Month: luglio 2022

AGGRESSIONE E MANCATA ASSISTENZA: OMISSIONE DI SOCCORSO?

Venne aggredito a settembre a Ponte Mammolo, trovato secondo responsabile -  RomaDailyNews

ESISTE L’OBBLIGO GIURIDICO DI INTERVENIRE IN AIUTO DI UNA PERSONA CHE STA SUBENDO UN’AGGRESSIONE?

Prendiamo spunto dalla tragica notizia di cronaca riguardante l’omicidio avvenuto a Civitanova Marche e dalla circostanza del mancato intervento dei molti presenti al fatto, tra i quali sembra alcuni intenti a riprendere la scena con il proprio cellulare, invece di eventualmente intervenire per cercare di interrompere la aggressione che poteva avere, come in effetti è stato, esiti irreparabili.

Il comportamento degli spettatori rimasti inermi, oltre che censurabile sotto il profilo umano e morale, potrebbe comportare qualche tipo di responsabilità, financo penale?

Il Codice Penale disciplina all’art. 593 la “Omissione di soccorso”, il quale prevede che:

Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro.

Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’autorità.

Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale [c.p. 582, 583] , la pena è aumentata [c.p. 64] ; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.”.

La disposizione prevede l’obbligo di assistenza nei confronti di colui che si trovi in situazione di pericolo e rientra tra queste sicuramente quella di assistere la vittima di una aggressione.

Ma fino a che punto è possibile pretendere il comportamento imposto dalla norma, la pretesa è assoluta e senza eccezioni? Se dall’attività ausiliatrice può derivare un danno, anche grave, alla propria persona, per il fatto ad esempio che l’aggressore si presenta fisicamente superiore, ha l’uso di arma propria o impropria o oggetto atto ad offendere, ci si deve comunque esporre al pericolo, al rischio di danno?

Sicuramente esistono delle situazioni per cui non si realizza il reato di omissione di soccorso e tali sono tutte quelle che impediscono ad una persona di prestare assistenza, come il fatto di essere una donna, una persona anziana o malata, cioè soggetti che hanno uno stato che non consente di adempiere all’obbligo.

Ma ancora.

Affinché un fatto possa considerarsi penalmente antigiuridico, e pertanto punibile, è necessario accertare non solo che esso sia conforme ad una figura tipica prevista dal legislatore (corrispondenza tra fattispecie concreta e fattispecie astratta), ma verificare anche l’assenza di una “causa oggettiva di esclusione del reato” (c.d. “cause di giustificazione” o “scriminanti”), figure disciplinate dagli artt. 50 e seguenti del Codice Penale (es. stato di necessità , legittima difesa, uso legittimo delle armi, ecc.), in quanto, anche se il fatto corrisponde astrattamente ad una figura prevista e tipica di reato, esso non è sottoposto a sanzione penale, in quanto autorizzato, imposto, tollerato, consentito dall’ordinamento giuridico, il quale pone a confronto due beni giuridici tutelati dallo stesso, ma ritenendo prevalente l’uno sull’altro, uno “sacrificabile” rispetto all’altro.

Quindi vi è la prevalenza di una norma “giustificatrice” su quella “incriminarice”.

Ebbene, tra le cause di giustificazione il Codice Penale prevede all’art. 54 lo “Stato di necessità”, in forza del quale:

“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.

La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo [c.p.m.p. 44]”,

Quindi, al di là del caso di colui che comunque è preposto al soccorso altrui e che ha il dovere di esporsi al pericolo, il cittadino comune non ha tale dovere.

Ma ancora, se dall’azione di difesa altrui si cagiona un danno fisico all’aggressore, questo comporta la conseguenza di una penale responsabilità?

Anche in questo caso soccorre un’altra fattispecie di causa di giustificazione, regolata dall’art. 52 del Codice Penale, “Difesa legittima”, il quale recita:

“Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere):

a) la propria o la altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone.”,

Come si può rilevare dalla sua lettura quindi la norma consente non solo la propria difesa, verso sé stessi, ma anche le difesa di altri, minacciati da “…un pericolo attuale di una offesa ingiusta…”, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

Fin qui il diritto…, il resto appartiene al senso di umanità e di solidarietà sociale.

 

Giovanni Paris

LIBERTA’ E DIRITTO DI RIUNIONE

I Sindaci non possono limitare il diritto di riunione garantito ai cittadini dalla Costituzione.

