Commercio

DISCIPLINA ORARI DELLE SALE GIOCHI E DEGLI APPARECCHI CON VINCITA DI DENARO: CONSIGLIO DI STATO, V, 07/12/23 N° 10632

San Lazzaro, chiuse due sale slot. “Poi via le macchinette dai bar"

DOMANDE:

1. IL COMUNE HA LA FACOLTÀ DI REGOLARE GLI ORARI DI APERTURA DEI LOCALI DOVE SI TROVANO APPARECCHI DI INTRATTENIMENTO E SVAGO CON VINCITA IN DENARO?

2. L’INOSSERVANZA DELL’ORDINANZA CHE DISPONGA LIMITAZIONI DI ORARIO DI APERTURA DEI LOCALI SUDDETTI PUÒ ESSERE PUNITA AI SENSI DELL’ART. 7 BIS T.U.E.L.?

3. IN CASO DI VIOLAZIONE PUÒ ESSERE ANCHE DISPOSTA CON ORDINANZA DEL SINDACO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ AI SENSI DELL’ART. 10 T.U.L.P.S.?

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LA NORMATIVA

Art. 50  “Competenze del Sindaco e del Presidente della Provincia” T.U.E.L.

“OMISSIS

“7.  Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”.

OMISSIS”

Art. 10 T.U.L.P.S.

“Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata”.

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Questioni a cui viene data risposta nella sentenza del CONSIGLIO DI STATO, V, 07/12/23 N° 10632 nella quale si afferma:

  • relativamente alla prima domanda che “...Il Comune ha facoltà di regolare gli orari di apertura dei locali dove si trovano degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro, di cui all’art. 110, comma 6 lett. b) del T.U.L.P.S. ai sensi dell’art. 50, comma 7, T.U.E.L. e tale facoltà è ancora più opportuno esercitare quando di tratta di fissare gli orari di apertura di esercizi che siano autorizzati a tenere al loro interno apparecchi che consentono vincite e che sono particolarmente ricercati da persone che sono esposte agli effetti della ludopatia. …”,
  • relativamente alla seconda domanda che “…L’inosservanza dell’ordinanza che disponga limitazioni di orario in tal senso ben può essere sanzionata ai sensi dell’art. 7 bis T.U.E.L. …”,
  • relativamente alla terza domanda che “…Non può, invece, disporsi sulla base di una semplice ordinanza del Sindaco anche la sanzione della sospensione dell’attività per un certo tempo. La Corte di Cassazione con la sentenza 19696/2022 ha ribadito che il potere sanzionatorio di cui all’art. 1 l. 689/1981 è soggetto a riserva di legge relativa che deve predeterminare i presupposti per il suo esercizio, predeterminazione che non può essere contenuta in un provvedimento amministrativo. In conseguenza di ciò ha annullato l’ordinanza-ingiunzione con la quale il Comune aveva applicato la sanzione accessoria della sospensione per sette giorni del funzionamento degli apparecchi installati in una sala giochi, per non avere la società rispettato i limiti di orario disposti con ordinanza della giunta comunale. Si tratta di un caso sovrapponibile a quello in esame in questa sede ove l’unica differenza risiede nella circostanza che il caso esaminato dalla cassazione nasce da un ordinanza-ingiunzione emessa ai sensi della l. 689/1981, mentre nella presente vicenda si è scelto di emanare un’ordinanza senza riferimento alla l. 689/1981. Il provvedimento non può giustificarsi neanche ai sensi dell’art. 10 T.U.L.P.S. poiché le sanzioni nei confronti delle ordinanze di polizia ai sensi del r.d. 773/1931 possono essere irrogate solo dall’autorità che concedono tali autorizzazioni, nel caso di specie la Questura...”.

Viene altresì evidenziato come l’ordinanza che aveva disposto la sospensione dell’attività non richiamava affatto alcuna norma per giustificare il suo potere di infliggere la sanzione accessoria.

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Sulla legittimità della adozione di ordinanza sindacale di regolazione degli orari di attivita’ di gioco lecito si legga anche l’articolo ORDINANZA DI LIMITAZIONE ORARIO ATTIVITA’ DI GIOCO LECITO: CONSIGLIO DI STATO, V, 19/07/23 N° 7078

Giovanni Paris

ETICHETTATURA PRODOTTI ALIMENTARI E FRODE IN COMMERCIO: CASS. PEN., III, 13/09/23 N° 37310

LA DETENZIONE DI PRODOTTI ALIMENTARI DI ORIGINE DIVERSA DA QUELLA RIPORTATA NELLA ETICHETTA E DESTINATI ALLA VENDITA, NON SOLO AL CONSUMATORE FINALE, MA ANCHE AD ALTRI COMMERCIANTI, INTEGRA IL REATO DI FRODE NELL’ESERCIZIO DEL COMMERCIO EX ART. 515 C.P. (CONSUMATO O TENTATO) O IL REATO DI TRUFFA EX ART. 640 C.P. ?

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LA NORMATIVA

Art. 515 c.p. “Frode nell’esercizio del commercio”

“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065.

Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a euro 103″.

Art. 56 c.p. “Delitto tentato”

“Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà”.

Art. 640 c.p. “Truffa”

“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:

1. se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o dell’Unione europea o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2. se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’autorità;

2-bis. se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente”.

