Month: novembre 2023

INSTALLAZIONE DI IMPIANTO AUTOMATICO DI RILEVAZIONE DI INFRAZIONI SEMAFORICHE E NECESSITA’ DI DECRETO PREFETTIZIO

CARTELLI DI AVVISO DI IMPIANTI ELETTRONICI DI RILEVAZIONE DI VIOLAZIONI  SEMAFORICHE | ....accademia.... ....polizia locale....

LA INSTALLAZIONE DI UN IMPIANTO DI RILEVAMENTO AUTOMATICO DI INFRAZIONI SEMAFORICHE DEVE RISPETTARE QUANTO PREVISTO DALL’ART. 4 DEL D.L. 121/02 PER IL RILEVAMENTO A DISTANZA DELLE VIOLAZIONI ALL’ART. 142 C.D.S. E PERTANTO PER LE STRADE DIVERSE DALLE AUTOSTRADE E DALLE STRADE EXTRAURBANE PRINCIPALI E’ OBBLIGATORIA LA EMISSIONE DEL PREVISTO DECRETO PREFETTIZIO?

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LA NORMATIVA

L’art. 4 del D.L. 121/02 “Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale” prevede:

1. Sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui all’articolo 2, comma 2, lettere A e B, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli articoli 142, 148 e 176 dello stesso decreto legislativo, e successive modificazioni. I predetti dispositivi o mezzi tecnici di controllo possono essere altresì utilizzati o installati sulle restanti tipologie di strade, ovvero su singoli tratti di esse, individuati con apposito decreto del prefetto ai sensi del comma 2.

2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il prefetto, sentiti gli organi di polizia stradale competenti per territorio e su conforme parere degli enti proprietari, individua le strade, diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, di cui al comma 1, ovvero singoli tratti di esse, tenendo conto del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all’incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati. La medesima procedura si applica anche per le successive integrazioni o modifiche dell’elenco delle strade di cui al precedente periodo.

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IL MINISTERO DELL’INTERNO E L’AVVOCATURA DELLO STATO

La questione è risalente nel tempo ed è stata risolta correttamente in modo negativo, nel senso che le disposizioni dell’art. 4 del D.L. 121/02 non si applicano ai i sistemi di rilevamento automatico delle violazioni all’art. 146 c.d.s., ma ancora si registrano ricorsi avverso verbali per tale tipo di accertamento fondati su una risposta ad un quesito formulata dal Ministero dell’Interno nel 2008.

Andiamo a ricostruire la vicenda.

Il parere del MINISTERO DELL’INTERNO N° 369 DEL 17/01/08 esordiva affermando che le fattispecie elencate nell’art. 4 del D.L. 121/02 (artt. 142, 149 e 176 c.d.s.) costituiscono un elenco tassativo, nel quale non viene contemplato l’art. 146 c.d.s., ma nel prosieguo, attraverso un ragionamento giuridico riferito all’art. 201 c.d.s. e alla casistica delle ipotesi che consentono una eccezione alla contestazione immediata, concludeva che la installazione di apparecchiature di rilevamento automatico di infrazioni semaforiche non presidiate da agenti accertatori dovevano essere installate solo ed esclusivamente sulle strade individuate con apposito decreto prefettizio.

La conclusione del Ministero dell’Interno non era corretta e costituiva un vero e proprio abbaglio.

Il Dicastero, però, rendendosi conto che la questione presentava problemi interpretativi meritevoli di adeguato approfondimento, riteneva opportuno richiedere parere sulla questione all’Avvocatura Generale dello Stato.

Il caso veniva affrontato dall’Avvocatura Generale dello Stato, il quale emetteva PARERE N° 46819 DEL 10/04/08 risolvendo, giustamente, lo stesso in senso contrario a quello indicato dal Ministero dell’Interno, osservando che la normativa era chiara e nulla aveva disposto per quanto concerneva i dispositivi per la rilevazione delle infrazioni semaforiche, per i quali non veniva fatto alcun richiamo alla procedura di individuazione delle strade di cui all’art. 4 D.L. 121/02, pertanto la vigente normativa di riferimento non appariva  pertanto permettere altre interpretazioni diverse da quella che emergeva  dalla inequivoca formulazione delle sopramenzionate disposizioni.

Giovanni Paris

RIFIUTO AL PRELIEVO EMATICO PER ACCERTARE IL TASSO ALCOLEMICO: CASS. PEN., IV, 22/11/23 N° 46861

Il prelievo ematico è di esclusiva competenza infermieristica? -  Infermieristicamente - Nursind, il sindacato delle professioni  infermieristiche

DOMANDA: IL RIFIUTO DI SOTTOPORSI A PRELIEVO EMATICO PRESSO UNA STRUTTURA SANITARIA AL FINE DI ACCERTARE IL TASSO ALCOLEMICO NEL SANGUE COSTITUISCE SEMPRE VIOLAZIONE ALL’ART. 186/7 C.D.S.?

RISPOSTA: NO, SE NON SI VERIFICANO IN CONCRETO TUTTE LE CONDIZIONI ASTRATTAMENTE PREVISTE DALL’ART. 186/5 C.D.S. .

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LA NORMATIVA

Art. 186  C.d.S. “Guida sotto l’influenza dell’alcool”

OMISSIS

“3.  Al fine di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 4, gli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.

4.  Quando gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3 hanno dato esito positivo, in ogni caso d’incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’influenza dell’alcool, gli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, anche accompagnandolo presso il più vicino ufficio o comando, hanno la facoltà di effettuare l’accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento.

5.  Per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l’accertamento del tasso alcoolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate, assicurando il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge. Copia della certificazione di cui al periodo precedente deve essere tempestivamente trasmessa, a cura dell’organo di polizia che ha proceduto agli accertamenti, al prefetto del luogo della commessa violazione per gli eventuali provvedimenti di competenza. Si applicano le disposizioni del comma 5-bis dell’articolo 187.

OMISSIS

7.  Salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, il conducente è punito con le pene di cui al comma 2, lettera c). La condanna per il reato di cui al periodo che precede comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalità e procedure previste dal comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione. Con l’ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica secondo le disposizioni del comma 8. Se il fatto è commesso da soggetto già condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato, è sempre disposta la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI.”

Per quanto disposto dalla normativa, quindi, la violazione del comma 7 si concretizza in caso di rifiuto:

  • all’accertamento mediante precursore (comma 3),
  • all’accertamento mediante etilometro (comma 4),
  • all’accertamento mediante prelievo ematico (comma 5), che però viene legittimato dal caso di conducente coinvolto in incidente stradale e sottoposto a cure mediche.

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IL CASO

Un soggetto viene condannato per il reato di cui all’art. 186/7 c.d.s. perché, in qualità di conducente di autoveicolo, sottoposto a controllo su strada, rifiutava di sottoporsi agli accertamenti di cui ai commi 3, 4, 5 del medesimo art. 186 c.d.s. .

Viene presentato ricorso in Cassazione con affermazione della insussistenza delle ipotesi di cui all’art. 186/3, 4 e 5 c.d.s. per mancanza dell’elemento oggettivo del reato, in quanto il soggetto non aveva rifiutato né di sottoporsi agli accertamenti preliminari e nemmeno all’alcoltest su strada o presso il più vicino ufficio o comando di polizia (come previsto dal comma 4 dell’art. 186 c.d.s.), bensì solo a quello di sottoporsi a prelievo di liquido biologico presso una struttura sanitaria, peraltro motivando anche di avere paura degli aghi, in quanto non ricorreva uno dei due presupposti di legge previsti dall’articolo 186/5 c.d.s. che rendono legittima tale possibilità. Si era di fronte, infatti, ad un soggetto che aveva provocato un incidente stradale, ma lo stesso al contempo non necessitava di cure mediche. In quel momento gli operatori di polizia non avevano la disponibilità dell’etilometro. Il soggetto quindi non si era opposto a fare un test mediante etilometro, ma solo al prelievo ematico. L’ipotesi del prelievo ematico previsto dall’art. 186/5 c.d.s. è circoscritto al caso di soggetti coinvolti in incidenti stradali e abbisognevoli di cure mediche, quindi nel caso in discussione, pur ritenendo sicuramente verificata la prima condizione, la seconda non ricorreva e, conseguentemente, il rifiuto opposto dall’imputato era legittimo e non sanzionabile ai sensi dell’art 186/7 c.d.s. .

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LA SENTENZA

La sentenza che si segnala è importante perché viene a ricordarci, in forza del principio di legalità e del divieto di analogia (art. 25 Cost. art. 1 c.p. e art. 14 preleggi) che, per poter affermare che è stato commesso un reato, la fattispecie concreta deve corrispondere alla fattispecie astratta, ipotetica, prevista dalla norma, in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi: se ciò non si verifica l’esito obbligatorio del giudizio è che il reato non è stato commesso.

