall’art. 527 c.p. …”.

In precedenti arresti giurisprudenziali “…si è precisato che i luoghi di cui all’art. 527 c.p., comma 2, sono prima di tutto quelli specificamente destinati alla frequentazione dei minori, cioè i luoghi immediatamente riconoscibili come tali e dove i minori assiduamente si recano, tra cui rientrano non solo, a titolo esemplificativo, gli asili, le scuole, i luoghi di formazione fisica e culturale, ma anche i luoghi prossimi agli edifici scolastici, gli impianti sportivi, gli oratori, le ludoteche e simili, nonchè, per quanto qui di immediato interesse, “i recinti ricreativi all’interno dei parchi”, quali quelli qui direttamente in esame. E inoltre…proprio l’uso differenziato degli avverbi “abitualmente” e “prevalentemente”, riscontrabili in diverse disposizioni penali concernenti la tutela dei minori, rende chiaro come non occorra che il luogo sia in massima parte frequentato da minori, quanto che un determinato luogo sia da questi ultimi abitualmente frequentato…”.

In merito alla sussistenza del pericolo richiesto dalla norma incriminatrice che agli atti osceni assistano minori, esso è stato evidenziato “…oltre che attraverso la ricostruzione del contesto logistico e di frequentazione sopra sintetizzato, anche attraverso il dato, aggiuntivo rispetto a quello, già di per sè rilevante, della immediata vicinanza delle aree gioco abitualmente frequentate da minori, della unicità dei bagni ove si svolsero i fatti, cosicchè la loro esclusiva funzionalità, in quel contesto logistico, ad esigenze vitali essenziali non può che consolidare ulteriormente il pericolo in esame. …”.

Concludendo:

“…per integrare il reato di atti osceni all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori, ai sensi dell’art. 527 c.p., comma 2, non si richiede l’effettiva presenza di due o più minori, ma è sufficiente che il fatto sia commesso in luoghi in cui vi sia la significativa probabilità della presenza di minori…”,

“…ciò che rileva, ai fini in questione, non è mai di per sè il dato formale di destinazione della area esaminata, quanto il suo concreto utilizzo, specificato e valorizzato in termini di abituale presenza dei minori. Ciò in quanto, nel quadro di un ragionamento formulabile anche a-contrario, pure un’area o struttura astrattamente finalizzata all’uso stabile da parte di minori (es. un edificio destinato urbanisticamente e amministrativamente a scuola), potrebbe non risultare più utilizzata in concreto in tal senso (es. perchè definitivamente chiuso e abbandonato), così che lo svolgimento, ivi, di atti osceni, non sarebbe riconducibile alla fattispecie in esame…”.

Giovanni Paris

DIRIGENTE UFFICIO TECNICO E TECNICI COMUNALI ADDETTI ALLA VIGILANZA EDILIZIA COMUNALE: UFFICIALE E AGENTI DI POLIZIA GIUDIZIARIA?

Ufficio Tecnico - Comune di Monticello Brianza

IL DIRIGENTE DELL’UFFICIO TECNICO E I TECNICI COMUNALI CHE SONO ADDETTI ALLA VIGILANZA SULL’ATTIVITA’ URBANISTICO-EDILIZIA RIVESTONO LA QUALIFICA DI PUBBLICO UFFICIALE E LA QUALIFICA DI POLIZIA GIUDIZIARIA?

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LA NORMATIVA

Art. 357 c.p. “Nozione del pubblico ufficiale”

“Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi“.

Art. 57 c.p.p. “Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria”

1. Salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di polizia giudiziaria:

a) i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla polizia di Stato ai quali l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;

b) gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, degli agenti di custodia e del corpo forestale dello Stato nonché gli altri appartenenti alle predette forze di polizia ai quali l’ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità;

c) il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovvero un comando dell’arma dei carabinieri o della guardia di finanza.

2. Sono agenti di polizia giudiziaria:

a) il personale della polizia di Stato al quale l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;

b) i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia, le guardie forestali e, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, le guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio.

3. Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’articolo 55″.

Art. 27 T.U. EDILIZIA  “Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia”

“1.  Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente, la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi.