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IL CASO

Un soggetto è stato condannato per il reato di cui agli artt. 56 e 515 c.p. perché ha compiuto atti diretti in modo non equivoco a vendere una cosa mobile per origine, provenienza e qualità, diversa da quella dichiarata, senza conseguire l’evento per cause indipendenti dalla propria volontà; in particolare è stata contestata la detenzione per la vendita di lattine contenenti olio extravergine di oliva di origine greca, recanti l’etichetta “olio estratto in Italia da olive coltivate in Italia 100% italiano”, confezionato in lattine.

Viene proposto ricorso in Cassazione contestando la affermazione della responsabilità, in quanto, nel caso di “frode qualitativa”, la norma penale punisce solo quelle difformità concernenti le caratteristiche essenziali del prodotto, non rilevando qualunque difformità della res rispetto le qualità dichiarate nell’offerta di vendita. Si rileva, inoltre, che la fattispecie in contestazione non è configurabile a titolo di delitto tentato, posto che l’evento tipico del reato è rappresentato dal passaggio della res nella sfera di disponibilità dell’acquirente con la consegna della stessa e che la fattispecie incriminata tutela il rapporto negoziale instaurato tra il venditore e l’acquirente; si evidenzia, in tal senso, che, nel caso di specie, non vi è stata alcuna trattativa per la vendita, in quanto la merce era solo depositata in magazzino, né esposta in vendita.

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LA SENTENZA

La CASS. PEN., III, 13/09/23 N° 37310 conferma la condanna osservando che “…La ratio del reato di frode nell’esercizio del commercio risiede nel sanzionare le frodi negli scambi commerciali non rientranti nell’ambito applicativo della truffa, ponendosi, rispetto a tale fattispecie, in posizione sussidiaria e residuale. L’elemento oggettivo consiste nella consegna della cosa mobile. La fattispecie si consuma, pertanto, con la consegna della cosa o del documento che la rappresenta. Con riferimento al tentativo, ritenuto pacificamente ammissibile qualora la cosa non venga consegnata all’acquirente, come, ad esempio, nel caso in cui questi si rifiuti, si è discusso se possa essere integrato anche con la semplice detenzione per la vendita di una merce con indicazioni mendaci sulla sua origine, produzione e qualità. La questione controversa concerne l’interrogativo se si integri il tentativo in caso di mera detenzione oppure sia necessaria una detenzione preordinata univocamente alla vendita, come, per esempio, nel caso di esposizione del bene all’attenzione dell’acquirente. Secondo un’opzione ermeneutica, ciò va escluso sulla base della considerazione che il legislatore non ha inteso ravvisare in tale condotta un atto idoneo diretto in modo non equivoco a compiere una frode in commercio. Sul tema, la giurisprudenza ha ritenuto configurabile il tentativo di frode nell’esercizio del commercio, ma secondo un orientamento più risalente, è necessaria la conclusione del contratto o almeno una forma di contrattazione idonea, volta alla consegna della merce diversa da quella pattuita. Secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente, e ormai consolidato, invece, è integrato il tentativo anche in caso di mera detenzione della merce per la vendita. In quest’ottica, è stato condivisibilmente affermato che, in tema di frode nell’esercizio del commercio, mentre la fattispecie consumata è integrata dalla consegna materiale della merce all’acquirente, per la configurabilità del tentativo non è necessaria la sussistenza di una contrattazione finalizzata alla vendita, essendo sufficiente l’accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite. …In tal senso, anche la mera detenzione presso un magazzino di prodotti finiti, recanti false indicazioni di provenienza, anche se non destinati al commercio al dettaglio e al consumatore finale ma a utilizzatori commerciali intermedi, integra il tentativo di frode nell’esercizio del commercio, mentre la condotta consumata è costituita dalla consegna materiale della merce all’acquirente. Configura, dunque, il tentativo, anche la mera detenzione in magazzino di merce non rispondente per origine, provenienza, qualità o quantità a quella dichiarata o pattuita, trattandosi di dato pacificamente indicativo della successiva immissione nella rete distributiva di tali prodotti…e ciò anche nel caso in cui la merce sia detenuta da un commerciante all’ingrosso, dovendosi pacificamente riconoscere, in considerazione delle condotte tipizzate, che la disposizione in esame tuteli tanto i consumatori quanto gli stessi commercianti, allorquando presso il magazzino di prodotti finiti dell’impresa di produzione sia detenuta merce con false indicazioni di provenienza destinata non al consumatore finale ma ad utilizzatori commerciali intermedi…

La merce confezionata ed etichettata, posta all’interno del punto vendita al dettaglio, era esposta sul banco per la vendita, sicché deve ritenersi sussistente la forma tentata, pur non esistendo alcuna trattativa in corso per la vendita.

Giovanni Paris

ORDINANZE COMUNALI “NATALIZIE” DI DIVIETO DI VENDITA E/O DI ACCENSIONE DI FUOCHI D’ARTIFICIO: PARERE MININTERNO N° 18798 DEL 09/12/16

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Ogni anno in moltissimi comuni vengono adottate ordinanze sindacali aventi efficacia durante il periodo delle festività natalizie e che prevedono il divieto di vendita e/o di accensione di fuochi d’artificio, esse sono diversamente motivate, per la tutela della pubblica incolumità, dell’ambiente, degli animali, ecc. .

Nei confronti di tali provvedimenti vengono espresse riserve relativamente alla loro legittimità.

