Senza categoria

FUGA CON VEICOLO, VIOLAZIONE ALL’ART. 192 C.D.S. O RESISTENZA EX ART. 337 C.P.: CASS. PEN., VI, 12/04/24 N° 15389

Non si ferma all'alt della polizia locale, si dà alla fuga e ferisce un  agente: arrestato

QUANDO IL MANCATO FERMARSI ALL’INVITO DA PARTE DI ORGANI DI POLIZIA STRADALE (FUGA) NON COSTITUISCE SEMPLICEMENTE VIOLAZIONE ALL’ART. 192 C.D.S., MA CONFIGURA IL REATO DI RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE EX ART. 337 C.P.?

linea-divisoria-immagine-animata-0193

LA NORMATIVA

Art. 192 c.d.s. “Obblighi verso funzionari, ufficiali e agenti”

“1.  Coloro che circolano sulle strade sono tenuti a fermarsi all’invito dei funzionari, ufficiali ed agenti ai quali spetta l’espletamento dei servizi di polizia stradale, quando siano in uniforme o muniti dell’apposito segnale distintivo.

omissis

6.  Chiunque viola gli obblighi di cui ai commi 1, …………. è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 87 ad euro 344.

omissis”

Art. 337 c.p. “Resistenza a un pubblico ufficiale”

“Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.”

Art. 9/1 L.689/81 “Principio di specialità”

“Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale”.

linea-divisoria-immagine-animata-0193

IL CASO

Un soggetto è stato condannato per il reato previsto dall’art. 337 c.p. in quanto, all’esito di un controllo di polizia, ometteva di ottemperare all’intimazione di fermarsi dei militari, usava violenza nei confronti dei citati pubblici ufficiali dandosi alla fuga per il centro cittadino a velocità elevata e pericolosa per gli utenti della strada e, raggiunto dopo un lungo inseguimento, tentava di divincolarsi dalla presa dei militari operata nei suoi confronti. E’ stata ritenuta integrata la fattispecie contestata di resistenza a pubblico ufficiale rilevando come la fuga avesse posto in pericolo gli utenti della strada.

Viene presentato ricorso in Cassazione affermando che la sentenza risulta carente in punto di individuazione dell’elemento oggettivo del reato in quanto il soggetto si è limitato a fuggire e a tenere una condotta di mera resistenza passiva, come tale priva dei necessari connotati di violenza e minaccia, inidonea ad ostacolare i pubblici ufficiali. Lo stesso si limitava a non ottemperare all’ordine di fermarsi ricevuto da parte dell’organo di polizia e ad accelerare alla loro vista, senza porre in essere condotte violente o minacciose.

Pertanto i fatti dovevano essere qualificati come illecito amministrativo previsto dall’art. 192 del Codice della Strada, tenuto conto che la condotta del ricorrente era consistita nel solo omettere di arrestare la marcia del veicolo sul quale viaggiava.

linea-divisoria-immagine-animata-0193

LA CASSAZIONE

La sentenza della CASS. PEN., VI, 12/04/24 N° 15389 sottolinea come il giudice di appello  abbia correttamente rilevato “…come quella del ricorrente avesse integrato, non un mero inadempimento dell’ordine di arrestare la marcia o una resistenza passiva, quanto, piuttosto, una condotta oppositiva violenta. …”,

valorizzando la condotta de soggetto “…che intraprendeva una fuga spericolata per il centro cittadino con modalità tali da mettere in pericolo gli utenti della strada e proprio per detta ragione è stato escluso che la condotta potesse integrare l’illecito amministrativo ex art. 192 Codice della Strada, norma che sanziona la condotta che si risolve nella mera disobbedienza all’ordine di fermarsi impartito dal pubblico ufficiale. …”

Inoltre si osserva come dalla parte della difesa si tenta di “…accreditare una lettura riduttiva dell’agire…attraverso un non consentito frazionamento della complessiva condotta adeguatamente apprezzata dai Giudici di merito che hanno osservato, così smentendo la lettura delle risultanze operate in sede di ricorso – secondo cui il comportamento del ricorrente nei confronti dei pubblici ufficiali non fosse pericoloso e realizzasse una mera resistenza passiva -, che dopo l’intimazione di fermarsi rivoltagli dal personale della pattuglia…, percorreva a velocità sostenuta le vie del centro cittadino in pieno pomeriggio e con il manto stradale viscido per la pioggia; è stato, pertanto, palesato quale fosse il pericolo determinato nei confronti degli utenti della strada e degli inseguitori che riuscivano a raggiungere il ricorrente, nel frattempo fuggito a piedi, solo perché scivolava. …”.

Nessuna valenza deve essere assegnata “…alla sola disobbedienza dell’intimazione di arrestare la guida, in ordine alla quale si evoca non pertinente giurisprudenza di legittimità allorché si realizza una mera fuga o omessa osservanza della intimazione di fermarsi, profili che non risultano pertinenti alla luce del valorizzato differente e determinante aspetto connesso al pericolo che ne è derivato per i pubblici ufficiali. …”.

Si legga anche l’importante precedente giurisprudenziale, Cass. Pen., VI, 16/02/23 n° 6700, la quale ricorda il “…consolidato orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità secondo il quale in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l’elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che, per sfuggire all’intervento delle forze dell’ordine, si dia alla fuga, alla guida di un’autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, l’incolumità personale degli altri utenti della strada…”

e afferma che NON è applicabile il principio giuridico espresso dall’art. 9/1 della L. 689/81 “…che nel prescrivere che « Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale», richiede che le norme in concorso abbiano ad oggetto una medesima condotta: occorre, dunque, l’ “idem factum”, tale non potendosi all’evidenza considerare quello integrante gli estremi di una specifica violenza diretta ad ostacolare il compimento di un atto dell’ufficio da parte di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, rispetto alle mere condotte di guida di una vettura senza il rispetto dei limiti di velocità, dei segnali stradali e della intimazioni dei carabinieri, costituenti altrettanti illeciti amministrativi previsti da norme del codice della strada che, non contenendo gli stessi elementi costitutivi dell’anzidetto reato, più ulteriori requisiti specializzanti, non possono di certo dirsi speciali rispetto alla disposizione dettata dall’art. 337 cod. pen. …”.

Giovanni Paris

MODIFICHE AL DISCIPLINARE PER LE SCORTE TECNICHE ALLE COMPETIZIONI CICLISTICHE SU STRADA: CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO N° 300/STRAD/1/0000008933.U/2024 DEL 21/03/2024

ASA, QUALE FUTURO?

Ministero dell’Interno

“Disciplina delle competizioni ciclistiche su strada – Modifiche al disciplinare per le scorte tecniche alle competizioni ciclistiche, approvato con provvedimento del 5 febbraio 2024”

CIRCOLARE N° 300/STRAD/1/0000008933.U/2024 DEL 21/03/24

IL PROVVEDIMENTO

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI DEL 05/02/24 “MODIFICHE AL DISCIPLINARE PER LE SCORTE TECNICHE ALLE COMPETIZIONI CICLISTICHE SU STRADA”

LE PRECEDENTI CIRCOLARI

Si riportano le circolari citate nella circolare del 21/03/24.

Circ. n. 300/STRAD/1/0000005784.U/2023 del 15/02/23

Circ. n. 300/A/6989/20/116/1/1 del 29/09/20

Circ. n. 300/A/10164/19/116/1/1 del 27/11/19

Giovanni Paris

CAUSA DI NON PUNIBILITA’ PER ATTO ARBITRARIO DEL SOGGETTO PUBBLICO (ART. 393-BIS C.P.): CASS. PEN., VI, 06/03/24 N° 9687

Jesi / Nuovi agenti alla Polizia Locale, raffica di interventi per la  sicurezza stradale - QdM Notizie

QUANDO SI DETERMINA LA CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE PREVISTA DALL’ART. 393-BIS C.P.? IN COSA CONSISTONO GLI ATTI ARBITRARI CHE ECCEDONO I LIMITI DELLE ATTRIBUZIONI DEL SOGGETTO PUBBLICO OPERANTE? SONO CONSIDERATI ATTI ARBITRARI LA SCONVENIENZA E LA VILLANIA DELLE MODALITA’ COMPORTAMENTALI DEL SOGGETTO PUBBLICO?

LA NORMATIVA

Art. 393-bis c.p. “Causa di non punibilità”

“Non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 339-bis, 341-bis, 342 e 343 quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni”.

La disposizione è stata introdotta dall’art. 1/9 della L. 94/09 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, mentre l’art. 1/10 ha abrogato l’art. 4 del D.Lgs.Lgt. 288/44, che prevedeva la cosiddetta legittima reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale.

LA SENTENZA

La CASS. PEN., VI, 06/03/24 N° 9687 viene a indicare le caratteristiche che deve possedere l’azione del soggetto pubblico e che la qualifica come atto arbitrario, sostanzialmente questo è un comportamento tenuto in esecuzione di legittime pubbliche funzioni, ma connotato per una carenza di corripondenza tra le modalità impiegate e le finalità per le quali è attribuita la funzione stessa, violando pertanto i doveri di correttezza e civiltà, affermando che  “…in linea con l’interpretazione offerta dal Giudice delle leggi (Corte cost., n. 140 del 1998), la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la reazione del privato può dirsi giustificata a fronte di un comportamento oggettivamente illegittimo del pubblico agente che si presenti disfunzionale rispetto al fine per cui il potere è conferito, anche solo per le modalità scorrette, incivili e sconvenienti di attuazione…”.

Si legga CORTE COSTITUZIONALE DEL 23/04/98 N° 140 per la quale la convenienza e la urbanità dei modi debbono ritenersi in ogni caso dovere dei pubblici ufficiali e, di conseguenza, la mera scorrettezza e la villania delle modalità con cui gli atti del pubblico ufficiale, anche se di per sé non difformi dalle norme di legge, vengono compiuti, si traducono in un eccesso dai limiti delle sue attribuzioni e vanno considerati atti arbitrari.

Giovanni Paris

RIFIUTO DI INDICAZIONI SULLA IDENTITA’ PERSONALE: CASS. PEN., VI, 21/02/24 N° 7673

La nostra polizia locale, un'eccellenza" - La Voce di Rovigo

IN CASO DI AVVENUTO RIFIUTO DA PARTE DI UN SOGGETTO DI DARE INDICAZIONI SULLA PROPRIA IDENTITA’ PERSONALE, IL FATTO CHE LO STESSO SI “RAVVEDA” E TALI INDICAZIONI VENGANO FORNITE SUCCESSIVAMENTE O CHE IL SOGGETTO SIA CONOSCIUTO DAL PUBBLICO UFFICIALE IMPEDISCE IL CONFIGURARSI DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 651 C.P.?

linea-divisoria-immagine-animata-0125

LA NORMATIVA

Art. 651 c.p.  “ Rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale”

“Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206″.

La disposizione punisce le condotte di intralcio all’attività di accertamento della identità personale svolta dai pubblici ufficiali.

linea-divisoria-immagine-animata-0125

LA SENTENZA

Si conferma con  CASS. PEN., VI, 21/02/24 N° 7673 il consolidato orientamento per cui “…il reato di cui all’art. 651 cod. pen. si perfeziona con il semplice rifiuto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni circa la propria identità personale, per cui è irrilevante che tali indicazioni vengano successivamente fornite o che l’identità del soggetto sia facilmente accertata per la conoscenza personale da parte del pubblico ufficiale o per altra ragione…”.