OMISSIS”

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LA RISPOSTA

Il dirigente dell’ufficio tecnico e i tecnici comunali addetti alla vigilanza dell’attività urbanistico-edilizia, nei limiti in cui esercitano poteri autoritativi e/o certificativi, rivestono sicuramente la qualifica di pubblico ufficiale ex art. 357 del c.p., ma non possiedono la qualifica di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria ex art. 57 c.p.p. solo perché addetti alla suddetta attività di vigilanza, in quanto non si rinviene alcuna disposizione normativa che ai sensi dell’art. 57/3 del c.p.p. attribuisca agli stessi la qualifica o le funzioni di cui all’art. 55 del c.p.p., pertanto essi non possono svolgere alcuna attività riservata alla polizia giudiziaria. Il suddetto personale potrà invece rivestire la qualità di “ausiliario di polizia giudiziaria” ai sensi dell’art. 348/4 del c.p.p. .

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LA CIRCOLARE DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI LECCE

Tale situazione è chiaramente e bene illustrata dalla CIRCOLARE DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI LECCE DEL 05-05-15 N° 3287 laddove, dopo una puntale ricostruzione normativa, si afferma che i dirigenti e i responsabili degli uffici tecnici comunali, comunque denominati, ed il personale tecnico che vi presta servizio, anche se addetti alla vigilanza urbanistico-edilizia, devono astenersi dal compimento di qualsiasi attività di polizia giudiziaria, aggiungendo, cosa non meno importante, che l’attività della Polizia Municipale non può essere intralciata con l’adozione di provvedimenti organizzativi interni che impediscano, limitino o ostacolino lo svolgimento delle funzioni di polizia giudiziaria.

Giovanni Paris

 

MANCATA TENUTA IN SEDE DEL REGISTRO DI CARICO E SCARICO DI RIFIUTI: CASS. CIV., II, 05/12/23 N° 33993

REGISTRO DI CARICO E SCARICO RIFIUTI È il documento ambientale sul quale  devono essere registrati tutti i carichi e gli scarich

COMMETTE VIOLAZIONE DELL’ART. 190/1 DEL T.U. DELL’AMBIENTE COLUI CHE NON CONSERVA PRESSO LA PROPRIA SEDE IL REGISTRO DI CARICO E SCARICO DEI RIFIUTI O LA VIOLAZIONE VIENE COMMESSA SOLO IN CASO DI MANCANZA ASSSOLUTA DI TALE REGISTRO O DI SUA TENUTA INCOMPLETA?

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LA NORMATIVA

ART. 190  T.U. Ambiente “Registro cronologico di carico e scarico”

“1.  Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti, nonché le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), ha l’obbligo di tenere un registro cronologico di carico e scarico, in cui sono indicati per ogni tipologia di rifiuto la quantità prodotta o trattata, la natura e l’origine di tali rifiuti e la quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e altre operazioni di recupero nonché, laddove previsto, gli estremi del formulario di identificazione di cui all’articolo 193.

OMISSIS”

ART. 258 T.U. Ambiente “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari”

“OMISSIS

2.  Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila a diecimila euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila euro a trentamila euro, nonché nei casi più gravi, la sanzione amministrativa accessoria facoltativa della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore.

OMISSIS”

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IL CASO

Viene contestata la violazione dell’art. 190/1 del D.Lgs. 152/06, (t.u. ambiente), sanzionato dall’art. 258/2 del medesimo testo unico, per la mancata tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti presso la sede di produzione dei rifiuti, in secondo grado di giudizio è stato affermato che è sanzionata anche l’omessa custodia del registro nel luogo in cui avviene la produzione dei rifiuti, ai fini della pronta esibizione del registro medesimo all’organo di controllo.

La parte sanzionata censura la sentenza impugnata che, aderendo ad una lettura esclusivamente formalistica delle norme, ha ritenuto che il mancato rinvenimento del registro di carico e scarico sul luogo di produzione dei rifiuti, al momento dell’accesso ispettivo, potesse considerarsi corrispondente alla sua mancata tenuta e che perciò determinasse la violazione dell’art. 190, con affermazione della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della L. 689/81 secondo cui le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati, difatti la sentenza impugnata non ha rilevato che l’art. 258, secondo comma, d.lgs. n. 152 del 2006, sanziona due condotte tipiche dei soggetti produttori di rifiuti: da un lato, l’omessa tenuta del registro di carico e scarico e dall’altro, la sua tenuta in modo incompleto, mentre non è prevista alcuna sanzione per la (corretta) tenuta del registro carico e scarico in luogo diverso dal sito di produzione dei rifiuti.