IL NOSTRO ORDINAMENTO GIURIDICO PREVEDE LA LIBERTA’ ED IL DIRITTO DI RIUNIONE? SE SI’, COME VENGONO DISCIPLINATI E LIMITATI? ESISTONO SPECIFICHE DISPOSIZIONI CHE LI REGOLANO? 

L’ordinamento giuridico riconosce la libertà di riunione quale diritto costituzionalmente garantito.

ART. 17 COSTITUZIONE

“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.

Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.

Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.”

Esso però non è assoluto e senza vincoli, difatti è sottoposto a particolari adempimenti, limitazioni e controlli.

Art. 18  T.U.L.P.S.

“I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico, devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore.

E’ considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l’oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata.

I contravventori sono puniti con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da euro 103 (ire 200.000) a euro 413 (800.000). Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola.

Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione.

I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell’autorità sono puniti con l’arresto fino a un anno e con l’ammenda da euro 206 (lire 400.000) a euro 413 (800.000). Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola.

Non è punibile chi, prima dell’ingiunzione dell’autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle riunioni elettorali.”

Esistono inoltre disposizioni normative speciali che disciplinano il diritto di riunione, quali, ad esempio:

– divieto di manifestazioni di discriminazione razziale,
– divieto di portare armi durante le riunioni L. 18 Aprile 1985, n° 110,
– prevenzione e repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni sportive (L. 13 Dicembre 1989, n° 401) con particolare attenzione alle competizioni calcistiche (L. 4 Aprile 2007, n. 41),
– disturbo dei comizi elettorali e delle pubbliche riunioni,
– blocco della circolazione durante manifestazioni (D. Lgs. 30 Dicembre 1999, n° 507),
– direttiva Maroni sulla «disciplina delle manifestazioni nei centri urbani nelle aree sensibili».

Questi argomenti sono trattati in maniera puntuale nella tesi di laurea della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa “Libertà di riunione e ruolo delle forze di polizia” del Dott. Giovanni Cimino.

NOZIONE DI “INCIDENTE STRADALE”

Comportamenti da tenere quando si è coinvolti in un incidente stradale

In un articolo del novembre 2014 DEFINIZIONE DI “INCIDENTE STRADALE”  (clicca e leggi) affrontammo la questione riguardante le situazioni che configurano il verificarsi di un incidente stradale e se esiste una sua definizione normativa.

Appurato che non esiste una definizione normativa di incidente stradale, sulla base del concetto di incidente stradale della Convenzione di Vienna del 1968 e di alcune sentenze della Corte di Cassazione, potemmo affermare che:

l’incidente stradale è un evento dannoso, negativo, involontario e accidentale:

– determinato dal comportamento umano per inadeguata condotta (azione o omissione) costituente violazione di norme di comportamento,
– che avviene sulla strada, sulle sue pertinenze o su altro luogo soggetto a pubblico passaggio (strada = area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali, art. 2/1 C.d.S.) durante la circolazione stradale ,
– coinvolgendo pedoni, veicoli e animali e che turba la normale e regolare circolazione stradale ,
– determinando un evento dannoso per le cose, gli animali e le persone.

In un recente pronunciamento il Supremo Consesso Cass. Pen., Sez. VII, 24/6/2022, n° 24483 (clicca e leggi) è tornato sull’argomento confermando il concetto “ampio” di incidente stradale:

“…la nozione di incidente…ricorre certamente nel caso che lo riguarda (perdita di controllo del mezzo, urto contro il guard rail e posizionamento finale del veicolo sulla sede stradale): solo per citare un recente episodio, la Corte regolatrice, richiamando la nozione di incidente stradale ricavabile dalla Convenzione di Vienna dell’8 novembre 1968 (secondo la quale costituisce sinistro stradale “un evento verificatosi nelle vie o piazze aperte alla circolazione in cui rimangono coinvolti veicoli, esseri umani o animali fermi o in movimento e dal quale derivino lesioni a cose, animali, o a persone”), ha riconosciuto l’aggravante in un caso nel quale un motociclista aveva perso il controllo del mezzo ed era uscito di strada (Sez. 4, Sentenza n. 27211 del 21/05/2019, Granelli, Rv. 275872). La turbativa alla circolazione stradale, del resto, non significa che ciò comporti necessariamente un’interazione di qualsiasi genere tra il veicolo protagonista dell’evento ed altri veicoli, essendo sufficiente che la condotta alla guida del soggetto responsabile cagioni un’anomalia, o comunque una soluzione di continuità nel normale flusso del traffico veicolare: il che può certamente ravvisarsi anche nell’uscita di strada di un’autovettura, a nulla rilevando che quest’ultima resti o meno sulla sede stradale o si porti verso un’area ove non vi sono altri veicoli in transito. Tale aspetto é da tempo stato chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, che ha chiarito che é sufficiente che si verifichi l’urto del veicolo contro un ostacolo ovvero la sua fuoriuscita dalla sede stradale, senza che sia necessaria la constatazione di danni a persone o cose (Sez. 4, Sentenza n. 36777 del 02/07/2015, Scudiero, Rv. 264419).”

