Month: agosto 2023

OCCUPAZIONE ABUSIVA DI ALLOGGIO POPOLARE E ART. 633 C.P.: CASS. PEN., II, 28/08/23 N° 35885

a napoli una 90enne va a trovare la figlia e al ritorno trova la casa  occupata dai rom. e a roma... - Cronache

L’OCCUPAZIONE ABUSIVA DI UN ALLOGGIO POPOLARE CONFIGURA IL REATO PREVISTO DALL’ART. 633 C.P. “INVASIONE DI TERRENI O EDIFICI”?

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LA NORMATIVA

Art. 633 c.p. “Invasione di terreni o edifici”

“Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.

Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni della multa da euro 206 a euro 2064 e si procede d’ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata.

Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata”.

Art. 639-bis c.p. “Casi di esclusione della perseguibilità a querela”

“Nei casi previsti dagli articoli 631, 632, 633 e 636 si procede d’ufficio se si tratta di acque, terreni, fondi o edifici pubblici o destinati ad uso pubblico“.

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L’articolo 633 c.p. è stato modificato dall’art. 30 del D.L. 04/10/18 n° 113 Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”

La competenza per il delitto previsto dal comma 1, salvo ricorra l’ipotesi di cui all’art. 639-bis c.p., è devoluta al giudice di pace.

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DECCORRENZA TERMINE PROPOSIZIONE QUERELA

In tema di termine per la proposizione della querela CASS. PEN., II, 08/05/18 N° 20132 ha affermato che …Il delitto p. e p. ex art. 633 c.p., ove non si esaurisca nella pura e semplice momentanea invasione, ma avvenga con un’occupazione protratta nel tempo…è permanente, come da lungo tempo stabilito da larga giurisprudenza…” e la permanenza “…cessa soltanto con l’allontanamento del soggetto dall’edificio o con la sentenza di condanna. …”,

pertanto “…finché dura la condotta delittuosa, è possibile proporre la querela, nel senso che il reato permanente è, in quanto tale, flagrante per tutto il periodo in cui se ne protrae la consumazione e ciò ai sensi dell’esplicito disposto dell’art. 382 cpv. c.p.p.; ciò significa che la querela deve considerarsi comunque tempestiva sia pure con riferimento al periodo pregresso corrispondente al termine trimestrale di cui all’art. 124 c.p.; tenuto conto, poi, dell’intrinseca struttura unitaria del reato permanente, ovviamente la querela copre anche il periodo ad essa posteriore, finché si protrae la permanenza…”

Il termine per proporre querela non decorre quindi dal momento in cui si è a conoscenza dell’avvenuta invasione, ma dalla cessazione della condotta “occupativa”.

E necessario però che la permanenza costituisca elemento costitutivo della fattispecie in quanto l’attività dell’agente deve essere continua ed ininterrotta, altrimenti il reato sarebbe istantaneo con effetti permanenti.

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DIFFERENZA TRA REATO ISTANTANEO, REATO PERMANENTE E REATO ISTANTANEO CON EFFETTI PERMANENTI:

REATO ISTANTANEO: è il reato in cui l’evento e con esso la consumazione e la lesione del bene giuridico tutelato dalla norma (oggetto giuridico) si realizza in un istante (es. la morte nell’omicidio).

REATO PERMANENTE: è il reato in cui l’evento e con esso la consumazione e la lesione del bene giuridico tutelato dalla norma (bene giuridico) perdura nel tempo (es. sequestro di persona a scopo di estorsione, abuso edilizio)

REATO ISTANTANEO CON EFFETTI PERMANENTI: è il reato, da non confondersi con il reato permanente, istantaneo le cui conseguenze lesive assumono carattere di continuità nel tempo (es. il furto, che si consuma istantaneamente nel momento in cui si attua l’impossessamento della cosa sottratta, ma gli effetti dello spossessamento sono destinati a protrarsi nel tempo).

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LA SENTENZA

La risposta alla domanda è AFFERMATIVA, come possiamo leggere in CASS. PEN., II, 28/08/23 N°35885 nella quale si ricorda “…la costante affermazione, nella giurisprudenza di legittimità, per la quale la nozione di “invasione” non richiede modalità esecutive violente, che possono anche mancare, ma si riferisce al comportamento arbitrario, tipico di chi si introduce nell’altrui immobile contra ius, in quanto privo del diritto di accesso…”,

e che “…ai fini della perseguibilità di ufficio del delitto di invasione di terreni o edifici, devono considerarsi pubblici – secondo la nozione che si ricava dagli artt. 822 c.c. e segg., mutuata dal legislatore penale – i beni appartenenti a qualsiasi titolo allo Stato o ad un ente pubblico, e quindi non solo i beni demaniali ma anche quelli facenti parte del patrimonio disponibile o indisponibile degli enti predetti e “destinati ad uso pubblico” quegli altri beni che appartengono a privati e detta destinazione abbiano concretamente avuto…Ne consegue che l’alloggio realizzato dall’istituto autonomo delle case popolari (IACP), conserva sempre la sua destinazione pubblicistica anche quando ne sia avvenuta la consegna all’assegnatario, con la conseguente realizzazione, nel caso di introduzione abusiva, di una condotta costitutiva del reato di cui all’art. 633 c.p., procedibile d’ufficio ex art. 639 bis c.p. …”.