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LA NORMATIVA

Art. 57  T.U.L.P.S.

“Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza non possono spararsi armi da fuoco nè lanciarsi razzi, accendersi fuochi di artificio, innalzarsi aerostati con fiamme, o in genere farsi esplosioni o accensioni pericolose in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa.

E’ vietato sparare mortaletti e simili apparecchi.

OMISSIS”

Art. 703 c.p. “Accensioni ed esplosioni pericolose”

Chiunque, senza la licenza dell’autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d’artificio, o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose, è punito con l’ammenda fino a euro 103.

Se il fatto è commesso in un luogo ove sia adunanza o concorso di persone, la pena è dell’arresto fino a un mese”.

Articolo 50  T.U.E.L. “Competenze del sindaco e del presidente della provincia”

“OMISSIS

5.  In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.

OMISSIS”

Articolo 54  T.U.E.L. Attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale

“OMISSIS

4.  Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.

4-bis.  I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l’incolumità pubblica sono diretti a tutelare l’integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti.

OMISSIS”

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IL PARERE MINISTERIALE

il Ministero dell’Interno ha in materia espresso il PARERE PROT. N° 18798 del 09/12/16 di cui si riporta uno stralcio.

“La possibilità di ricorrere allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente è quindi legata alla sussistenza di un pericolo concreto che impone di provvedere in via d’urgenza con strumenti extra ordinem, per porre rimedio a situazioni di natura eccezionale e imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l’incolumità pubblica, non fronteggiabili con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamen…, si osserva che la natura innovativa di tali ordinanze, che pongono limiti quasi assoluti all’impiego di tutte le tipologie di articoli pirotecnici, incida sulla vigente disciplina legislativa in materia, nonostante dalle ordinanze non emergano situazioni di contingibilità e urgenza. Occorre evidenziare che il d.lgs. n. 123/2015, che disciplina la materia, prevede, al fine di garantire il consumatore sulla qualità del prodotto che viene immesso sul mercato, che i prodotti pirotecnici utilizzabili nel territorio nazionale sono quelli recanti la marcatura CE che abbiano superato la valutazione di conformità prescritta. Si segnala altresì che il capo V del d.lgs n. 123/2015 rubricato “sorveglianza del mercato e controllo degli articoli pirotecnici” prevede che se l’autorità di sorveglianza del mercato abbia motivi sufficienti per ritenere che un articolo pirotecnico presenti rischio per la salute e per l’incolumità delle persone o per altri aspetti della protezione del pubblico interesse di cui al presente decreto, dopo aver effettuato una valutazione, può nei casi più gravi chiedere anche il ritiro dal mercato del prodotto, pertanto ulteriori divieti di uso di prodotti pirotecnici non possono essere stabiliti dal sindaco, ma solo dalla normativa di settore. Peraltro si soggiunge che l’uso dei fuochi pirotecnici è un accadimento che si verifica ogni anno durante le festività natalizie, pertanto non è una circostanza che si pone fuori dall’ordinato e prevedibile svolgersi degli eventi, che è condizione necessaria per giustificare l’utilizzo del provvedimento extra ordinem”.

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DOMANDA

Le limitazioni sopra indicate o tipologie ad esse similari possono essere previste all’interno di norme regolamentari comunali?

Si legga sull’argomento l’articolo DIVIETO DI ACCENDERE FUOCHI D’ARTIFICIO: TAR LOMBARDIA, IV, 21/09/22 N° 2034

Giovanni Paris

DATA DI CONFEZIONAMENTO DI ALIMENTI E FRODE IN COMMERCIO: CASS. PEN., III, 12/09/23 N° 37118

APPLICARE SU CONFEZIONI DI ALIMENTI UNA ETICHETTA RIPORTANTE UNA DATA POSTERIORE RISPETTO A QUELLA DI EFFETTIVO CONFEZIONAMENTO INTEGRA IL REATO DI FRODE NELL’ESERCIZIO DEL COMMERCIO EX ART. 515 C.P.? QUESTO ANCHE SE LE CONFEZIONI NON SONO STATE ANCORA POSTE IN COMMERCIO? O TALE FATTO CONFIGURA IL TENTATIVO DEL DELITTO SOPRA CITATO?

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LA NORMATIVA

Art. 515 c.p. “Frode nell’esercizio del commercio”

“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065.

Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a euro 103″.

Art. 56 c.p. “Delitto tentato”

“Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà”.

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IL CASO

Un soggetto è stato condannato per il delitto di tentata frode in commercio, per aver compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a contraffare la data di confezionamento di alimenti altamente deperibili.

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LA SENTENZA

La CASS. PEN., III, 12/09/23 N° 37118 afferma che non vi sia dubbio sulla ritenuta rilevanza penale del fatto, soffermandosi sulla qualificazione dello stesso se consumato o tentato ricordando come la giurisprudenza di legittimità “…ha già affermato che mentre la fattispecie consumata di frode nell’esercizio del commercio è integrata dalla consegna materiale della merce all’acquirente, per la configurabilità del tentativo non è necessaria la sussistenza di una contrattazione finalizzata alla vendita, essendo sufficiente l’accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite…”.