Giovanni Paris

LE SANZIONI AMMINISTRATIVE NON PECUNIARIE

tesi-footer

Le tesi universitarie possono rappresentare un ottimo materiale di studio per la preparazione ai concorsi pubblici, per l’approfondimento e la crescita professionale, certo la loro lettura prevede impegno e sforzo, ma senza questi non possiamo conseguire un sempre maggiore livello di conoscenza e formazione.

Questa volta propongo la lettura di due tesi relative alla sanzioni amministrative diverse da quelle pecuniarie.

Quali sono le tipologie e le caratteristiche e delle sanzioni amministrative non pecuniarie? Possono essere ammesse a far parte della tipologia “standard” di sanzione amministrativa, come definita dalla Legge 689 del 1981?

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Tesi della Dott.ssa Francesca Ferrari LE SANZIONI AMMINISTRATIVE NON PECUNIARIE

Tesi della Dott.ssa Annalaura Leoni LE SANZIONI AMMINISTRATIVE NON PECUNIARIE

NOTIFICA VERBALE ALLA VECCHIA RESIDENZA: CASS. 11/07/22 N° 21899

Raccomandata 788 e atti giudiziari 788 cosa identificano?

LA NOTIFICA DEL VERBALE DI ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONE AL CDS EFFETTUATA ALLA VECCHIA RESIDENZA DEL PROPRIETARIO DEL VEICOLO RISULTANTE DAI PUBBLICI REGISTRI NON E’ NULLA SE LO STESSO ALL’ATTO DELLA RICHIESTA DEL CAMBIO DI RESIDENZA ABBIA OMESSO DI INDICARE LA TARGA DEL VEICOLO CHE GLI APPARTIENE.

Riferimenti normativi: art. 94 CdS – art. 247 Reg. esec. CdS

Con sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 9/12/10 n° 24851 (clicca e leggi), si affermò che, affinché possa ravvisarsi un esonero da responsabilità del privato cittadino, con l’addebito alla PA del ritardo nelle annotazioni nei competenti pubblici registri, è pur sempre necessario che all’atto della comunicazione del cambio di residenza presso gli uffici comunali, vi sia stata anche una corretta indicazione del numero di targa dei veicoli appartenenti al privato, poiché solo tale indicazione consente di ritenere imputabile alla PA il ritardo, dovendo quindi rispondere del difetto di collaborazione tra le varie amministrazioni tenute alla gestione delle banche dati.

Le Sezioni Unite nel precedente sopra richiamato hanno appunto ritenuto di aderire all’orientamento giurisprudenziale manifestatosi secondo cui (tra le tante: Cass. 9/7/2009 n° 16185; Cass. 20/1/2010 n° 928; Cass. 18/1/2010 n° 653), ai sensi dell’art. 247 Reg. esec. CdS, le comunicazioni al P.R.A. del cambio di residenza ritualmente dichiarato dal proprietario all’anagrafe comunale (nel rispetto della procedura da seguire e con l’indicazione dei dati relativi alla patente ed ai mezzi di appartenenza) debbano essere eseguite di ufficio a cura della P.A. per cui, ove la P.A. non abbia proceduto all’aggiornamento dei relativi archivi, la notifica della contestazione effettuata al precedente indirizzo del contravventore risultante dagli archivi non aggiornati non può ritenersi correttamente eseguita.

Questi principi sono stati ribaditi dal pronunciamento della  Corte di Cassazione civ., sez. VI-2, ord. 11/07/22, n° 21899 (clicca e leggi), per la quale “…Diviene quindi fondamentale…verificare se all’atto della richiesta del cambio di residenza, l’opponente avesse anche indicato correttamente il numero di targa del veicolo oggetto dell’infrazione per cui è causa, poiché solo a tale condizione è dato ravvisare quel colpevole difetto di collaborazione che rende imputabile alla PA l’erronea notificazione del verbale di accertamento presso l’indirizzo, almeno anagraficamente, non più attuale. …

Sarebbe troppo semplice poter ottenere un annullamento di un verbale di accertamento di violazione “dimenticandosi” di comunicare la targa di un proprio veicolo all’atto del cambio di residenza.