E, in ordine alla seconda casistica, si osserva “…come l’obbligo di rispondere alla richiesta di identificazione deve essere adempiuto anche in caso di conoscenza della persona richiesta da parte del pubblico ufficiale, giacché tale circostanza non implica che questi conosca con certezza le generalità e gli altri estremi necessari per la completa ed esatta individuazione del soggetto…”.

Si leggano anche:

Giovanni Paris

PARERE DEL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI DEL 11/01/24 N° 2

Logo GPDP

Il garante per la Protezione dei dati Personali ha emesso il parere sullo schema di decreto del MIT, di concerto con il Ministro dell’interno, relativo alle modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui all’articolo 142 del codice della strada.

PARERE DEL GARANTE DEL 11/01/24 N° 2

Giovanni Paris

PORTO DI MARTELLETTO FRANGIVETRO E ART. 4/2 L. 110/75: CASS. PEN., I, 22/02/24 N° 7864

In giro con un martelletto frangi vetro delle Ferrovie dello Stato.  Denunciato - GenovaQuotidiana

E’ LECITO PORTARE CON SE’ UN MARTELLETTO FRANGIVETRO?

LA NORMATIVA

Art. 4 L. 110/75 “Porto di armi od oggetti atti ad offendere”

“Salve le autorizzazioni previste dal terzo comma dell’articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, numero 773, e successive modificazioni, non possono essere portati, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere, storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrocuzione.

Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona, gli strumenti di cui all’articolo 5, quarto comma, nonché i puntatori laser o oggetti con funzione di puntatori laser, di classe pari o superiore a 3 b, secondo le norme CEI EN 60825- 1, CEI EN 60825- 1/A11, CEI EN 60825- 4.

Il contravventore è punito con l’arresto da uno a tre anni e con l’ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro . Nei casi di lieve entità, riferibili al porto dei soli oggetti atti ad offendere, può essere irrogata la sola pena dell’ammenda. La pena è aumentata se il fatto avviene nel corso o in occasione di manifestazioni sportive.”

OMISSIS

Non sono considerate armi ai fini delle disposizioni penali di questo articolo le aste di bandiere, dei cartelli e degli striscioni usate nelle pubbliche manifestazioni e nei cortei, né gli altri oggetti simbolici usati nelle stesse circostanze, salvo che non vengano adoperati come oggetti contundenti.

IL CASO

Un soggetto è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 4/2 L. 110/75 per il porto di un martelletto frangivetro, essendo stato giudicato uno strumento da punta atto a offendere, quindi rientrante nella previsione della norma sopra indicata.

Viene presentato ricorso in Cassazione deducendo la violazione di legge in riferimento all’art. 533 c.p. e all’art. 4/2, L. 110/75. Difetterebbe, innanzitutto, l’elemento materiale del reato, in quanto il martelletto frangivetro non sarebbe strumento intrinsecamente atto ad offendere e difetterebbe, comunque, la prova del suo utilizzo per l’offesa della persona. Inoltre, sarebbe stato valutato in termini meramente probabilistici l’uso pregiudizievole del martelletto, senza indicare gli elementi di fatto da cui desumerlo. In modo illogico, inoltre, è stata desunta l’offensività della condotta dalle condizioni psichiche del ricorrente. Mancherebbe, altresì, ogni motivazione sulla sussistenza del requisito soggettivo della contravvenzione.

LA CASSAZIONE

Si pronuncia in merito CASS. PEN., I, 22/02/24 N° 7864.

In modo chiaro viene affermato che “…Fuori dubbio è la circostanza che il martelletto frangivetro…rientri tra gli strumenti cd. “nominati”, cui fa riferimento la prima parte del secondo comma dell’art. 4, I. n. 110 del 1975, trattandosi di «strumento da punta o taglio atto ad offendere», in quanto idoneo a ferire e, altresì, caratterizzato da particolare maneggevolezza….”.

Inoltre si argomenta che “…Ai fini della punibilità del porto di tali oggetti fuori dai luoghi di pertinenza dell’agente, unica condizione è che la condotta sia realizzata in assenza di un giustificato motivo, intendendosi, per tale, quello determinato da particolari esigenze dell’agente, le quali «siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento e alla normale funzione dell’oggetto…”.

Sempre ai fini della punibilità del porto “…Non è invece necessaria la sussistenza di circostanze di tempo e luogo dimostrative del pericolo di offesa alla persona, dal momento che la disposizione in esame sanziona il semplice porto dello strumento idoneo ad offendere in un luogo pubblico, prescindendosi dalla possibilità in atto di un suo uso pregiudizievole. …”.

Viene altresì citata la sentenza della Corte Costituzionle del 10/07/23 n° 139 la quale “…ha dichiarato non fondata, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, prima parte, della legge n. 110 del 1975, sul rilievo che la distinzione rispetto agli strumenti “innominati” – per i quali la seconda parte del medesimo comma 2, dell’art. 4 cit. richiede, invece, la sussistenza delle dette circostanze – non è irrazionale né arbitraria, avendo il legislatore incluso tra gli strumenti “nominati” quelli che, per le loro caratteristiche, si presentano oggettivamente più pericolosi e strutturalmente prossimi alle armi proprie “bianche”, nonché quelli che, in base all’esperienza, si prestano ad essere impiegati, più facilmente e con maggior frequenza, per l’offesa alla persona…”.

Pertanto il giudice “…con motivazione adeguata e coerente con la previsione normativa, ha correttamente qualificato il martelletto frangivetro…come “strumento da punta”, in quanto dotato di una punta di metallo e perciò senz’altro idoneo ad offendere se usato contro una persona. Con argomentazioni del tutto logiche, ha altresì escluso che vi fosse un giustificato motivo perché…avesse con sé tale strumento, né alcun motivo era stato addotto…”.

Si leggano sull’argomento anche i seguenti articoli:

Giovanni Paris

OTTEMPERANZA A ORDINE DI DEMOLIZIONE E PUNIBILITA’ DEL REATO: CASS. PEN., III, 27/02/24 N° 8348

Attrezzo, Operaio Edile, Zimmererhammer

LA OTTEMPERANZA ALL’ORDINE DI DEMOLIZIONE EMESSA A SEGUITO DELLA REALIZZAZIONE DI UN ABUSO EDILIZIO CON RIMOZIONE DELLO STESSO DETERMINA LA CONSEGUENZA CHE IL REATO COMMESSO NON PUO’ PIU’ ESSERE PERSEGUITO PENALMENTE?

linea-divisoria-immagine-animata-0125

LA NORMATIVA

Art. 44 T.U. EdiliziaSanzioni penali”

“1.  Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

a)  l’ammenda fino a 20658 euro per l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
b)  l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 10328 a 103290 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione;
c)  l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 30986 a 103290 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.
OMISSIS”
linea-divisoria-immagine-animata-0125

IL CASO

Un soggetto è stato ritenuto responsabile della contravvenzione di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 per avere realizzato una tettoia di rilevanti dimensioni, evidenziando la sostanziale difformità dell’opera rispetto a quanto assentito con SCIA (tettoia permeabile, ossia una pergola ombreggiante volta a schermare l’irraggiamento solare), trattandosi di una struttura fissa ed impermeabile alla pioggia (con doppia orditura in legno, su cui era stata posata una copertura multistrato composta da due livelli di cannicci con interposto una pannello in plexiglass); la tettoia, peraltro, era funzionale all’attività di somministrazione di alimenti e bevande, così da rappresentare un ampliamento della volumetria della struttura muraria, a questa palesemente funzionale. Un’opera, dunque, che non poteva esser qualificata come di minima consistenza, come sostenuto dalla difesa, a prescindere dall’incidenza sul carico urbanistico della struttura.

Viene proposto ricorso in Cassazione deducendo, tra i diversi motivi, il fatto che non si è tenuto conto della condotta successiva al reato, quale la rimozione della tettoia.

linea-divisoria-immagine-animata-0125

LA SENTENZA

Il pronunciamento della CASS. PEN., III, 27/02/24 N° 8348 è nel senso di ritenere che permane la punibilità dell’abuso edilizio anche in caso di demolizione, in quanto esso “…costituiva soltanto l’ottemperanza all’ordine di demolizione disposto in via amministrativa, quindi una condotta da eseguire coattivamente…”.

Giovanni Paris

CONDIZIONI ATMOSFERICHE E UTILIZZO ETILOMETRO: CASS. PEN., VII, 13/12/23 N° 49533

Barometro, barometro da pesca, barometro da giardino, barometro  meteorologico, manometro barometrico for interni ed esterni for la casa,  barometro analogico strumenti stazione meteorologica Barometri : Amazon.it:  Giardino e giardinaggio

ESISTONO LIMITAZIONI ALL’UTILIZZO DELL’ETILOMETRO IN CONSEGUENZA DI PARTICOLARI CONDIZIONI ATMOSFERICHE, QUALI LA PRESENZA DI ALTA UMIDITA’?

linea-divisoria-immagine-animata-0112

LA CORTE DI CASSAZIONE

Ebbene sì, la Corte di Cassazione ha dovuto esprimersi anche su questo dubbio, oggetto di specifica censura.

CASS. PEN., VII, 13/12/23 N° 49533 dopo aver premesso che “…l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza – stante l’affidabilità di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all’omologazione e alla taratura – con la conseguenza che è onere della difesa dell’imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l’assenza o l’inattualità dei prescritti controlli, tramite l’escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell’etilometro…,

afferma che “…Nessuna norma…pone limitazioni all’utilizzo dell’etilometro per l’accertamento dello stato di ebbrezza alcolica in correlazione con le condizioni atmosferiche; peraltro, le lievi imprecisioni nella misurazione in conseguenza di condizioni di umidità superiori ad una certa percentuale non escluderebbero la responsabilità dell’imputato a fronte di un responso che supera ampiamente il tasso di rilevanza penale e quello di soglia minima previsto dall’art. 186, lett. b), C.d.S…”,

e la parte non fornisce “…elementi specifici di natura scientifica per contestare gli esiti della prova e non prospetta circostanze di fatto, che avrebbero potuto effettivamente inficiare gli elementi forniti dagli organi di P.G. sullo stato di alterazione…e sull’esito delle analisi svolte…”.

Giovanni Paris

RIFIUTO DI INDICAZIONI SULLA IDENTITA’ PERSONALE: CASS. PEN., VI, 26/09/23 N° 39142

Presenta documenti falsi, arrestato un uomo - Rovigo IN Diretta

IN CASO DI AVVENUTO RIFIUTO DA PARTE DI UN SOGGETTO DI DARE INDICAZIONI SULLA PROPRIA IDENTITA’ PERSONALE, IL FATTO CHE LO STESSO SI “RAVVEDA” E TALI INDICAZIONI VENGANO FORNITE SUCCESSIVAMENTE IMPEDISCE IL CONFIGURARSI DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 651 C.P.?

linea-divisoria-immagine-animata-0125

LA NORMATIVA

Art. 651 c.p.  “ Rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale”

“Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206″.

La disposizione punisce le condotte di intralcio all’attività di accertamento della identità personale svolta dai pubblici ufficiali.

linea-divisoria-immagine-animata-0125

LA SENTENZA

Si conferma con  CASS. PEN., VI, 26/09/23 N° 39142  l’esistente indirizzo giurisprudenziale in forza del quale “…Il reato previsto dall’art. 651 cod. pen., si perfeziona con il semplice rifiuto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni sulla propria identità personale ed è, pertanto, irrilevante, ai fini della configurazione dell’illecito, che tali indicazioni vengano fornite…successivamente. La “ratio” della norma incriminatrice è, infatti, quella di evitare che l’attività della P.A. sia intralciata nell’identificazione della persona le cui generalità sono richieste nell’esercizio del potere discrezionale attribuito al pubblico ufficiale….”.

