COSA SI INTENDE PER “PRIVATA DIMORA” E “PERTINENZA” AL FINE DELLA CONFIGURAZIONE DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 624-BIS/1 C.P. (FURTO IN ABITAZIONE)?
LA NORMATIVA
Art. 624-bis c.p. “Furto in abitazione e furto con strappo”
(Articolo aggiunto dall’art. 2 della L. 128/01)
“Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500
OMISSIS
La pena è della reclusione da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell’articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all’articolo 61.
OMISSIS”
Art. 625 c.p. Circostanze aggravanti
“La pena per il fatto previsto dall’articolo 624 è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 927 a euro 1.500:
(1. se il colpevole, per commettere il fatto, si introduce o si trattiene in un edificio o in un altro luogo destinato ad abitazione) soppresso dall’art. 2, L. 128/01.
2. se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento;
OMISSIS”
IL CASO
Un soggetto viene condannato per il reato di cui all’ art. 624-bis c.p. con l’aggravante prevista dall’art. 625 c.p., n. 2, per essersi impossessato di alcuni beni riposti all’interno della cantina di pertinenza di un appartamento, dopo aver danneggiato la serratura della porta della cantina con oggetti atti allo scasso, poi rinvenuti in suo possesso. Fatto aggravato dall’essere stato con commesso con violenza sulle cose.
Viene proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza deducendo la violazione degli artt. 624 e 624-bis c.p. in quanto la cantina nella quale si era consumato il furto non poteva considerarsi pertinenza dell’abitazione in ragione della assenza del requisito della contiguità rispetto all’abitazione. La Corte di Appello aveva ritenuto che il soggetto per sottrarre i beni si era introdotto in un locale che, benché disabitato, era pertinenza di una privata dimora in quanto adibito a deposito di effetti personali e quindi allo svolgimento di un atto della vita privata, non aperto al pubblico e non accessibile a terzi senza il consenso del titolare.
Osservando altresì che il concetto di pertinenza deve essere relazionato con la ratio ispiratrice dell’art. 624-bis c.p., con il quale si è voluto sanzionare in modo rafforzato il comportamento di chi può arrecare pericolo all’incolumità della persona offesa poiché si introduce in un luogo da questa abitualmente frequentato.
LA SENTENZA
Si segnala la sentenza della CASS. PEN, IV, 29/12/23 N° 51596 che si occupa di qualificare i concetti di “privata dimora” e di “pertinenza” richiamati dall’art. 624-bis c.p. e che si qualifica per il preciso intervento interpretativo e per la dovizia di richiami giurisprudenziali e la elencazione di luoghi che hanno avuto il riconoscimento del carattere di “privata dimora”.
“…La L. 26 marzo 2001, n. 128, art. 624 bis c.p., art. 2 innovando rispetto alla previsione contenuta nell’art. 625 c.p., n. 1, che indicava quale aggravante del furto la condotta realizzatasi attraverso la introduzione o l’intrattenersi in un edificio destinato ad altrui “abitazione”, prevede – configurandola quale fattispecie autonoma di reato, al fine di sottrarla al giudizio di bilanciamento, e sanzionandola con pena più severa – la condotta dell’impossessamento mediante introduzione in un luogo destinato a “privata dimora” ovvero nelle sue pertinenze. La locuzione utilizzata ha recepito in parte i risultati della precedente elaborazione giurisprudenziale sulla nozione di “abitazione”, già presente nel soppresso n. 1, dell’art. 625 c.p. e tuttora ripreso nella rubrica della nuova norma…”.
Di fatto, già prevista nella previgente disposizione, “…la nozione di abitazione, evocando quella del luogo finalizzato a soddisfare esigenze della vita domestica e familiare, aveva consentito di includervi anche locali che, pur non comunicando direttamente con l’abitazione, sono tuttavia destinati a soddisfare esigenze della vita domestica e familiare…come le autorimesse,…i cortili i quali, pur non essendo adibiti a vera e propria abitazione, costituiscono parte integrante del luogo abitato per essere destinati, con carattere di indispensabile strumentalità, all’attuazione delle esigenze della vita abitativa,…le scale,…il negozio intercomunicante con alcuni vani adibiti ad abitazione,…un’area privata di pertinenza dell’abitazione condotta in locazione dallo stesso autore del fatto,…la stanza d’ospedale destinata all’uso del personale paramedico,…uno spazio di una abitazione distinto e appartato dalla zona nella quale l’autore del furto era stato autorizzato ad accedere, essendo necessario distinguere, in funzione del consenso espresso dal soggetto passivo, tra i diversi locali che compongono l’abitazione…”.