Giovanni Paris 

OBBLIGO DI DOTAZIONE E DI ESIBIZIONE DI DOCUMENTO DI IDENTITA’/RICONOSCIMENTO

CIE

Medesimo argomento fu trattato nel giugno 2014 con l’articolo dal titolo OBBBLIGO DOTAZIONE DOCUMENTO DI IDENTIFICAZIONE.

Ritorniamoci per puntualizzare e approfondire alcuni aspetti della questione e verificare come si è pronunciata la più recente giurisprudenza.

Il nostro ordinamento giuridico prevede un generale obbligo di dotarsi/possedere e di esibire un documento di identità/riconoscimento ai fini della identificazione? (Quindi escluse altre finalità a cui tendono il possesso e la esibizione, come ad esempio quelli relativi alla patente di guida, che ovviamente occorre ottenere e avere con sé al fine di accertare da parte degli organi di controllo il conseguimento del titolo abilitativo quando si è alla guida di un veicolo a motore).

Il cittadino comune ritiene esistente tale duplice obbligo, ma gli operatori del diritto e gli organi di polizia sanno che così non è.

In effetti il nostro ordinamento giuridico prevede l’obbligo di “dichiarare le proprie generalità”, obbligo previsto nell’art. 651 c.p. “Rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale”, il quale stabilisce che “Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206”.

E’ vero che si può soddisfare l’obbligo suddetto anche mediante la esibizione di un documento di identità/riconoscimento, ma l’art. 651 c.p. pretende, ai fini dell’adempimento dell’obbligo, solo che il soggetto dichiari gli elementi indicati nella norma, ma non che avvenga la esibizione sopra indicata.

La normativa vigente disciplina esplicitamente due soli casi di obbligo di dotazione e di esibizione:

  • il primo è previsto dall’art. 4 del T.U.L.P.S. disponendo che “L’autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare che le persone pericolose o sospette e coloro che non sono in grado o si rifiutano di provare la loro identità siano sottoposti a rilievi segnaletici. Ha facoltà inoltre di ordinare alle persone pericolose o sospette di munirsi, entro un dato termine, della carta di identità e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali o degli agenti di pubblica sicurezza.”,
  • il secondo è previsto dall’art. 6/3 del T.U. sull’immigrazione D.Lgs. 286/98 il quale prevede che “…Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda fino ad euro 2.000. …”

Ancora, l’art. 294 del Reg. Esec. T.U.L.P.S. recita: La carta d’identità od i titoli equipollenti devono essere esibiti ad ogni richiesta degli ufficiali e degIi agenti di pubblica sicurezza.”.

Qual è l’ambito di applicazione di tale ultima disposizione? Dall’espressione letterale della norma essa sembra avere una applicazione generale, quindi tutti avrebbero l’obbligo di esibizione della carta di identità o di un documento equipollente, ma la conclusione è corretta? Abbiamo utilizzato “sembra” e il condizionale perché la disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’art. 4 del T.U.L.P.S., con la conseguenza che l’obbligo andrebbe circoscritto alla ipotesi di mancata esibizione della carta di identità da parte dei soggetti obbligati a munirsene (persone pericolose e sospette) N.B. Per completezza di analisi però non si comprende quali siano i casi pratici di sua applicazione quando la norma si riferisce ai “titoli equipollenti”, estranei all’obbligo di dotazione dell’art. 4 del T.U.L.P.S. che cita solo la carta di identità.

Nel senso sopra descritto si veda Cass. Pen., Sez. VI,14/07/89 n° 10378 dalla quale può essere tratta la seguente massima: “Il rifiuto di consegnare un documento di riconoscimento integra – ricorrendone le altre condizioni richieste dalla legge (persone pericolose o sospette) – gli estremi del reato di cui agli artt. 4 del T.U. della legge di P.S. (R.D. n. 773 del 1931) e 294 del relativo regolamento (R.D. n. 635 del 1940) e non già quello previsto dall’art. 651 cod. pen., trattandosi di reati aventi diverso elemento materiale e diversa obiettività giuridica. Ne consegue che qualora la persona si rifiuti di dare indicazioni sulla propria identità personale e di esibire un documento di riconoscimento, si avrà concorso materiale della contravvenzione di cui all’art. 651 cod. pen. con quella preveduta dalla legge di pubblica sicurezza.”.