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LA NUOVA DIRETTIVA DEL MINISTERO DELL’INTERNO

Si segnala che il Ministero dell’Interno ha emanato con una direttiva dei nuovi indirizzi per contrastare il fenomeno della occupazione abusiva di immobili.

Direttiva del 9 agosto 2023 ai prefetti della Repubblica: indirizzi operativi sulla occupazione arbitraria di immobili

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LE PRECEDENTI DIRETTIVE E LE CIRCOLARI

Giovanni Paris

LICENZA SOMMINISTRAZIONE ALIMENTI E BEVANDE E ART. 10 T.U.L.P.S.: CONSIGLIO DI STATO, III, 28/08/23 N° 7989

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E’ APPLICABILE L’ART. 10 T.U.L.P.S. ALLA LICENZA DI SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE?

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LA NORMATIVA

Art. 10 T.U.L.P.S.

“Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata”.

Quando si concretizza la condizione di ABUSO ? La giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato che l’autorizzazione di polizia va utilizzata conformemente alle prescrizioni contenute nelle leggi e nelle altre varie fonti sub-primarie e che la loro violazione costituisce un uso anomalo e quindi un abuso del titolo, il quale pertanto può essere sanzionato ai sensi dell’art. 10 T.U.L.P.S. .

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LA SENTENZA

Sulla questione si esprime CONSIGLIO DI STATO, III, 28/08/23 N° 7989-23, sottolineando come la prevalente giurisprudenza del giudice amministrativo ha ben chiarito che “…la licenza di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è qualificabile come autorizzazione di polizia e, in quanto tale, soggetta alle misure sanzionatorie -sospensione o revoca – previste in generale dall’art. 10 del T.u.l.p.s. qualora ricorra un’ipotesi di abuso ciò in quanto, la successiva legge 25 agosto 1991, n. 287 – che ha aggiornato la normativa sull’insediamento e sull’attività degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande – non ha invero comportato l’estromissione della materia di somministrazione alimentare al pubblico dall’ambito di applicazione del visto T.U.. …”

Quindi si condivide la configurazione giuridica della autorizzazione di somministrazione di alimenti e bevande quale licenza di polizia che, quindi, non può dirsi estranea alle misure sanzionatorie della “sospensione” e della “revoca”, contemplate dall’art. 10 del T.U.L.P.S. ,

concludendo per “…la legittimità della misura sanzionatoria della sospensione della licenza, ai sensi dell’art. 10 del r.d. n. 773 del 1931, non solo nei casi di abuso del titolo, ma anche nelle ipotesi in cui la condotta del titolare il titolo abilitativo sia improntata alla violazione delle modalità di svolgimento del servizio. Le autorizzazioni di polizia devono, infatti, essere utilizzate conformemente alle prescrizioni contenute nelle leggi e nelle fonti sub-primarie, dovendosi ritenere che la violazione di tale corpus normativo configuri un uso certamente anomalo e, quindi, un evidente abuso del titolo, da sanzionare alla stregua dell’art. 10 richiamato…”.

Giovanni Paris

ATTIVITA’ DI P.G. DA PARTE DI ORGANO A COMPETENZA “LIMITATA”: CASS. PEN., VI, 11/05/23 N° 20002

ORGANI DI P.G. A COMPETENZA “SPECIFICA” O “LIMITATA” | ....accademia....  ....polizia locale....

ESISTONO CASI IN CUI GLI ORGANI DI POLIZIA GIUDIZIARIA A COMPETENZA “SPECIFICA” O “LIMITATA” EX ART. 57/3 C.P.P. POSSONO SVOLGERE ATTIVITA’ DI INDAGINE CHE ESORBITANO GLI AMBITI DI MATERIA, DI SPAZIO E DI TEMPO FISSATI DALLA LEGGE?

 

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LA NORMATIVA

Art. 57 c.p.p. “Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria”

“1. Salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di polizia giudiziaria:

a) i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla polizia di Stato ai quali l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;

b) gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, degli agenti di custodia e del corpo forestale dello Stato nonché gli altri appartenenti alle predette forze di polizia ai quali l’ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità;

c) il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovvero un comando dell’arma dei carabinieri o della guardia di finanza.

2. Sono agenti di polizia giudiziaria:

a) il personale della polizia di Stato al quale l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;

b) i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia (1), le guardie forestali e, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, le guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio.

3. Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti (5) attribuiscono le funzioni previste dall’articolo 55.

