“CHE CAROGNE” (ALLA POLIZIA LOCALE), DIRITTO DI CRITICA O DIFFAMAZIONE?: CASS. PEN., V, 31/08/23 N° 36468

 

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QUANDO UNA AFFERMAZIONE, UN APPREZZAMENTO PUO’ RIENTRARE NEL DIRITTO DI CRITICA O PUO’ SFOCIARE NELLA DIFFAMAZIONE PREVISTA DALL’ART. 595 C.P.? APOSTROFARE CON “CHE CAROGNE” LA POLIZIA LOCALE CONFIGURA LA PRIMA O LA SECONDA SITUAZIONE?

Il caso viene trattato dalla Suprema Corte affrontando la censura del ricorrente il quale sostiene che la locuzione incriminata “che carogne” si profila, in realtà, come manifestazione di solidarietà nei confronti del cittadino sanzionato e, dunque, come mera critica all’operato professionale della Polizia Municipale e non dei singoli verbalizzanti.

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LA NORMATIVA

Art. 595 c.p. “Diffamazione”

“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico , la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.

Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.

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LA SENTENZA

La sentenza CASS. PEN.,V, 31/08/23 N° 36468 ricorda come “…In tema di diffamazione, il giudice di legittimità può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perchè è suo compito considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, la portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie,…compito che deve svolgere anche con riferimento al profilo del dolo e della sussistenza della scriminante del diritto di critica, allorquando gli stessi elementi evidenziati nella sentenza impugnata depongono per il difetto della componente soggettiva del reato…”,

affermando che il fatto ascritto non può ritenersi scriminato dall’esercizio del diritto di critica,

“…Invero la locuzione “che carogne”, collocata nel contesto cui inerisce, assume un valore nettamente offensivo nei confronti della funzione svolta dal Corpo della Polizia Locale non sostanziandosi in una semplice descrizione della situazione dalla quale era scaturita la sanzione inflitta alla cittadina, nè in una legittima valutazione critica sull’operato dei verbalizzanti, ma spingendosi a una denigrazione gratuita, esplicitamente lesiva non solo della dignità, ma anche delle prerogative lavorative dei destinatari, difettando la correlazione tra il comportamento assunto dai verbalizzanti e il commento pubblicato.

Nella valutazione del requisito della continenza, necessario ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tenere conto del complessivo contesto in cui si realizza la condotta e verificare che i toni utilizzati dall’agente, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, pertinenti al tema in discussione.

Nel caso di specie, l’espressione incriminata si profila gratuitamente offensiva e non riferibile al comportamento, peraltro legittimo e non lesivo della dignità e dei diritti della cittadina, assunto dal Corpo della Polizia Locale nei confronti della stessa.

Il commento pubblicato, gratuito e offensivo, si rivela tutt’altro che funzionale alla denuncia dell’episodio e, pertanto, non può ritenersi compreso nei limiti di una continenza espressiva, sia pur aspra e pungente. …”

Giovanni Paris

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