Giovanni Paris

OCCUPAZIONE ABUSIVA DI SUOLO PUBBLICO: ART. 211 C.D.S. E ART. 3/16-17-18 L. 94/09

Noto. Colloca abusivamente tavoli e sedie in centro storico, agenti  intimano di sgombrare ma lui si scaglia contro: denunciato - Libertà Sicilia

IN CASO DI ABUSIVA OCCUPAZIONE DI SUOLO PUBBLICO EX ART. 20 CODICE DELLA STRADA SI APPLICA SEMPRE LA PROCEDURA DI RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI O DI RIMOZIONE DI OPERE ABUSIVE PREVISTA DALL’ART. 211 CODICE DELLA STRADA?

La risposta è NEGATIVA e andiamo a vedere perchè.

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LA NORMATIVA

Art. 20  C.d.S. “Occupazione della sede stradale”

“omissis

5.  La violazione di cui ai commi 2, 3 e 4 importa la sanzione amministrativa accessoria dell’obbligo per l’autore della violazione stessa di rimuovere le opere abusive a proprie spese, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI.”

Art. 211  C.d.S. Sanzione accessoria dell’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi o di rimozione di opere abusive

“1.  Nel caso in cui le norme del presente codice dispongono che da una violazione consegua la sanzione accessoria dell’obbligo di ripristino dei luoghi, ovvero l’obbligo di rimozione di opere abusive, l’agente accertatore ne fa menzione nel verbale di contestazione da redigere ai sensi dell’art. 200 o, in mancanza, nella notificazione prescritta dall’art. 201. Il verbale così redatto costituisce titolo anche per l’applicazione della sanzione accessoria.

2.  Il ricorso al prefetto contro la sanzione amministrativa pecuniaria si estende alla sanzione accessoria. Si applicano le disposizioni dei commi 1 e 2 dell’art. 203. Nel caso di mancato ricorso, l’ufficio o comando da cui dipende l’agente accertatore trasmette copia del verbale al prefetto per l’emissione dell’ordinanza di cui al comma 3, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per ricorrere.

3.  Il prefetto, nell’ingiungere al trasgressore il pagamento della sanzione pecuniaria, gli ordina l’adempimento del suo obbligo di ripristino dei luoghi o di rimozione delle opere abusive, nel termine fissato in relazione all’entità delle opere da eseguire ed allo stato dei luoghi; l’ordinanza costituisce titolo esecutivo. Nel caso di mancato ricorso, l’ordinanza suddetta è emanata dal prefetto entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione dell’ufficio o comando di cui al comma 2. L’esecuzione delle opere si effettua sotto il controllo dell’ente proprietario o concessionario della strada. Eseguite le opere, l’ente proprietario della strada ne avverte immediatamente il prefetto, il quale emette ordinanza di estinzione del procedimento per adempimento della sanzione accessoria. L’ordinanza è comunicata al trasgressore ed all’ente proprietario della strada.

4.  Ove il trasgressore non compia nel termine le opere cui è obbligato, il prefetto, su comunicazione dell’ente proprietario o concessionario della strada, dà facoltà a quest’ultimo di compiere le opere suddette. Successivamente al compimento, l’ente proprietario trasmette la nota delle spese sostenute ed il prefetto emette ordinanza-ingiunzione di pagamento. Tale ordinanza costituisce titolo esecutivo ai sensi di legge.

5.  Nell’ipotesi in cui il prefetto non ritenga fondato l’accertamento, l’ordinanza di archiviazione si estende alla sanzione accessoria.

6.  Nei casi di immediato pericolo per la circolazione e nella ipotesi di impossibilità a provvedere da parte del trasgressore, l’agente accertatore trasmette, senza indugio, al prefetto il verbale di contestazione. In tal caso il prefetto può disporre l’esecuzione degli interventi necessari a cura dell’ente proprietario, con le modalità di cui al comma 4. (1425)

7.  L’opposizione di cui all’art. 205 si estende alla sanzione accessoria”.

Art. 3/16-17-18 L. 15/07/09 n° 94 Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.

“16.  Fatti salvi i provvedimenti dell’autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall’articolo 633 del codice penale e dall’articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni.

17.  Le disposizioni di cui al comma 16 si applicano anche nel caso in cui l’esercente ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l’esercizio.

18.  Se si tratta di occupazione a fine di commercio, copia del relativo verbale di accertamento è trasmessa, a cura dell’ufficio accertatore, al comando della Guardia di finanza competente per territorio, ai sensi dell’articolo 36, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.”

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LA CIRCOLARE MINISTERIALE

Il Ministero dell’Interno con Circolare N. 557/LEG/240520.09/3^P del 07/08/09 avente ad oggetto la Legge 15/07/09 n° 94 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” nell’ALLEGATO 3 a commento dell’art. 3/16-17-18 indica che:

“…La nuova disposizione supera quelle del comma 5 dell’art. 20 C.d.S. nella parte in cui stabiliscono che all’accertamento dell’illecito di indebita occupazione del suolo pubblico consegua l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria del ripristino dei luoghi secondo la procedura di cui all’art. 211 C.d.S.

Per le altre violazioni dell’art. 20 C.d.S. continua a trovare applicazione la procedura prevista dal citato art. 211. (Quindi la procedura dell’art. 211 C.d.S. resta applicabile per le infrazioni all’art. 20 C.d.S. consistenti in una occupazione di suolo privato soggetto ad uso pubblico o in caso di inosservanza delle prescrizioni).