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ORGANI DI P.G. A COMPETENZA “SPECIFICA” O “LIMITATA”

Sono diverse le classificazioni esistenti e riguardanti gli organi/soggetti di polizia giudiziaria.

Una di queste è relativa alla competenza ed abbiamo la distinzione in organi/soggetti a competenza: 

GENERALE                                   

Soggetti che svolgono funzioni di p.g. con potere di intervento riconosciuto in via generale (tutti i reati) (art. 57/1 e 2 c.p.p.).

Gli appartenenti alla Polizia Locale (Municipale e Provinciale) sono soggetti di p.g. a competenza generale.

SPECIFICA O LIMITATA

Soggetti ai quali le leggi assegnano le funzioni di p.g. nei limiti del servizio a cui sono destinati e secondo le relative attribuzioni (specifici reati) (art. 57/3 c.p.p) (Vigili del Fuoco, verificatori pesi e misure, funzionari ANAS, funzionari IMCTC, ispettori ASL, ispettori doganali, ecc).

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LA SENTENZA

La sentenza che si segnala, CASS. PEN., VI. 11/05/23 N° 20002, ha risposto alle affermate censure sulla carenza della qualifica di polizia giudiziaria da parte degli appartenenti alla Capitaneria di Porto, nella misura in cui ai predetti è stata delegata attività di indagine esulante dagli ordinari compiti affidati a tale corpo di polizia.

La Suprema Corte richiama il principio già affermato e da ritenersi “…pienamente condivisibile, secondo cui il pubblico ministero può delegare ad organi di polizia giudiziaria, aventi competenze limitate, specifiche attività di indagine, anche se esorbitanti dagli ambiti (di spazio, tempo o materia) fissati dalla legge per l’esercizio delle funzioni generali di polizia di cui all’art. 55, comma 1, cod. proc. pen. (Fattispecie relativa a indagini delegate a ufficiali di polizia giudiziaria del corpo della capitaneria di porto, riguardanti reati comuni di falso, non rientranti nelle materie individuate dall’art. 1235 cod. nav. …”.

Si legga anche, in senso conforme e di rilievo per il ragionamento logico giuridico esposto, CASS. PEN., V, 13/01/23 N° 1080

Giovanni Paris

 

 

 

ESPOSIZIONE DI BOTTIGLIE ALL’APERTO E CATTIVO STATO DI CONSERVAZIONE: CASS. PEN., III, 27/07/23 N° 32734

Esporre l'acqua destinata alla vendita al sole è reato

LA ESPOSIZIONE DI BOTTIGLIE D’ACQUA DESTINATE ALLA VENDITA ALLE INTEMPERIE E ALLA LUCE SOLARE DIRETTA CONFIGURA LO STATO DI CATTIVA CONSERVAZIONE AI SENSI DELL’ART. 5 LETT. B) L. 283/62?

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LA NORMATIVA

Art. 5 L. 30/04/62 n° 283 “Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250, e 262, del T.U. delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”

“E’ vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari:

a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali;
b)  in cattivo stato di conservazione;
c)  con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali;
d)  insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione;
e)  soppressa
f)  soppressa
g)  con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali;
h)  che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo. Il Ministro per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all’impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l’intervallo per tali scopi, i limiti di tolleranza e l’intervallo minimo che deve intercorrere tra l’ultimo trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate tra l’ultimo trattamento e l’immissione al consumo.”
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LA SENTENZA

La risposta è AFFERMATIVA, come deciso da CASS. PEN., III, 27/07/23 N° 32734, la quale richiama l’insegnamento della Corte “…secondo cui, in materia alimentare, la conservazione di bottiglie di acqua minerale all’aperto ed esposte al sole configura la contravvenzione prevista dall’art. 5, lett. b), della legge 30 aprile 1962 n. 283, che vieta l’impiego nella produzione, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, atteso che l’esposizione, anche parziale di prodotti destinati al consumo umano alle condizioni atmosferiche esterne, tra cui l’impatto con i raggi solari, può costituire potenziale pericolo per la salute dei consumatori, in quanto sono possibili fenomeni chimici di alterazione dei contenitori e di conseguenza del loro contenuto…”.

La Suprema Corte ha avuto altresì modi di ricordare con CASS. PEN, I, 10/07/23 N° 29876 che “…la condotta di chi pone in vendita alimenti in cattivo stato di conservazione costituisce tuttora reato, sebbene l’art. 5, lett. b), della legge 30 aprile 1962, n. 283, sia stato abrogato dall’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 27, vigente a far data dal 26/03/2021, in quanto il precedente 25/03/2021 è entrato in vigore il d.l. 22 marzo 2021, n. 42, convertito, con modifiche, nella legge 21 maggio 2021, n. 71, che ha modificato l’art. 18 cit., ampliando il novero delle disposizioni delle legge n. 282 del 1962 sottratte all’abrogazione, tra le quali il suddetto art. 5. …”.