Viene direttamente richiamata una sentenza del 2014 che “…aveva sottolineato come, a maggior ragione, la rilevanza di luoghi non strettamente riconducibili al concetto di abitazione emergesse dalla formulazione della nuova norma, essendo quella di “privata dimora” nozione più ampia e comprensiva di quella di “abitazione” (come è dimostrato anche dalla formulazione dell’art. 614 c.p., ove sono entrambi presenti), in essa rientrando tutti quei luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata ovvero attività di carattere culturale, professionale e politico. Si era, infatti, ritenuto che vi rientrassero, gli studi professionali, gli spazi di esercizi commerciali o di stabilimenti industriali nei quali la persona offesa possa svolgere, anche in modo contingente, atti di vita privata,… compreso anche un pubblico esercizio, nelle ore di chiusura, utilizzato dal proprietario per lo svolgimento di un’attività lavorativa, sia pure inerente alla gestione del locale stesso,…la portineria di un condominio,…le aree condominiali, anche quando le stesse non siano nella disponibilità esclusiva dei singoli condomini,…il cortile condominiale, che costituisca pertinenza di una privata dimora,…uno studio odontoiatrico,…l’interno di un campo da tennis inserito in un complesso alberghiero,…una baracca adibita a spogliatoio in un cantiere edile,…l’area di uno stabilimento adibita a deposito merci, considerato che lo stabilimento rappresenta uno degli snodi fondamentali in cui si svolge la vita privata dell’imprenditore, atteso che i beni prodotti devono essere necessariamente depositati al suo interno al fine di organizzare e stabilire quantità correlate all’andamento prevedibile della domanda nonché cadenze e prezzi di vendita…”.
Inoltre si evidenza che non si richiedeva che, “…per poter esser ritenuto “destinato a privata dimora”, il luogo dal quale fossero stato sottratte le cose fosse munito di particolari accorgimenti per impedire l’ingresso del pubblico, essendo sufficiente che si trattasse di area distinta e appartata e come tale facilmente riconoscibile, o per la sua effettiva utilizzazione o per le modalità della sua sistemazione (per esempio l’arredamento) da cui fosse desumibile lo scopo abitativo o comunque la destinazione a privata occupazione…”.
Si prosegue indicando che è stato “…ritenuto privata dimora, ai fini del disposto dell’art. 624 bis c.p., la sagrestia, in quanto funzionale allo svolgimento di attività complementari a quelle di culto, servente non solo l’edificio sacro, ma la stessa casa canonica; nonchè…che, parimenti,…corretta la qualificazione ex art. 624 bis c.p. del furto commesso all’interno di un palazzo di giustizia, in un locale adibito a spogliatoio degli avvocati: trattavasi, infatti, di luogo in cui gli avvocati si trattenevano, seppure soltanto temporaneamente, per compiere atti della propria vita quotidiana, e che non poteva definirsi come pubblico o aperto al pubblico per il solo fatto che fosse accessibile a più di un avvocato,…qualificato nei detti termini un locale destinato a ripostiglio posto all’interno di un esercizio commerciale, ancorché non munito di particolari accorgimenti per impedire l’ingresso del pubblico,…ritenuto costituire privata dimora agli effetti della norma citata il locale di servizio posto nel retro di una farmacia, la cui porta era rimasta socchiusa, durante l’orario di apertura,…ritenuto integrare il delitto di furto in abitazione la condotta di colui che commetta il furto all’interno di un campo da tennis inserito in un complesso alberghiero, considerato che esso costituisce pertinenza dell’albergo e luogo nel quale i soggetti che ivi si trattengono, anche solo per svolgere attività ludica, pongono in essere atti relativi alla loro sfera privata. …”.