La CASS. PEN., IV, 22/11/23 N° 46861 ricorda che “…l’art. 186, co. 5, cod. strada prevede testualmente la possibilità di procedere all’accertamento del tasso alcolemico da parte delle strutture sanitarie ivi indicate esclusivamente «per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche»…”

e che è stato costantemente ribadito “…che non integra il reato di cui all’art. 186, co. 7, cod. strada il rifiuto del conducente di un veicolo di sottoporsi ad accertamenti del tasso alcolemico mediante prelievo di liquido biologico presso un ospedale, non trattandosi di condotta tipizzata dal combinato disposto dei commi 3, 4, 5 e 7 di detto articolo che punisce il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti mediante etilometro, a quelli preliminari tramite “screening,” e a quelli svolti su richiesta della polizia giudiziaria dalle strutture sanitarie alle cui cure mediche siano sottoposti i conducenti coinvolti in sinistri stradali…”.

La Suprema Corte conclude che “…la possibilità di procedere„ su richiesta delle forze dell’ordine operanti, all’accertamento del tasso alcolemico in ambito sanitario, è subordinata dalla legge all’esistenza di due presupposti ben precisi, essendo rigorosamente circoscritta al caso di soggetti coinvolti in incidenti stradali e abbisognevoli di cure mediche. Ne consegue che tali due condizioni sono tassative e devono ricorrere congiuntamente, come risulta inequivocabilmente dal tenore testuale della norma. …”.

Giovanni Paris

“FORZA MAGGIORE” EX ART. 45 CODICE PENALE: CASS. PEN., III, 16/11/23 N° 46190

Valletta Brianza: un'invasione di corsia della Toyota e poi lo schianto  contro l'autoarticolato. Morto sul colpo il conducente - Merateonline

IN COSA CONSISTE LA “FORZA MAGGIORE” PREVISTA DALL’ART. 45 DEL C.P. E QUALI SONO I REQUISITI PER IL SUO CONFIGURARSI?

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LA NORMATIVA

Art. 45 c.p. “Caso fortuito o forza maggiore”

Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore“.

Il Codice Penale non fornisce una definizione di “forza maggiore”.

L’art. 42 c.p. “Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva” al comma 1 recita:

Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà“.

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DEFINIZIONE

L’art. 42/1 c.p. viene ad affermare che per aversi responsabilità penale prima ancora di verificare la presenza delle componenti psicologiche soggettive del dolo o della colpa, è necessario che la condotta sia cosciente e volontaria, cioè che rientri nella potestà di “dominio” del soggetto, se tale situazione non esiste allora è esclusa la attribuibilità psichica della condotta allo stesso e di conseguenza ogni responsabilità: la condotta deve essere pienamente “sua”, appartenergli, questa è la c.d. “suitas“.

Le cause che escludono la suitas sono:

  • l’incoscienza indipendente dalla volontà (es. sonnambulismo, delirio febbrile, malore),
  • la forza maggiore,
  • il costringimento fisico (v. art. 46 c.p.p).

Si ha forza maggiore ogni qual volta si ha una forza esterna che esercita un potere superiore sulla persona, contro la quale il soggetto non può resistere e che lo determina, lo “forza” contro la sua volontà ed in modo inevitabile al compimento di un’azione, una forza a cui non si riesce a resistere (“cui resisti non potest“). Si tratta di un evento derivante dalla natura o dall’uomo che non può essere previsto o che, anche se previsto, non si riesce ad impedirlo.

In tal caso l’individuo non agisce liberamente, ma vi è costretto (“non agit, sed agitur“) e la condotta non è attribuibile al suo volere.

Esempio di scuola è quello dell’imbianchino che, trovandosi al lavoro sopra ad una impalcatura, a causa di tromba d’aria viene spinto con violenza senza possibilità di opporsi, precipita al suolo uccidendo un passante.

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IL CASO

Un soggetto viene condannato per omicidio ex art. 589/1, 2 e 4 c.p., in quanto, nel condurre un autoarticolato composto da un trattore e da un semirimorchio, non si sarebbe avveduto della vibrazione e del forte rumore provenienti dall’assale posteriore destro del trattore, preannuncianti l’avulsione della coppia di ruote poste su detto assale, non avrebbe regolato l’andatura del veicolo in modo utile da prevenire la perdita di controllo dello stesso, che sarebbe seguito all’avulsione delle ruote, ed avrebbe perciò colposamente invaso l’opposta corsia di marcia, impattato un’autovettura e così cagionato la morte di tre persone.

La difesa del soggetto in Cassazione censura la sentenza d’appello contestando la mancata applicazione dell’istituto della forza maggiore ex art. 45 c.p. .

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LA SENTENZA

Si legga il caso concreto trattato da CASS. PEN., III, 16/11/23 N° 46190 che ha escluso il verificarsi della forza maggiore, illuminante il pronunciamento al fine di intendere le condizioni per il suo configurarsi (o meglio ancora quando l’istituto non può essere applicato), che, secondo l’insegnamento costantemente ripetuto dalla giurisprudenza vede l’esimente della forza maggiore sussistente “…in tutte le ipotesi in cui l’agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge e che per cause indipendenti dalla sua volontà non vi era la possibilità di impedire l’evento o la condotta antigiuridica…e comunque si concreta in un evento derivante dalla natura o dall’uomo che, pur se preveduto, non può essere impedito, quale vis maior cui resisti non potest…”.

Giovanni Paris

CIRCOLAZIONE CON PATENTE ILLEGGIBILE O DETERIORATA: CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DEL 04/10/99 N° 98 PROT. M/2413-15

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QUALI SONO LE CONSEGUENZE IN CASO DI CIRCOLAZIONE VEICOLARE CON PATENTE DI GUIDA ILLEGGIBILE O DETERIORATA? VIENE COMMESSA UNA VIOLAZIONE A UNA NORMA DEL CODICE DELLA STRADA? IL DOCUMENTO VA RITIRATO DA PARTE DELL’ORGANO DI POLIZIA STRADALE?

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LA NORMATIVA

Il Codice della Strada non contiene una norma che disciplini le conseguenze di tale situazione sia sotto il profilo di eventuali violazioni da contestare sia in relazione a attività operative da tenere da parte dell’organo di polizia stradale.

L’art. 2/6, del D.P.R. 09/03/00, n° 104 “Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo al rilascio del duplicato della patente di guida in caso di smarrimento, sottrazione, distruzione o deterioramento dell’originale, a norma dell’articolo 1 della L. 8 marzo 1999, n. 50” prevede che “Nel caso in cui la patente di guida sia deteriorata al punto da rendere illeggibili i dati in essa contenuti, al rilascio del duplicato provvedono gli uffici provinciali della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, entro trenta giorni dalla data di presentazione di apposita domanda da parte del titolare”.

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LA PRASSI AMMINISTRATIVA

Il portale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti riporta che la patente si considera deteriorata quando non sono leggibili:

  • estremi di riconoscimento del documento,
  • dati anagrafici del titolare,
  • data di scadenza,
  • fotografia del titolare.

Il caso viene trattato dalla CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DEL 04/10/99 N° 98 PROT. M/2413-15, la quale afferma che gli organi di polizia sono legittimati a ritirare la patente illeggibile, in quanto “non è più nello stato materiale di assolvere non solo alla funzione di certificazione della titolarità dell’abilitazione, ma neanche alla funzione di identificazione personale del conducente”.

Si sottolinea che si tratta di una facoltà e non un dovere di ritiro.

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IPOTESI DI VIOLAZIONE

Pur, ripetiamo, non essendoci una precisa ed esplicita norma che sanzioni tale situazione, si potrebbe ipotizzare di far rientrare la fattispecie nell’ambito di applicazione generale dell’art. 180/1 del Codice della Strada, considerando la equivalenza tra la guida con patente illeggibile o deteriorata (che, si ribadisce, non ha più la capacità di assolvere alla funzione di certificare l’abilitazione alla guida) e la guida senza avere con sé il documento, con conseguenti invito rivolto al conducente e obbligo di presentare la patente (in questo caso il duplicato) di cui al momento risulti sprovvisto.

Giovanni Paris

CIRCOLAZIONE DI VEICOLO A MOTORE CON FOTOCOPIA DELLA CARTA DI CIRCOLAZIONE: ART. 180/4 DEL CODICE DELLA STRADA

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E’ POSSIBILE CIRCOLARE CON UN VEICOLO A MOTORE AVENDO CON SE’ UNA FOTOCOPIA DELLA CARTA DI CIRCOLAZIONE AL POSTO DELL’ORIGINALE?