Giovanni Paris

FALSITA’ IN AUTOCERTIFICAZIONE COVID-19 E ART. 483 C.P.: CASS. PEN., V, 21/08/23 N° 35276

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L’AVER ATTESTATO NELLO SPECIFICO MODELLO DI  AUTOCERTIFICAZIONE, PREVISTO IN PIENA PANDEMIA COVID-19,  CIRCOSTANZE NON RISPONDENTI AL VERO AL FINE DI GIUSTIFICARE GLI SPOSTAMENTI COSTITUISCE REATO EX ART. 483 C.P. “FALSITA’ IDEOLOGICA COMMESSA DAL PRIVATO IN ATTO PUBBLICO”?

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LA NORMATIVA

D.P.R. 28/12/00 n. 445 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A)”

Articolo 46 (R)  Dichiarazioni sostitutive di certificazioni

“1.  Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all’istanza, sottoscritte dall’interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti:

a)  data e il luogo di nascita;
b)  residenza;
c)  cittadinanza;
d)  godimento dei diritti civili e politici;
e)  stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;
f)  stato di famiglia;
g)  esistenza in vita;
h)  nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente;
i)  iscrizione in albi, in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
l)  appartenenza a ordini professionali;
m)  titolo di studio, esami sostenuti;
n)  qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;
o)  situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;
p)  assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto;
q)  possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria;
r)  stato di disoccupazione;
s)  qualità di pensionato e categoria di pensione;
t)  qualità di studente;
u)  qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;
v)  iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;
z)  tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;
aa)  di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;
bb)  di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
bb-bis)  di non essere l’ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
cc)  qualità di vivenza a carico;
dd)  tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile;
ee)  di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato. (R)”
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Articolo 47 (R)  Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà

1.  L’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’articolo 38. (R)

2.  La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza. (R)

3.  Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. (R)

4.  Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all’Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell’interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva. (R)

L’art. 46 del decreto citato, intitolato “Dichiarazioni sostitutive di certificazioni”, elenca la gamma delle dichiarazioni che l’interessato può sottoscrivere e produrre in sostituzione delle normali certificazioni, laddove, invece, il successivo art. 47, intitolato “Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà”, concerne “stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato”, non espressamente indicati nell’art. 46, di cui il soggetto dichiarante rende edotto il destinatario mediante una dichiarazione sottoscritta.

Art. 483 c.p. “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”

“Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale , in un atto pubblico , fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità , è punito con la reclusione fino a due anni.

Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile , la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.”

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LA SENTENZA

I fatti oggetto della pronuncia giurisprudenziale hanno origine nel corso di un controllo svolto dalle forze dell’ordine, quando alcuni soggetti hanno attestato, nella propria autocertificazione, circostanze non rispondenti al vero al fine di giustificare i propri spostamenti.

La Suprema Corte con CASS. PEN., V, 21/08/23 N° 35276 statuisce che i modelli di autocertificazione Covid-19 rientrano nella categoria degli atti di cui all’art. 47 d.p.r. n. 445/2000,

ricordando che “…è consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta di colui che dichiara il falso in sede di dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 47 D.P.R. n. 445 del 2000…”,

specificando che “…in merito alla natura di atto pubblico dell’autocertificazione rilasciata ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. n. 445 del 2000, nella giurisprudenza di legittimità si osserva che il concetto di atto pubblico agli effetti della tutela penale ha una portata più ampia rispetto ai parametri normativi dettati, in ambito civilistico, dall’art. 2699 c.c., sicchè rientrano in detta nozione non soltanto i documenti redatti da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio delle loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purchè aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione…”,

con la conseguenza che “…sono atti pubblici anche gli atti interni e quelli preparatori di una fattispecie documentale complessa, come le autocertificazioni redatte dal privato ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. n. 445 del 2000 e rese a pubblico ufficiale, essendo la qualità del destinatario del tutto idonea a sancirne la destinazione a essere trasfuse in atto pubblico e, dunque, a dimostrare “stati, qualità personali o fatti che siano nella diretta conoscenza” del dichiarante. …”.

Pertanto “…La norma penale di riferimento per le condotte vietate dall’art. 76 D.P.R. n. 445 del 2000, che punisce “ai sensi del codice penale” il privato che, ai sensi degli artt. 46 e 47 del medesimo decreto, rilascia dichiarazioni mendaci o forma atti falsi o ne fa uso, si individua nell’art. 483 c.p..