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LA CORTE DI CASSAZIONE

La CASS. CIV., II, 05/12/23 N° 33993 premette sul piano normativo che “…per il combinato disposto dei commi 1, 10, dell’art. 190 (“Registro cronologico di carico e scarico”), del secondo comma, dell’art. 258 (“Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari”), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (t.u. ambiente), determinati soggetti, tra i quali le imprese e gli enti che producono rifiuti, hanno l’obbligo di tenere un registro cronologico di carico e scarico, in cui sono annotati, per ogni tipologia di rifiuto, la quantità prodotta, la natura e l’origine dei rifiuti, etc. (comma 1 dell’art. 190). I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione (di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti) (comma 10 dell’art. 190). Inoltre, a norma dell’art. 258, comma 2, «Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila a diecimila euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila euro a trentamila euro, nonché nei casi più gravi, la sanzione amministrativa accessoria facoltativa della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore…”

La Corte prosegue che “…per giurisprudenza consolidata…in tema di sanzioni amministrative relative alla disciplina dei rifiuti, l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico dei medesimi, dettato dall’art. 12 del d.lgs. n. 22 del 1997, (c.d. decreto Ronchi) (disposizione, per quanto qui rileva, sovrapponibile all’art. 190, t.u. ambiente) non si esaurisce nella istituzione degli stessi registri, ma comprende – come modalità integrativa del precetto di cui all’art. 12, la cui omissione si risolve in una violazione dell’obbligo di regolare “tenuta” – anche quello della custodia di essi presso l’impresa ove avviene la produzione o la raccolta o la successiva movimentazione dei rifiuti, ai fini della pronta esibizione dei registri agli organi preposti ai controlli. E questo perché la ratio di tali precetti risiede nell’esigenza di consentire un pronto ed efficace controllo, altrimenti agevolmente eludibile, della fedeltà e tempestività delle annotazioni riportate sul registro. È stato anche chiarito…che solo la presenza del registro di carico e scarico presso lo stabilimento può consentire all’amministrazione di procedere alla verifica del ciclo produttivo e all’accertamento dell’esattezza delle registrazioni…”.

Pertanto vi è uniformità alla giurisprudenza di legittimità con la decisione appellata che “…ha correttamente interpretato la normativa di riferimento e, senza ledere il principio di legalità dell’illecito amministrativo (art. 1, legge 24 novembre 1981, n. 689), ha affermato, in maniera ineccepibile, che costituisce violazione del precetto di cui all’art. 190, commi 1 e 10, sanzionato dall’art. 258, comma 2, t.u. ambiente, l’omessa tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti presso il luogo di produzione. In dettaglio…l’obbligo di custodire il registro dei rifiuti presso l’impianto di produzione dei rifiuti stessi è un vero e proprio “obbligo di custodia in via stabile” che non può ritenersi adempiuto qualora il registro esista ma si trovi altrove. È evidente…che l’obbligo di mostrare il registro di carico e scarico agli organi accertatori che ne facciano richiesta implica a monte anche l’obbligo di conservazione di esso nel luogo in cui si trovano i rifiuti, giacché ammettendo che il gestore del rifiuto possa custodire altrove il registro, omettendo quindi di esibirlo al momento della richiesta, si precluderebbe alla P.A. di svolgere il doveroso controllo di sua competenza…”.

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CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche

Scheda del CNR sul REGISTRO DI CARICO E SCARICO RIFIUTI

Giovanni Paris

REDAZIONE VERBALE SUCCESSIVA AD AVVISO DI ASSISTENZA DI DIFENSORE PER ACCERTAMENTO TASSO ALCOLEMICO: CASS. PEN., IV, 06/12/23 N° 48534

Guida in stato di ebbrezza

E’ VALIDO IL VERBALE DI ACCERTAMENTO DEL TASSO ALCOLEMICO REDATTO IN UN MOMENTO SUCCESSIVO ALL’AVVISO FORNITO ALLA PERSONA SOTTOPOSTA AD INDAGINI DEL DIRITTO ALL’ASSISTENZA DI DIFENSORE AI SENSI DELL’ART. 114 DISP. ATT. C.P.P.?

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LA NORMATIVA

Art. 356 c.p.p. “Assistenza del difensore” 

Il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 oltre che all’immediata apertura del plico autorizzata dal pubblico ministero a norma dell’articolo 353 comma 2″.

Art. 114 disp. att. c.p.p. “Avvertimento del diritto all’assistenza del difensore” 

“Nel procedere al compimento degli atti indicati nell’articolo 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”.

Art. 357 c.p.p. “Documentazione dell’attività di polizia giudiziaria”

“1. La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova.

2. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale dei seguenti atti:

OMISSIS

e) operazioni e accertamenti previsti dagli articoli 349, 353 e 354;

OMISSIS

3. Il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall’articolo 373.

OMISSIS”

Art. 373 c.p.p. “Documentazione degli atti”

“OMISSIS

2. Il verbale è redatto secondo le modalità previste nel titolo III del libro II.

OMISSIS

4. Gli atti sono documentati nel corso del loro compimento ovvero immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze, da indicarsi specificamente, che impediscono la documentazione contestuale.

OMISSIS”

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IL CASO

Un soggetto viene dichiarato responsabile per la violazione all’art. 186/2 lett.c) e 2-sexies del c.d.s. per avere guidato in stato di ebbrezza alcolica con l’aggravante di aver commesso il fatto in ora notturna. Viene proposto ricorso per Cassazione censurando la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione agli artt. 186 c.d.s., 356 c.p.p. e 114 disp. att. c.p.p. . Per la parte unica garanzia per tutelare il diritto di difesa effettiva del conducente sarebbe l’inserimento contestuale dell’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore nel momento della redazione del verbale di accertamento etilometrico. Il verbale redatto successivamente, si assume, non costituisce prova certa del corretto e completo compimento dell’atto, derivandone una nullità non superabile con la deposizione testimoniale dell’operatore di polizia.

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LA CORTE DI CASSAZIONE

La risposta al caso viene fornita da CASS. PEN., IV, 06/12/23 N° 48534 la quale si rifà “…al principio più volte enunciato dalla Corte di legittimità, a mente del quale, con riguardo alla prova della tempestività dell’avviso di cui all’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., la data di redazione del verbale delle operazioni svolte dagli agenti di polizia giudiziaria non è idonea a pregiudicare la validità delle operazioni svolte, essendo invece necessario che i verbalizzanti si siano attenuti alle prescrizioni di legge. Nella sentenza impugnata si è…correttamente affermato che l’orario di redazione del verbale successivo al prelievo fosse inidoneo a porre in discussione l’attestazione, contenuta in atto fidefaciente, dell’avvenuta formulazione dell’avviso prima dell’accertamento del tasso alcolemico. Va, in particolare, confermata la natura fidefaciente dei verbali redatti dalla polizia giudiziaria, nella parte in cui i pubblici ufficiali attestano quanto da loro fatto, rilevato o avvenuto in loro presenza, per cui il Collegio ritiene corretto che, ai fini della dimostrazione dell’avvenuto adempimento, il giudice di merito si riferisca all’annotazione di tale circostanza contenuta in detti verbali. …”.

Giovanni Paris

ART. 255/1 D.LGS. 152/06 ABBANDONO E DEPOSITO INCONTROLLATI DI RIFIUTI MODIFICATO DA ART. 6-TER D.L. 105/23: CIRCOLARE PROCURA REPUBBLICA BRINDISI DEL 11/11/23

Home - Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi

Si ringrazia il Comando della Polizia Locale di Brindisi per la condivisione della CIRCOLARE DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI BRINDISI DEL 11-11-23  recante chiarimenti normativi relativamente alle modifiche al D.Lgs. 152/06 in materia di abbandono e deposito incontrollati di rifiuti.

L’art. 6-ter del D.L. 105/23 “Disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione” ha modificato l’art. 255/1 del D.Lgs. 152/06 prevedendo che:

Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni degli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con l’ammenda da mille euro a diecimila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la pena è aumentata fino al doppio.”

trasformando in tal modo la violazione da illecito amministrativo a illecito penale.

La precedente versione dell’art. 255/1 del D.Lgs. 152/06 recitava:

“Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio”.

Pertanto ora l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo realizzato da un semplice cittadino costituisce reato, come quello effettuato da un titolare d’impresa o responsabile di ente, come previsto dall’art. 256/2 D.Lgs. 152/06, il quale prevede che:

“1.  Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208209210211212214215 e 216 è punito:

a)  con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b)  con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

2.  Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2.”

Giovanni Paris

COMPETENZA ALLA EMISSIONE DI ORDINANZA DI RIMOZIONE RIFIUTI EX ART. 192/2 D.LGS. 152/06: CONSIGLIO DI STATO, VII, 13/11/23 N° 9722

Sindaco | Comune di Cuglieri

CHI E’ IL SOGGETTO COMPETENTE AD EMETTERE L’ORDINANZA DI RIMOZIONE DEI RIFIUTI PREVISTA DALL’ART. 192/2 DEL D.LGS. 152/06, IL SINDACO O IL DIRIGENTE COMUNALE?