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LA NORMATIVA

Art. 180  C.d.S. “Possesso dei documenti di circolazione e di guida”

1.  Per poter circolare con veicoli a motore il conducente deve avere con sé i seguenti documenti:

a)  la carta di circolazione, il certificato di idoneità tecnica alla circolazione o il certificato di circolazione, a seconda del tipo di veicolo condotto;
OMISSIS
4.  Quando l’autoveicolo sia adibito ad uso diverso da quello risultante dalla carta di circolazione ovvero quando il veicolo sia in circolazione di prova, il conducente deve avere con sé la relativa autorizzazione. Per i rimorchi e i semirimorchi di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, per i veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto di persone e per quelli adibiti a locazione senza conducente, ovvero con facoltà di acquisto in leasing, la carta di circolazione può essere sostituita da fotocopia autenticata dallo stesso proprietario con sottoscrizione del medesimo.
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OMISSIS”
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La Corte Costituzionale con sentenza n° 280/10 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 4 nella parte in cui non estende a tutti i veicoli delle aziende fornitrici di servizi pubblici essenziali, ai sensi dell’art. 1 della L. 146/90, la facoltà di tenere a bordo dei veicoli, in luogo dell’originale, una fotocopia della carta di circolazione, autenticata dal proprietario del veicolo, con sottoscrizione del medesimo.
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Quindi, riepilogando:
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non è possibile, ai sensi dell’art. 180/1 del C.d.S. circolare con un veicolo a motore senza avere con sè a bordo la carta di circolazione, che deve essere in originale e non in fotocopia, ma
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esistono una serie di eccezioni, che il legislatore ha nel tempo introdotto ed ampliato, all’obbligo di avere a bordo durante la circolazione dei veicoli a motore e dei rimorchi i suddetti documenti in originale, tali eccezioni riguardano:
  • i rimorchi e i semirimorchi di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t. (categoria prevista dall’art. 47-bis/3, lett. d), D.L. 24/04/17 n° 50)
  • i veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto di persone e quelli adibiti a locazione senza conducente (categorie previste dall’art. 3/17 lett. a) D.L. 27/6/03 n° 151) 
  • i veicoli con facoltà di acquisto in leasing (categoria prevista dall’art. 49, comma 5-ter, lett. p), D.L. 16/07/20, n° 76)
  • i veicoli delle aziende fornitrici di servizi pubblici essenziali, ai sensi dell’art. 1 della L. 146/90 (categoria “inserita” a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n° 280/10).

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LE CIRCOLARI MINISTERIALI

Sull’argomento sono state emanate le seguenti circolari:

CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DEL 17-01-11

CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO DEL 06/05/22 che trasmette la nota n° 12982 del 20/04/22 del Ministero delle Infrastrutture con la quale si chiarisce che ai fini del possesso della copia autenticata del documento di circolazione del veicolo di cui all’art. 180/4 del Codice della Strada il DOCUMENTO UNICO DI CIRCOLAZIONE E DI PROPRIETA’ (DU), introdotto dal D.Lgs. 98/17 deve ritenersi equiparato alla carta di circolazione.

Giovanni Paris

UTILIZZO BOMBOLETTA SPRAY AL PEPERONCINO: CASS. PEN. V, 14/11/23 N° 45868

Aumenta la vendita di spray al peperoncino: scattano le polemiche

ESISTONO LIMITI ALL’UTILIZZO DI UNA BOMBOLETTA SPRAY AL PEPERONCINO AVENTE LE CARATTERISTICHE TECNICHE PREVISTE DAL D.M. 103/11 E CHE LA FANNO QUALIFICARE COME STRUMENTO DI AUTODIFESA?

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LA NORMATIVA

D.M. 12/05/11 N° 103 “Regolamento concernente la definizione delle caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di Oleoresin Capsicum e che non abbiano attitudine a recare offesa alla persona, in attuazione dell’articolo 3, comma 32, della legge n. 94/2009″.

Art. 1. 1.  Gli strumenti di autodifesa di cui all’articolo 2, comma 3, della legge 18 aprile 1975, n. 110, in grado di nebulizzare una miscela irritante a base di oleoresin capsicum e che non hanno attitudine a recare offesa alle persone, devono avere le seguenti caratteristiche:

a)  contenere una miscela non superiore a 20 ml;
b)  contenere una percentuale di oleoresin capsicum disciolto non superiore al 10 per cento, con una concentrazione massima di capsaicina e capsaicinoidi totali pari al 2,5 per cento;
c)  la miscela erogata dal prodotto non deve contenere sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici;
d)  essere sigillati all’atto della vendita e muniti di un sistema di sicurezza contro l’attivazione accidentale;
e)  avere una gittata utile non superiore a tre metri.

2.  Tutti gli strumenti di autodifesa di seguito denominati prodotti non conformi alle caratteristiche tecniche di cui al comma 1 rimangono disciplinati dalla normativa in materia di armi.

Art. 2 1.  Sui prodotti di cui all’articolo 1 importati o immessi sul territorio nazionale devono essere riportate, in lingua italiana visibile e leggibile, le seguenti indicazioni:

a)  denominazione legale o merceologica del prodotto;
b)  il divieto di vendita ai minori degli anni 16.

2.  La confezione dei prodotti di cui al comma 1 deve riportare:

a)  nome o ragione sociale o marchio e la sede legale del produttore, ovvero, se prodotti all’estero, dell’importatore;
b)  i materiali impiegati ed i metodi di lavorazione, la quantità di miscela e tutte le sue componenti;
c)  le istruzioni, le precauzioni d’uso e l’indicazione che l’uso dei prodotti è consentito solo per sottrarsi a una minaccia o a una aggressione che ponga in pericolo la propria incolumità;
d)  in etichetta, almeno il simbolo di pericolo Xi e l’avvertenza «irritante».

3.  Le indicazioni di cui al comma 2, lettere a) e c), possono essere contenute in un foglio illustrativo inserito nella confezione dei prodotti.

4.  Per l’etichettatura dei prodotti di cui all’articolo 1 si applicano le disposizioni contenute negli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 che disciplina pure la sicurezza degli stessi prodotti.

Art. 585 c.p. “ Circostanze aggravanti”

“Nei casi previsti dagli articoli 582, 583, 583-bis, 583-quinquies e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 576, ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite.

Agli effetti della legge penale, per armi s’intendono:

1. quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona;

2. tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.

Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.”

Art. 4  L. 110/75 “Porto di armi od oggetti atti ad offendere”

“OMISSIS

[2.]  Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona, gli strumenti di cui all’articolo 5, quarto comma, nonché i puntatori laser o oggetti con funzione di puntatori laser, di classe pari o superiore a 3 b, secondo le norme CEI EN 60825- 1, CEI EN 60825- 1/A11, CEI EN 60825- 4.”.

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IL CASO

Un soggetto utilizza una bomboletta spray al peperoncino rientrante nella categoria prevista dal D.M. 103/11 non per finalità difensive e viene condannato per il reato di lesioni personali (art. 582 c.p.) aggravato dall’uso di arma (art. 585/2 n° 2 c.p.).

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LA SENTENZA

Il pronunciamento della CASS. PEN. V, 14/11/23  N° 45868 spiega in maniera chiara quando l’uso di tale oggetto, pur rientrando per caratteristiche quale strumento di autodifesa, si trasforma in “arma“.

La Suprema Corte ricorda come “…Il D.M. n. 103 del 2011, recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, ha prescritto le condizioni in presenza delle quali uno strumento di autodifesa fondato sull’impiego di capsaicina può essere legittimamente detenuto. …La bomboletta in uso…rientrava nei limiti stabiliti per consentirne il porto. …”

e osserva che, in relazione “…alla sussistenza della circostanza aggravante…, che la norma di riferimento è quella di cui all’art. 585 c.p., comma 2, secondo cui, agli effetti della legge penale, per armi si intendono, tra l’altro, oltre che le armi in senso proprio e gli altri oggetti la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, anche tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto ovvero senza giustificato motivo; il richiamo è evidentemente agli oggetti di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, comma 2…”.

Relativamente alla natura delle bombolette spray a base di oleoresin capsicum vi è da porre “…una distinzione tra le bombolette le cui caratteristiche esorbitino da quelle stabilite dal D.M. sopra menzionato e quelle che tali caratteristiche rispettino, ma che siano portate per finalità non difensive ma aggressive. …”.

Pertanto possono essere individuate “…come “armi” vere e proprie le bombolette non rispettose delle specifiche tecniche di cui al D.M. in parola…”, mentre quelle rientranti nei limiti suddetti, ma che hanno potenzialità comunque eterolesiva “…adottando una prospettiva “funzionale”, legata alla torsione della finalità per cui l’oggetto viene portato, che, nei casi di porto non per scopi autodifensivi ma offensivi…” possono essere ricondottecomunque agli oggetti utilizzabili per l’offesa alla persona e di cui la L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2, vieta il porto senza giustificato motivo, motivo che la stessa proiezione eteroaggressiva esclude. ...

In relazione poi alla nozione di cui all’art. 585/2 c.p. “…il porto di un oggetto non destinato all’offesa cessa di essere giustificato nel momento in cui, per le circostanze di tempo di luogo o per il concreto uso che dello strumento viene fatto, esso perde la propria connotazione di oggetto di uso comune e diventa invece un’arma impropria. Ne consegue che qualsiasi oggetto comune, che in un contesto aggressivo possa essere utilizzato per l’offesa alla persona, è qualificabile come arma ai fini dell’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 585 c.p., comma 2, come testimoniato dall’ampia casistica…” che ha visto riconoscere tale caratteristica ai casi “…di utilizzo di un accendino e di liquido infiammabile,…con riferimento ad un manico di scopa…in ordine ad un pezzo di legno…per un guinzaglio…per una paletta di plastica…in relazione ad un bicchiere di vetro. …”.