Infatti, il delitto di falsità ideologica di cui all’art. 483 c.p. sussiste qualora l’atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati e, cioè, quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all’atto-documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente…”

Giovanni Paris

VIOLAZIONE ORDINE DI SGOMBERO DI IMMOBILE E ART. 650 C.P.: CASS. PEN., I, 10/07/23 N° 29837

Il tetto va a fuoco La famiglia è salva ma la casa inagibile - Il Mattino  di Padova

LA VIOLAZIONE DI UNA ORDINANZA DI SGOMBERO DI IMMOBILE EMESSA PER TUTELARE LA INCOLUMITA’ DELLE PERSONE COSTITUISCE VIOLAZIONE DELL’ART. 650 C.P.?

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LA NORMATIVA

Art. 650 c.p. “Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”

“Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206”.

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LA SENTENZA

La risposta è AFFERMATIVA, la sentenza della CASS. PEN., I, 10/07/23 N° 29837 così statuisce specificando come “…La fattispecie di cui all’art. 650 cod. pen., infatti, costituisce una norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da una specifica disposizione ovvero allorché il provvedimento dell’autorità rimasto inosservato sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela.

Ai fini della configurabilità del reato in esame, pertanto, è necessario che:

a) l’inosservanza riguardi un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia;

b) l’inosservanza attenga ad un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione;

c) il provvedimento emesso per ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene sia adottato nell’interesse della collettività e non di privati individui. …”,

ricordando come la giurisprudenza “…ha già avuto modo di chiarire che integri il reato previsto dall’art. 650 cod. pen. l’inosservanza dell’ordinanza del sindaco avente ad oggetto lo sgombero di un’abitazione per prevenire un pericolo per la pubblica incolumità, individuato nel rischio di cedimento strutturale del fabbricato prospiciente ad una pubblica piazza…”.

Giovanni Paris

RIFIUTO INDICAZIONI IDENTITA’ PERSONALE: CASS. PEN., VII, 19/04/23 N° 16610

Polizia locale: una denuncia e tre daspo a Mestre nell'attività antidroga e  di contrasto alla prostituzione | Comune di Venezia - Live - Le notizie di  oggi e i servizi della città

IN CASO DI AVVENUTO RIFIUTO DA PARTE DI SOGGETTO DI DARE INDICAZIONI SULLA PROPRIA IDENTITA’ PERSONALE, IL FATTO CHE TALI INDICAZIONI VENGANO FORNITE SUCCESSIVAMENTE IMPEDISCE IL CONFIGURARSI DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 651 C.P.?

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LA NORMATIVA

Art. 651 c.p.  “ Rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale”

“Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206″.

La disposiszione punisce le condotte di intralcio all’attività di accertamento della identità personale svolta dai pubblici ufficiali.

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IL PROVVEDIMENTO GIURISDIZIONALE

La risposta è NEGATIVACASS. PEN., VII,19/04/23 N° 16610  afferma chiaramente che “…Il reato previsto dall’art. 651 cod. pen., infatti, si perfeziona con il semplice rifiuto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni sulla propria identità personale ed è, pertanto, irrilevante, ai fini della configurazione dell’illecito, che tali indicazioni vengano fornite successivamente…”.

Giovanni Paris

AUSILIARI DEL TRAFFICO E QUALIFICA DI PUBBLICO UFFICIALE: CASS. PEN., VI, 19/07/23 N° 31409

Dal Comune 125mila euro per gli ausiliari del traffico - Città di Amalfi

GLI AUSILIARI DEL TRAFFICO RIVESTONO LA QUALIFICA DI PUBBLICO UFFICIALE?

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LA NORMATIVA

Art. 357 c.p. “Nozione del pubblico ufficiale”

“Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi“.

La materia è stata regolata ex novo dall’art. 12-bis “Prevenzione ed accertamento delle violazioni in materia di sosta e fermata” del Codice della Strada, introdotto dall’art. 49 del D.L. 76/20, convertito in L. 120/20, che ha provveduto ad abrogare i commi 132 e 133 dell’art. 17 della L. 127/97, che già disciplinavano le diverse figure appartenenti alla categoria degli ausiliari del traffico/ausiliari della sosta.

Le attuali categorie disciplinate dall’art. 12-bis C.d.S. sono:

  • dipendenti comunali o delle società private e pubbliche esercenti la gestione della sosta di superficie a pagamento o dei parcheggi,

  • dipendenti comunali o a dipendenti delle aziende municipalizzate o delle imprese addette alla raccolta dei rifiuti urbani e alla pulizia delle strade,

  • personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.

L’art. 12/2 ultimo periodo prevede chiaramente che “Tale personale, durante lo svolgimento delle proprie mansioni, riveste la qualifica di pubblico ufficiale.

Si riporta uno stralcio della CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO N° 7923 DEL 22-10-20 contenente il nuovo art. 12-bis C..d.S., la sua illustrazione ed indicazioni per la sua applicazione.

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LA SENTENZA

Si segnala la sentenza  CASS. PEN., VI, 19/07/23 N° 31409 la quale ha per oggetto direttamente l’esame di verifica di fattispecie penali, ma risponde, incidentalmente, alla contestazione che i verbali di accertamento di sanzioni al codice della strada non sono atti pubblici, non essendo gli ausiliari del traffico pubblici ufficiali.