In occasione dell’accertamento di una violazione delle disposizioni dell’art. 20 C.d.S., perciò, gli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 C.d.S. provvedono a trasmettere, senza ritardo, il verbale di contestazione al Sindaco o al Prefetto per l’adozione dei provvedimenti di loro competenza.

Nel caso in cui l’accertamento riguardi un’abusiva occupazione ai fini di commercio, inoltre, il verbale di contestazione deve essere immediatamente trasmesso anche al Comando della Guardia di Finanza competente per territorio affinché effettui gli ulteriori accertamenti di sua competenza. …”.

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LA GIURISPRUDENZA

Troviamo conferma di tale impianto normativo nella giurisprudenza amministrativa.

Si vedano:

Giovanni Paris

ORDINANZA DI LIMITAZIONE ORARIO ATTIVITA’ DI GIOCO LECITO: CONSIGLIO DI STATO, V, 19/07/23 N° 7078

Ludopatia, nasce il numero verde nazionale - RomaSette

E’ LEGITTIMA LA ADOZIONE DI ORDINANZA SINDACALE DI REGOLAZIONE DEGLI ORARI DI ATTIVITA’ DI GIOCO LECITO?

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LA NORMATIVA

L’articolo 50  “Competenze del Sindaco e del Presidente della Provincia” del  D.Lgs. 18/08/00 n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, al comma 7 prevede:

“7.  Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”.

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LA SENTENZA

Il giudizio espresso da CONSIGLIO DI STATO V, 19/07/23 N° 7078 conferma “…il consolidato orientamento…secondo cui la normativa in materia di gioco d’azzardo – con riguardo alle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché all’impatto sul territorio dell’afflusso ai giochi degli utenti – non rientra nella competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 117 comma 2 lett. h), Cost., bensì nella tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica, tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune ex artt. 3 e 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267…“,

sottolineando che in materia “…sussistono interessi pubblici e generali…estesi anche alla quiete pubblica (in ragione dei non improbabili disagi derivanti dalla collocazione delle sale gioco in determinate zone cittadine più o meno densamente abitate a causa del possibile congestionamento del traffico o dell’affollamento dei frequentatori) ed alla salute pubblica, quest’ultima in relazione al pericoloso fenomeno, sempre più evidente, della ludopatia…”

e che “…la previsione di una limitazione oraria mira inequivocabilmente a contrastare il fenomeno della ludopatia, inteso come disturbo psichico che induce l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano familiare e professionale, nonché con l’innegabile dispersione del patrimonio personale.”.

Si leggano anche sull’argomento:

CONSIGLIO DI STATO, V, 26/08/20 n° 5223

CONSIGLIO DI STATO, V, 26/09/22 N° 8237

CONSIGLIO DI STATO, V, 19/12/22 n° 11085

Giovanni Paris

POSSIBILITA’ DI ADIBIRE MINORI ALLA SOMMINISTRAZIONE DI BEVANDE ALCOLICHE NEI PUBBLICI ESERCIZI

Corso-Barman

E’ POSSIBILE ADIBIRE UN MINORENNE ALLA SOMMINISTRAZIONE DI BEVANDE ALCOLICHE NEI PUBBLICI ESERCIZI?

Il nostro ordinamento giuridico prevede il divieto di vendita e somministrazione di bevande alcoliche a soggetti minorenni con un trattamento sanzionatorio diversificato se il minorenne ha meno di 16 anni (sanzione penale) o più di 16 anni (sanzione amministrativa).

RIFERIMENTI NORMATIVI

Le disposizioni normative sono le seguenti:

Art. 689 “Somministrazione di bevande alcooliche a minori o a infermi di mente” del Codice Penale

“L’esercente un’osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, il quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcooliche a un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità, è punito con l’arresto fino a un anno.

La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi pone in essere una delle condotte di cui al medesimo comma, attraverso distributori automatici che non consentano la rilevazione dei dati anagrafici dell’utilizzatore mediante sistemi di lettura ottica dei documenti. La pena di cui al periodo precedente non si applica qualora sia presente sul posto personale incaricato di effettuare il controllo dei dati anagrafici.

Se il fatto di cui al primo comma è commesso più di una volta si applica anche la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 25.000 euro con la sospensione dell’attività per tre mesi.

Se dal fatto deriva l’ubriachezza, la pena è aumentata.

La condanna importa la sospensione dall’esercizio.”

Art. 14-ter.Introduzione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minori” della L. 125/01 “Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati”.

“1. Chiunque vende bevande alcoliche ha l’obbligo di chiedere all’acquirente, all’atto dell’acquisto, l’esibizione di un documento di identità, tranne che nei casi in cui la maggiore età dell’acquirente sia manifesta.

2. Salvo che il fatto non costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro a chiunque vende o somministra (parole inserite dall’art. 12/2 D.L. 14/17) bevande alcoliche ai minori di anni diciotto. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro con la sospensione dell’attività da quindici giorni a tre mesi.”.

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Queste norme sono conosciute, ma ne è vigente un’altra, un pò dimenticata, inserita nel regolamento di esecuzione al T.U.L.P.S. R.D. 635/40, la cui violazione costituisce reato contravvenzionale e che ha l’intento di evitare qualsiasi occasione di contatto del minorenne con le bevande alcoliche e con essa la possibilità da parte dello stesso della loro assunzione:

Art. 188

“I minori degli anni diciotto non possono essere adibiti alla somministrazione al minuto di bevande alcoliche negli esercizi pubblici, anche se trattisi di esercizi nei quali la vendita al minuto o il consumo delle bevande alcoliche non costituisca prestazione unica od essenziale dell’esercizio”.