Conclude quindi il Collegio che si tratta “…di una nozione…”funzionale” e non legata necessariamente alla definizione dell’oggetto utilizzato come arma dalla legislazione speciale in materia e neanche alla sua classificazione come oggetto vietato L. n. 110 del 1975, ex art. 4 potendo riferirsi ad ogni oggetto di uso comune che sia adoperato, nello specifico contesto, per l’offesa alla persona. Ciò consente, a maggior ragione, l’inclusione nella categoria delineata dall’art. 585 c.p. e precisata dalla giurisprudenza di questa Corte di uno strumento, come la bomboletta contenente spray urticante, che reca in sè la capacità di offendere e il cui utilizzo è circoscritto precisamente dalla legislazione in materia. …”

Giovanni Paris

CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO TRA CATEGORIE NON OMOGENEE: TAR LAZIO, IV TER, 08/11/23 N° 16569

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IL CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO TRA CATEGORIE EDILIZIE NON OMOGENEE, CON O SENZA OPERE EDILIZIE, NECESSITA DI PERMESSO DI COSTRUIRE?

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LA SENTENZA

Il TAR LAZIO, IV TER, 08/11/23 N° 16569, rifacendosi e condividendo consolidata giurisprudenza afferma che “…il mutamento di destinazione d’uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all’ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con l’ovvia conseguenza che il mutamento non autorizzato della destinazione d’uso che alteri il carico urbanistico, integra una situazione di illiceità a vario titolo, che può e anzi deve essere rilevata dall’Amministrazione nell’esercizio del suo potere di vigilanza. …”,

stabilendo che “…Soltanto il cambio di destinazione d’uso fra categorie edilizie omogenee non necessita di permesso di costruire (in quanto non incidente sul carico urbanistico) mentre, allorché lo stesso intervenga tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, integra una vera e propria modificazione edilizia con incidenza sul carico urbanistico, con conseguente necessità di un previo permesso di costruire, senza che rilevi l’avvenuta esecuzione di opere. Dunque, il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato che determini, dal punto di vista urbanistico, il passaggio tra diverse categorie in rapporto di reciproca autonomia funzionale, comporta inevitabilmente un differente carico ed un maggiore impatto urbanistico…”.

Giovanni Paris

RIFIUTO DI INDICAZIONI SULLA IDENTITA’ PERSONALE: CASS. PEN., VI, 26/09/23 N° 39142

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IN CASO DI AVVENUTO RIFIUTO DA PARTE DI UN SOGGETTO DI DARE INDICAZIONI SULLA PROPRIA IDENTITA’ PERSONALE, IL FATTO CHE LO STESSO SI “RAVVEDA” E TALI INDICAZIONI VENGANO FORNITE SUCCESSIVAMENTE IMPEDISCE IL CONFIGURARSI DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 651 C.P.?

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LA NORMATIVA

Art. 651 c.p.  “ Rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale”

“Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206″.

La disposizione punisce le condotte di intralcio all’attività di accertamento della identità personale svolta dai pubblici ufficiali.

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LA SENTENZA

Si conferma con  CASS. PEN., VI, 26/09/23 N° 39142  l’esistente indirizzo giurisprudenziale in forza del quale “…Il reato previsto dall’art. 651 cod. pen., si perfeziona con il semplice rifiuto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni sulla propria identità personale ed è, pertanto, irrilevante, ai fini della configurazione dell’illecito, che tali indicazioni vengano fornite…successivamente. La “ratio” della norma incriminatrice è, infatti, quella di evitare che l’attività della P.A. sia intralciata nell’identificazione della persona le cui generalità sono richieste nell’esercizio del potere discrezionale attribuito al pubblico ufficiale….”.

Per precedente più immediato si veda RIFIUTO INDICAZIONI IDENTITA’ PERSONALE: CASS. PEN., VII, 19/04/23 N° 16610.

Giovanni Paris

DIVIETO DI GAREGGIARE IN VELOCITA’ EX ART. 9-TER C.D.S.: CASS. PEN., IV, 21/02/22 N° 5861

COSTITUISCE ELEMENTO ESSENZIALE DEL REATO PREVISTO DALL’ART. 9-TER DEL CODICE DELLA STRADA LA ESISTENZA DI UN ACCORDO ORGANIZZATIVO PER GAREGGIARE IN VELOCITA?

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LA NORMATIVA

Art. 9-ter  C.d.S. “Divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore”

1.  Fuori dei casi previsti dall’articolo 9-bis, chiunque gareggia in velocità con veicoli a motore è punito con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da euro 5.000 ad euro 20.000.

2.  Se dallo svolgimento della competizione deriva, comunque, la morte di una o più persone, si applica la pena della reclusione da sei a dieci anni; se ne deriva una lesione personale la pena è della reclusione da due a cinque anni.

3.  All’accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da uno a tre anni ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. La patente è sempre revocata se dallo svolgimento della competizione sono derivate lesioni personali gravi o gravissime o la morte di una o più persone. Con la sentenza di condanna è sempre disposta la confisca dei veicoli dei partecipanti, salvo che appartengano a persona estranea al reato e che questa non li abbia affidati a questo scopo”.

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LA GIURISPRUDENZA

La giurisprudenza si è espressa costantemente nel senso che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 9-ter del codice della strada è sufficiente il solo fatto di porre in essere la condotta relativa alla fattispecie vietata, senza necessità alcuna di un previo accordo organizzativo tra i partecipanti, quando questo esiste allora si configura la ipotesi prevista dall’art. 9-bis.

Si legga CASS. PEN., IV, 21/02/22 N° 5861 la quale ribadisce che secondo la giurisprudenza “…è configurabile una gara di velocità, vietata dall’art. 9 ter C.d.S., quando due o più conducenti di veicoli, anche senza preventivo accordo e per effetto di una tacita e reciproca volontà di voler competere l’uno con l’altro, pongono in essere una contesa, consistente nel tentativo di superarsi, ingaggiando una competizione da cui deriva un vicendevole condizionamento delle modalità di guida…”-

Di seguito alcuni precedenti in tal senso:

  • Cass. Pen., IV, 03/07/07 n° 37859
  • Cass. Pen., IV, 28/04/14 n° 17811
  • Cass. Pen., IV, 14/12/16 n° 52876
  • Cass. Pen., V, 09/06/21 n° 22768

Giovanni Pari

AGGRAVANTE DELL’USO DI STRUMENTO ATTO AD OFFENDERE EX ART. 585/2 N° 2: CASS. PEN., V, 07/11/23 N° 44886

LO “STRUMENTO ATTO AD OFFENDERE”, IL CUI USO COSTITUISCE  CIRCOSTANZA AGGRAVANTE  EX ART. 585/2 N° 2 DEL CODICE PENALE, DEVE POSSEDERE PARTICOLARI QUALITA’ E CARATTERISTICHE PER IL CONFIGURARSI DELLA STESSA?

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LA NORMATIVA

Art. 585 c.p. “Circostanze aggravanti”

“Nei casi previsti dagli articoli 582 (LESIONE PERSONALE), 583, 583-bis, 583-quinquies e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 576, ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite.

Agli effetti della legge penale, per armi s’intendono:

1. quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona;

2. tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.

Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti “.

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IL CASO

Durante una lite tra due persone una colpisce l’altra con una spazzola per capelli procurandole una lesione.

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LA SENTENZA

Si pronuncia sulla questione la  CASS. PEN., V, 07/11/23 N° 44886 la quale conferma il consolidato indirizzo della giurisprudenza affermante che “…in tema di lesioni personali volontarie, ricorre la circostanza aggravante dell’uso di uno strumento atto ad offendere di cui all’art. 585, comma secondo, n. 2, cod. pen., laddove la condotta lesiva sia in concreto realizzata adoperando qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all’offesa…”,

specificando altresì che non può esserci assimilazione “…tra il concetto di “arma” di cui all’art. 585 comma 2 n. 2) cod. pen. e quello di “oggetto atto ad offendere”, il cui porto in luogo pubblico è vietato soltanto qualora privo di “giustificato motivo” ai sensi dell’art. 4 comma 2, seconda parte, L. n. 110 del 1975, dal momento che il possesso di un oggetto qualsiasi cessa di essere “giustificato” quando esso sia utilizzato come strumento di aggressione fisica…”.

Giovanni Paris

OMISSIONE DI LAVORI IN EDIFICI O COSTRUZIONI CHE MINACCIANO ROVINA EX ART. 677 C.P.: CASS. PEN., I, 06/11/23 N° 44381

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PER IL CONFIGURARSI DEL REATO EX ART. 677/3 C.P. E’ NECESSARIA LA ESISTENZA DI UN PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO CHE IMPONGA I LAVORI FINALIZZATI ALLA ELIMINAZIONE DELLA SITUAZIONE DI PERICOLO?