La Suprema Corte richiama il condiviso principio di diritto e al quale si ritiene di dare continuità “…per cui l’attribuzione al cosiddetto ausiliario del traffico della qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio deve essere intesa in un rapporto di stretta connessione con l’attività per legge indicata come di competenza del primo…, sicché, laddove l’ausiliario si trovi ad esercitare le funzioni, di sua competenza, di accertamento e di contestazione delle violazioni al codice della strada nelle aree oggetto di concessione all’impresa, da cui il primo dipenda, di gestione dei parcheggi e delle zone immediatamente limitrofe (art. 17, comma 132, legge 15 maggio 1997, n. 127, così come interpretato dall’art. 68 legge 23 dicembre 1999, n. 488), egli assume, in particolare, la veste di pubblico ufficiale nella finalità certificativa ed autoritativa dei poteri esercitati per potestà riconosciutagli per legge...”.

Giovanni Paris

APPLICABILITA’ ART. 2 L. 241/90 AI PROCEDIMENTI SANZIONATORI DEL C.D.S.: CASS.CIV., II, 23/06/23 N° 18017

Tempo Scaduto | Foggia

E’ APPLICABILE L’ART. 2 DELLA L. 241/90 CHE DISCIPLINA I TEMPI DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO AI PROCEDIMENTI SANZIONATORI PREVISTI DAL CODICE DELLA STRADA?

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LA NORMATIVA

Art. 2  L. 241/90 “Conclusione del procedimento”

1.  Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.

2.  Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni.

OMISSIS”

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La risposta è NEGATIVACASS. CIV., II, 23/06/23 N° 18017 ribadisce “…che la disposizione di cui all’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dal codice della strada, che costituiscono un sistema di norme organico e compiuto e delineano un procedimento di carattere contenzioso per le violazioni in materia di circolazione stradale scandito in fasi i cui tempi sono ivi compiutamente regolati. …”.

Giovanni Paris

VALORE RISULTATI MISURAZIONI, UNICO ACCERTAMENTO, INTERVALLO DI TEMPO MISURAZIONI ETILOMETRO: CASS. PEN., VII, 24/02/23 N° 8310

Conferenza stampa al Viminale di Viabilità Italia su esodo estivo 2018 |  Ministero dell'Interno

I RISULTATI DELL’ACCERTAMENTO TRAMITE ETILOMETRO DEVONO ESSERE IDENTICI?

PUO’ ESSERE SUFFICIENTE ANCHE UN SOLO ACCERTAMENTO TRAMITE ETILOMETRO PER PROVARE LO STATO DI EBBREZZA?

L’INTERVALLO DI CINQUE MINUTI TRA LA PRIMA E SECONDA PROVA ETILOMETRICA VA INTESO COME INTERVALLO TEMPORALE MASSIMO?

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A queste tre domande fornisce risposta CASS. PEN., VII, 24/02/23 N° 8310 la quale afferma in maniera sintetica ma precisa:

  • in ordine alla prima questione che  “infondata è la prospettazione difensiva secondo la quale, ai fini della validità dell’accertamento, le due misurazioni debbano produrre risultati identici…”,
  • in merito alla seconda questione che “…anche un solo accertamento, ove accompagnato…da emergenze probatorie sul piano della sintomatologia è idoneo a provare lo stato di ebbrezza e la sua entità…”
  • e infine sulla terza questione che “…Ai fini dell’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica, in tutte le ipotesi previste dall’art. 186 cod. strada, l’intervallo di cinque minuti che, ai sensi dell’art. 379 del Regolamento al codice della strada, deve intercorrere tra la prima e la seconda prova spirometrica deve essere interpretato come intervallo minimo volto a monitorare la curva alcolemica…”.

Giovanni Paris

GUIDA DI VELOCIPEDE E STATO DI EBBREZZA: CASS. PEN., IV, 04/08/23 N° 34352

drunk-cyclist.si | Regióny.zoznam.sk

L’ART. 186 C.D.S. “GUIDA SOTTO L’INFLUENZA DELL’ALCOOL” SI APPLICA ANCHE AL CONDUCENTE DEL VELOCIPEDE? E SE SI’ SI APPLICA LA SANZIONE ACCESSORIA DELLA SOSPENSIONE DELLA PATENTE DI GUIDA?

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LA NORMATIVA

Art. 186  Codice della Strada “Guida sotto l’influenza dell’alcool”

“1.  E’ vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche.