CONFORMI
Cass. Sez. VI, sent. del 09/07/93 n° 6864.
Cass. Sez. VI, sent. Del 04/01/96 n° 34

Nello stesso senso Cass. Pen., Sez. 1, 22/06/17 n° 42208 (scarica e leggi) con la quale si afferma che la condotta consistente nella mancata esibizione di un documento “…costituisce…violazione dell’art. 4, comma 2, T.U.L.P.S. e art. 294 del relativo regolamento, ove ne ricorrano le altre condizioni di persona pericolosa o sospetta,. …”

Si riscontrano però pronunciamenti che sostanzialmente indicano che l’art. 294 Reg. Esec. T.U.L.P.S. ha autonoma valenza, slegata dall’art. 4 T.U.L.P.S., e con esso si punisca il comportamento omissivo indipendentemente dalla ricorrenza delle altre condizioni previste dall’art. 4 del T.U.L.P.S., cioè che il soggetto sia persona pericolosa o sospetta destinatario dell’ordine di munirsi della carta di identità, si vedano Cass. Pen.,Sez. VI, 28/03/17 n° 15488, e la recente Cass. Pen., Sez. I, 25/01/22 n° 8356 (scarica e leggi), in questa ultima si legge che le disposizioni applicabili nel caso di rifiuto di fornire il documento di identità “…sono quelle degli artt. 294 del R.d. 6 maggio 1940, n. 635 e 221 T.U.L.P.S., anziché quelle degli artt. 4 e 17 T.U.L.P.S. L’articolo 294 prevede, infatti, che: «La carta di identità od i titoli equipollenti devono essere esibiti ad ogni richiesta degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza», imponendo il chiaro e univoco obbligo di esibizione del documento d’identità a fronte della richiesta degli agenti di pubblica sicurezza, la cui violazione è sanzionata dall’art. 221, comma 2, TULPS, a norma del quale: «Salvo quanto previsto dall’articolo 221-bis, le contravvenzioni alle disposizioni di tali regolamenti sono punite con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda fino a euro 103». …”.

A sommesso avviso dello scrivente, certo che, come detto e riconosciuto, il nostro ordinamento giuridico non prevede un generale obbligo di dotarsi/possedere e avere sé un documento di identità/riconoscimento ai fini della identificazione, relativamente a questo ultimo orientamento, come si può pretendere la esibizione di ciò che non si è obbligati ad ottenere e portare con sé (tranne i casi già citati), presupposto per commettere la violazione dell’art. 294 Reg. Esec. T.U.L.P.S.?

Sembra che i “conti” non tornino, forse sfugge qualcosa.

Giovanni Paris

INDICAZIONE NEL VERBALE DELLA TARATURA DEL MISURATORE DI VELOCITA’

Moto - News, Multe: autovelox, quel cartello non basta! | GPone.com

Le apparecchiature elettroniche impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.

Nel verbale di accertamento della violazione devono essere obbligatoriamente riportati gli estremi del certificato di taratura, pena la possibile declaratoria di illegittimità dell’atto?

La risposta ci viene data da Cass. civ., sez. VI-2, ord., 06/07/22 n° 21327  (scarica e leggi), la quale ribadisce che “…la sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2015 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del codice della strada “nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura”. La mancanza di dette verifiche è, infatti, idonea a pregiudicarne l’affidabilità, a prescindere dalle modalità di impiego, poiché qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, e gli stessi sistemi di autodiagnosi sono soggetti a variazioni delle loro caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati, dovute ad invecchiamento delle componenti e ad eventi accidentali capaci di comprometterne l’affidabilità, con potenziale compromissione anche della “fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale”…”, e che viene posta “…a carico della Pubblica Amministrazione, in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato, la prova positiva dell’omologazione iniziale e della taratura periodica dello strumento, che dev’essere, però, fornita a mezzo di apposite certificazioni di omologazione e conformità, come il certificato di taratura periodica (Cass. n. 3538 del 2021), non potendo essere provata con altri mezzi di attestazione o dimostrazione del loro corretto funzionamento (Cass. n. 10463 del 2020). …”.