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LA NORMATIVA

Art. 677 c.p. “Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina

“Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell’edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154 a euro 929.

La stessa sanzione si applica a chi, avendone l’obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall’avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.

Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda non inferiore a euro 309″.

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LA SENTENZA

La risposta è NEGATIVA, come deciso da CASS. PEN., I, 06/11/23 N° 44381 per la quale “…L’art. 677, terzo comma, cod. pen. sanziona la condotta del proprietario di un edificio che minacci rovina con pericolo per le persone, il quale non provveda ad eseguire i lavori necessari per rimuovere tale situazione. L’obbligo di attivazione previsto dalla citata disposizione e che dà luogo a responsabilità incombe sui proprietari, ovvero su chi per loro è obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell’edificio o della costruzione, sicché esso deriva dalla situazione di legale disponibilità del bene. … tale obbligo prescinde dall’esistenza di un provvedimento amministrativo presupposto, ma trova fondamento nella posizione di garanzia del soggetto attivo del reato. Si è infatti affermato che l’obbligo «di provvedere all’esecuzione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo per l’incolumità delle persone costituito dall’esistenza di un edificio o di una costruzione che minacci rovina, sorge indipendentemente da qualsiasi provvedimento coattivo della PA. che, se adottato, assume carattere meramente ricognitivo della già verificatasi inosservanza, sicché la brevità del termine concesso dal provvedimento stesso per l’esecuzione dei lavori e il fatto che questi ultimi non siano specificati non assume rilevanza ai fini dell’esclusione del reato»…”.

Quindi La sussistenza del reato prescinde dall’esistenza di un provvedimento impositivo dei lavori, ricollegandosi alla condizione di proprietario dell’immobile in rovina, l’obbligo di attivarsi previsto dalla legge, essendo connesso alla situazione di fatto della pericolosità dell’immobile per le persone, sorge al verificarsi di tale situazione, quindi non appena essa si verifichi.

Giovanni Paris

ATTI DI INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE EX ART. 28 L. 689/81: CASS. CIV., II, 04/10/23 N° 28011

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LA PRESCRIZIONE DEL DIRITTO A RISCUOTERE LA SANZIONE PECUNIARIA AMMINISTRATIVA PREVISTA DALL’ART. 28 L. 689/81 PUO’ ESSERE INTERROTTA? E SE SI’, LA NOTIFICA DEL VERBALE DI VIOLAZIONE POSSIEDE TALE IDONEITA’?

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LA NORMATIVA

Art. 28  L. 689/81 “Prescrizione”

“Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile.”

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IL PROVVEDIMENTO GIURISDIZIONALE

La CASS. CIV., II, 04/10/23 N° 28011 parte dall’art. 28 della L. 689/81, il quale “…dopo avere precisato che il diritto dell’Amministrazione di riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative si prescrive in cinque anni, stabilisce che l’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile. L’art. 2943, comma 4, cod. civ. stabilisce, a sua volta, che la prescrizione è interrotta da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore.…”.

Inoltre risulta che va data continuità all’orientamento consolidato il quale afferma che “…la notifica al trasgressore del verbale di accertamento della infrazione è idonea a costituire in mora il debitore, atteso che esso ha la funzione di far valere il diritto dell’Amministrazione alla riscossione della pena pecuniaria e costituisce esercizio della pretesa sanzionatoria…”.

La Suprema Corte conclude infine che non “…ha pregio l’argomento …che il tempo trascorso dal fatto fino all’adozione dell’ordinanza ingiunzione avrebbe inciso negativamente sulle possibilità di difesa dell’interessato, atteso che il privato non deve attendere l’ingiunzione per far valere le sue ragioni difensive, potendo proporle…a seguito della notifica del verbale di accertamento e di contestazione della infrazione. …”.

Giovanni Paris

DIVERSITA’ DI DATA DI VALIDITA’ DELLA ASSICURAZIONE VEICOLO NEL CERTIFICATO ASSICURAZIONE E NELLA BANCA DATI: CIRCOLARE MININTERNO N° 300/A/8593/15/101/20/21/7 DEL 10/12/15

Dubbio: in che modo affrontiamo le incertezze e i dubbi?

NEL CASO IN CUI EFFETTUANDO UN CONTROLLO SU STRADA SI ACCERTI CHE LA DATA DI VALIDITA’ INDICATA NEL CERTIFICATO DI ASSICURAZIONE E QUELLA RISULTANTE DALLE BANCHE DATI SIANO DIVERSE , LA PRIMA IN CORSO DI VALIDITA’ E LA SECONDA NO E VICEVERSA, COME SI PROCEDE? SI CONTESTA LA VIOLAZIONE ALL’ART. 193 C.D.S?

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Situazione particolare e delicata, ma che può capitare,  che porta a un “corto circuito”.

La risposta al caso ci viene dalla CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO N° 300/A/8593/15/101/20/21/7 DEL 10/12/15 la quale affronta la questione al punto 2., prevedendo che nel caso in cui la data di validità indicata nel certificato di assicurazione e quella riportata nelle banche dati siano diverse:

  • data certificato valida – data banche dati scaduta, prevale la data del certificato se risulta in corso di validità,
  • data certificato scaduta – data banche dati valida, contestare violazione all’art. 180/1 lett. b) C.d.S. con intimazione a esibire certificato in corso di validità con data coincidente con quella risultante dalle banche dati.

Giovanni Paris

CAMBIO DESTINAZIONE D’USO DI GARAGE, MAGAZZINO, SOFFITTA O LOCALI ACCESSORI IN LOCALI ABITABILI: T.A.R. LAZIO, II, 03/11/23 N° 16323

Cambio Destinazione: da Laboratorio a Residenziale - Casa Luce

LA TRASFORMAZIONE DI UN GARAGE, DI UN MAGAZZINO O DI UNA SOFFITTA, COMUNQUE DI LOCALI “ACCESSORI” IN GENERE, IN LOCALI ABITABILI NECESSITA DEL RILASCIO DEL PERMESSO DI COSTRUIRE?

LA ESISTENZA DI UN PROVVEDIMENTO DI SEQUESTRO PREVENTIVO PENALE E’ DI IMPEDIMENTO ALLA EMISSIONE DI ORDINANZA DI DEMOLIZIONE E ALLA SUA ESECUZIONE?

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Risponde sulle due questioni T.A.R. LAZIO, II, 03/11/23 N° 16323.

Alla prima domanda si conferma che la giurisprudenza ritiene “…che per il cambio di destinazione d’uso di locali accessori in vani ad uso residenziale, ipotesi ricorrente nel caso di specie, sia necessario il permesso di costruire: “Nell’ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, devono distinguersi i locali abitabili in senso stretto dagli spazi « accessori » che, secondo lo strumento urbanistico vigente, non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire: autorimesse, cantine e locali di servizio rientrano, di norma, in questa categoria. Perciò non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta in un locale abitabile; senza considerare i profili igienico-sanitari di abitabilità del vano, in ogni caso si configura, infatti, un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire. Quindi, deve ritenersi che il cambio di destinazione d’uso tra locali accessori e vani ad uso residenziale integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire e ciò indipendentemente dall’esecuzione di opere…”.

Sul secondo aspetto si rileva che “…l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che la circostanza che l’abuso sia anche oggetto di un provvedimento di sequestro preventivo penale non inficia la legittimità dell’ordine di demolizione, in quanto non incide su alcuno dei presupposti previsti dalla legge per l’esercizio del potere sanzionatorio dell’Amministrazione. Il provvedimento di sequestro di cui all’art. 321 c.p.p. è invero finalizzato a impedire l’ulteriore protrazione del reato e non preclude affatto l’ottemperanza all’ordine di ripristino adottato in via amministrativa, la quale deve quindi considerarsi sempre possibile, previa espressa autorizzazione del giudice penale competente. Non può dunque configurarsi alcuna impossibilità giuridica dell’ottemperanza, giacché la parte colpita dall’ingiunzione, siccome tenuta a eseguire l’ordine amministrativo, ha l’onere di richiedere tempestivamente il dissequestro del manufatto finalizzato all’esecuzione dell’ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi…”.

Giovanni Paris

INDICAZIONE NEL VERBALE PER VIOLAZIONE A NORMA C.D.S. DELLE MODALITA’ DI PAGAMENTO IN MISURA RIDOTTA: CASS. CIV., II, 24/10/23 N° 29428

OBBLIGO DI INDICAZIONE DEL NUMERO CIVICO NEL VERBALE DI ACCERTAMENTO |  ....accademia.... ....polizia locale....

NEI CASI IN CUI IL CODICE DELLA STRADA PREVEDE CHE PER ALCUNE VIOLAZIONI NON E’ AMMESSO IL PAGAMENTO IN MISURA RIDOTTA, LA MANCATA INDICAZIONE NEL VERBALE DI TALE IMPOSSIBILITA’ RENDE ILLEGITTIMO IL VERBALE? PUO’ COSTITUIRE TALE SITUAZIONE UNA LESIONE DEL DIRITTO DI DIFESA?