2.  Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato:

a)  con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 543 ad euro 2.170, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/l). All’accertamento della violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi;
b)  con l’ammenda da euro 800 ad euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno;
c)  con l’ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000, l’arresto da sei mesi ad un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata. La patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, in caso di recidiva nel biennio. Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all’articolo 224-ter.
OMISSIS”
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LA SENTENZA

La CASS. PEN. , IV, 04-08-23, N° 34352 si esprime in merito richiamando il “…consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, autorevolmente sostenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, posto che anche tale mezzo è idoneo a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale, ferma la inapplicabilità concreta delle sanzioni amministrative accessorie previste per tale reato, come, ad es., della sospensione della patente di guida, non praticabile nel caso in cui per la guida del mezzo non sia prevista abilitazione…

Si legga anche l’articolo AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ART. 186 C.D.S. “GUIDA SOTTO L’INFLUENZA DELL’ALCOOL” nei confronti del pedone, del conducente di un velocipede, di chi conduce un animale, del conducente di un veicolo a trazione animale.

Giovanni Paris

SOSTA ABUSIVA IN AREA CONDOMINIALE E VIOLAZIONE DI DOMICILIO: CASS. PEN., V, 20/07/23 N° 31700

Trovare un parcheggio in condominio

LA SOSTA ABUSIVA IN UN CORTILE CONDOMINIALE PUO’ CONFIGURARE IL REATO DI VIOLAZIONE DI DOMICILIO EX ART. 614 C.P.?

Capita di ricevere una richiesta di intervento da parte di cittadini che lamentano l’ingresso e la sosta in aree o cortili condominiali da parte di soggetti estranei, fatto che succede prevalentemente in comuni a vocazione turistica a causa della carenza di parcheggi pubblici. Chiaramente in tali casi non è possibile la applicazione del Codice della Strada, ma il comportamento può costituire violazione della legge penale e in quale fattispecie potrebbe rientrare?

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LA NORMATIVA

Art. 614. c.p. “Violazione di domicilio”.

“Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

La pena è da due a sei anni se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d’ufficio quando il fatto è commesso con violenza alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato o se il fatto è commesso con violenza sulle cose nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.”

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LA SENTENZA

Il Supremo Consesso CASS. PEN., V, 20-07-23 N° 31700 ha riconosciuto che tali tipi di aree vanno considerate a tutti gli effetti pertinenza del condominio e rientrano quindi nel concetto di privata dimora tutelato dalla disposizione di cui all’art. 614 c.p., che non richiede la disponibilità esclusiva del proprietario ma che si tratti di luogo non aperto al pubblico, ossia a chiunque, ovvero che si tratti di luogo che non sia accessibile a terzi senza il consenso del titolare, ricordando altresì che la giurisprudenza di legittimità “…ha avuto modo di affermare che ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624 bis c.p., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico nè accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale. …”.

Viene sottolineato infine come, rispetto al tema in argomento, si è già avuto modo di affermare “…che i cortili e gli orti, destinati al servizio ed al completamento dei locali di abitazione, rientrano nel concetto di appartenenza di cui al comma 1 dell’art. 614 cod pen, ed è irrilevante, ai fini della sussistenza del reato previsto da tale norma, che le “appartenenze” siano di uso comune a più abitazioni, spettando il diritto di esclusione da quei luoghi a ciascuno dei titolari delle singole abitazionie che commette reato di violazione di domicilio chi s’introduca, contro la volontà di chi ha diritto di escluderlo, nel cortile dell’edificio condominiale, rientrando il cortile nel concetto di “appartenenza” dell’abitazione. …”.

Giovanni Paris

 

OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE DA PARTE DI ALTRO PUBBLICO UFFICIALE: CASS. PEN., V, 26/06/23 N° 27548

Firenze, lite tra due agenti della Municipale in piazza della Stazione -  Cronaca - lanazione.it

IL REATO DI OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE EX ART. 341-BIS C.P. PUO’ ESSERE COMMESSO ANCHE DA UN PUBBLICO UFFICIALE?

IL REQUISITO DELLA PRESENZA DI PIU’ PERSONE ALL’ATTO DI OLTRAGGIO SI CONFIGURA ANCHE CON LA PRESENZA DI ALTRI PUBBLICI UFFICIALI O DI PUBBLICI DIPENDENTI?

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LA NORMATIVA

Art. 341-bis c.p. “Oltraggio a pubblico ufficiale”

Chiunquein luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile.

Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”.

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BREVE COMMENTO

Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale è stato reintrodotto dall’art. 1/8 della L. 94/09 recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica prevedendo l’art. 341-bis c.p. .

Tale tipo di reato era disciplinato dall’art. 341 c.p., abrogato con la L. 205/99.

La nuova fattispecie penale riprende parzialmente la formulazione del precedente art. 341 c.p., con importanti novità rispetto a quello.

In effetti vengono introdotti nuovi elementi di tipicità quali elementi costitutivi della fattispecie penale:

  • il compimento dell’offesa in luogo pubblico o aperto al pubblico,
  • il compimento dell’offesa in presenza di più persone,
  • la contestualità tra l’offesa al pubblico ufficiale e il compimento da parte di questi di un atto di ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni.