Per precedente più immediato si veda RIFIUTO INDICAZIONI IDENTITA’ PERSONALE: CASS. PEN., VII, 19/04/23 N° 16610.

Giovanni Paris

DIVIETO DI GAREGGIARE IN VELOCITA’ EX ART. 9-TER C.D.S.: CASS. PEN., IV, 21/02/22 N° 5861

COSTITUISCE ELEMENTO ESSENZIALE DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 9-TER DEL CODICE DELLA STRADA LA ESISTENZA DI UN ACCORDO ORGANIZZATIVO PER GAREGGIARE IN VELOCITA?

linea-divisoria-immagine-animata-0125

LA NORMATIVA

Art. 9-ter  C.d.S. “Divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore”

1.  Fuori dei casi previsti dall’articolo 9-bis, chiunque gareggia in velocità con veicoli a motore è punito con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da euro 5.000 ad euro 20.000.

2.  Se dallo svolgimento della competizione deriva, comunque, la morte di una o più persone, si applica la pena della reclusione da sei a dieci anni; se ne deriva una lesione personale la pena è della reclusione da due a cinque anni.

3.  All’accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da uno a tre anni ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. La patente è sempre revocata se dallo svolgimento della competizione sono derivate lesioni personali gravi o gravissime o la morte di una o più persone. Con la sentenza di condanna è sempre disposta la confisca dei veicoli dei partecipanti, salvo che appartengano a persona estranea al reato e che questa non li abbia affidati a questo scopo”.

linea-divisoria-immagine-animata-0125

LA GIURISPRUDENZA

La giurisprudenza si è espressa costantemente nel senso che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 9-ter del codice della strada è sufficiente il solo fatto di porre in essere la condotta relativa alla fattispecie vietata, senza necessità alcuna di un previo accordo organizzativo tra i partecipanti, quando questo esiste allora si configura la ipotesi prevista dall’art. 9-bis.

Si legga CASS. PEN., IV, 21/02/22 N° 5861 la quale ribadisce che secondo la giurisprudenza “…è configurabile una gara di velocità, vietata dall’art. 9 ter C.d.S., quando due o più conducenti di veicoli, anche senza preventivo accordo e per effetto di una tacita e reciproca volontà di voler competere l’uno con l’altro, pongono in essere una contesa, consistente nel tentativo di superarsi, ingaggiando una competizione da cui deriva un vicendevole condizionamento delle modalità di guida…”-

Di seguito alcuni precedenti in tal senso:

  • Cass. Pen., IV, 03/07/07 n° 37859
  • Cass. Pen., IV, 28/04/14 n° 17811
  • Cass. Pen., IV, 14/12/16 n° 52876
  • Cass. Pen., V, 09/06/21 n° 22768

Giovanni Pari

REGISTRAZIONE CLANDESTINA DI CONVERSAZIONE E INTERCETTAZIONE: CASS. PEN., II, 17/07/23 N° 30771

Registrare una conversazione: in quali casi è lecito e quando viola la  privacy? - Federprivacy

E’ LEGITTIMA LA REGISTRAZIONE DI UNA CONVERSAZIONE, ANCHE TELEFONICA, DA PARTE DI UNO DEI SOGGETTI PARTECIPANTI ALLA STESSA, MA SENZA INFORMARNE L’INTERLOCUTORE O TALE OPERAZIONE COSTITUISCE ATTIVITA’ DI INTERCETTAZIONE?

Esiste sull’argomento un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo cui le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute per iniziativa di uno degli interlocutori, non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma rappresentano una particolare forma di “documentazione”, che non è sottoposta ai limiti e alle finalità, proprie delle intercettazioni, e in quanto tali non necessitano dell’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari.

linea-divisoria-immagine-animata-0125

Affronta nuovamente la questione CASS. PEN, II, 17/07/23 N° 30771 dove si legge che “…la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe…non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 cod. proc. pen. difettando la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la “terzietà” del captante. Infatti, con la registrazione, il soggetto interessato non fa altro che memorizzare fonicamente le notizie lecitamente apprese dall’altro o dagli altri interlocutori. In conclusione la spendibilità processuale delle registrazioni clandestine si gioca sulla pertinenza del documento fonico alla rappresentazione di notizie (aventi ad oggetto il contenuto del colloquio) che ben possono essere introdotte nel processo attraverso la testimonianza del partecipe implicato nella registrazione…”.

Si segnala anche CASS. PEN., II, 22/06/23 N° 27382 nella quale il collegio riafferma:

“…(a) che lo statuto delle intercettazioni non è applicabile alla registrazione di conversazioni quando uno degli interlocutori è consapevole dato che in tal caso non viene in predicato la violazione del diritto alla segretezza delle comunicazioni, ma solo la violazione del diritto alla riservatezza che rispetto al primo gode di una tutela attenuata;

(b) che la registrazione da parte di interlocutore consapevole ha natura di “documento”, se formata in ambito extraprocedimentale, mentre ha natura di “prova atipica” se è formata “durante il” o “in funzione del” procedimento. …”

Il provvedimento giurisprudenziale si mostra di particolare interesse dal momento che lo stesso evidenzia come quanto sopra rappresentato ha fondamento su una scelta ermeneutica generata dall’analisi dei contenuti delle sentenze emesse in merito dalla Cassazione, Sezioni Unite, 28/05/03 n° 36747, Cassazione, Sezioni Unite, 28/03/06 n° 26795 del 28/03/06 e, soprattutto, dai contenuti della sentenza della Corte Costituzionale, 04/12/09 n° 320, delle quali in modo puntuale la sentenza sopra indicata riporta il percorso giurisprudenziale che è stato con esse tracciato.

Giovanni Paris

LE FAQ (FREQUENTLY ASKED QUESTIONS) E LE FONTI DEL DIRITTO: CONSIGLIO DI STATO, IV, 30/08/23 N° 8065

LE FAQ (FREQUENTLY ASKED QUESTIONS) SONO FONTI DEL DIRITTO?

linea-divisoria-immagine-animata-0178

Cosa sono le FAQ?

Le FAQ (acronimo di Frequently Asked Questions) sono quelle domande che vengono più frequentemente poste dagli utilizzatori di un certo servizio e che vengono raccolte in una lista con le relative risposte con lo scopo di evitare di rispondere più volte alle stesse domande.

Ricordiamo tutti il periodo emergenziale durante la pandemia da Covid-19 con il fenomeno della continua e vorticosa produzione normativa sul tema e che veniva emessa mese per mese, ponendo sia il cittadino che gli organi deputati al controllo in una continua e tesa situazione di difficoltà per comprendere con precisione se e quali comportamenti fossero consentiti o vietati e su tale situazione vennero in ausilio le FAQ pubblicate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sul proprio sito e quelle ebbero la funzione sicuramente di guida e fornirono risposte ai mille dubbi ed incertezze interpretative della normativa.

Il cittadino dovrebbe potersi fidare di ciò che scrive e risponde la Pubblica Amministrazione, pertanto le FAQ elaborate e pubblicate determinano quello che si definisce “legittimo affidamento”?

Il caso trattato dal Consiglio di Stato trae origine dal ricorso avverso la sentenza del Tar Lazio del 27/12/23 n° 17581, la quale ha ritenuto che le risposte dell’amministrazione ai quesiti frequenti (FAQ), pubblicate sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pur non avendo pacificamente efficacia innovativa della lex specialis, contribuiscono “a fornire utili indicazioni di carattere applicativo sulle regole date” e non possono essere considerate “tamquam non essent”.

Nel ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri si censura, tra l’altro, che le FAQ non possono essere considerate in alcun modo una fonte del diritto e non possono fondare la buona fede soggettiva.

Effettivamente le FAQ nel nostro ordinamento giuridico NON rientrano tra le fonti del diritto, ma….. .

Il CONSIGLIO DI STATO, IV, 30/08/23 n° 8065 risponde che “…Sul valore delle risposte fornite dall’amministrazione alle cd. Frequently Asked Questions (FAQ), il Collegio intende muoversi in coerenza con la approfondita riflessione sul valore delle FAQ sviluppata da questo Consiglio in sede consultiva, mediante un recente parere (Cons. Stato, sez, I, parere del 20 luglio 2021, n. 1275) nel quale si sottolinea che “…in linea generale, occorre prendere atto del sempre maggiore ricorso da parte delle pubbliche amministrazioni alle Frequently Asked Questions (FAQ), già note, in precedenza, nell’ambito dell’e-commerce e dei servizi sul web. Si tratta di una serie di risposte alle domande che sono state poste (o potrebbero essere poste) più frequentemente dagli utilizzatori di un certo servizio. In tal modo viene data risposta pubblica, su un sito web, a interrogativi ricorrenti, sì da chiarire erga omnes e pubblicamente le questioni poste con maggiore frequenza. Il ricorso alle FAQ, evidentemente, è normalmente da ricondurre a esigenze di trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione e di economicità della medesima. Sotto questo secondo aspetto, il carattere ricorrente di taluni temi o interrogativi induce il titolare del sito (in questo caso: l’amministrazione) a soddisfare in via preventiva le esigenze di chiarimento dei destinatari principali dell’attività. Nello stesso periodo contrassegnato dalle limitazioni dovute alla diffusione del COVID 19, le risposte alle FAQ da parte della pubblica amministrazione hanno conosciuto un rilievo e una notorietà in precedenza sconosciute, con l’obiettivo di offrire elementi di chiarezza ai fini interpretativi e applicativi di disposizioni che si potevano, in astratto, prestare a diversi esiti finali. Tuttavia, non si può neppure dimenticare che le FAQ sono sconosciute all’ordinamento giuridico, in particolare all’art. 1 delle preleggi al codice civile. Esse svolgono una funzione eminentemente pratica né, in genere, indicano elementi utili circa la loro elaborazione, la procedura o i soggetti che ne sono i curatori o i responsabili. Non sono pubblicate a conclusione di un procedimento predefinito dalla legge. È quindi da escludere che le risposte alle FAQ possano essere assimilate a una fonte del diritto, né primaria, né secondaria. Neppure possono essere considerate affini alle circolari, dal momento che non costituiscono un obbligo interno per gli organi amministrativi. In difetto dei necessari presupposti legali, esse non possono costituire neppure atti di interpretazione autentica. Tuttavia, non può essere sottovalutato l’effetto che le risposte alle FAQ producono sui destinatari, a partire dall’affidamento nei confronti di chi (l’amministrazione) fornisce le risposte. In definitiva, le risposte alle FAQ, pur nella loro atipicità, si pongono a metà strada tra le disposizioni di carattere normativo, per loro natura (almeno di regola) generali e astratte e inidonee quindi a prevedere ogni loro possibile applicazione concreta, e il singolo esercizio della funzione amministrativa da parte di una pubblica amministrazione. Essenziali criteri di affidamento del cittadino nella pubblica amministrazione richiedono tuttavia di tenere conto dell’attività svolta dall’amministrazione stessa con la pubblicazione delle FAQ sul proprio sito istituzionale. Fatta questa premessa, si può agevolmente riconoscere che vale per le risposte alle FAQ quanto enucleato dal Consiglio di Stato con riferimento alle gare di appalto: <<chiarimenti in ordine alla valenza di alcune clausole della lex di gara dal significato poco chiaro, essendo forniti dalla stazione appaltante anteriormente alla presentazione delle offerte, non costituiscono un’indebita, e perciò illegittima, modifica delle regole di gara, ma una sorta d’interpretazione autentica, con cui l’Amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale, in un primo momento poco intelligibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis>> (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 341; Sez. III, n. 290/2014). Per quanto non vincolanti, le FAQ orientano i comportamenti degli interessati e non possono essere considerate tamquam non essent.

linea-divisoria-immagine-animata-0178

LE FONTI DEL DIRITTO

schermata-2016-11-08-alle-17-53-38

Materiale di studio ed approfondimento sulle fonti del diritto.