La Suprema Corte però sottolinea come “…Non è, invece, necessario che il verbale di contestazione contenga una specifica menzione, indicandone gli estremi, del certificato di taratura periodica. Questa Corte, invero, ha già evidenziato come tale indicazione non sia funzionale alla prova dell’effettuazione della taratura stessa, che va, difatti, fornita dall’amministrazione mediante la produzione delle relative certificazioni. …”

Giovanni Paris

IL SEQUESTRO PROBATORIO NEL PROCESSO PENALE

SEQUESTRO

Tesi di laurea della Dott.sa Annachiara Giorgi discussa presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa.

Dopo una introduzione generale circa i sequestri, compresi quelli cautelari e le differenze tra di essi, la tesi nello specifico analizza la disciplina del sequestro probatorio dalla sua nascita fino alla sua impugnazione, prendendo in considerazione anche alcune ipotesi particolari del provvedimento ablativo.

IL SEQUESTRO PROBATORIO NEL PROCESSO PENALE

Giovanni Paris

DIVIETO DI VENDITA O SOMMINISTRAZIONE DI ALCOL A MINORI

 
 
L. 30-3-2001 n. 125
Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati.
 

Art. 14-ter. Introduzione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minori.

“1. Chiunque vende bevande alcoliche ha l’obbligo di chiedere all’acquirente, all’atto dell’acquisto, l’esibizione di un documento di identità, tranne che nei casi in cui la maggiore età dell’acquirente sia manifesta.

2. Salvo che il fatto non costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro a chiunque vende o somministra (parole inserite dall’art. 12/2 D.L. 14/17) bevande alcoliche ai minori di anni diciotto. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro con la sospensione dell’attività da quindici giorni a tre mesi.”

Si segnala il pronunciamento della Cass. civ., sez. II, ord. 0407/22, n° 21076 (scarica e leggi),  per il quale il comportamento vietato e sanzionabile, anche quando la norma citava la sola vendita, comprendeva anche la cessione per il consumo sul posto, cioè la somministrazione, la quale costituisce pur sempre una attività di vendita: “…Il riferimento letterale alla vendita, contenuto nella disposizione, non può intendersi nel senso di escludere l’applicazione della sanzione nel caso di consumo all’interno del locale: anche tale consumo implica pur sempre – ai fini della sussistenza dell’illecito – la cessione degli alcolici a favore di soggetti minori di età…”.

Giovanni Paris

 

ACQUISIZIONE GRATUITA PER INOTTEMPERANZA ALL’ORDINE DI DEMOLIZIONE

Abuso edilizio: è reato se il permesso edilizio c’è ma è illegittimo?

L’art. 31 del T.U. Edilizia “Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali” recita:

“1. Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.
2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
4. Laccertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
OMISSIS

 

L’accertamento di inottemperanza, che legittima l’effetto di legge di costituire titolo per l’immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari, coincide con il verbale di constatazione dell’inadempimento redatto dalla Polizia Locale?

Verrebbe da rispondere in maniera affermativa, ma così non è, i due atti sono diversi, provengono da soggetti diversi e producono effetti diversi, il primo è prodromico del secondo e con valore solo endoprocedimentale.

In cosa consiste “l’accertamento di inottemperanza” viene chiarito dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. II, 22/06/22 n° 5132 nella quale si afferma che “…seppure è vero che l’acquisizione gratuita opera di diritto a seguito dell’inottemperanza dell’ordine di demolizione – in via generale ai sensi dell’art. 31, comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001, e nel caso di specie ex art. art. 1, comma 1104, L. n. 296/2006 trattandosi di area naturale protetta, il titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei RR.II. è costituito dall’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire un manufatto abusivo. 

Per tale atto deve intendersi non il mero verbale di constatazione di inadempienza, atteso il suo carattere endoprocedimentale, ma solo il formale accertamento compiuto dall’organo dell’ente dotato della relativa potestà provvedimentale. 

In generale, mentre il mero verbale di accertamento redatto dai vigili ha valenza endoprocedimentale ed efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate durante l’accesso ai luoghi, dal ricorso, al contrario è il formale atto di accertamento adottato dalla competente autorità amministrativa, ai sensi dell’art. 31, comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001, che, facendo propri gli esiti del mero verbale, sancisce l’effetto acquisitivo e costituisce, previo notifica all’interessato, titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei RR.II..

Solo a seguito di quest’ultimo atto formale di accertamento di inottemperanza ed acquisizione dell’area avviene il trasferimento della proprietà dell’area. …”.

Di seguito esempio di atto di accertamento di inottemperanza: CITTA’ DI GIUGLIANO IN CAMPANIA

Giovanni Paris