Da sottolineare che l’art. 1/1 lett. c) del D.Lgs 150/22 (c.d. riforma Cartabia), ha modificato l’art. 131-bis c.p., che disciplina l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, includendo in questa esclusione anche il delitto di oltraggio. L’art. 131-bis/3 n. 2), prevede che l’offesa non possa ritenersi di particolare tenuità “per i delitti previsti dagli articoli 336, 337 e 341 bis, quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni.

Relativamente alle espressioni offensive rivolte al pubblico ufficile, il reato si configura anche quando le stesse possano essere udite dai presenti, in quanto già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la prestazione del pubblico ufficiale, recando disturbo e sviandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazione di cui fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie.

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RISPOSTE

La risposta alla prima domanda è AFFERMATIVA. L’oltraggio a pubblico ufficiale è un reato comune, che può essere quindi commesso da parte di chiunque, pertanto, non esistendo alcuna limitazione normativa alla categoria dei possibili soggetti attivi, il delitto può essere commesso anche da un pubblico ufficiale e ciò indipendentemente dalla posizione gerarchica che questo possiede rispetto al soggetto offeso.

La risposta alla seconda domanda è AFFERMATIVA, con alcune precisazioni. Se le persone presenti sono altri pubblici ufficiali, è necessario che essi si trovino in quella circostanza spaziale e temporale non per lo stesso motivo d’ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall’agente.

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LA GIURISPRUDENZA

Di seguito si riportano alcuni pronunciamenti della Suprema Corte con i quali viene espresso il principio di diritto, ormai consolidato, secondo cui, ai fini dell’integrazione del delitto di oltraggio, la condotta offensiva nei confronti del pubblico ufficiale, consistente nell’offesa all’onore ed al prestigio dello stesso, deve avvenire alla presenza di almeno due persone, requisito numerico minimo perché possano ravvisarsi «più persone».

Si tratta nondimeno di individuare i soggetti che possono essere ricompresi fra le «più persone», tra le quali non possono computarsi quei soggetti che, pur non direttamente attinti dall’offesa, assistano alla stessa nello svolgimento delle loro funzioni, essendo integrato il requisito della pluralità di persone unicamente da persone estranee alla pubblica amministrazione (ossia dai “civili”), ovvero da persone che, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spazio-temporale non per lo stesso motivo d’ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall’agente.

Quindi l’oltraggio a pubblico ufficiale può perfezionarsi anche in presenza di altri pubblici ufficiali non destinatari diretti dell’offesa, ma è necessario che si tratti di pubblici ufficiali presenti sul posto non in quanto intenti, non impegnati nel compimento dell’atto d’ufficio che ha generato o nel cui contesto si è realizzata la condotta oltraggiosa.

Giovanni Paris

 

 

STANZA UFFICIO DEL SINDACO LUOGO APERTO AL PUBBLICO: CASS. PEN., VI, 16/03/23 N° 11345

Porto San Giorgio, il nuovo consiglio comunale. Bragagnolo in pole per la  presidenza. Loira più votato, show Salvatelli-Senzacqua -  Laprovinciadifermo.com

LA STANZA DELL’UFFICIO DEL SINDACO PUO’ ESSERE CONSIDERATA LUOGO APERTO AL PUBBLICO?TALE LUOGO RENDE SUSSISTENTE UNO DEI PRESUPPOSTI PER IL CONFIGURARSI DEL REATO EX ART. 341-BIS C.P. “OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE”?

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LA NORMATIVA

Art. 341-bis c.p. “Oltraggio a pubblico ufficiale”

“Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile.

Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”.

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LA SENTENZA

La risposta è AFFERMATIVA, la CASS. PEN., VI, 16/03/23 N° 11345 chiarisce che “…Ai fini della qualificazione di un dato ambiente come “luogo aperto al pubblico”, è essenziale la sua destinazione alla fruizione dì un numero indeterminato di soggetti, che, in presenza di determinate condizioni, hanno la possibilità pratica e giuridica di accedervi. …”, specificando altresì che “…I luoghi di lavoro destinati allo svolgimento di compiti istituzionali, qual è, al pari di qualsiasi ufficio pubblico, anche la stanza del sindaco situata all’interno della sede del municipio, sono accessibili ad una pluralità di soggetti, anche senza la necessità, di volta in volta, del preventivo consenso dell’avente diritto e senza un incondizionato ius excludendi di quest’ultimo: si pensi ai collaboratori, ai soggetti investiti di funzioni istituzionali, anche esterni all’organizzazione municipale, ma anche, in presenza di certe condizioni, ai cittadini. A tali luoghi, pertanto, è estraneo ogni carattere di riservatezza, essendo esposti, per definizione, alla intrusione altrui, poiché accessibili ad un numero non predeterminato di altri soggetti, benché selezionati dal titolare dell’ufficio. …”.

Segue……..

Giovanni Paris