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LA NORMATIVA

ART. 192  “Divieto di abbandono” D.Lgs. 152/06

1.  L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2.  È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3.  Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4.  Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.”.

Articolo 107  “Funzioni e responsabilità della dirigenza” T.U.E.L.

“OMISSIS

2.  Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.

OMISSIS”

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IL CASO

E’ stata impugnata di fronte al T.A.R. ordinanza del dirigente comunale recante l’ordine di procedere alla bonifica e alla riqualificazione ambientale di un’area adibita a discarica non autorizzata, denunciando la incompetenza dello stesso alla adozione di siffatto atto.

Il T.A.R. ha ritenuto insussistente il vizio di incompetenza sull’assunto che l’ordinanza impugnata non fosse un provvedimento extra ordinem ai sensi dell’articolo 54 del D.lgs. n. 267 del 2000, quanto piuttosto atto espressione di un potere di ordinaria amministrazione di cui all’articolo 192, D.lgs. n. 152 del 2006.

La sentenza del T.A.R. viene appellata dinanzi al Consiglio di Stato censurando l’erroneità della stessa nella parte in cui ha respinto la doglianza inerente il vizio di incompetenza dell’autorità emanante, sull’assunto che il provvedimento impugnato fosse riconducibile alle ordinanze di cui all’articolo 192, comma 3, D.Lgs. n. 152 del 2006 e attribuendone, tuttavia, erroneamente la competenza al dirigente comunale anziché al Sindaco.

Si afferma che le argomentazioni del T.A.R. sarebbero errate e superate dalla giurisprudenza amministrativa, in quanto, sebbene l’articolo 107 del D.Lgs. 267 del 2000 attribuisca ai dirigenti l’attività di gestione, il citato articolo 192, nella parte in cui prevede la competenza del Sindaco in relazione all’ordinanza di rimozione, recupero e smaltimento di rifiuti e ripristino dello stato dei luoghi, è da ritenersi norma speciale.

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LA SENTENZA

La sentenza del CONSIGLIO DI STATO, VII, 13/11/23 N° 9722 si pone di “…stabilire…in primo luogo, se l’impugnata ordinanza…sia qualificabile come ordinanza adottata ai sensi dell’articolo 192 del T.U. ambientale n, 152 del 2006;…in secondo luogo – e in caso di risposta affermativa al primo quesito – se possa ritenersi che il dirigente comunale fosse competente alla sua adozione. …”.

La risposta che viene data è che “…La prima delle questioni dinanzi esposte deve essere risolta nel senso che, effettivamente, l’impugnato provvedimento comunale…fosse qualificabile come ordinanza adottata ai sensi dell’articolo 192 del T.U. ambientale (in materia di ‘divieto di abbandono di rifiuti). …”,

mentre per il secondo quesito viene fornita risposta negativa, il dirigente comunale non può considerarsi competente all’adozione di un’ordinanza adottata ai sensi dell’art. 192 e ciò in base al consolidato orientamento dal quale non si rinvengono ragioni per discostarsene, ribadendo che “…l’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati può essere adottata esclusivamente dal Sindaco e non dal dirigente, poiché l’articolo 192 del decreto legislativo n. 152 del 2006 è una disposizione sopravvenuta, speciale e derogatoria rispetto all’articolo 107, comma 2 del decreto legislativo n. 267 del 2000 – il quale attribuisce in via generale ai dirigenti l’adozione di atti di natura gestionale e a rilevanza esterna…Non può pertanto essere condivisa la tesi…secondo cui il mancato, espresso richiamo – nell’ambito dell’ordinanza impugnata in primo grado – alla previsione di cui all’articolo 192 impedirebbe di fare applicazione del riparto di competenze ivi disciplinato. …Non può, poi essere condivisa la tesi del Comune secondo il quale, nel caso in esame, la competenza dirigenziale all’adozione del provvedimento impugnato in primo grado deriverebbe dal generale principio della distinzione fra l’ambito dell’indirizzo politico e quello gestionale. Al riguardo è sufficiente fare rinvio ai presupposti dell’orientamento giurisprudenziale dinanzi richiamato, il quale – come detto – si fonda sul carattere espresso, speciale e derogatorio della competenza sindacale di cui al più volte richiamato articolo 192. …”

Giovanni Paris

AUTOVELOX E PRESEGNALAMENTO – ONERE DELLA PROVA DEL RISPETTO DELLE PRESCRIZIONI DI LEGGE: CASS. CIV, II, 04/12/23 N° 33773

Comune di Sestu » Calendario postazioni di controllo della velocità mese di  Giugno 2022

SU CHI INCOMBE, IN CASO DI CONTESTAZIONE, L’ONERE DELLA PROVA CHE DIMOSTRI CHE LA SEGNALETICA DI PREAVVISO DELLA PRESENZA DI RILEVAMENTO ELETTRONICO DELLA VELOCITA’ NON RISPETTI/RISPETTI LE PRESCRIZIONI DI LEGGE, SUL TRASGRESSORE O SULL’ENTE ACCERTATORE?

