ESISTE L’OBBLIGO GIURIDICO DI INTERVENIRE IN AIUTO DI UNA PERSONA CHE STA SUBENDO UN’AGGRESSIONE?
Prendiamo spunto dalla tragica notizia di cronaca riguardante l’omicidio avvenuto a Civitanova Marche e dalla circostanza del mancato intervento dei molti presenti al fatto, tra i quali sembra alcuni intenti a riprendere la scena con il proprio cellulare, invece di eventualmente intervenire per cercare di interrompere la aggressione che poteva avere, come in effetti è stato, esiti irreparabili.
Il comportamento degli spettatori rimasti inermi, oltre che censurabile sotto il profilo umano e morale, potrebbe comportare qualche tipo di responsabilità, financo penale?
Il Codice Penale disciplina all’art. 593 la “Omissione di soccorso”, il quale prevede che:
“Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro.
Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’autorità.
Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale [c.p. 582, 583] , la pena è aumentata [c.p. 64] ; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.”.
La disposizione prevede l’obbligo di assistenza nei confronti di colui che si trovi in situazione di pericolo e rientra tra queste sicuramente quella di assistere la vittima di una aggressione.
Ma fino a che punto è possibile pretendere il comportamento imposto dalla norma, la pretesa è assoluta e senza eccezioni? Se dall’attività ausiliatrice può derivare un danno, anche grave, alla propria persona, per il fatto ad esempio che l’aggressore si presenta fisicamente superiore, ha l’uso di arma propria o impropria o oggetto atto ad offendere, ci si deve comunque esporre al pericolo, al rischio di danno?
Sicuramente esistono delle situazioni per cui non si realizza il reato di omissione di soccorso e tali sono tutte quelle che impediscono ad una persona di prestare assistenza, come il fatto di essere una donna, una persona anziana o malata, cioè soggetti che hanno uno stato che non consente di adempiere all’obbligo.
Ma ancora.
Affinché un fatto possa considerarsi penalmente antigiuridico, e pertanto punibile, è necessario accertare non solo che esso sia conforme ad una figura tipica prevista dal legislatore (corrispondenza tra fattispecie concreta e fattispecie astratta), ma verificare anche l’assenza di una “causa oggettiva di esclusione del reato” (c.d. “cause di giustificazione” o “scriminanti”), figure disciplinate dagli artt. 50 e seguenti del Codice Penale (es. stato di necessità , legittima difesa, uso legittimo delle armi, ecc.), in quanto, anche se il fatto corrisponde astrattamente ad una figura prevista e tipica di reato, esso non è sottoposto a sanzione penale, in quanto autorizzato, imposto, tollerato, consentito dall’ordinamento giuridico, il quale pone a confronto due beni giuridici tutelati dallo stesso, ma ritenendo prevalente l’uno sull’altro, uno “sacrificabile” rispetto all’altro.
Quindi vi è la prevalenza di una norma “giustificatrice” su quella “incriminarice”.
Ebbene, tra le cause di giustificazione il Codice Penale prevede all’art. 54 lo “Stato di necessità”, in forza del quale:
“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo [c.p.m.p. 44]”,
Quindi, al di là del caso di colui che comunque è preposto al soccorso altrui e che ha il dovere di esporsi al pericolo, il cittadino comune non ha tale dovere.
Ma ancora, se dall’azione di difesa altrui si cagiona un danno fisico all’aggressore, questo comporta la conseguenza di una penale responsabilità?
Anche in questo caso soccorre un’altra fattispecie di causa di giustificazione, regolata dall’art. 52 del Codice Penale, “Difesa legittima”, il quale recita:
“Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.
Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere):
a) la propria o la altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.
Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone.”,
Come si può rilevare dalla sua lettura quindi la norma consente non solo la propria difesa, verso sé stessi, ma anche le difesa di altri, minacciati da “…un pericolo attuale di una offesa ingiusta…”, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.
Fin qui il diritto…, il resto appartiene al senso di umanità e di solidarietà sociale.
Giovanni Paris