Università degli Studi di Cagliari DISPENSA N° 1 DISPENSA N° 2 della Prof.ssa Elisabetta Sanna

Monografia tratta dal sito dell’Avvocatura dello Stato Le fonti del diritto nell’ordinamento giuridico italiano. Individuazione, tipologie e vicende di Michele Gerardo (Avvocato dello Stato)

Da Aula Web Il Mulino LE FONTI DEL DIRITTO – CONCETTI GENERALI

VIDEO

Una selezione di video sull’argomento tratte da Hub Scuola – Rizzoli Mondadori

LE FONTI DEL DIRITTO

LE FONTI DEL DIRITTO

LA GERARCHIA DELLE FONTI

////////////////////////////

Prof. Marco Gius LA GERARCHIA DELLE FONTI

Giovanni Paris

MAGGIORAZIONE EX ART. 27 L. 689/81: CONSIGLIO DI STATO, VI, 06/09/23 N° 8185

Le migliori Promozioni sulle Piscine, Prodotti Chimici, Robot e molto altro!

LA MAGGIORAZIONE EX ART. 27 L. 689/81 HA NATURA SANZIONATORIA O RISARCITORIA?

NEL CASO IN CUI E’ STATA EMESSA UNA DECISIONE GIURISDIZIONALE, ANCHE SE NON DEFINITIVA, CHE ANNULLA IL PROVVEDIMENTO SANZIONATORIO E POI INTERVENGA INVECE IN APPELLO DECISIONE DI SUA CONFERMA, LA MAGGIORAZIONE E’ COMUNQUE DOVUTA ANCHE PER QUEL PERIODO TEMPORALE COMPRESO TRA LA EMISSIONE DEL PRIMO E DEL SECONDO GIUDIZIO?

linea-divisoria-immagine-animata-0112

LA NORMATIVA

Art. 27  L. 689/81 “Esecuzione forzata”

“OMISSIS

Salvo quanto previsto nell’art. 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

OMISSIS”

linea-divisoria-immagine-animata-0112

IL CONSIGLIO DI STATO

Alle due domande risponde il CONSIGLIO DI STATO, VI, 06/09/23 n° 8185 il quale richiama “…Un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ha motivi di discostarsi, afferma che la maggiorazione di cui al citato art. 27, comma 6, della L. n. 689/1981, ha natura sanzionatoria a funzione deterrente, in quanto volta a colpire il ritardo nell’adempimento della sanzione principale. Il carattere sanzionatorio è altresì reso palese dal fatto che tale maggiorazione non è frutto di automatismo giuridico connesso al trascorrere vano del tempo, ma ha come presupposti aggiuntivi – rispetto al ritardo – l’imputabilità e colpevolezza dell’inadempimento. La scadenza del termine per il pagamento, costituisce solo uno degli elementi costitutivi dell’autonomo illecito scaturente dal tardivo versamento dell’originaria sanzione amministrativa pecuniaria, la cui integrazione comporta l’applicazione della maggiorazione de qua, costituente sanzione accessoria di natura afflittiva, che si “aggiunge” a quella principale. …”.

Pertanto “…in applicazione dei principi generali che presiedono al diritto sanzionatorio amministrativo, ai fini dell’integrazione dell’autonomo illecito in oggetto occorre che sussistano: (i) il requisito oggettivo, rappresentato dal “ritardo” nel pagamento della sanzione principale; (ii) il requisito soggettivo, rappresentato dalla imputabilità del “ritardo” al comportamento doloso e colposo dell’agenteNella fattispecie il ritardo nel pagamento non può ritenersi imputabile a dolo o colpa dell’appellata, atteso che l’annullamento giudiziale della sanzione principale, a opera del giudice di prime cure, ha determinato la non esigibilità, sotto il profilo soggettivo, della pretesa sanzionatoria. In altri termini, essendo la sanzione accessoria dovuta per il “ritardo” nel pagamento della sanzione principale, se una decisione giurisdizionale, ancorché non definitiva, afferma che tale ultima sanzione non è dovuta, non può ritenersi colpevole la condotta del soggetto che, fino a quando la detta pronuncia del giudice produce effetti, non corrisponde la somma richiesta nella misura originaria,,,”.

In conclusione “…l’applicazione della maggiorazione non discende dalla sentenza che dà ragione all’Autorità sulla pretesa sanzionatoria principale, ma è l’effetto di un’autonoma fattispecie, operante sul piano del diritto sostanziale, che si realizza nel caso di colpevole ritardo nel pagamento della sanzione principale, colpevolezza configurabile soltanto laddove il provvedimento di irrogazione della sanzione principale risulti efficace…”.

linea-divisoria-immagine-animata-0112

LA CORTE DI CASSAZIONE

Nel medesimo senso si è espressa CASS. CIV, SEZ. LAVORO, 21/03/23 N° 8109 che cita precedente “…ove è affermato che…In materia di sanzioni amministrative – nella specie, per violazioni stradali -, la maggiorazione del dieci per cento semestrale, ex art. 27 della l. n. 689 del 1981, per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, ha natura di sanzione aggiuntiva…”,

ribadendo altresì il principio della necessità del requisito soggettivo dell’imputabilità del ritardo, difatti “…La maggiorazione prevista dall’art. 27, comma 6, l. n. 689 del 1981, per il caso di ritardo nel pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, ha natura non già risarcitoria o corrispettiva, bensì sanzionatoria e, pertanto, si determina solo allorquando sussista il requisito soggettivo dell’imputabilità del ritardo al comportamento doloso o colposo dell’agente; ne deriva che detta maggiorazione non è applicabile in relazione al tempo durante il quale l’efficacia esecutiva del provvedimento sanzionatorio sia stata sospesa, ai sensi dell’art. 22 l. n. 689 del 1981 o degli artt. 5 e 6 d.lgs. n. 150 del 2011, valendo tale sospensione ad escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa nell’omissione del pagamento. …”.

linea-divisoria-immagine-animata-0112

LA CIRCOLARE DEL MINISTERO

Si legga anche il punto 2 della CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO N° 676-2014 DEL 23/09/16 sulla natura sanzionatoria DELLA maggiorazione ex art. 27 L. 689/81. 

Giovanni Paris

 

 

ATTIVAZIONE INDICE NAZIONALE DOMICILI DIGITALI (INAD): CIRCOLARE MINISTERO INTERNO N° 8748 DEL 19/06/23

Dal 06/07/23 per le comunicazioni elettroniche aventi valore legale, ai sensi dell’art. 1/1 lett. n-ter) del Codice dell’Amministrazione Digitale, le Pubbliche Amministrazioni devono utilizzare, se presente nell’elenco, il domicilio digitale indicato dal cittadino al momento della registrazione sul portale INAD (Indice Nazionale dei Domicili Digitali).

Quanto sopra come riportato nella CIRCOLARE MININTERNO N° 8748 DEL 19-06-23 con la quale si trasmette la nota prot. n° 150 del 13/06/23 dell’Ufficio del Responsabile per la Transizione Digitale.

Giovanni Paris

COMPETENZA TERRITORIALE POLIZIA LOCALE: LEGGE REGIONE LOMBARDIA 20/05/22 N° 8 E CORTE COSTITUZIONALE DEL 13/04/23 N° 69

Uau Engenharia

LA LEGGE REGIONALE PUO’ PREVEDERE UNA ESTENSIONE DELLA COMPETENZA TERRITORIALE DELLA POLIZIA LOCALE OLTRE IL TERRITORIO COMUNALE DI APPARTENENZA?

Fino a qualche giorno fa avremmo risposto con sicurezza NO, ma registriamo la sentenza della CORTE COSTITUZIONALE 13/04/23 N° 69 che stravolge, con effetti, possiamo dire, dirompenti, un principio scontato che regola le competenze spaziali della polizia locale e cioè che esse si esercitano all’interno del territorio dell’ente di appartenenza, dichiarando che la legislazione regionale, se va a disciplinare situazioni afferenti alla “sicurezza secondaria, può ridefinire l’ambito territoriale di azione della polizia locale.

La Suprema Corte si è occupata del ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri promosso per questioni di legittimità costituzionale nei confronti di alcune disposizioni della Legge della Regione Lombardia del 20/05/22, n° 8, in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera h), e sesto, della Costituzione, tra le quali quella che prevede, nell’ambito dell’attivazione di “ …servizi di controllo finalizzati a garantire la sicurezza urbana anche con il concorso della polizia locale con particolare riferimento alle aree adiacenti alle stazioni ferroviarie ovvero alle aree di interscambio del trasporto pubblico regionale e locale…, il superamento della barriera funzionale e operativa dei confini territoriali di riferimento del singolo corpo o servizio di polizia locale…”.

LA NORMATIVA NAZIONALE

L. 07/03/86 n° 65 “Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale”.

Art. 3 Compiti degli addetti al servizio di polizia municipale.

Gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano nel territorio di competenza le funzioni istituzionali previste dalla presente legge e collaborano, nell’ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità.

Art. 4 Regolamento comunale del servizio di polizia municipale.

I comuni singoli o associati adottano il regolamento del servizio di polizia municipale, che, in particolare, deve contenere disposizioni intese a stabilire:

omissis

3) che l’ambito ordinario delle attività sia quello del territorio dell’ente di appartenenza o dell’ente presso cui il personale sia stato comandato;

4) che siano osservati i seguenti criteri per i sottoelencati casi particolari:

a) sono autorizzate le missioni esterne al territorio per soli fini di collegamento e di rappresentanza;

b) le operazioni esterne di polizia, d’iniziativa dei singoli durante il servizio, sono ammesse esclusivamente in caso di necessità dovuto alla flagranza dell’illecito commesso nel territorio di appartenenza;

c) le missioni esterne per soccorso in caso di calamità e disastri, o per rinforzare altri Corpi e servizi in particolari occasioni stagionali o eccezionali, sono ammesse previa esistenza di appositi piani o di accordi tra le amministrazioni interessate, e di esse va data previa comunicazione al prefetto.

Art. 57 c.p.p.Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria”

omissis

2. Sono agenti di polizia giudiziaria:

omissis

b) i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia, le guardie forestali e, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, le guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio.

LA NORMATIVA REGIONALE OGGETTO DI RICORSO

Artt. 3, c. 1°, lett. c) e g), e 11, c. 1°, lett. a), della legge della Regione Lombardia 20/05/22, n° 8.

Art. 3  Modifiche agli articoli 34581517 e 27 della L.R. 6/2015 e norma transitoria.