Viene poi ricordato che “…Della questione dei limiti applicativi della norma in esame sono state investite le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017) che, per quanto concerne lo specifico profilo che qui rileva, hanno messo in evidenza il requisito della stabilità della presenza personale, escludendosi la qualifica di privata dimora in relazione a quei luoghi in cui il soggetto si trovi occasionalmente e transitoriamente.
Pur constatando l’ampio campo semantico rilevante ai fini della identificazione del concetto di “privata dimora”, le Sezioni Unite hanno rifiutato l’impostazione logico-interpretativa che ampliava la fattispecie astratta includendovi tanto i luoghi che erano strutturati in guisa da inibire l’accesso al pubblico (portoni, saracinesche o altri meccanismi) quanto i luoghi adibiti ad atti della vita privata (specificandosi che atti della vita privata non erano soltanto quelli della vita intima o familiare, ma anche quelli dell’attività professionale o lavorativa, o quelli posti in essere a contatto con altri soggetti, quali l’acquisto di merce in un supermercato, la fruizione di una prestazione professionale, il compimento di operazioni bancarie). Il Supremo consesso ha, dunque, sposato un significato restrittivo, muovendo dalla lettera del testo normativo, ritenendo che nella previsione dell’art. 624 bis c.p. debbano includersi i luoghi che siano stati adibiti “in modo apprezzabile sotto il profilo cronologico allo svolgimento di atti della vita privata, non limitati questi ultimi soltanto a quelli della vita familiare e intima (propri dell’abitazione)”, nonchè i luoghi che, ancorchè non destinati allo svolgimento della vita familiare o domestica, abbiano, comunque, le caratteristiche dell’abitazione….”.
Si osserva che si deve “…individuare nel domicilio, inteso come luogo in cui sia inibito l’accesso ad estranei e che sia tale da garantire la riservatezza, il bene giuridico tutelato dalla norma, con la precisazione che il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona è assente. Elemento discriminante, in tal senso, è il requisito della stabilità, “perchè è solo questa, anche se intesa in senso relativo, che può trasformare un luogo in un domicilio, nel senso che può fargli acquistare un’autonomia rispetto alla persona che ne ha la titolarità”.
Pertanto si può ritenere che “…che per poter sussumere il fatto nell’ipotesi delittuosa contemplata dall’art. 624 bis c.p. dovessero concorrere indefettibilmente tre elementi:
a) l’utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne;
b) la durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità;
c) la non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare.
Infine si osserva che “…che il frequente uso nel lessico del legislatore penale di espressioni vaghe, quale è nel caso in esame il termine “privata dimora”, impone all’interprete il compito di definirne il significato. Si tratta, in particolare, di definire il contenuto offensivo tipico dell’ipotesi delittuosa onde comprendere se la condotta contestata presenti un disvalore sufficiente a giustificarne la collocazione entro la fattispecie disciplinata con maggior rigore, giustifichi la maggiore gravità del fatto e l’incremento della sanzione che ne deriva. Il principio di offensività che deve guidare l’interprete nell’individuazione del fatto tipico sanzionato dal legislatore penale, regola altresì l’interpretazione di elementi connotanti il fatto in termini di maggior allarme sociale, cosicché si possa “cogliere nel lessico legale una portata che esprima fenomenologie significative, che giustifichino l’accresciuta severità sanzionatoria”…L’interpretazione della locuzione “privata dimora” offerta dalla giurisprudenza di legittimità è, dunque, espressione della ratio della norma, che è quella della tutela “forte” del domicilio “in quanto proiezione spaziale della persona, cioè ambito primario e imprescindibile della libera estrinsecazione della personalità individuale”, e correlativamente la tutela dei beni di particolare rilievo personale che vi si trovano.
In conclusione la Suprema Corte applicando tali principi al caso concreto “…ritiene che sia dirimente il riferimento in entrambe le pronunce di merito alla identificazione di un’area riservata alla sfera privata della persona offesa, correttamente qualificando in termini di privata dimora la cantina in quanto adibita a deposito di effetti personali…e con accesso precluso a terzi da una serratura, nell’occasione tagliata. …”.
Giovanni Paris