LA NORMATIVA

Art. 200  C.d.S. “Contestazione e verbalizzazione delle violazioni”

“OMISSIS

2.  Dell’avvenuta contestazione deve essere redatto verbale contenente anche le dichiarazioni che gli interessati chiedono vi siano inserite. Il verbale, che può essere redatto anche con l’ausilio di sistemi informatici, contiene la sommaria descrizione del fatto accertato, gli elementi essenziali per l’identificazione del trasgressore e la targa del veicolo con cui è stata commessa la violazione. Nel regolamento sono determinati i contenuti del verbale.

OMISSIS”

Art. 383  Reg. Esec. C.d.S. “Contestazione – Verbale di accertamento”

“1.  Il verbale deve contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e della località nei quali la violazione è avvenuta, delle generalità e della residenza del trasgressore e, ove del caso, l’indicazione del proprietario del veicolo, o del soggetto solidale, degli estremi della patente di guida, del tipo del veicolo e della targa di riconoscimento, la sommaria esposizione del fatto, nonché la citazione della norma violata e le eventuali dichiarazioni delle quali il trasgressore chiede l’inserzione.

2.  L’accertatore deve inoltre fornire al trasgressore ragguagli circa la modalità per addivenire al pagamento in misura ridotta, quando sia consentito, precisando l’ammontare della somma da pagare, i termini del pagamento, l’ufficio o comando presso il quale questo può essere effettuato ed il numero di conto corrente postale o bancario che può eventualmente essere usato a tale scopo. Deve essere indicata l’autorità competente a decidere ove si proponga ricorso.

OMISSIS”

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LA CORTE DI CASSAZIONE

La risposta è NEGATIVA, come possiamo registrare da  CASS. CIV., II, 24/10/23 N° 29428, con la quale si esclude che il verbale di accertamento debba “…contenere a pena di nullità l’informazione relativa al fatto che nella fattispecie non era consentito il pagamento in misura ridotta, perché l’art. 200 cod. strada non individua tale elemento tra quelli che il verbale deve contenere e tale elemento non è previsto neppure dal regolamento, al quale l’art. 200 rinvia per la determinazione del contenuto del verbale. Infatti, l’art. 383 reg. esec. cod. strada esplicitamente prevede che i ragguagli relativi al pagamento in forma ridotta debbano essere forniti quando tale pagamento in forma ridotta sia consentito…”

Inoltre viene richiamato il principio in forza del quale “…in tema di violazione del codice della strada, la validità della contestazione, quale che sia la forma usata, dipende unicamente dalla sua idoneità a garantire l’esercizio del diritto di difesa al quale è preordinata, e solo tale accertata inidoneità può essere causa di nullità del verbale e della successiva ordinanza-ingiunzione…si esclude che l’informazione relativa al fatto che per l’infrazione contestata non sia ammesso il pagamento in forma ridotta sia elemento necessario al fine di garantire l’esercizio del diritto di difesa nell’impugnazione del verbale…E’ evidente che, nel momento in cui il verbale non contiene le indicazioni relative alle modalità del pagamento in forma ridotta, la parte è indotta a ritenere che quel pagamento non sia consentito e quindi, allorché ciò corrisponda alla previsione normativa, non è ravvisabile alcuna lesione al suo diritto di difesa.

Giovanni Paris

LOCALI DI PUBBLICO SPETTACOLO DI TIPO TEMPORANEO O PERMANENTE. VERIFICA DELLA SOLIDITA’ DEI CARICHI SOSPESI STATICI E DINAMICI: NOTA MINISTERO DELL’INTERNO – DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO DEL 30/10/23 N° 15985

L'ultimo concerto?', ovvero perché la crisi dei live club ci riguarda tutti  | Rolling Stone Italia .

Il Ministero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco con nota del 30/10/23 n° 15985 informa che nelle manifestazioni di pubblico spettacolo e trattenimento vengono installati allestimenti ed attrezzature sempre più complesse e scenografiche, che sovente raggiungono dimensioni rilevanti, spesso accompagnate da significative capacità di movimento.

Al fine di aggiornare i criteri di controllo da parte della Commissione di Vigilanza per i locali di pubblico spettacolo e dare indicazioni sulla documentazione tecnica da acquisire per la verifica e i controlli concernenti la sicurezza e solidità di tali elementi strutturali è stato istituito apposito tavolo tecnico interistituzionale che ha redatto un documento tecnico, allegato alla nota sopra citata.

Giovanni Paris

DECESSO AUTORE VIOLAZIONE E OBBLIGATO IN SOLIDO: CASS. CIV., II, 17/10/23 N° 28831

La responsabilità solidale del presidente di associazioni non riconosciute  non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza – Aggiornarsi

LA MORTE DEL TRASGRESSORE DETERMINA ANCHE LA ESTINZIONE DELLA OBBLIGAZIONE NEI CONFRONTI DELL’OBBLIGATO IN SOLIDO?

Sappiamo che ai sensi dell’art. 7 della L. 689/81 la morte dell’autore della violazione determina la estinzione della obbligazione che non è trasmissibile agli eredi, la norma non dice nulla se tale fatto ha conseguenze anche per la obbligazione a carico dell’obbligato in solido.

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LA NORMATIVA

Art. 7  L. 689/81 “Non trasmissibilità dell’obbligazione”

“L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi”.

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LA CORTE DI CASSAZIONE

Risponde sulla questione la CASS. CIV., II, 17/10/23 N° 28831, affermando che “…la morte dell’autore della violazione comporta l’estinzione dell’obbligo di pagare la sanzione pecuniaria irrogata dall’Amministrazione, che ai sensi dell’art. 7 legge 689/1981 non si trasmette agli eredi; la morte dell’autore della violazione determina anche l’estinzione dell’obbligazione a carico dell’obbligato in via solidale…“.

Leggi anche DECESSO DELL’AUTORE DELLA VIOLAZIONE E RESPONSABILE IN SOLIDO: CASS. CIV., SEZ. LAVORO, 27/09/22 N° 28101

Giovanni Paris

CONTRAFFAZIONE DI TARGA E CIRCOLAZIONE CON TARGA CONTRAFFATTA: CASS. PEN., IV, 17/10/23 N° 42371

La F diventa E: targa alterata per evitare le multe

LA CONTRAFFAZIONE DI TARGA E IL SUO USO O LA CIRCOLAZIONE CON TARGA CONTRAFFATTA COSTUISCONO ILLECITO AMMINISTRATIVO O REATO?

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IL CASO

Dei soggetti sono stati fermati mentre erano in una autovettura le cui targhe erano stato alterate mediante applicazione di adesivi sull’elemento alfanumerico e sono stati condannati per i delitti cui agli artt. 476-482 Codice Penale.

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LA NORMATIVA

Art. 100 C.d.S. “Targhe di immatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi”

OMISSIS

12.  Chiunque circola con un veicolo munito di targa non propria o contraffatta è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.046 ad euro 8.186 (fattispecie depenalizzata dal D.Lgs. 507/99)

OMISSIS

14.  Chiunque falsifica, manomette o altera targhe automobilistiche ovvero usa targhe manomesse, falsificate o alterate è punito ai sensi del codice penale.

OMISSIS”

477 c.p. “Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative”

“Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

482 c.p. “Falsità materiale commessa dal privato”

“Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo”.

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Risponde la  CASS. PEN.,IV, 17/10/23 N° 42371 la quale, richiamando un caso sovrapponibile al presente, afferma che “…integra il reato di falsità materiale commessa dal privato in certificati o autorizzazioni amministrative(artt. 477 e 482 cod. pen), la condotta di colui che modifica i dati identificativi della targa della propria autovettura mediante applicazione di nastro adesivo, mentre è configurabile l’illecito amministrativo previsto dall’art. 100, comma 12, c.d.s., che sanziona la diversa fattispecie di chi circola con veicolo munito di targa non propria o contraffatta nel caso in cui questi non sia l’autore della contraffazione…”.

Quindi la qualificazione giuridica del fatto è corretta in quanto i soggetti “…in concorso tra loro non si erano limitati a circolare con targa originale ma coperta parzialmente, ma avevano fatto uso di una targa da loro stessi alterata, poichè mediante applicazione del nastro adesivo, avevano modificato i dati identificativi del veicolo. Invero, mentre l’illecito amministrativo concerne la circolazione con targa non propria o contraffatta, nel caso in cui il conducente non sia autore della contraffazione, l’illecito penale concerne la contraffazione o alterazione della targa o l’uso della targa alterata…”.