1.  Alla legge regionale 1 aprile 2015, n. 6 (Disciplina regionale dei servizi di polizia locale e promozione di politiche integrate di sicurezza urbana) sono apportate le seguenti modifiche:

c)  dopo la lettera l) del comma 1 dell’articolo 5 è aggiunta la seguente:
“l bis) promuove la stipulazione di intese fra la Regione, i competenti organi decentrati dello Stato, gli enti locali e i gestori del servizio di trasporto pubblico regionale e locale, sentite le associazioni dei passeggeri e dei pendolari, al fine di attivare servizi di controllo finalizzati a garantire la sicurezza urbana anche con il concorso della polizia locale con particolare riferimento alle aree adiacenti alle stazioni ferroviarie ovvero alle aree di interscambio del trasporto pubblico regionale e locale, favorendo anche il superamento della barriera funzionale e operativa dei confini territoriali di riferimento del singolo corpo o servizio di polizia locale, nel rispetto del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modifiche, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) e della legge regionale 27 giugno 2008, n. 19 (Riordino delle Comunità montane della Lombardia, disciplina delle unioni di comuni lombarde e sostegno all’esercizio associato di funzioni e servizi comunali).”;
g)  al comma 1 dell’articolo 27 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il patto locale di sicurezza urbana è, altresì, uno degli strumenti per realizzare le finalità previste dall’articolo 5, comma 1, lettera l bis).”
LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
LE MOTIVAZIONI DEL RICORSO
“L’art. 3, comma 1, lettera c), impugnato aggiunge la lettera l-bis) all’art. 5 della legge reg. Lombardia n. 6 del 2015, demandando alla Regione la promozione di intese tra Regione, organi decentrati dello Stato, enti locali e gestori del servizio di trasporto pubblico regionale e locale, con le quali coinvolgere la polizia locale nel garantire la sicurezza urbana, «favorendo anche il superamento della barriera funzionale e operativa dei confini territoriali di riferimento del singolo corpo o servizio di polizia locale».
Il ricorrente accentra la censura su quest’ultima porzione della disposizione, asserendo che essa, in violazione degli artt. 3, 4 e 6 della legge n. 65 del 1986, permetterebbe alla polizia locale di operare oltre i limiti territoriali che il legislatore statale ha determinato.
Difatti, la legge quadro appena citata consente l’esercizio delle funzioni di polizia municipale esclusivamente «nel territorio di competenza» (art. 3), permettendo «missioni esterne» nei soli casi tipizzati dall’art. 4, numero 4), lettere a), b) e c), e senza eccedere l’ambito territoriale delle associazioni tra comuni, che la legge regionale promuove ai sensi del successivo art. 6, secondo comma, numero 3).
Il contrasto tra le previsioni della menzionata legge quadro n. 65 del 1986 e le disposizioni regionali impugnate determinerebbe l’invasione della sfera di competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.”
Per la Corte Costituzionale la questione non è fondata.
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA
“…La disposizione è impugnata per la sola parte in cui assegna alla polizia locale compiti che eccedono l’ambito territoriale del comune. La censura richiama il tema della sicurezza, delle funzioni e delle competenze riconosciute, in relazione ad essa, ai vari livelli di governo della Repubblica. In via generale, la sicurezza racchiude un complesso di funzioni che assumono significato in relazione a situazioni e luoghi determinati. La giurisprudenza di questa Corte ha inteso, pertanto, distinguere varie dimensioni della sicurezza. In primo luogo (facendo riferimento alla sicurezza interna) la sicurezza in senso stretto, o “primaria”, collegata alla attività di prevenzione e repressione dei reati o volta alla tutela dell’ordine pubblico, affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., che tuttavia esclude espressamente dal suo ambito la «polizia amministrativa locale»… .
In coerenza con il principio autonomistico di cui all’art. 5 Cost., ha poi rilevato che la tutela della sicurezza può ben assumere una possibile dimensione pluralista. Ad essa, in quanto sintesi di una pluralità di interessi, possono essere affiancate funzioni corrispondenti a plurime e diversificate competenze regionali e locali e alle possibili collaborazioni fra di esse e fra esse e i poteri dello Stato. Alle regioni, in particolare, può essere richiesto di realizzare, coordinare o promuovere azioni volte a migliorare le condizioni di vivibilità dei rispettivi territori, nell’ambito di competenze da esse svolte, o in via “residuale” o in via “concorrente”, fra cui le politiche sociali e sanitarie, taluni vincoli o interventi a tutela della pubblica incolumità, la polizia locale (cosiddetta «sicurezza integrata»).
L’art. 118, terzo comma, Cost. ha assegnato alla legge statale la disciplina del coordinamento fra le funzioni di Stato e regioni nel campo della sicurezza. In attuazione di tale norma costituzionale, il d.l. n. 14 del 2017, come convertito, ha dato base legislativa al menzionato campo della «sicurezza integrata» che viene individuata nell’«insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali, nonché da altri soggetti istituzionali, al fine di concorrere, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all’attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali» (art. 1, comma 2). Ferme le competenze legislative esclusive dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, le linee generali delle politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata sono adottate dal Governo con accordo sancito su proposta del Ministro dell’interno in sede di Conferenza unificata (art. 2, comma 1). In attuazione di dette linee generali, lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano possono concludere specifici accordi, sulla base dei quali adottare, nell’ambito delle proprie competenze e funzioni, iniziative e progetti volti a interventi di promozione della «sicurezza integrata» (art. 3, comma 1). Inoltre, nel rispetto delle menzionate linee generali, con accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali sono adottate linee guida, sulla cui base possono essere sottoscritti patti fra prefetti e questori, tramite cui individuare, in relazione alla specificità dei contesti, interventi per la «sicurezza urbana» (art. 5, comma 1).
Quest’ultima viene individuata nel «bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città» da perseguire attraverso interventi di riqualificazione o recupero di zone degradate (art. 4).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dunque, la disciplina di un’attività, per quanto connessa al contrasto di fenomeni di degenerazione dell’ordinata e pacifica convivenza, può venire esercitata a livello decentrato, se tale da potere essere collegata, nel rispetto della legge dello Stato, a funzioni di interesse regionale o locale… .
Il ricorrente non postula che i compiti previsti dalle norme impugnate afferiscano alla funzione di prevenire e reprimere reati, con la quale si persegue la menzionata «sicurezza primaria»…, ma reputa che non spetterebbe al legislatore regionale determinare la sfera di competenza territoriale del corpo di polizia locale, preposto alla cosiddetta «sicurezza secondaria»…, in deroga ai limiti tracciati dalla legge statale, che ha formulato i principi fondamentali della materia.
Tuttavia, questa Corte ha già riconosciuto che, con la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, la competenza legislativa in tema di polizia amministrativa locale, che era “concorrente”, è divenuta “residuale”, e appartiene perciò alla regione, come reso chiaro dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., che assegna allo Stato la potestà legislativa esclusiva quanto a «ordine pubblico e sicurezza,ad esclusione della polizia amministrativa locale» (ex multis, sentenze n. 129 del 2021, n. 236 del 2020, n. 116 del 2019, n. 141 del 2012 e n. 167 del 2010).
Quanto premesso non comporta che l’insieme degli interessi corrispondenti a tale materia sia rimesso al solo assetto normativo che gli conferisca la legge regionale, poiché le stesse competenze residuali non restano insensibili alle norme poste in essere dallo Stato nell’ambito delle proprie competenze legislative trasversali.
L’art. 118 Cost. assicura che l’esercizio delle funzioni di polizia locale sia soggetto alle forme di coordinamento con la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza, che spetta al legislatore statale individuare.
Nel caso di specie, però, la definizione della competenza territoriale, all’interno della Regione, propria di ciascun corpo di polizia amministrativa locale, non incontra alcun limite dettato da disposizioni statali, posto che tale competenza, sul presupposto che le funzioni attribuite siano circoscritte alla «sicurezza secondaria», non interseca profili connessi alla repressione e prevenzione dei reati.
Ne consegue che le disposizioni poste dal legislatore statale a titolo di principi fondamentali di una materia in precedenza a riparto “concorrente”, con la legge quadro n. 65 del 1986, hanno cessato per tale parte di essere opponibili alla sopravvenuta legislazione regionale che, nell’ambito della competenza “residuale”, abbia ridefinito, per un caso particolare afferente alla cosiddetta «sicurezza secondaria», l’ambito territoriale di azione dei corpi di polizia locale. …“.
Giovanni Paris

CONTROLLI POLIZIA LOCALE PER L’ACCERTAMENTO DELLA RESIDENZA: CASS. CIV., I, 30/03/23, N° 8982

anagrafe-jpg_orig

NEL CASO UN CITTADINO RICHIEDA LA RESIDENZA E SIA ASSENTE IN ALCUNI PERIODI DELLA GIORNATA PER MOTIVI DI LAVORO E’ POSSIBILE CHE L’ACCERTAMENTO DEMANDATO ALLA POLIZIA LOCALE AVVENGA SULLA BASE DI APPUNTAMENTO?

LA NORMATIVA

L’art. 43 “Domicilio e residenza” del Codice Civile dispone:

“Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.

L’art 19 “Accertamenti richiesti dall’ufficiale di anagrafe” del D.P.R. 30/05/8989 N° 223 “Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente” prevede che:

“1. Gli uffici di cui all’art. 4, comma terzo, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, sono tenuti a fornire all’ufficiale di anagrafe le notizie da esso richieste per la regolare tenuta dell’anagrafe della popolazione residente.

2. L’ufficiale di anagrafe è tenuto a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l’iscrizione o la mutazione anagrafica. Gli accertamenti devono essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi di polizia municipale o di altro personale comunale che sia stato formalmente autorizzato, utilizzando un modello conforme all’apposito esemplare predisposto dall’Istituto nazionale di statistica.

3. Ove nel corso degli accertamenti emergano discordanze con la dichiarazione resa, l’ufficiale di anagrafe segnala quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza.”.

IL PROVVEDIMENTO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Il caso è stato affrontato da CASS. CIV., I, 30/03/23 N° 8982 la quale, dopo aver indicato che “…la residenza di una persona, stando all’art. 43 c.c., è determinata dall’abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, che si caratterizza per l’elemento oggettivo della permanenza e per l’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali;…

evidenziando “…che tali considerazioni assumono una valenza ancor più pregnante nell’epoca attuale che è caratterizzata da una pluralità di centri di interesse personali, da una più agevole e rapida possibilità di spostamento da una località all’altra e da nuove e alternative modalità di svolgimento della prestazione lavorativa;…”

ha affermato che

“…- tuttavia, la verifica dell’effettività della residenza dichiarata – ossia l’accertamento che un soggetto abbia realmente stabilito la propria dimora abituale in una determinata località e che non vi si rechi solo nei periodi dell’anno in cui il soggiorno si caratterizzi come più conveniente, ma vi torni abitualmente, in modo sistematico, una volta assolti gli impegni lavorativi o di studio – impone il ricorso a controlli che, se da un lato, devono essere svolti in modo non incompatibile con l’esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni (che, come accennato, non necessariamente devono avere un radicamento nel luogo in cui si è deciso di stabilire la propria residenza), dall’altro, non necessariamente richiedono che siano previamente concordati con l’interessato, in quanto, diversamente, si vanificherebbe la ratio della norma;

“…affinchè siano contemperate, da un lato, l’esigenza del Comune di poter svolgere i propri controlli nel modo più idoneo, e anche a prevenire ogni possibile abuso, e, dall’altro, quella del cittadino di poter attendere serenamente alle proprie occupazioni nei termini sopra illustrati, vi deve essere una leale collaborazione tra i due soggetti, caratterizzata dall‘onere del richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i momenti in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di programmare i propri controlli “a sorpresa” in quelli residui;

– da ciò consegue che non è plausibile la tesi secondo cui l’unica modalità con cui il Comune può esercitare il proprio potere di controllo del requisito della residenza sia quella del previo accordo con il richiedente in ordine al momento di esecuzione dell’accesso;…”.

Quindi possibilità da parte del cittadino di indicare i periodi temporali di assenza certa, ma impossibilità di concordare appuntamento preciso per i necessari controlli che potranno avvenire a sorpresa nei periodi temporali diversi da quelli sopra indicati.

Giovanni Paris

MANCATA ESPOSIZIONE DI TARGA PROVA: CASS. CIV., VI, 02/11/22 N° 32174

Come funziona la targa prova auto su veicoli immatricolati

LA MANCANZA A BORDO DEL VEICOLO DELLA  SPECIFICA  AUTORIZZAZIONE E DELLA TARGA PROVA E/O LA MANCATA ESPOSIZIONE DI QUESTA INTEGRA LA CIRCOLAZIONE CON VEICOLO PER IL QUALE NON E’ STATA RILASCIATA LA CARTA DI CIRCOLAZIONE (ART. 93 C.D.S.) E PRIVO DELLA COPERTURA ASSICURATIVA (ART. 193 C.D.S.)?

La disciplina normativa per la autorizzazione alla circolazione di prova dei veicoli è contenuta nel D.P.R. 24/11/01, n° 474 “Regolamento di semplificazione del procedimento di autorizzazione alla circolazione di prova dei veicoli” che

all’art. 1  “Autorizzazione alla circolazione di prova” prevede:

1. L’obbligo di munire della carta di circolazione di cui agli articoli 93, 110 e 114 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i  veicoli che circolano su strada per esigenze connesse con prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento, non sussiste per i seguenti soggetti, se autorizzati alla circolazione di prova ai sensi del presente articolo:

a) le fabbriche costruttrici di veicoli a motore e di rimorchi, i loro rappresentanti, concessionari, commissionari e agenti di vendita, i commercianti autorizzati di tali veicoli, ivi comprese le aziende che esercitano attività di trasferimento su strada di veicoli non ancora immatricolati da o verso aree di stoccaggio e per tragitti non superiori a 100 chilometri, nonché gli istituti universitari e gli enti pubblici e privati di ricerca che conducono sperimentazioni su veicoli;

b) le fabbriche costruttrici di carrozzerie e di pneumatici;

c) le fabbriche costruttrici di sistemi o dispositivi di equipaggiamento di veicoli a motore e di rimorchi, qualora l’applicazione di tali sistemi o dispositivi costituisca motivo di aggiornamento della carta di circolazione ai sensi dell’articolo 236 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, i loro rappresentanti, concessionari, commissionari e agenti di vendita, i commercianti autorizzati di veicoli allestiti con tali sistemi o dispositivi di equipaggiamento;

d) gli esercenti di officine di riparazione e di trasformazione, anche per proprio conto.

2. L’autorizzazione alla circolazione di prova è rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ha validità annuale.

3. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono stabilite le modalità per il rilascio, la revoca ed il rinnovo dell’autorizzazione.

4. L’autorizzazione è utilizzabile per la circolazione di un solo veicolo per volta ed è tenuta a bordo dello stesso. Sul veicolo è presente il titolare dell’autorizzazione medesima o un suo dipendente munito di apposita delega ovvero un soggetto in rapporto di collaborazione funzionale con il titolare dell’autorizzazione, purché tale rapporto sia attestato da idonea documentazione e il collaboratore sia munito di delega.

5. A chiunque adibisce un veicolo in circolazione di prova ad uso diverso si applicano le sanzioni previste dall’articolo 98, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 “.

all’art 2 “Targhe di prova”, comma 1 recita:

“Il veicolo che circola su strada per le esigenze di cui al comma 1, dell’articolo 1, munito dell’autorizzazione, espone posteriormente una targa, trasferibile da veicolo a veicolo insieme con la relativa autorizzazione, recante una sequenza di caratteri alfanumerici corrispondente al numero dell’autorizzazione medesima. Per gli autotreni o autoarticolati, la targa è applicata posteriormente al veicolo rimorchiato. In caso di omissione, si applicano le sanzioni previste dall’articolo 100, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.”.

L’art. 98 ” Circolazione di prova” del Codice della Strada prevede:

“Commi 1 e 2 abrogati dall’art. 4, comma 1, lett. a), D.P.R. 24/11/01, n° 474.

3.  Chiunque adibisce un veicolo in circolazione di prova ad uso diverso è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 87 ad euro 344. La stessa sanzione si applica se il veicolo circola senza che su di esso sia presente il titolare dell’autorizzazione o un suo dipendente munito di apposita delega.

4.  Se le violazioni di cui al comma 3 superano il numero di tre, la sanzione amministrativa è del pagamento di una somma da euro 173 ad euro 694; ne consegue in quest’ultimo caso la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI.

Comma 5 abrogato dall’art. 2-bis, comma 1, lett. c), D.L. 23/10/08, n° 162″

Sul caso si è espressa Cass. Civ., VI, 02/11/22 n° 32174 (scarica e leggi), la quale afferma e conferma che “…a norma degli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 474 del 2001, la circolazione di un veicolo con targa di prova è subordinata sia all’esposizione della targa relativa sia all’esistenza dell’autorizzazione alla circolazione che ne garantisce la copertura assicurativa. Tale autorizzazione, tuttavia, è utilizzabile per la circolazione di un solo veicolo per volta e deve essere tenuta a bordo dello stesso, sicché la mancanza del documento di autorizzazione e della targa di prova a bordo del veicolo (come accertato, in fatto, nel caso in esame, con apprezzamento non censurato per l’omesso esame del fatto decisivo costituito, in ipotesi, dalla presenza a bordo del veicolo  della targa ancorché non esposta ma del quale non è stata dimostrata alcuna emergenza dagli atti di causa) integra gli estremi della illecita circolazione con veicolo privo della relativa carta (art. 93, comma 7, del codice della strada) e privo della copertura assicurativa (art. 193, comma 2, del codice della strada); né rileva che tale documentazione e la targa di prova si trovino nella sede o nella residenza del soggetto autorizzato o a bordo di altro veicolo contemporaneamente in circolazione, poiché il dettato normativo prevede un illecito formale, di pura condotta, avente una finalità non tanto di repressione, quanto di prevenzione…”.

Recente precedente conforme si è avuto con la pronuncia di Cass. Civ., II, 07/02/22 n° 3706 (scarica e leggi) stabilendo che “…dal combinato disposto dell’art. 1, comma 4, e dell’art. 2, comma 1, del citato d.P.R. n. 474/2001 emerge chiaramente che tanto l’autorizzazione quanto la targa ad essa relativa devono trovarsi a bordo del veicolo (e la seconda deve anche essere esposta)…” per cui “…la mancanza del documento di autorizzazione e della targa-prova a bordo del veicolo integra gli estremi degli illeciti di circolazione con veicolo per il quale non è stata rilasciata la carta di circolazione – non potendosi invocare l’autorizzazione in deroga per essere questa applicabile al solo veicolo a bordo del quale si trovi il relativo documento e successivamente al quale sia applicata la targa prova – e privo della copertura assicurativa…”.

Giovanni Paris

ORDINANZA DI DEMOLIZIONE DI ABUSO EDILIZIO E OBBLIGO DI COMUNICAZIONE AVVIO PROCEDIMENTO: CONSIGLIO DI STATO, VII, 21/10/22 N° 8993

LA EMISSIONE DI ORDINANZA DI DEMOLIZIONE DI ABUSO EDILIZIO DEVE ESSERE PRECEDUTA DALLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO EX ART. 7 L. 241/90?

Abbiamo risposto negativamente pochi giorni fa pubblicando l’articolo ORDINANZA DI RIMESSA IN PRISTINO DI ABUSO EDILIZIO E OBBLIGO DI COMUNICAZIONE AVVIO PROCEDIMENTO: CONSIGLIO DI STATO, VI, 07/10/22 N° 8613 .

Registriamo conferma dell’indirizzo da Consiglio di Stato, VII, 21/10/22 n° 8993 e in forza del quale se il provvedimento emesso dall’autorità ha carattere DOVEROSO e VINCOLATO esso non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90.

Con la sentenza si afferma che l’ordinanza impugnata “…risulta adottata in esercizio della potestà sanzionatoria del Comune, che trova il suo referente normativo all’art. 35 d.p.r. n. 380/2001 e che consiste in un atto dovuto e vincolato al ricorrere dei presupposti di legge, consistenti nella esistenza di abusi e nella proprietà pubblica del suolo. …”,

costituendo ormai

“…jus receptum che il provvedimento avente natura di atto vincolato…non necessita di essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/1990, in quanto non è prevista, in capo all’amministrazione, la possibilità di effettuare valutazioni di interesse pubblico influenzabili da una fattiva partecipazione del soggetto destinatario, anche al fine di evitare l’inutile aggravio del procedimento (ex multis, Con. Stato, Sez. IV, 22.08.2018, n. 5008). Per l’effetto, lo stesso non può essere invalidato per omessa osservanza delle norme che disciplinano la partecipazione endoprocedimentale del privato, ciò anche alla luce di quanto stabilito dall’art. 21-octies, secondo comma, primo periodo, l. n. 241/1990, essendo palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato. …”,

e richiamando una pronuncia del Consiglio di Stato secondo cui

“…“i provvedimenti di demolizione sono atti vincolati il cui presupposto è costituito esclusivamente dalla sussistenza di opere abusive; per la adozione di tali atti non è richiesta, quindi, una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione, in quanto, verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l’amministrazione ha il dovere di adottare il provvedimento, essendo la relativa ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore. Inoltre, non rileva l’eventuale decorso del termine dalla commissione dell’abuso, in quanto il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso” (Cons. Stato, Sez. II, 5.07.2019, n. 4662). …”.

Giovanni Paris

VIOLAZIONE ART. 157/5 C.D.S. – SOSTA FUORI DAGLI APPOSITI SPAZI: CASS. CIV., II, 06/10/22 N° 29050

Venezia, allarme parcheggio selvaggio a Tessera. Residenti furiosi:  «Abbandonano le macchine per giorni e vanno in aeroporto»

L’art. 157 del Codice della Strada Arresto, fermata e sosta dei veicoli” al comma 5 prevede che:

Nelle zone di sosta all’uopo predisposte i veicoli devono essere collocati nel modo prescritto dalla segnaletica.”.

L’art. 351 del Reg. Esec. al Codice della Strada Arresti e soste dei veicoli in generale” aggiunge che:

“Nelle zone di sosta nelle quali siano delimitati, mediante segnaletica orizzontale, gli spazi destinati a ciascun veicolo, i conducenti sono tenuti a sistemare il proprio veicolo entro lo spazio ad esso destinato, senza invadere gli spazi contigui.”.

La violazione può realizzarsi ogni qual volta la sosta è effettuata in una area appositamente predisposta, ma:

  • fuori degli appositi spazi,
  • in modo difforme da quanto previsto dalla segnaletica,
  • occupando più di uno stallo di sosta/invadendo uno stallo di sosta adiacente.

DOMANDA: La violazione si concretizza comunque ogni qual volta la sosta fuori dagli appositi spazi avvenga a causa delle dimensioni del veicolo che non sono compatibili, bensì superiori rispetto a quelle che delimitano lo stallo di sosta?

La risposta appare scontata ed è AFFERMATIVA, dal momento che se un veicolo ha un ingombro tale che non gli permette di “entrare” completamente nello stallo di sosta non può legittimamente sostare e ne subisce le conseguenze sanzionatorie, considerando altresì che potrebbe verificarsi anche una situazione di pericolo per la circolazione stradale quando il veicolo invade la carreggiata stradale destinata al transito veicolare.

Questa fattispecie è stata trattata da Cass. Civ., II, 06/10/22 n° 29050 (scarica e leggi), che si è occupata del caso di una sosta fuori dagli appositi spazi realizzata da un autocaravan e chiarendo che l’adozione di un provvedimento sanzionatorio nei confronti di tale categoria di veicolo, quando si realizza la ipotesi in discussione, non determina un trattamento “discriminatorio” nei suoi confronti, possibile, in senso differenziato rispetto alle altre categorie di veicoli, solamente attraverso la adozione di provvedimenti di disciplina della circolazione stradale aventi a fondamento motivi tecnici e di sicurezza stradale, come ormai più volte affermato dai competenti ministeri.