L’articolo prevedeva altri due commi

Tale divieto può essere esteso dal Prefetto per ragioni di moralità e di ordine pubblico alle donne di qualsiasi età.

Il divieto di cui al primo comma non si applica alla moglie e ai parenti ed affini non oltre il terzo grado dell’esercente, con lui conviventi ed a suo carico”

che sono stati abrogati dall’art. 6, comma 1, lett. c), D.P.R. 28/05/01, n° 311.

Giovanni Paris

ORDINANZA DI LIMITAZIONE ORARIO ATTIVITA’ DI GIOCO LECITO: CONSIGLIO DI STATO, V, 26/09/22 N° 8237

Sale gioco e slot, il sindaco può limitare gli orari di apertura - ANCI  Toscana

E’ LEGITTIMA LA ADOZIONE DI ORDINANZA SINDACALE DI REGOLAZIONE DEGLI ORARI DI ATTIVITA’ DI GIOCO LECITO?

L’articolo 50  “Competenze del Sindaco e del Presidente della Provincia” del  D.Lgs. 18/08/00 n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, al comma 7 prevede:

“7.  Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”.

La sentenza del Consiglio di Stato, V, 26/09/22 n° 8237 (scarica e leggi) afferma che “…è del tutto pacifico il potere del Sindaco di cui all’art. 50, comma 7, del TUEL di adottare provvedimenti funzionali a regolamentare gli orari delle sale giochi e degli esercizi pubblici in cui sono installate apparecchiature da gioco…”,

considerando la scelta altresì proporzionata, in quanto “…la limitazione oraria mira a contrastare il fenomeno della ludopatia inteso come disturbo psichico che spinge l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano della vita familiare e professionale, oltre che con innegabile dispersione del patrimonio personale…”,

sottolineando come “…i provvedimenti di limitazione all’attività di organizzazione e gestione dei giochi pubblici sono volti alla tutela di interessi generali (salute, dignità, sicurezza, utilità sociale) e, acclarata la proporzionalità del provvedimento, esso può ben consistere in una misura specifica avente l’obiettivo di contrastare efficacemente le ludopatie. …“,

con riaffermazione che  “…è pacifico che, in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, il Sindaco possa disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò possa fare anche per esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica. L’art. 50 comma 7 è un paradigma di norma attributiva di potere. La questione non si pone quindi sul “se” il potere esiste ma sul “come” esso viene esercitato. La norma attribuisce il potere per una causa (l’interesse pubblico specifico); questo interesse è modellato dagli elementi del potere, definiti dalla norma (oggetto, soggetto e fine). …”.

Giovanni Paris

DIVIETO DI ACCENDERE FUOCHI D’ARTIFICIO: TAR LOMBARDIA, IV, 21/09/22 N° 2034

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E’ LEGITTIMO PREVEDERE CON ORDINANZA O REGOLAMENTO COMUNALE IL DIVIETO ASSOLUTO SU TUTTO IL TERRITORIO, ANCHE SE TEMPORALMENTE LIMITATO, DI ACCENSIONE DI FUOCHI ARTIFICIALI APPARTENENTI A QUALSIASI TIPOLOGIA?

La risposta ci viene dal recente pronunciamento del TAR LOMBARDIA, IV. 21/09/22 N° 2034  (scarica e leggi) che ha disposto l’annullamento di una norma regolamentare comunale avente tale contenuto.

L’organo di giustizia amministrativa argomenta compiutamente il giudizio ricordando che “…la potestà regolamentare comunale rinviene il proprio fondamento nella Costituzione che, all’art. 117, sesto comma, terzo periodo, stabilisce che “i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”. Anche la legislazione primaria riconosce espressamente una tale potestà, statuendo che, “nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni” (art. 7 del D. Lgs. n. 267 del 2000 – Testo unico degli Enti locali. …”.

Continua affermando che “…Tale assetto – direttamente correlato alla circostanza che il Comune è Ente a competenza generale, rappresentativo della collettività presente sul proprio territorio (cfr. art. 3, comma 2, del D. Lgs. n. 267 del 2000) – deve essere tuttavia coordinato con l’applicazione nell’ambito pubblicistico – almeno in via generale e salvo eccezioni – del principio di legalità (ex art. 97 Cost.), che presuppone la sussistenza di una norma primaria attributiva, anche in via implicita, del potere o della funzione a un determinato organo o Ente, in modo da legittimarne l’intervento in sede normativa, e quindi anche regolamentare…”.

Osserva come “…la disposizione impugnata…che stabilisce il “divieto di accendere fuochi d’artificio (compresi i petardi, mortaretti e artifici esplodenti in genere) nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 marzo”, vada a interferire con una materia – quella dei materiali esplodenti – di competenza legislativa (e regolamentare) esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lett. d, Cost.), già oggetto di compiuta disciplina da parte del D. Lgs. n. 123 del 2015, a sua volta attuativo della Direttiva n. 2013/29/UE. In particolare, la contestata disposizione comunale – sebbene adottata nel perseguimento di finalità di tutela ambientale (certamente rientranti nella titolarità del Comune con riguardo al proprio ambito territoriale) – si pone in netto contrasto con la normativa sovraordinata ed eccede l’ambito di competenza dell’Ente locale. …”.