Nello stesso senso si sono espresse in precedenza:

  • CASS. PEN., VI, 18/01/21 N° 430, dove si osserva altresì che “… La tipicità del reato di uso di targa contraffatta, peraltro, può sovrapporsi, in concreto, alla distinta condotta di circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta, previsto dal comma 12 dell’art. 100 C.d.s. come illecito amministrativo (depenalizzato con D.Igs. 507/99). Pertanto, la condotta di chi adopera una targa contraffatta per far circolare il veicolo può rientrare sia nella fattispecie di cui al comma 12, sia nella fattispecie penale di cui al comma 14, in tal modo integrando un’ipotesi di concorso di illeciti... . Invero, mentre l’illecito amministrativo concerne la circolazione con targa non propria o contraffatta (nel caso in cui il conducente non sia autore della contraffazione), l’illecito penale concerne la contraffazione o alterazione della targa o l’uso della targa alterata…”.
  • CASS. PEN., V, 10/05/18 N° 20799 nella quale in maniera precisa si chiarisce come “…l’art. 100, comma 14, C.d.s. attrae le condotte criminose descritte nella norma nell’ambito di operatività dei reati di cui agli artt. 477 c.p. (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative), 477-482 c.p. (falsità materiale commessa dal privato) e 489 c.p. (uso di atto falso)…”

e che “…La condotta tipica descritta dall’art. 100, comma 14, C.d.s. prevede due fattispecie: 1) la falsificazione, manomissione o alterazione di targhe; 2) l’uso di targhe manomesse, falsificate o alterate.

La prima specie di condotte, rientranti nel concetto generale di contraffazione, viene integrata dalla modifica degli estremi della targa originaria (es. scambiando l’ordine delle cifre), dalla creazione di una targa per imitazione, dalla sostituzione di una targa vera con altra contenente estremi diversi.

La seconda condotta, invece, riguarda le ipotesi in cui l’autore non abbia partecipato al reato presupposto consistente nella contraffazione della targa, ma ne abbia fatto uso. La tipicità del reato di uso di targa contraffatta, peraltro, può sovrapporsi, in concreto, alla distinta condotta di circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta, previsto dal comma 12 dell’art. 100 C.d.s. come illecito amministrativo… la delimitazione dei confini di tipicità dei due illeciti va operata alla stregua, innanzitutto, del bene giuridico tutelato: invero, mentre l’illecito amministrativo della circolazione con targa non propria o contraffatta è posto a tutela della funzione di identificazione del veicolo in circolazione, il reato di contraffazione o di uso di targa falsa è posto a tutela della fede pubblica, e della connessa funzione certificativa della targa, quale documento rilevante non ai fini della mera circolazione, bensì ai fini della regolarità e legittimità dell’immatricolazione. 

Pertanto, la condotta di chi adopera una targa contraffatta per far circolare il veicolo può rientrare sia nella fattispecie di cui al comma 12, sia nella fattispecie penale di cui al comma 14, in tal modo integrando un’ipotesi di concorso di illeciti…”

Giovanni Paris

OCCUPAZIONE ABUSIVA DI SUOLO PUBBLICO: ART. 211 C.D.S. E ART. 3/16-17-18 L. 94/09

Noto. Colloca abusivamente tavoli e sedie in centro storico, agenti  intimano di sgombrare ma lui si scaglia contro: denunciato - Libertà Sicilia

IN CASO DI ABUSIVA OCCUPAZIONE DI SUOLO PUBBLICO EX ART. 20 CODICE DELLA STRADA SI APPLICA SEMPRE LA PROCEDURA DI RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI O DI RIMOZIONE DI OPERE ABUSIVE PREVISTA DALL’ART. 211 CODICE DELLA STRADA?

La risposta è NEGATIVA e andiamo a vedere perchè.

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LA NORMATIVA

Art. 20  C.d.S. “Occupazione della sede stradale”

“omissis

5.  La violazione di cui ai commi 2, 3 e 4 importa la sanzione amministrativa accessoria dell’obbligo per l’autore della violazione stessa di rimuovere le opere abusive a proprie spese, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI.”

Art. 211  C.d.S. Sanzione accessoria dell’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi o di rimozione di opere abusive

“1.  Nel caso in cui le norme del presente codice dispongono che da una violazione consegua la sanzione accessoria dell’obbligo di ripristino dei luoghi, ovvero l’obbligo di rimozione di opere abusive, l’agente accertatore ne fa menzione nel verbale di contestazione da redigere ai sensi dell’art. 200 o, in mancanza, nella notificazione prescritta dall’art. 201. Il verbale così redatto costituisce titolo anche per l’applicazione della sanzione accessoria.

2.  Il ricorso al prefetto contro la sanzione amministrativa pecuniaria si estende alla sanzione accessoria. Si applicano le disposizioni dei commi 1 e 2 dell’art. 203. Nel caso di mancato ricorso, l’ufficio o comando da cui dipende l’agente accertatore trasmette copia del verbale al prefetto per l’emissione dell’ordinanza di cui al comma 3, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per ricorrere.

3.  Il prefetto, nell’ingiungere al trasgressore il pagamento della sanzione pecuniaria, gli ordina l’adempimento del suo obbligo di ripristino dei luoghi o di rimozione delle opere abusive, nel termine fissato in relazione all’entità delle opere da eseguire ed allo stato dei luoghi; l’ordinanza costituisce titolo esecutivo. Nel caso di mancato ricorso, l’ordinanza suddetta è emanata dal prefetto entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione dell’ufficio o comando di cui al comma 2. L’esecuzione delle opere si effettua sotto il controllo dell’ente proprietario o concessionario della strada. Eseguite le opere, l’ente proprietario della strada ne avverte immediatamente il prefetto, il quale emette ordinanza di estinzione del procedimento per adempimento della sanzione accessoria. L’ordinanza è comunicata al trasgressore ed all’ente proprietario della strada.

4.  Ove il trasgressore non compia nel termine le opere cui è obbligato, il prefetto, su comunicazione dell’ente proprietario o concessionario della strada, dà facoltà a quest’ultimo di compiere le opere suddette. Successivamente al compimento, l’ente proprietario trasmette la nota delle spese sostenute ed il prefetto emette ordinanza-ingiunzione di pagamento. Tale ordinanza costituisce titolo esecutivo ai sensi di legge.

5.  Nell’ipotesi in cui il prefetto non ritenga fondato l’accertamento, l’ordinanza di archiviazione si estende alla sanzione accessoria.

6.  Nei casi di immediato pericolo per la circolazione e nella ipotesi di impossibilità a provvedere da parte del trasgressore, l’agente accertatore trasmette, senza indugio, al prefetto il verbale di contestazione. In tal caso il prefetto può disporre l’esecuzione degli interventi necessari a cura dell’ente proprietario, con le modalità di cui al comma 4. (1425)

7.  L’opposizione di cui all’art. 205 si estende alla sanzione accessoria”.

Art. 3/16-17-18 L. 15/07/09 n° 94 Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.

“16.  Fatti salvi i provvedimenti dell’autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall’articolo 633 del codice penale e dall’articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni.

17.  Le disposizioni di cui al comma 16 si applicano anche nel caso in cui l’esercente ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l’esercizio.

18.  Se si tratta di occupazione a fine di commercio, copia del relativo verbale di accertamento è trasmessa, a cura dell’ufficio accertatore, al comando della Guardia di finanza competente per territorio, ai sensi dell’articolo 36, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.”

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LA CIRCOLARE MINISTERIALE

Il Ministero dell’Interno con Circolare N. 557/LEG/240520.09/3^P del 07/08/09 avente ad oggetto la Legge 15/07/09 n° 94 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” nell’ALLEGATO 3 a commento dell’art. 3/16-17-18 indica che:

“…La nuova disposizione supera quelle del comma 5 dell’art. 20 C.d.S. nella parte in cui stabiliscono che all’accertamento dell’illecito di indebita occupazione del suolo pubblico consegua l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria del ripristino dei luoghi secondo la procedura di cui all’art. 211 C.d.S.

Per le altre violazioni dell’art. 20 C.d.S. continua a trovare applicazione la procedura prevista dal citato art. 211. (Quindi la procedura dell’art. 211 C.d.S. resta applicabile per le infrazioni all’art. 20 C.d.S. consistenti in una occupazione di suolo privato soggetto ad uso pubblico o in caso di inosservanza delle prescrizioni).

In occasione dell’accertamento di una violazione delle disposizioni dell’art. 20 C.d.S., perciò, gli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 C.d.S. provvedono a trasmettere, senza ritardo, il verbale di contestazione al Sindaco o al Prefetto per l’adozione dei provvedimenti di loro competenza.

Nel caso in cui l’accertamento riguardi un’abusiva occupazione ai fini di commercio, inoltre, il verbale di contestazione deve essere immediatamente trasmesso anche al Comando della Guardia di Finanza competente per territorio affinché effettui gli ulteriori accertamenti di sua competenza. …”.

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LA GIURISPRUDENZA

Troviamo conferma di tale impianto normativo nella giurisprudenza amministrativa.

Si vedano:

Giovanni Paris

PROCURA A VENDERE E RESPONSABILITA’ SOLIDALE: CASS. CIV., 20/09/23, N° 26922

Procura a vendere auto: come farla

LA ESISTENZA DI UNA PROCURA A VENDERE E’ SUFFICIENTE A SUPERARE IL PRINCIPIO DI RESPONSABILITA’ SOLIDALE DEL PROPRIETARIO DI UN VEICOLO EX ART. 6 DELLA L. 689/81?

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IL CASO

Un soggetto viene chiamato a rispondere, in qualità di proprietario, di una serie di violazioni al Codice della Strada commesse da un terzo sorpreso alla guida del veicolo di sua proprietà con patente diversa da quella prescritta, in mancanza di carta di circolazione e in assenza di copertura assicurativa. A sua difesa il soggetto oppone che il veicolo era stato da lui depositato presso un’autofficina professionale con procura a vendere, che era avvenuta la consegna delle chiavi al depositario per consentire la prova del mezzo da parte dei potenziali acquirenti, che l’assicurazione era stata cessata e trasferita su nuovo veicolo e che la circolazione del mezzo era avvenuta contro la sua volontà.

Il Tribunale però ha giudicato questi elementi insufficienti per provare la sussistenza di una volontà contraria alla circolazione del veicolo. Il soggetto ricorre in Cassazione con le medesime doglianze.

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LA NORMATIVA

Art. 6  L. 689/81 “Solidarietà”

“Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.

omissis”

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LA CORTE DI CASSAZIONE

La Suprema Corte con CASS. CIV., II, 20/10/23 N° 26922 conferma il principio in forza del quale “per escludere la sua responsabilità come prevista dall’art. 6 legge 689/1981 e dal terzo comma dell’art. 2054 cod. civ. che ne costituisce attuazione, il proprietario deve porre in essere una condotta caratterizzata dall’adozione di concrete e specifiche cautele volte a vietare e precludere la circolazione del mezzo, cioè deve esplicare un’attività esterna specificamente volta ad impedire la commissione dell’illecito.

Con specifico riguardo alla sanzione pecuniaria amministrativa per circolazione di veicolo senza la prescritta copertura assicurativa, questa Corte ha proprio sancito che la responsabilità solidale del proprietario deve essere affermata, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 689 del 1981, ove lo stesso si limiti a provare soltanto di aver consegnato il veicolo a chi lo ha posto in circolazione in base a procura a vendere…“.

Giovanni Paris

RICORSO AL PREFETTO INAMMISSIBILE, IRRICEVIBILE O IMPROCEDIBILE E VERBALE TITOLO ESECUTIVO: CASS. CIV., II. 26/10/23 N° 29738

Ricorso al Prefetto | Polizia Locale di Rimini

NEL CASO DI PRESENTAZIONE DI RICORSO AL PREFETTO AVVERSO VERBALE DI VIOLAZIONE AL CODICE DELLA STRADA, SE IL RICORSO E’ INAMMISSIBILE, IRRICEVIBILE O IMPROCEDIBILE E’ NECESSARIA COMUNQUE LA EMISSIONE DI UNA ORDINANZA-INGIUNZIONE O E’ SUFFICIENTE UNA SEMPLICE COMUNICAZIONE E, IN QUESTO ULTIMO CASO, LA SITUAZIONE E’ EQUIVALENTE A QUELLA DELLA MANCATA PROPOSIZIONE DEL RICORSO PER CUI IL VERBALE COSTITUISCE TITOLO ESECUTIVO?

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LA NORMATIVA

Art. 203  C.d.S. “Ricorso al prefetto”

“1.  Il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell’art. 196, nel termine di giorni sessanta dalla contestazione o dalla notificazione, qualora, non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, possono proporre ricorso al prefetto del luogo della commessa violazione, omissis

omissis

3.  Qualora nei termini previsti non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all’art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento.

omissis”

Art. 204  C.d.S. “Provvedimento del prefetto”

1.  Il prefetto, esaminati il verbale e gli atti prodotti dall’ufficio o comando accertatore, nonché il ricorso e i documenti allegati, sentiti gli interessati che ne abbiano fatta richiesta, se ritiene fondato l’accertamento adotta, entro centoventi giorni decorrenti dalla data di ricezione degli atti da parte dell’ufficio accertatore, secondo quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 203, ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento di una somma determinata, nel limite non inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione, secondo i criteri dell’art. 195, comma 2. L’ingiunzione comprende anche le spese ed è notificata all’autore della violazione ed alle altre persone che sono tenute al pagamento ai sensi del presente titolo. Ove, invece, non ritenga fondato l’accertamento, il prefetto, nello stesso termine, emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti, comunicandola integralmente all’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore, il quale ne dà notizia ai ricorrenti.

omissis”

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LA CORTE DI CASSAZIONE

La questione è stata affrontata da CASS. CIV., II. 26/10/23 N° 29738, la quale ricorda come “…Nella giurisprudenza di questa Corte si registra una parziale divergenza nell’interpretazione degli artt. 203 e 204 codice della strada. Infatti secondo un primo orientamentosi è ritenuto che: In tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, ove sia presentato ricorso amministrativo contro il verbale di contestazione, il prefetto, nel caso in cui confermi l’accertamento, ha il dovere di emanare ordinanza-ingiunzione, sia che ritenga il ricorso infondato nel merito sia che lo consideri inammissibile, irricevibile o improcedibile, non essendo consentita, in tale ipotesi, l’emissione della cartella esattoriale in base al verbale di contestazione dell’infrazione...l’opposizione dinanzi al Prefetto avverso il verbale di contestazione d’una infrazione al codice della strada, ex art. 203 d.lgs. 285/92, introduce un procedimento amministrativo. Qualsiasi procedimento amministrativo non può che concludersi con un provvedimento amministrativo espresso. Tanto stabilisce l’art. 2, comma primo, I. 7.8.1990 n. 241, il quale impone (secondo periodo) la necessità d’un provvedimento espresso anche quando la pubblica amministrazione ravvisi “la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità” dell’istanza avanzata dal privato cittadino, con l’unica concessione, in questo caso, della possibilità di ricorrere ad una motivazione semplificata. Pertanto, il provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo introdotto dall’opposizione prefettizia ex articolo 203 d. lgs. 285/92, quando l’amministrazione ritenga l’istanza infondata nel merito, oppure inammissibile per tardività, non può che consistere in una ordinanza-ingiunzione, come tale impugnabile entro 30 giorni dinanzi al Giudice di pace, ex art. 6 d. lgs. n.150/11. …”.

Per altro orientamento invece “…si è ritenuta infondata la tesi…circa il fatto che il disposto normativo non consente al Prefetto destinatario del ricorso proposto avverso il verbale recante la sanzione amministrativa alcuna alternativa rispetto alle seguenti due sole possibilità: 1) nel caso di infondatezza del ricorso, ordinanza con la quale si ingiunge il pagamento; 2) nel caso opposto di fondatezza, archiviazione del verbale. Accanto a queste due opzioni, secondo questo orientamento è ammissibile e legittima l’ulteriore possibilità per il Prefetto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso in opposizione ad es. per mancato rispetto del termine perentorio di presentazione. In tal caso, equiparabile a quello della mancata proposizione del ricorso, il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all’art. 17 della legge 689 del 1981, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento ai sensi del comma 3 dell’art. 203 del codice della strada…, in ordine alla normativa applicabile…trattandosi di violazione del codice della strada, la materia del ricorso al prefetto è disciplinata non dall’art. 18 della l. n. 689 del 1981, bensì dagli artt. 203 e 204 del Codice della strada…”,

e le suddette “…disposizioni depongono nel senso dell’infondatezza della tesi prospettata…poiché le due opzioni indicate nell’art. 204 hanno come presupposto logico che il ricorso sia stato tempestivamente proposto, sicché ove la presentazione o l’invio di esso non sia avvenuta nel termine di sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, ben potrà il prefetto rilevare l’inammissibilità del ricorso evitando di esaminarne la fondatezza (avendo oramai acquisito efficacia di titolo esecutivo il verbale di accertamento). Come si è detto, infatti, in tale evenienza, equiparabile a quella della mancata proposizione del ricorso, il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all’art. 17 della legge 689 del 1981, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento… Di conseguenza è infondata la tesi …secondo cui, in caso di opposizione al Prefetto, il verbale di accertamento non può mai costituire titolo esecutivo. …”

Il collegio, con la sentenza in esame, ritiene preferibile questa seconda interpretazione in quanto più coerente con l’impianto normativo e, richiamando il terzo comma dell’art. 203 del Codice della Strada, afferma che “…è priva di fondamento la tesi…secondo la quale il verbale, una volta proposto ricorso al prefetto, non può acquisire efficacia di titolo esecutivo, in quanto è testualmente previsto che, decorsi i sessanta giorni dalla notifica o dall’immediata contestazione, il verbale già costituisce titolo esecutivo, ai sensi del comma 3 dell’art. 203 cod. str., in deroga alle disposizioni di cui all’art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, per l’importo sopra indicato pari alla metà del massimo della sanzione, avendo perso il trasgressore la possibilità del pagamento in misura ridotta. …”.

Giovanni Paris