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LA NORMATIVA

L’art. 142 comma 6-bis C.d.s. recita: “Le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione del presente codice. Le modalità di impiego sono stabilite con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’interno.”

In attuazione delle disposizioni suddette è stato emanato il DECRETO MINISTERIALE 15-08-07 con il quale sono previste le tipologie e le caratteristiche delle obbligatorie segnalazioni e nell’art. 2 si prescrive che 1. I segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. La distanza tra i segnali o i dispositivi e la postazione di rilevamento della velocità deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi;…”.

La disposizione non fa riferimento a distanze minime postazione controllo/segnaletica di preavviso, ma semplicemente richiede che i segnali siano posti “con adeguato anticipo“.

Sempre in materia di controllo elettronico della velocità sono stati emessi i seguenti provvedimenti:

DECRETO MINISTRO INFRASTRUTTURE DEL 13-06-17

DIRETTIVA MINISTRO INTERNO 21-07-17

Andando a leggere i suddetti nella parte relativa all’obbligo di segnalazione si prevede:

nel primo, Allegato –  Capo 7 – punto 7.1

” I segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi ivi previsti devono essere installati con adeguato anticipo rispetto alla postazione di rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. A tal fine si ritiene adeguata una distanza minima, secondo il tipo di strada, pari a quella indicata dall’art. 79, comma 3, del regolamento, per la collocazione dei segnali di prescrizione. …”,

nel secondo, Parte prima –  punto 7.1 – lett. a)

“a) il decreto (quello del 15/08/07) non fissa una distanza minima tra il segnale stradale o il dispositivo luminoso di preavviso e la postazione di controllo a cui si riferisce ma, più genericamente, stabilisce che tale distanza deve essere “adeguata”, in relazione alla velocità locale predominante. Salvo casi particolari, in cui l’andamento plano-altimetrico della strada o altre circostanze contingenti rendono consigliabile collocarlo ad una distanza diversa, si può ritenere che tra il segnale o il dispositivo luminoso e la postazione di controllo possa essere “adeguata” la distanza minima indicata, per ciascun tipo di strada, dall’art. 79, comma 3, Reg. per la collocazione dei segnali di prescrizione.”.

Sulla base della norma regolamentare e salvi i casi in cui l’andamento della strada o altre circostanze rendono consigliabile collocare il segnale a una distanza diversa, si ritiene quindi che tra quello e la postazione possa essere “adeguata”  la seguente distanza:

  • 250 metri per le autostrade e le strade extraurbane principali,
  • 150 metri per le strade extraurbane secondarie e urbane di scorrimento,
  • 80 metri sulle altre strade.

Ricapitolando, quindi, non viene fissata una distanza minima postazione controllo/segnaletica di preavviso, ma ambedue i provvedimenti indicano come adeguata distanza minima quella dell’art. 79/3 del Reg. Esec. C.d.S. .

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LA CORTE DI CASSAZIONE

La questione posta con la domanda sopra formulata, è stata nuovamente affrontata da CASS. CIV, II, 04/12/23 N° 33773 la quale, richiamando la normativa in materia, “…premette che, ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 142, comma 6-bis (C.d.S.), le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione e attuazione del C.d.S. La L. n. 168 del 2002, art. 4 (di conversione del D.L. n. 121 del 2002) impone, poi, all’ente proprietario della strada di dare idonea informazione dell’installazione e della conseguente utilizzazione dei dispositivi di rilevamento elettronico della velocità. Dal citato plesso normativo emerge, dunque, la sussistenza di obblighi inderogabili a garanzia dell’utenza stradale, onde orientarne la condotta di guida e preavvertirla del possibile accertamento di infrazioni, non avendo la pubblica amministrazione alcun margine di discrezionalità circa l’osservanza dei doveri di segnalazione o circa l’eventuale adozione di sistemi informativi alternativi, che ne assicurino la medesima trasparenza nell’attività di segnalazione…”.

Viene ribadito che “…tanto per le postazioni fisse quanto per quelle mobili, il requisito della preventiva segnalazione della postazione ed il requisito della visibilità della stessa sono distinti ed autonomi e devono essere entrambi soddisfatti ai fini della legittimità della rilevazione della velocità effettuata tramite la postazione…”,

affermando, tra l’altro, che “…la circostanza che nel verbale di contestazione di una violazione dei limiti di velocità accertata mediante “autovelox” non sia indicato se la presenza dell’apparecchio sia stata preventivamente segnalata mediante apposito cartello non rende nullo il verbale stesso, sempre che di detta segnaletica venga comunque accertata l’esistenza…”

e altresì “…conformemente alla giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità – che, a fronte della mera contestazione del quomodo e non dell’an dell’obbligo di segnalazione, l’onere di fornire la dimostrazione dell’inadeguatezza del dovere informativo, quale fatto paralizzante o impeditivo della pretesa sanzionatoria, è a carico dell’opponente, con l’effetto che – allorchè questi non provi tale asserita inadeguatezza – il verbale di accertamento deve reputarsi valido. …”.

La Suprema Corte conclude “…che, in tema di opposizione a verbale di contravvenzione per superamento del limite di velocità, grava sull’opponente, e non sulla P.A., l’onere di provare l’inidoneità in concreto, sul piano della percepibilità e della leggibilità, della segnaletica di cui al D.M. 15 agosto 2007, ad assolvere la funzione di avviso della presenza di postazioni di controllo della velocità, non assumendo, di per sè, alcuna rilevanza il dato della velocità predominante sul tratto di strada interessato dalla presenza della segnaletic…”, con richiamo di numerosi pronunciamenti in tal senso.

Giovanni Paris

GUIDA DI MONOPATTINO E STATO DI EBBREZZA: CASS. PEN, IV, 04/12/23 N° 48083

L’ART. 186 C.D.S. “GUIDA SOTTO L’INFLUENZA DELL’ALCOOL” SI APPLICA ANCHE AL CONDUCENTE DI UN MONOPATTINO? E SE SI’, SI APPLICA ANCHE LA SANZIONE ACCESSORIA DELLA SOSPENSIONE O DELLA REVOCA DELLA PATENTE DI GUIDA?

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LA NORMATIVA

Art. 186  Codice della Strada “Guida sotto l’influenza dell’alcool”

“1.  E’ vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche.

2.  Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato:

a)  con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 543 ad euro 2.170, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/l). All’accertamento della violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi;
b)  con l’ammenda da euro 800 ad euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno;
c)  con l’ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000, l’arresto da sei mesi ad un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata. La patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, in caso di recidiva nel biennio. Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all’articolo 224-ter.
2-bis.  Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le sanzioni di cui al comma 2 del presente articolo e al comma 3 dell’articolo 186-bis sono raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per centottanta giorni, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea all’illecito. Qualora per il conducente che provochi un incidente stradale sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l), fatto salvo quanto previsto dal quinto e sesto periodo della lettera c) del comma 2 del presente articolo, la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. È fatta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 222.
OMISSIS”
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IL CASO

Un soggetto è stato condannato per violazione dell’art. 186/1, 2 lett. c) e 2-bis c.d.s. per avere circolato sulla pubblica via alla guida di un monopattino, benchè fosse in stato di ebbrezza a seguito dell’assunzione di bevande alcoliche, perdendo il controllo del proprio veicolo e causando un sinistro stradale, la condanna ha previsto anche la applIcazione della revoca della patente di guida.

Avverso la sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione limitatamente alla disposta applicazione della revoca della patente di guida, deducendo la violazione dell’interpretazione resa dalla giurisprudenza di legittimità per cui la suddetta sanzione amministrativa accessoria non è applicabile a chi si sia posto in stato di ebbrezza alla guida di un veicolo per la cui circolazione non è richiesta alcuna abilitazione, come, per l’appunto, è il monopattino, equiparato al velocipede dall’art. 1/75 L. 160/19.

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LA SENTENZA

La CASS. PEN. 48083-23 GUIDA EBREZZA MONOPATTINO ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.

La Corte infatti conferma che “…Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte quello per cui la sanzione amministrativa accessoria della sospensione (o della revoca) della patente di guida, conseguente per legge a illeciti posti in essere con violazione delle norme sulla circolazione stradale, non può essere applicata a colui il quale si sia posto alla guida di veicolo per la cui circolazione non è richiesta alcuna abilitazione…”.

Sottolinea che “…Tale principio, per lo più espresso con riferimento alla guida di un velocipede, può, all’evidenza, essere esteso anche alla conduzione di un monopattino, avendo l’art. 1, comma 75-quinquies,L. 27 dicembre 2019, n. 160, espressamente equiparato i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica ai velocipedi...”

e che “…pertanto, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida è stata erroneamente applicata con riferimento ad un’ipotesi di guida in stato di ebbrezza concernente la conduzione di un mezzo (monopattino) per la cui guida non è richiesto alcun titolo abilitativo. …”.

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Si leggano anche gli articoli:

GUIDA DI VELOCIPEDE E STATO DI EBBREZZA: CASS. PEN., IV, 04/08/23 N° 34352

AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ART. 186 C.D.S. “GUIDA SOTTO L’INFLUENZA DELL’ALCOOL” nei confronti del pedone, del conducente di un velocipede, di chi conduce un animale, del conducente di un veicolo a trazione animale.

Giovanni Paris

LA MAGGIORAZIONE EX ART. 27 L. 689/81 E’ SANZIONE AGGIUNTIVA: CASS. CIV., II, 21/11/23 N° 32302

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LA MAGGIORAZIONE EX ART. 27 L. 689/81 HA NATURA SANZIONATORIA O RISARCITORIA?

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LA NORMATIVA

Art. 27  L. 689/81 “Esecuzione forzata”

“OMISSIS

Salvo quanto previsto nell’art. 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

OMISSIS”

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LA CORTE DI CASSAZIONE

CASS. CIV., II, 21/11/23 N° 32302 si è pronunciata sulla legittimità dell’applicazione della maggiorazione semestrale applicata in caso di riscossione coattiva delle sanzioni per violazioni al codice della strada, ribadendo che costituisce una sanzione aggiuntiva per ritardato pagamento, ricordando che la Suprema Corte  “…con giurisprudenza ormai consolidata, ha affermato che in materia di sanzioni amministrative (nella specie per violazioni stradali), la maggiorazione del dieci per cento semestrale, come prevista dall’art. 27 della L. n. 689 del 1981 per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, ha natura di sanzione aggiuntiva, che sorge dal momento in cui diviene esigibile la sanzione principale, sicché sono legittime l’iscrizione a ruolo e l’emissione della relativa cartella esattoriale per un importo che includa, oltre a quanto dovuto per la sanzione principale, anche l’aumento derivante dalla sanzione aggiuntiva…”.

Nel medesimo senso si era espressa CASS. CIV, SEZ. LAVORO, 21/03/23 N° 8109 citando precedente “…ove è affermato che…In materia di sanzioni amministrative – nella specie, per violazioni stradali -, la maggiorazione del dieci per cento semestrale, ex art. 27 della l. n. 689 del 1981, per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, ha natura di sanzione aggiuntiva…”.

 

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LA CIRCOLARE DEL MINISTERO

Si legga anche il punto 2 della CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO N° 676-2014 DEL 23/09/16 sulla natura sanzionatoria DELLA maggiorazione ex art. 27 L. 689/81. 

Giovanni Paris

 

 

ART. 255/1 D.LGS. 152/06 ABBANDONO E DEPOSITO INCONTROLLATI DI RIFIUTI MODIFICATO DA ART. 6-TER D.L. 105/23: CIRCOLARE PROCURA REPUBBLICA VERONA DEL 24/11/23 N° 4105

Si segnala la CIRCOLARE DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI VERONA DEL 24-11-23 N° 4105 recante chiarimenti normativi relativamente alle modifiche al D.Lgs. 152/06 in materia di abbandono e deposito incontrollati di rifiuti.

L’art. 6-ter del D.L. 105/23 “Disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione” ha modificato l’art. 255/1 del D.Lgs. 152/06 prevedendo che:

Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni degli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con l’ammenda da mille euro a diecimila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la pena è aumentata fino al doppio.”

trasformando in tal modo la violazione da illecito amministrativo a illecito penale.

La precedente versione dell’art. 255/1 del D.Lgs. 152/06 recitava:

“Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio”.

Pertanto ora l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo realizzato da un semplice cittadino costituisce reato, come quello effettuato da un titolare d’impresa o responsabile di ente, come previsto dall’art. 256/2 D.Lgs. 152/06, il quale prevede che:

“1.  Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208209210211212214215 e 216 è punito:

a)  con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b)  con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

2.  Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2.”

Giovanni Paris