Inoltre sottolinea che “…Nemmeno la normativa in materia di qualità dell’aria abilita il Comune ad adottare norme regolamentari derogatorie della normativa settoriale primaria riguardante l’utilizzo del materiale pirotecnico. In tal senso la legislazione ordinaria che si occupa della tutela della qualità dell’aria (relativa alla materia “ambiente”, pure appartenente alla competenza esclusiva, sia legislativa che regolamentare, dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s, e sesto comma, Cost.), ossia il D. Lgs. n. 155 del 2010, affida alle Regioni la competenza ad adottare un Piano che introduca le misure necessarie per agire sulle principali sorgenti di emissione aventi un impatto negativo sulla qualità dell’aria, al fine di raggiungere i valori limite imposti dalla legge…”.

Giovanni Paris

APPLICABILITA’ DELL’ ART. 109 T.U.L.P.S. ALLE CASE DI RIPOSO E ALLE CASE DI CURA

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Abbiamo ricevuto il seguente quesito:

LE CASE DI RIPOSO E LE CASE DI CURA HANNO L’OBBLIGO DEL RISPETTO DELL’ ART. 109 T.U.L.P.S.,  DI DARE ALLOGGIO SOLO A PERSONE MUNITE DI DOCUMENTO IDENTITA’/RICONOSCIMENTO E DELL’OBBLIGO DI COMUNICAZIONE ALLA QUESTURA DELLE GENERALITA’ DEGLI ALLOGGIATI?

Il caso riveste carattere di particolarità per la tipologia delle attività sottoposte a controllo, va approfondito comunque per il diverso trattamento riservato dalla normativa vigente.

Risposta: l’art. 109 T.U.L.P.S. si applica alla case di riposo, ma non alle case di cura. 

Si riporta il contenuto dell’art. 109 T.U.L.P.S., il quale dispone che:

“1.  I gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonché i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere, ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o dalla provincia autonoma, possono dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d’identità o di altro documento idoneo ad attestarne l’identità secondo le norme vigenti.

2.  Per gli stranieri extracomunitari è sufficiente l’esibizione del passaporto o di altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi internazionali, purché munito della fotografia del titolare.

3.  Entro le ventiquattr’ore successive all’arrivo, i soggetti di cui al comma 1 comunicano alle questure territorialmente competenti, avvalendosi di mezzi informatici o telematici o mediante fax, le generalità delle persone alloggiate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.”.

Si deve altresì tenere conto che per le case si cura specificamente l’art. 193 Reg. Esec. T.U.L.P.S. prevede quanto segue:

“La disposizione dell’art. 109 della legge circa l’obbligo della esibizione della carta d’identità non si applica alle case od istituti di cura.

I titolari di dette case sono però obbligati alla tenuta di uno speciale registro ed alla notifica all’autorità di pubblica sicurezza delle persone ricoverate.

S’intendono per case di cura quegli istituti sanitari nei quali vengono ricoverate le persone affette da malattie in atto e, perciò, bisognevoli di speciali cure medico-chirurgiche.”.

Il decreto del Ministro dell’Interno indicato nell’art. 109/3 T.U.L.P.S. è il  D.M. 7-1-2013 “Disposizioni concernenti la comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza dell’arrivo di persone alloggiate in strutture ricettive.” , il quale, nell’allegato tecnico, di fatto però procede ad una equiparazione delle due tipologie di strutture in ordine alla modalità di trasmissione, limitandosi ad escludere le case di cura solo dal rilievo dei dati dei documenti di identità.

Si leggano anche le F.A.Q. della Questura di Novara sul  SISTEMA INFORMATICO “ALLOGGIATI WEB” che fornisce utili indicazioni sull’applicazione della normativa vigente e che risponde anche al quesito proposto.

Si rammenta che la violazione all’art. 109 T.U.L.P.S costituisce reato, come confermato dalla recente Cass. Pen., III, 01/03/22, 7128 (scarica e leggi), la quale ricostruisce egregiamente le vicende normative che hanno avuto ad oggetto la disposizione in trattazione, la cui violazione per un lasso di tempo è stata sanzionata come illecito amministrativo, ricordando come la Corte si era già pronunciata “…affermando che l’obbligo per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricreative di comunicare all’autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate, entro le ventiquattro ore successive al loro arrivo, è sanzionata penalmente dalla disposizione sussidiaria di cui all’art. 17 del TULPS, avendo la legge n. 135 del 2001 riformulato la norma eliminando la sanzione amministrativa che era stata introdotta con la depenalizzazione del d.l. n. 97 del 1995…”

Giovanni Paris

DIVIETO DI VENDITA O SOMMINISTRAZIONE DI ALCOL A MINORI

 
 
L. 30-3-2001 n. 125
Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati.
 

Art. 14-ter. Introduzione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minori.

“1. Chiunque vende bevande alcoliche ha l’obbligo di chiedere all’acquirente, all’atto dell’acquisto, l’esibizione di un documento di identità, tranne che nei casi in cui la maggiore età dell’acquirente sia manifesta.