Il Supremo Consesso procede a riassumere il quadro normativo riguardante la circolazione delle autocaravan, indicando che 

“…La normativa nazionale, ai fini della circolazione stradale (e la sosta su strada, che fa parte della stessa circolazione), equipara le autocaravan agli altri autoveicoli, pur con alcune specificità. A norma dell’art. 54, comma 1 lettera m) del C.d.S., le autocaravan sono veicoli aventi una speciale carrozzeria e attrezzati permanentemente per essere adibiti al trasporto e all’alloggio di sette persone al massimo, compreso il conducente per essere dotate di motore e sistema di guida autonoma. La circolazione e la sosta di siffatti mezzi sono regolamentati dall’art. 185 del C.d.S., le cui disposizioni si possono così riassumere:
– le autocaravan sono equiparate agli autoveicoli di classe M, le comuni automobili, e sono pertanto soggetti agli stessi divieti e limitazioni (per la sosta il riferimento è l’art. 158 CdS);
– le stesse possono sostare ovunque sia consentito;
– per le autocaravan in sosta su strade pubbliche sono vietati tutti i comportamenti che possono ricondurre all’attività di campeggio: ancorare stabilmente il mezzo al suolo, emettere fumi e/o scarichi delle  acque, ampliare la sagoma del camper attraverso l’apertura di porte o verande, posizionare tavoli, sedie o quant’altro al di fuori del mezzo, ecc. L’attività di campeggio è ammessa solo nelle aree di sosta attrezzate per i camper;
– le autocaravan che sostano nelle strisce blu pagano una tariffa maggiorata del 50%, ma solo se lo stallo di sosta è di dimensioni maggiori rispetto agli altri stalli presenti nell’area di parcheggio.
Le amministrazioni comunali possono imporre ulteriori limitazioni alla circolazione e soprattutto alla sosta dei camper, giustificandole con “accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale” (art. 7 comma 1 lettera b) del C.d.S.). …”,

osserva poi che 

“…la questione che permane è dunque quella di individuare la facoltà di parcheggiare siffatti mezzi negli stalli predisposti dal Comune laddove la sagoma dell’autocaravan oltrepassi con le proprie dimensioni la segnaletica orizzontale, in assenza di ogni altra previsione. Orbene è evidente che l’organizzazione di un parcheggio deriva dalla progettazione del numero di stalli di sosta e dalla apposizione della relativa segnaletica stradale, soprattutto orizzontale, da cui dipende la tipologia dei veicoli che ne possono usufruire. ..”,

richiamando

…l’art. 149 del reg. att. C.d.S. che ai commi 1 e 2 stabilisce che “La delimitazione degli stalli di sosta è effettuata mediante il tracciamento sulla pavimentazione di strisce della larghezza di 12 cm formanti un rettangolo, oppure con strisce di delimitazione ad L o a T, indicanti l’inizio, la fine o la suddivisione degli stalli entro i quali dovrà essere parcheggiato il veicolo. …”,

stabilendo che

“…i provvedimenti per la regolazione della circolazione emessi dall’ente proprietario della strada ed i criteri ivi previsti per la realizzazione delle aree, fra i quali sono ricomprese le dimensioni degli stalli, costituiscono di per sé precetto per l’individuazione degli spazi entro i quali la facoltà di sosta può essere fruita e non oltre, per cui il parcheggio è consentito ed autorizzato purchè avvenga nel rispetto e con l’occupazione di un’area determinata sia che riguardi le autovetture sia le autocaravan, sempre che abbiano lo stesso ingombro. …”.

Giovanni Paris

D.M. 18/08/22 NORMATIVA TECNICA MONOPATTINI PROPULSIONE ELETTRICA

scritte news gif su club dei cartoni

E’ stato pubblicato nella G.U. del 30/08/02 n° 202 il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili del 18/8/202 “Normativa tecnica relativa ai monopattini a propulsione prevalentemente elettrica”   (scarica e leggi).

Il provvedimento si è reso necessario, come si può leggere nel preambolo dello stesso, in considerazione che i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica hanno caratteristiche tecniche diverse rispetto ai velocipedi come definiti dall’art. 50 del Nuovo codice della strada e che, ai fini della sicurezza, è necessario adottare una specifica disciplina, pertanto vi è l’esigenza di definire le caratteristiche tecniche dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica per tener conto delle differenze esistenti con i velocipedi, ai fini della sicurezza degli utilizzatori dei monopattini stessi.

Giovanni Paris

IL NUOVO ART. 403 CODICE CIVILE E LE FORZE DI POLIZIA: MINORE IN STATO DI ABBANDONO

Abbandono di minore fisico e digitale

Il nuovo 403 cod. civ. “Intervento della pubblica autorità a favore dei minori” nel testo modificato della L. 26/11/21 n° 206 è entrato in vigore il 22/06/22.

La nuova norma introduce per gli operatori, per le Forze di Polizia, per la Procura e per il Tribunale per i Minorenni obblighi procedurali specifici da adempiersi in tempi rigorosi e strettissimi, pena la cessazione di efficacia del provvedimento con cui il minore è stato messo in sicurezza.

Di seguito alcune circolari di Procure della Repubblica presso il Tribunale dei Minori contenenti linee guida per il collocamento di minori in protezione ai sensi dell’art. 403 cod. civ. e altre indicazioni teoriche ed operative 

CIRCOLARE PROCURA REPUBBLICA TRIB. MINORI BRESCIA DEL 21/05/22

CIRCOLARE PROCURA REPUBBLICA TRIB. MINORI BOLOGNA DEL 17/06/22

CIRCOLARE PROCRA REPUBBLICA TRIB. MINORI DI ANCONA DEL 20/06/22

ORDINE ASSISTENTI SOCIALI LOMBARDIA CON SCHEMA DI ORDINANZA SINDACALE

ORDINE ASSISTENTI SOCIALI UMBRIA

IL NUOVO ART. 403 C.C.: UNA PRIMA LETTURA

Giovanni Paris

OBBLIGO AVVISO ASSISTENZA DIFENSORE PER ACCERTAMENTO TASSO ALCOLEMICO ANCHE IN CASO DI RIFIUTO?

rifiutare aiuto - Cesare Lanza

L’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per svolgere la prova di accertamento del tasso alcolemico sussiste anche nel caso di rifiuto di sottoporsi allo stesso?

“Istintivamente“ la risposta che verrebbe da dare sarebbe negativa, sul dato di fatto che la prova non avviene e di conseguenza verrebbe meno l’obbligo giuridico derivante dal combinato disposto degli artt. 356 c.p.p. e 114 disp. att. c.p.p. .

Ma la risposta non è scontata, tanto che si deve segnalare un alterno esito giurisprudenziale della Suprema Corte sulla questione.

Si legga per tutte, come indirizzo giurisprudenziale nel senso della sussistenza dell’obbligo di avvertire il soggetto della facoltà di farsi assistere da un difensore per svolgere la prova di accertamento del tasso alcolemico anche in caso di rifiuto, Cassazione Penale sez. VI 09/02/18 n. 6526, per la quale “…il sistema delle garanzie, delineato dal combinato disposto degli artt. 114 disp. att. cod. proc. pen. e 354 cod. proc. pen., scatta nel momento in cui la polizia giudiziaria procede all’accertamento, per via strumentale – che ha natura indifferibile ed urgente – del tasso alcolemico, invitando il conducente a sottoporsi alle due prove spirometriche, secondo le modalità indicate dall’art. 379, reg. es . cod. strada. Tale sistema introduce, in sostanza, una verifica tecnica che prende avvio con la richiesta di sottoporsi al test strumentale e, in tale scansione, l’avvertimento del diritto all’assistenza del difensore costituisce presupposto necessario della relativa procedura, indipendentemente dall’esito della stessa e dalle modalità con le quali il test venga concretamente effettuato. …”.

Si rileva un recente duplice pronunciamento intervenuto con le sentenze Corte di Cassazione Penale sez. IV 10/5/2022 n. 18404 (scarica e leggi) e Corte di Cassazione Penale sez. VII 15/4/2022 n. 14878  (scarica e leggi), per le quali, sottolineando come esiste ormai consolidato orientamento del giudice di legittimità e risalenti i precedenti nei quali si conclude in senso contrario, l’obbligo di fornire avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per lo svolgimento dell’accertamento del tasso alcolemico non sussiste in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento, dal momento che la eventuale presenza del difensore è motivata dalla esigenza di garantire che, realizzandosi un accertamento non ripetibile, questo venga svolto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini.

Cosa fare allora, come procedere? Gli ultimi pronunciamenti forniscono sufficiente sicurezza che in futuro non vengano assunte decisioni opposte, in specie da parte dei giudici di merito? Inutile arroccarsi su una posizione di principio sposando la tesi interpretativa meno restrittiva, col rischio di vedere vanificato il proprio lavoro e annullato l’atto, bensì necessita blindarlo e allora vale la pena fornire il previsto avviso, alla fine sarà stato redatto un verbale in più, ma che garantirà il buon esito dell’attività svolta.

Giovanni Paris

“DECRETO SICUREZZA”: NO AL POTERE SOSTITUTIVO DEI PREFETTI PERCHÉ TROPPO DISCREZIONALE, SÍ AL DASPO URBANO PURCHÉ IL DIVIETO DI ACCESSO AI PRESÍDI SANITARI NON SI APPLICHI A CHI HA BISOGNO DI CURE

Risultati immagini per PREFETTURA

 

Ufficio Stampa della Corte costituzionale

Comunicato del 24 Luglio 2019

(clicca e leggi)

Il potere sostitutivo del prefetto nelle attività di comuni e province è illegittimo perché lede l’autonomia degli enti locali e contrasta con il principio di tipicità e legalità dell’azione amministrativa. È invece legittima l’estensione ai presídi sanitari del cosiddetto Daspo urbano (divieto di accedere a taluni luoghi per esigenze di decoro e sicurezza pubblica) a condizione, però, che il divieto non si applichi ha chi ha bisogno di cure mediche o di prestazioni terapeutiche e diagnostiche, poiché il diritto alla salute prevale sempre sulle altre esigenze.

È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la  SENTENZA N° 195  (CLICCA E LEGGI) depositata oggi riguardante due aspetti del cosiddetto Decreto sicurezza (Decreto legge n. 113 del 2018).

Giovanni Paris

LA RICEVUTA DI RICHIESTA DI CARTA IDENTITA’ ELETTRONICA E’ DOCUMENTO DI RICONOSCIMENTO – NUOVA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO

Nuova circolare e si pensa (e spera) ultima del Ministero dell’interno sulla vicenda relativa alla questione se alla ricevuta di richiesta di carta di identità elettronica possa essere riconosciuto il titolo di documento di riconoscimento. Si legga il precedente articolo LA RICEVUTA DI RICHIESTA DI CARTA IDENTITA’ ELETTRONICA E’ DOCUMENTO DI RICONOSCIMENTO? dove si ricostruisce il succedersi delle prime favorevoli circolari del Ministero dell’Interno e il contrario avviso della Direzione Generale della Motorizzazione Civile.

Registriamo con favore la CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO N° 9 DEL 16/07/19 (clicca e leggi) con la quale si ribadisce che  alla ricevuta di richiesta di carta di identità elettronica possa essere riconosciuto il titolo di documento di riconoscimento.

Giovanni Paris

LA RICEVUTA DI RICHIESTA DI CARTA IDENTITA’ ELETTRONICA E’ DOCUMENTO DI RICONOSCIMENTO?

In un articolo pubblicato il 21/02/18 (clicca e leggi) fu affrontata la questione se potesse essere riconosciuto il valore di documento di riconoscimento alla ricevuta della richiesta di carta d’identità elettronica denominata “Riepilogo dati per accettazione pratica”.

Partiamo dal dato normativo.

L’art. 1 comma 1 “Definizioni” del D.P.R. 445/00 dà queste definizioni:

c)  DOCUMENTO DI RICONOSCIMENTO ogni documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana o di altri Stati, che consenta l’identificazione personale del titolare;

d)  DOCUMENTO D’IDENTITA’ la carta d’identità ed ogni altro documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione competente dello Stato italiano o di altri Stati, con la finalità prevalente di dimostrare l’identità personale del suo titolare;

L’art. 35 “Documenti di identità e di riconoscimento” del D.P.R. 445/00 prevede:

  1. In tutti i casi in cui nel presente testo unico viene richiesto un documento di identità, esso può sempre essere sostituito dal documento di riconoscimento equipollente ai sensi del comma 2.
  2. Sono equipollenti alla carta di identità il passaporto, la patente di guida, la patente nautica, il libretto di pensione, il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici, il porto d’armi, le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un’amministrazione dello Stato

La risposta che si diede fu positiva anche a seguito della circolare del Ministero dell’Interno n° 2/2018 del 14/02/18  (clicca e leggi), la quale riconobbe al documento la qualità di documento di riconoscimento ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c) del D.P.R. 445/2000 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”, in quanto munita della fotografia del titolare, dei relativi dati anagrafici e del numero della carta di identità elettronica cui si riferisce. Tale conclusione fu confermata con la circolare del Ministero dell’Interno n° 5/2018 del 27/02/18 (clicca e leggi)

Ma, come spesso accade nel mondo giuridico della applicazione delle norme e della loro interpretazione da parte dei molti attori istituzionali, quando si ritiene di avere raggiunto una certezza, questa svanisce facendo ritornare dubbi ed incertezze agli operatori del diritto.

Si è dovuta però registrare sull’argomento la emissione della nota prot. n° 24224 del 05/10/18 della Direzione Generale per la Motorizzazione (clicca e leggi) con la quale si ritiene di NON poter utilizzare la ricevuta di richiesta di carta di identità elettronica come idoneo documento di identificazione dei candidati in sede di esame per il conseguimento della patente di guida e ciò in attesa della formale risposta del Ministero dell’Interno, stante anche il fatto che “…Informalmente funzionari..del predetto ministero hanno dichiarato che la ricevuta della richiesta di carta di identità elettronica non costituisce valido documento di identificazione personale. …   (!!!???, quante “anime” ha il Ministero dell’Interno se lo stesso con la circolare n° 2/2018 ci dice il contrario???).

Sta di fatto che sulla base di tale nota gli uffici delle Direzioni Generali Territoriali del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti hanno disposto di conseguenza, prevedendo che ogni altro eventuale precedente provvedimento di contrario contenuto deve esse considerato sospeso (clicca e leggi DIREZIONE TERRITORIALE NORD EST, DIREZIONE TERRITORIALE DEL CENTRO, DIREZIONE TERRITORIALE DEL NORD-OVEST).

Tale situazione però non ha (e non può non avere) conseguenze limitate al caso dell’esame per il conseguimento della patente di guida, ma il principio espresso va applicato ogni volta che un procedimento amministrativo preveda l’esibizione di un valido documento di riconoscimento, con il determinarsi di evidenti difficoltà da parte del cittadino, come nel caso, di cui giungono segnalazioni, relativo allo smarrimento o sottrazione della patente di guida per cui si procede secondo le modalità previste dal D.P.R. 09/03/00 n° 104 con la denuncia   ad un organo di polizia e alla compilazione dell’apposito modulo che verrà trasmesso all’Ufficio Centrale Operativo della Motorizzazione ai fini del rilascio del duplicato.

Ebbene, il cittadino deve presentare una fotografia da apporre sul permesso provvisorio di guida da inviare alla Motorizzazione, fotografia che deve essere autenticata mediante la esibizione di idoneo documento di riconoscimento, e l’organo di polizia (anche se volesse procedere diversamente non potrebbe) non può accettare come valido documento di riconoscimento la ricevuta della richiesta di carta d’identità elettronica denominata “Riepilogo dati per accettazione pratica”, perché il procedimento in atto deve portare al rilascio da parte della Motorizzazione del duplicato della patente di guida, istituzione che non ritiene valido il suddetto documento.

La conseguenza è che chi ha smarrito o subito il furto della patente di guida, ma anche della carta di identità, nell’attesa che gli venga recapitata la nuova carta di identità elettronica e non sia in possesso di altro documento di riconoscimento, non potrà ottenere il permesso provvisorio di guida.

Rimaniamo in attesa che il Ministero dell’Interno risponda sollecitamente e soprattutto non si contraddica.

Giovanni Paris

RICEZIONE DICHIARAZIONI SPONTANEE DALL’INDAGATO

Risultati immagini per polizia municipale

L’art. 350 c.p.p. “Sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini” regola le diverse modalità con le quali la polizia giudiziaria apprende informazioni dall’indagato.

La disposizione prevede 3 specifici casi di acquisizione delle stesse, che si diversificano sia per il rispetto di particolari modalità ed obblighi a carico degli organi di polizia giudiziaria operanti, sia per il tipo di qualifica che deve essere posseduta dal soggetto appartenente alla polizia giudiziaria legittimato alla acquisizione.

Specificamente:

  1. Situazione disciplinata dal comma 1 al comma 4: soggetto legittimato è l’ufficiale di p.g., deve essere invitato l’indagato a nominare un difensore di fiducia, in mancanza viene nominato un difensore d’ufficio, la assunzione di informazioni dall’indagato avviene con l’assistenza necessaria del difensore, il quale deve essere preavvertito e ha l’obbligo di presenziare al compimento dell’atto, va redatto verbale ex art. 357/2 lett. b) c.p.p. .

 

  1. Situazione disciplinata dal comma 5 al comma 6: soggetto legittimato è l’ufficiale di p.g., la assunzione di informazioni dall’indagato può avvenire anche senza la presenza del difensore e deve avvenire sul luogo o nell’immediatezza del fatto per avere notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini, di tali dichiarazioni è vietata ogni documentazione (l’assenza di garanzie difensive in questa ipotesi è giustificata dalla urgente necessità dello sviluppo immediato dell’azione investigativa, il sacrificio delle esigenze della difesa è controbilanciato dalla previsione del divieto di utilizzazione delle notizie raccolte).

 

  1. Situazione disciplinata dal comma 7: soggetto legittimato è anche l’agente di p.g., la acquisizione di informazioni avviene attraverso la ricezione di dichiarazioni spontanee che l’indagato rende di sua iniziativa come mezzo di autodifesa e di collaborazione spontanea e senza che siano stimolate da domande o contestazioni, non è prevista l’assistenza del difensore, va redatto verbale ex art. 357/2 lett. b) c.p.p. .

Specificazione terminologica sulla differenza tra ASSUNZIONE e RICEZIONE:

  • la assunzione prevede la formulazione di domande, il soggetto viene “interrogato” attivamente dalla p.g.,
  • la ricezione non prevede la formulazione di domande, il soggetto fa dichiarazioni senza sollecitazioni da parte della p.g. che le registra passivamente.

Si segnala sull’argomento relativo alla ricezione di dichiarazioni spontanee la sentenza della Corte di Cassazione del 28/03/18 n° 14320 (clicca e leggi), con la quale si ribadisce che tali dichiarazioni possono essere acquisite senza garanzie difensive, in quanto si tratta di una scelta legislativa “…che trova la sua giustificazione nel fatto che le dichiarazioni spontanee non sono funzionali a raccogliere elementi di prova, ma piuttosto a consentire all’indagato di interagire con la polizia giudiziaria in qualunque momento egli lo ritenga, esercitando un suo diritto personalissimo.   “, ritenendo pertanto che “…le dichiarazioni spontanee anche se rese in assenza del difensore e senza l’avviso di poter esercitare il diritto al silenzio siano utilizzabili nella fase procedimentale, nella misura in cui emerga con chiarezza che l’indagato abbia scelto di renderle liberamente, senza alcuna coercizione o sollecitazione. …”.

Giovanni Paris

http://www.corsidipolizialocale.it

CURE URGENTI AD ANIMALE E “STATO DI NECESSITA'”

Può essere invocato lo stato di necessità ex art. 4 L. 689/81 da parte di chi viola una o più norme di comportamento del Codice della Strada per provvedere a cure urgenti nei confronti di un animale?

La questione è stata affrontata e risolta negativamente dalla Corte di Cassazione, che con ordinanza del 01/03/18 n° 4834 (clicca e leggi) ha affermato che “…la costante giurisprudenza di questa Corte afferma che l’esclusione della responsabilità per violazioni amministrative derivante da “stato di necessità”, secondo la previsione dell’art. 4 della legge n. 689 del 1981, postula, in applicazione degli artt. 54 e 59 c.p., che fissano i principi generali della materia, una effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile…” e che “…in tema d’infrazioni amministrative lo stato di necessità, contemplato dall’art. 4 della legge 24 novembre 1981 n. 689 come causa di esclusione della responsabilità, è ravvisabile solo in presenza di tutti gli elementi previsti nell’art. 54 c.p., incluso il’pericolo attuale di un danno grave alla persona’…”, pertanto, anche se il nostro ordinamento giuridico pone una serie di disposizioni a salvaguardia della salute degli animali, per quanto riguarda l’istituto giuridico dello stato di necessità non esiste una “parificazione” dell’animale all’essere umano parlando la norma di “persona”.

Ad analoga conclusione pervenne sempre la Corte di Cassazione con  sentenza del 19/06/09 n° 14515 (clicca e leggi).

Si legga anche il seguente approfondimento riguardante VIOLAZIONI A NORME DEL CODiCE DELLA STRADA E STATO DI NECESSITA’ (clicca e leggi).

Giovanni Paris

http://www.corsidipolizialocale.it

AVVISO ASSISTENZA DIFENSORE PROVA ETILOMETRO ANCHE IN CASO DI RIFIUTO

Risultati immagini per rifiuto etilometro

In applicazione del più recente orientamento della Corte di Cassazione l’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore, ex art. 114 disp. att. c.p.p, deve essere rivolto al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test, anche nel caso in cui l’interessato si rifiuti di sottoporsi all’accertamento,

E’ quanto affermato nella sentenza della Corte di Cassazione del 09/02/18 n° 6526 (clicca e leggi) nella quale si afferma che “…il sistema delle garanzie, delineato dal combinato disposto degli artt. 114 disp. att. cod. proc. pen. e 354 cod. proc. pen., scatta nel momento in cui la polizia giudiziaria procede all’accertamento, per via strumentale – che ha natura indifferibile ed urgente – del tasso alcolemico, invitando il conducente a sottoporsi alle due prove spirometriche, secondo le modalità indicate dall’art. 379, reg. es . cod. strada. Tale sistema introduce, in sostanza, una verifica tecnica che prende avvio con la richiesta di sottoporsi al test strumentale e, in tale scansione, l’avvertimento del diritto all’assistenza del difensore costituisce presupposto necessario della relativa procedura, indipendentemente dall’esito della stessa e dalle modalità con le quali il test venga concretamente effettuato. …”.

Giovanni Paris

http://www.corsidipolizialocale.it