2. Salvo che il fatto non costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro a chiunque vende o somministra (parole inserite dall’art. 12/2 D.L. 14/17) bevande alcoliche ai minori di anni diciotto. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro con la sospensione dell’attività da quindici giorni a tre mesi.”

Si segnala il pronunciamento della Cass. civ., sez. II, ord. 0407/22, n° 21076 (scarica e leggi),  per il quale il comportamento vietato e sanzionabile, anche quando la norma citava la sola vendita, comprendeva anche la cessione per il consumo sul posto, cioè la somministrazione, la quale costituisce pur sempre una attività di vendita: “…Il riferimento letterale alla vendita, contenuto nella disposizione, non può intendersi nel senso di escludere l’applicazione della sanzione nel caso di consumo all’interno del locale: anche tale consumo implica pur sempre – ai fini della sussistenza dell’illecito – la cessione degli alcolici a favore di soggetti minori di età…”.

Giovanni Paris

 

SAFETY E SECURITY NELLE MANIFESTAZIONI PUBBLICHE

Le circolari e le direttive emanate in materia di safety e security per le manifestazioni pubbliche sono le seguenti:

CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DEL 07/06/17

CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO DEL 19/06/17

CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO DEL 20/07/17

CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DEL 28/07/17

CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DEL 18/07/18

Propongo i seguenti video di webinar realizzati sull’argomento dal Formez PA – Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle P.A.

Logo Formez PA

Sagre, feste, manifestazioni, spettacoli e trattenimenti pubblici temporanei Fattori di rischio e accorgimenti

Sagre, feste, manifestazioni, spettacoli e trattenimenti pubblici temporanei: il volontariato

Safety e security nelle pubbliche manifestazioni

La Safety e la Security nelle pubbliche manifestazioni all’aperto viste dalla Polizia Locale

CIRCOLARE MINISTERO INTERNO SU REGISTRO OPERAZIONI COSE ANTICHE O USATE

Beni usati antichità e preziosi intestazione

L’art. 126 del T.U.L.P.S. stabiliva che “Non può esercitarsi il commercio di cose antiche o usate senza averne fatta preventiva dichiarazione all’autorità locale di pubblica sicurezza, la quale ne rilasciava presa d’atto.

L’art. 126 del T.U.l.P.S. è stato abrogato espressamente dall’art. 6 del D.Lgs. 222/16 “Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124”, con decorrenza dal 11/12/16.

Il commercio di cose antiche o usate pertanto non è quindi soggetto ad altri adempimenti per l’accesso al settore, se non quelli ordinari previsti dalla normativa regionale sul commercio.

Sin da subito sorse però la questione se ritenere tacitamente abrogato anche l’art. 128 del T.U.L.P.S. che obbliga.i commercianti, gli esercenti e le altre persone indicate negli articoli 126 e 127 del T.U.L.P.S. a tenere un registro delle operazioni compiute.

Che la situazione non fosse chiara ne fu dimostrazione una nota di risposta in merito del Ministero dell’Interno n° 557/PAS/U/003342/12020.A(1) del 02/03/17 (clicca e leggi) alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, nella quale si esprimeva il parere che “…pare doversi propendere per la tesi per cui la abrogazione del’art. 126 T.U.L.P.S….abbia sottratto gli esercenti contemplati da tale articolo all’obbligo di tenuta del registro indicato.”, mantenendo però alcuni dubbi sulla questione facendo riserva di ulteriori elementi di valutazione.

I dubbi determinarono il Ministero dell’Interno ad interessare direttamente il Consiglio di Stato in funzione consultiva richiedendo allo stesso un parere.

Il Consiglio di Stato, sostanzialmente aderendo alle molteplici ragioni logico giuridiche proposte dallo stesso Ministero dell’Interno, con parere n° 00545/2018 del 02/03/18 (clicca e leggi) ha ritenuto che l’art. 128 del T.U.L.P.S non è stato tacitamente abrogato a seguito della abrogazione dell’art. 126 T.U.L.P.S. e pertanto che sia ancora obbligatorio tenere il registro delle operazioni compiute giornalmente per chi esercita il commercio di cose antiche o usate.

Tra le diverse motivazioni per il mantenimento dell’obbligo previsto dall’art. 128 del T.U.L.P.S. rilevano le diverse finalità delle due disposizioni, la prima, abrogata, regolava la modalità di accesso all’attività, mentre la seconda, in vigore, prevede una forma di controllo sull’attività in ragione della tipologia di beni trattati, per il fatto cioè, come sottolinea lo stesso Consiglio di Stato, “…che il settore della vendita di beni antichi o usati è particolarmente esposto a possibili azioni illecite. …”.

Registriamo sull’argomento la circolare del Ministero dell’Interno n° 557/PAS/U/004040/12900.A(24)BIS del 21/03/18 (clicca e leggi) che si conforma a quanto espresso dal Consiglio di Stato.

Giovanni Paris

http://www.corsideipolizialocale.it

ACQUISTO DI PRODOTTO CONTRAFFATTO

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Chi compra un oggetto contraffatto (es. capo di abbigliamento, borsa, orologio, ecc.) commette un illecito? E se sì, commette il reato ex. art. 712 c.p. “Acquisto di cose di sospetta provenienza” (incauto acquisto) e/o il reato ex art. 648 c.p. “Ricettazione” ?.

Per la risposta cliccare QUI.

Sull’argomento leggi le seguenti sentenze: